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Il piccolo santo: Dramma in cinque atti

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SCENA VI

Don Fiorenzo

(si abbandona come stanco sulla sua poltrona.)

Sebastiano

(gironzola continuando a parlare sgarbatamente con sè stesso.)

Barbarello

(tuttora attaccato allo stipite, torcendo il collo, guarda fuori, in alto. Indi getta un'occhiata a Don Fiorenzo, e, cercando di non far rumore, chiude.)

Sebastiano

(a Barbarello) È la prima volta che fai una cosa buona. Non è più l'epoca di tenere l'uscio aperto.

Barbarello

(si accuccia a terra, come un cane, sopra i fiori sparsi innanzi alla porta chiusa.)

Don Fiorenzo

Senti, Sebastiano mio…

Sebastiano

(andando a lui) Di'.

Don Fiorenzo

Dammi la tua mano.

Sebastiano

Sùbito. (Gliela porge.)

Don Fiorenzo

(tenendogliela fra le sue) Tu non vorrai essere un egoista. Tu non vorrai lasciarmi solo sulla terra!.. Se tu sparissi, chi mi resterebbe vicino? Sì, questo sventurato (indica Barbarello) mi sarà fedele finchè campo, ma la fedeltà sua a che può giovarmi? È una fedeltà accecata e pazzesca che, anzi, va addensando giorno per giorno una bieca oscurità sulla bolgia della mia coscienza!.. E quanto a mio fratello e a mia cognata – capirai – , essi saranno assorbiti dalla loro felicità… poi dai loro figliuoli, e… naturalmente… finiranno con l'allontanarsi. Tu, Sebastiano, mi sarai indispensabile. Non sono più l'uomo forte che ero un tempo… L'hai detto tu stesso… E dovrai aiutarmi tu a sostenere il peso della vita. Almeno, da te potrò avere il sollievo del compatimento… Potrò almeno sfogarmi, con te, senza essere costretto a dissimulare la mia debolezza… Con te, potrò perfino piangere (il pianto gli sale alla gola)… senza vergognarmene… perchè ho visto che anche tu piangi, qualche volta. (Silenziosamente, singhiozza.)

Sebastiano

Ma, dunque, sarà sempre più tenace, sarà sempre più maligno questo dolore che di nascosto ti attanaglia il cuore e che neppure dalla mia affezione si lascia veramente scoprire?!

Don Fiorenzo

Non è un dolore! Non è un dolore! È peggio! Chi soffre un dolore, ne conosce la causa, come tu conosci la causa del dolore tuo, e ciò gli serve, se non altro, a veder chiaro nel proprio essere e a misurare le proprie forze…; ma questa sofferenza mia è un mistero: – è un mistero che, negandomi ogni barlume di consapevolezza, mi avvolge, mi stringe, mi soffoca, mi fa desiderare la morte più di quanto la desideri tu e, disgraziatamente, non mi fa morire!

Sebastiano

(si gratta in capo, e con una profonda malinconia che ha una lieve espressione d'involontaria comicità, borbotta:)… Sta benissimo! Visto che a tutti e due farebbe comodo di andarcene all'altro mondo, per dispetto di noi stessi ci metteremo insieme a vivere ostinatamente, facendo la scommessa a chi vive di più. È detto!.. Ti accontenterò. (Riflettendo, si gratta ancora in capo.) Ma, per evitare le tentazioni… non sarà inopportuno che io mi sbarazzi di un certo ingrediente… (Fa per allontanarsi.)

Don Fiorenzo

(levandosi e trattenendolo pel braccio) Quale ingrediente?

Sebastiano

(cavando dalla tasca una boccettina) Questa fialetta. (Mostrandogliela) È graziosa, non è vero?

Don Fiorenzo

(repentinamente gliela strappa.)

Sebastiano

(con un grido) Fiorenzo!

Don Fiorenzo

E no!.. Che temi?.. Voglio soltanto vedere.

Sebastiano

(gli sta vicinissimo, vigile e pronto, con una mano un po' levata e aperta.)

Don Fiorenzo

(spalanca gli occhi, fissando la fiala. La fissa lungamente. Stira la fronte. E dalla fronte alla gola diventa itterico. – Poi, a un tratto:) Getta via! Getta via!.. Getta via!..

Sebastiano

Ma sì che getto via! Per noialtri uomini… superiori, sono misture inutili! (Con un gesto largo e vibrante lancia dal balcone la fiala.) Ecco fatto!

Don Fiorenzo

(ricade sulla poltrona e resta silenzioso, isolandosi. Ha le pupille spaventosamente dilatate. Ha la faccia spaventosamente gialla nel raggio di sole che tutta la illumina. Ha le spalle incurvate. Ha la testa protesa in avanti e immota. – Ed è immota tutta la sua persona, in un atteggiamento di ebete tragico.)

Sebastiano

(siede a molta distanza da lui; mette una gamba sull'altra; da un taschino del panciotto tira fuori un sigaro, e lo accende. – Manda in alto una grossa boccata di fumo. Indi, con imbronciata rassegnazione, conclude:)… E divertiamoci!

(Sipario.)

ATTO QUINTO

La medesima camera

SCENA I

È il tramonto di un torvo giorno di dicembre. Qualche lampo illumina di tanto in tanto l'ambiente cupo. Qualche tuono, or lontanissimo, ora un po' più vicino, segue a ciascun lampo, sordamente. La fiammella della lampada innanzi allo scarabattolo diventa, nell'ombra, più vivida, e proietta sul pallore di tutto il corpo del Cristo una luce rossastra.

La porta in fondo è chiusa.

Don Fiorenzo

(solo, rannicchiato sulla poltrona, presso il tavolino, vi poggia le braccia incrociate, e sulle braccia piega il capo appesantito, nascondendo il volto, nascondendosi tutto nella sua solitudine. – A un lampo più luminoso, egli sussulta. – Solleva il capo. Si alza, e mal si regge in piedi. Si accosta allo stipetto, su cui è un lume di ottone. – Mentre è intento ad accenderlo, un rumore gli giunge dall'alto. Ristà. Guarda il soffitto mormorando:) Che fanno quassù?!.. (Poi, con la mano tremula, accende il lume. Guarda di nuovo il soffitto, lungamente, e ripete:) Che fanno?!..: (Ma ecco un altro rumore, diverso. Si picchia alla porta. – Egli va per aprire. Si trattiene.) Chi è? Chi è?.. Sei tu, Sebastiano?..

La voce di Barbarello

(un po' ansante e lamentosa) Io! Io!

Don Fiorenzo

(fra sè) È Barbarello. (Apre.) Credevo che saresti rimasto a dormire da tuo zio…

Barbarello

(entrando, si contorce e piagnucola.)

Don Fiorenzo

(richiudendo la porta) Che ti piglia? Che t'è successo?

(Un lampo. – Un tuono.)
Barbarello

(non risponde e continua a piagnucolare.)

Don Fiorenzo

Hai paura del temporale che si avvicina? Sarebbe la prima volta. I lampi e i tuoni non ti hanno mai dato fastidio. Fammi capire. Hai avuto qualche dispiacere? Ti è stata detta qualche brutta cosa?.. Rispondi! Come va che stasera non sai rispondere?.. Da un pezzo in qua, parlavi così bene… Sapevi così bene rispondermi… Perchè sei nervoso come una volta, stasera?

(Un rumore dall'alto. – Si direbbe il rumore di un mobile trascinato per terra.)

Barbarello

(animandosi e mugolando, volge lo sguardo al soffitto e lo indica col gesto.)

Don Fiorenzo

Ah?.. Senti anche tu venire dei rumori insoliti dalla casa del signor Giulio e della signora Annita?

Barbarello

(urgentemente) Sì! Sì!

Don Fiorenzo

E perchè te ne occupi tanto?.. (Torna a guardare in su, e riflette. – Pausa.) Mio fratello ti ha forse maltrattato come ieri l'altro?..

Barbarello

No.

Don Fiorenzo

Ti ha maltrattato la signora Annita?

Barbarello

(smania più dolorosamente, più angosciosamente.)

Don Fiorenzo

È per questo che ti affliggi? Di'!

Barbarello

No!.. Signora Annita non ha maltrattato…

Don Fiorenzo

Ma è certo che si tratta di lei. Io lo vedo! Cerca, cerca di esprimerti. Hai ricominciato a parlare. Se tu lo vuoi, potrai dirmi tutto.

Barbarello

Signora Annita e signor Giulio…

Don Fiorenzo

Parla, dunque!.. Parla!..

Barbarello

(in una vibrazione impetuosa) … Se ne vanno!.. Se ne vanno!..

Don Fiorenzo

(con un tremendo soprassalto) Se ne vanno?!.. Chi te l'ha detto?.. Te l'ha detto lei stessa o te l'ha detto il signor Giulio?

Barbarello

Zio Biagio.

Don Fiorenzo

… È stata ordinata a tuo zio la carrozza per la partenza?!

Barbarello

(confermando vivamente) Sì! Carrozza! Partenza!

Don Fiorenzo

(con una subitanea irruenza brutale) Tu menti! (Corre con le gambe malferme, riapre la porta e, sul pianerottolo, si mette a gridare:) Sebastiano! Sebastiano! Dove sei, Sebastiano?!.. Dove sei?.. Dove sei?..

La voce di Sebastiano

Vengo, Fiorenzo! Vengo!

Don Fiorenzo

(rientrando – a Barbarello) Sei un bugiardo! Sei un vero bugiardo!..

SCENA II

Sebastiano

(giungendo) Ero su. Stavo parlando con tuo fratello e con la sua signora…

Don Fiorenzo

Stavi parlando… di che?.. Della partenza?!

 
Sebastiano

(sorpreso) Te ne ha informato Barbarello?! Me ne compiaccio con lui. Mediante i suoi balbettamenti è riuscito a dirti una cosa per la quale è da stamane che studio senza trovare le parole adatte.

Don Fiorenzo

E fino a stamane tu lo ignoravi?

Sebastiano

(col solito sigaro acceso agitantesi all'angolo della bocca) Ignoravo soltanto che la partenza sarebbe avvenuta in questa giornata.

Don Fiorenzo

E mi avevi nascosta la loro decisione?!

Sebastiano

Essi mi avevano raccomandato di nascondertela, ed io te l'ho nascosta.

Don Fiorenzo

Sei loro amico, adesso?

Sebastiano

Sì, perdiancine! Sono loro amico da che ho saputo che se ne vanno!.. D'altronde… (serio e anche un po' imbarazzato) sapevo che questa notizia sarebbe stata per te un colpo al cuore. A che scopo anticipartela? Aggiungi poi che ho sempre sperato che la decisione della partenza svanisse: ho sempre sperato che si riconciliassero con te. In fin dei conti, che era accaduto di nuovo tra voi?!.. Ma tu ti sei rinchiuso ermeticamente in casa… non hai voluto più saperne di loro… e non è improbabile che ciò abbia contribuito a convincerli dell'opportunità d'andare a vivere altrove. Avranno potuto magari credere… che tu stesso lo desiderassi…

(Breve pausa.)
Don Fiorenzo

(si è riseduto sulla sua poltrona, raggomitolandosi, diventando un mucchio.) Già.

Sebastiano

Intanto, per lo meno l'avevi preveduto. Non volesti, forse, apposta, che io… restassi a farti compagnia?..

Don Fiorenzo

Sì… io l'avevo preveduto… ma non ti nego che stasera ne ho l'impressione di un fatto inaspettato e crudele. Da circa due mesi, io non li vedevo più. Ero convinto d'essermene distaccato… ed è evidente che m'ingannavo. Mi giungevano un po' le loro voci quando essi passavano per le scale o si affacciavano alla finestra… Ne distinguevo qualche parola quando nessun altro rumore ingombrava il silenzio della campagna… Udivo i loro passi quassù, attraverso il soffitto… Questo essi mi davano: niente altro… E stasera mi accorgo che di questo io vivevo.

Barbarello

(piange dirottamente, come una persona sana.)

(Un silenzio.)
Sebastiano

Tuo fratello e tua cognata desiderano di salutarti. Da stamane, come ti ho accennato, io avrei dovuto prevenirti. Pocanzi appunto, mentre mi occupavo con Biagio del loro baule e delle loro valige – che ho voluto far portare fino alla strada maestra prima che l'aria fosse troppo buia – essi mi rimproveravano giustamente l'indugio. Erano in palpiti e non sapevano come regolarsi. Io ti consiglio di vincere la commozione e di riceverli… perchè il tempo stringe.

Don Fiorenzo

Ma è proprio stasera che devono partire? A quest'ora e con questa minaccia di temporale?

Sebastiano

Il temporale pare che dia tregua… E, del resto, la partenza è improrogabile. Giulio vuole prendere il treno delle venti da Castellammare per poi prendere comodamente quello delle ventitre da Napoli. Giungerà domani sera a Genova dove è aspettato da qualcuno che vi si reca per confermare non so quali accordi presi, e sùbito s'imbarcherà con sua moglie sul «Regina Margherita», che salpa per l'America del Sud.

Don Fiorenzo

(con un nuovo soprassalto) Torna a Buenos-Aires?!..

Sebastiano

Credo che abbia avuto laggiù una occupazione molto remunerativa. Con uno scambio di telegrammi ha definito ogni cosa in quest'ultima settimana.

Don Fiorenzo

Benissimo! (Quasi afono) Quando si è separati per mezzo del mare, non ci si incontra facilmente. È giusto che vogliano salutarmi. Falli venire.

Sebastiano

(esce.)

SCENA III

Barbarello

(piange più forte.)

Don Fiorenzo

(scattando in piedi con un impeto spasmodico) E piangi, e piangi, e piangi!.. Rimedii tu a niente piangendo? Mi fai forse del bene con le tue lagrime?.. No! Non sai farmene, tu, del bene! Non sai farmene! (Sempre più convulso e più violento) Il tuo pianto non mi serve, e la tua inutile devozione mi esaspera!

Barbarello

(a un tratto cessa di piangere, i suoi occhi hanno sùbito una espressione di trasalimento.)

Don Fiorenzo

Ah?.. Ti maravigli ch'io ti parli in questo modo?.. Sono cattivo, oggi, non è vero? Sono un malvagio? Sono un perfido?..

Barbarello

No… No… No…

Don Fiorenzo

(soffocando un ruggito) «» devi dire, visto che difatti la perfidia mi pullula, oramai, nel sangue come i microbi d'un morbo micidiale! Perchè, perchè serbi tu ancora la bontà che dà lagrime agli occhi? È un rimprovero feroce per me questa tua bontà! È un rimprovero schiacciante! Ti proibisco di mostrarmela! Te lo proibisco! Hai capito?

Barbarello

(appare sofferentissimo in un dibattito incomprensibile.)

Don Fiorenzo

E che hai, adesso?! (Gli si accosta, gli prende le braccia, lo fissa acutamente, ne avverte il respiro.) Il tuo volto diventa livido… Le tue labbra si contraggono… Le tue pupille hanno una luce sinistra… Il tuo alito ha un'acredine di fiele… Mi sembri un mostro… (Dando un grido) Mi fai paura! (Respingendolo impulsivamente) Non ti voglio vicino a me! Vattene! Vattene!..

Barbarello

(si ritrae in un atteggiamento di concentrazione bieca.)

(Si vede Sebastiano scendere dal piano superiore e andar giù, affaccendato.)

SCENA IV

Giulio

(sulla soglia in fondo, con affettuosità contenuta) Fiorenzo!..

Don Fiorenzo

(oscillando in tutto il corpo, si padroneggia) Avvicìnati, Giulio… Hai fretta, lo so; ma qualche minuto me lo potrai dare. È appena l'avemaria… Alla stazione di Castellammare, in carrozza, ci si arriva bene in due ore e mezzo…

Giulio

C'è qui Annita che non osa entrare…

Barbarello

(rasentando il muro, scivolando sullo stipite, esce.)

Giulio

(al passaggio di lui, con un moto di ribrezzo, se ne è scostato.)

Don Fiorenzo

Annita non osa entrare?!.. Perchè?.. Le do soggezione?..

Giulio

(volgendosi indietro) Animo, Annita! Vieni! (Avanzandosi e parlando con garbata riservatezza) Tu non dài soggezione a lei, Fiorenzo, come non ne dài a me. Ma tutti e due ricordiamo, nè tu hai potuto dimenticare, che ci avevi proibito di oltrepassare quella soglia.

Annita

(è entrata, senza troppo avanzarsi. – Porta un breve paltò semplicissimo, ma quasi elegante, e un piccolo cappello da viaggio. La veletta che le copre il viso le nasconde un po' l'espressione di estrema stanchezza e le conferisce un aspetto anche più enigmatico del solito. Il suo corpo fragile, in quell'abito stringato, appare d'una flessuosità più spiccatamente muliebre.)

Don Fiorenzo

(a Giulio) Proibito, no. Ve ne rivolsi preghiera. Tu diventavi così astioso con me, così maligno…

Giulio

Non mi pare, Fiorenzo. Eri tu che ti adombravi per fatti i quali, in fin dei conti, non riguardavano che me ed Annita. Io vedevo, finalmente, con esattezza, la causa unica delle sue aspre riluttanze d'un tempo verso di me e di quei suoi spasimi contraddittorii, che, disgraziatamente, col matrimonio non sono cessati. A te, in fondo, dispiaceva che io vedessi la verità. Ma come avrei potuto non vederla? Essa mi balzava intera davanti agli occhi. Annita si dibatteva ogni giorno – come, purtroppo, ancora si dibatte – tra l'ardore crescente dell'affetto coniugale e il fantasma dell'ascetismo che tu le aggrappasti allo spirito e al corpo. (Volgendosi un po' ad Annita) Lei stessa, oramai, – se non mi sbaglio – ne conviene.

Annita

(con un timoroso sforzo di lealtà) Certamente.

Don Fiorenzo

(a Giulio) E neghi che proprio io fossi colpito dal tuo rammarico e dal tuo rancore?!

Giulio

Non ti detti mai alcun segno di rancore.

Don Fiorenzo

E forse a te sembra di non darmene neppure adesso! Ma, intanto, vieni a ricordarmi l'errore che ho inconsciamente commesso e che ho scontato col coraggio di confessarmene proprio a lei, dilaniando la mia fede e la mia anima! Vieni a mortificarmi, vieni ad avvilirmi dopo di aver visto che per liberarla da quel fantasma io ho cercato di eliminare la mia persona, e mi sono sottratto, mi sono nascosto, mi sono ridotto qui dentro come in un carcere!..Che dovevo fare di più?!

Giulio

(risoluto) Nulla!.. Ma tutto quello che hai fatto non è bastato. Io sono costretto a dirtelo, non per mortificarti, bensì per giustificare questa nostra partenza che, a prima giunta, ti sarà parsa una cattiva azione. Annita e io siamo di accordo nel ritenere necessario di mutare ambiente. Non è vero, Annita, che noi siamo perfettamente di accordo?

Annita

(con trepido ritegno, a Don Fiorenzo) Sì…egli mi ha persuasa… mi ha convinta…

Giulio

Non lesinare le parole, Annita! Hai sempre taciuto troppo, sinora! Ma oggi il tuo dovere è di parlare con chiarezza e con tutta la sincerità della tua coscienza!

Annita

Tu conosci bene il mio pensiero. Diglielo tu a Don Fiorenzo.

Giulio

Ah, no! È indispensabile ch'egli l'oda nelle parole tue e nella tua voce. T'impongo di parlare!

Annita

(a Don Fiorenzo) Io penso… che, lontana di qui, potrò essere… come egli desidera… e come io desidero di essere. (Il suo accento è sincero, ma timido, fievole, profondamente commosso.) Questo credo… e questo spero. Non voglio soltanto volergli bene… Voglio pure che egli mi sappia e mi senta a lui legata per sempre… da lui inseparabile… Qui, ha ragione di dubitarne.

Giulio

(confermando e un po' accalorandosi) Insomma, ella deve rinnovarsi, ella deve rinascere in un'altra atmosfera! Fra i muri di questa casa, consacrati dalle virtù del piccolo santo, fra questi erti sentieri solitarii che salgono verso il cielo, fra queste rocce che hanno colori umani e che guardano e si muovono nelle ombre della notte e parlano le parole misteriose degli echi, ella ancora si raccoglie nei suoi ascetici sogni morbosi. Il mio amore riesce a scuoterla, sì, riesce a strapparla a quei sogni; ma precisamente allora la vista di un Crocifisso in un cantuccio di via, la vista della chiesetta dov'ella ascoltava i tuoi consigli e anche la vista di questa tua porta, chiusa al suo passaggio come per una punizione che le sia stata inflitta, la immergono in una torbida ambascia, straziante per lei, povera Annita, e spietatamente disastrosa per me!

Don Fiorenzo

(prorompendo in una violenta esaltazione di dolore ribelle) E dunque, via! Fuggite! Fuggite da quest'uomo esiziale che fa malefica l'aria dovunque egli passi! Non importa che egli abbia tentato, come meglio poteva, di rendervi felici! Non importa che egli avrebbe voluto realmente possedere le forze occulte che gli si attribuiscono per stringere i vostri due cuori in una felicità privilegiata, più grande di ogni altra felicità terrena e, come nessun'altra, indistruggibile! Non importa che questo prodigio egli avrebbe voluto compiere anche se, compiendolo, avesse dovuto morirne, atrocemente, come in una fornace in fiamme!.. Voi dovete fuggire! Sì, voi dovete fuggire, perchè un'ora sola delle gioie che proverete lontano da lui varrà cento volte più di tutta quanta la sua miserabile esistenza! (Cade sopra una sedia come cosa morta.)

Giulio

(trasalisce vivamente. – Il suo volto assume una impronta di stupore e di tragica chiaroveggenza. – Dopo una lunga pausa, dice penosamente:) Noi, difatti, fuggiremo, Fiorenzo. Tu sei un grande sventurato. Lo vedo. La tua sventura è un baratro da cui stiamo per essere ingoiati tutti e tre. E soltanto questa fuga potrà, forse, salvarci.

 

SCENA V

Sebastiano

(entrando con mitezza prudente) Signor Giulio, la carrozza aspetta. Ho potuto farla avvicinare fino allo sbocco della scorciatoia. Non avrete da camminare a piedi che per pochi minuti.

Giulio

Grazie, signor Sebastiano.

Sebastiano

Non vi accompagno, perchè… credo più opportuno… di restare qui.

Giulio

Lo credo anch'io.

Don Fiorenzo

(levandosi in piedi come uno spettro eretto e pronto a sollevarsi da terra) Ed ora, più niente! Ciascuno di noi tre chiude, in questo momento, nella sua persona, qualche cosa che dentro ci è stata fatta nascere dalla stessa natura umana e che, nondimeno, siamo costretti a tacere, a mascherare, a soffocare. Una sola verità possiamo dire ad alta voce nel separarci, ed è… che noi ci separiamo per non rivederci mai più! – Addio! (Gli si sciolgono le ginocchia, ma egli, con uno sforzo supremo, come per non mostrarsi debole, si regge tuttora diritto. Volge loro le spalle, si stringe le braccia incrociate sotto la gola e vi poggia il mento, quasi che un gran peso gli piegasse la testa. – Dopo qualche istante, in una specie di rigido stordimento che pare abbia soppressi tutti i suoi sensi, sottovoce chiama:) Sebastiano!..

Sebastiano

(va a lui.)

Don Fiorenzo

Se ne sono andati?

Sebastiano

(con un lieve gesto, raccomanda a Giulio e ad Annita di non farsi sentire, e risponde a Don Fiorenzo in un orecchio:) Sì. (Poi, un po' più indietro, con un altro gesto, li esorta a uscire sùbito.)

Annita

(non distoglie i suoi sguardi dalla immota figura di Don Fiorenzo.)

Giulio

(la prende per un braccio, la trae a poco a poco verso la porta. – Quando l'ha tirata fino alla soglia, risolutamente la trascina via.)

(Spariscono.)
Don Fiorenzo

(ha una scossa) Ora se ne sono veramente andati. (Barcolla.)

Sebastiano

(quasi lo sorregge.)