Boudoir grazioso, pieno di mazzi di fiori. Due porte laterali. Una gran porta a due battenti, in fondo. Una finestra chiusa. Un pianoforte, un sofà, una scrivanietta, mobili civettuoli, ninnoli dappertutto. Un tavolino con su un servizio da liquori, cui mancano due bicchierini. Presso il sofà, una seggiola, sulla quale sono posati appunto i due piccoli bicchieri, una grossa scatola di sigarette e un portafiammiferi d'argento.
(Mario è sdraiato, svogliatamente, sopra il sofà. Ha in bocca una sigaretta spenta. Clelia, in abito elegante, gli sta accanto, seduta sopra uno sgabelletto tappezzato, col viso rivolto a lui.)
Vuoi accendere?
Sì.
(prende il portafiammiferi, accende un cerino e lo porge a Mario, che vorrebbe servirsene da sè, ma ella glielo impedisce. Egli vi accosta la sigaretta, indi fuma, mandando in aria grosse boccate.)
(comparendo sotto l'arco dell'uscio in fondo)Avete chiamato, signora?
Sì. Porta via questi bicchierini e quei liquori.
Avete fatto bene a ricordarvene. (Eseguendo l'ordine)L'altra sera, il signore trovò i due bicchierini sulla sedia. Stette zitto con voi, ma poi, il giorno dopo, mi oppresse di domande che mi pareva un giudice… come si dice… un giudice… distruttore. Io dissi che era venuta a trovarvi Gigetta, e che voi non glie l'avevate detto perchè quella lì dà le stoccate…
Metti a posto anche questa scatola di sigarette e questo portafiammiferi…
(pone l'una e l'altro sul tavolino, e s'avvia per andarsene con in mano il servizietto dei liquori.)Volete altro?
Fammi il piacere, Teresina, apri un po' quella finestra. Qui dentro, si soffoca: l'odore di questi fiori dà alla testa.
Mi dispiace, ma non posso servirvi: il pianerottolo sta proprio dirimpetto: non si sa mai che gente passa per le scale. E poi, lo stesso signor Carsanti, salendo all'improvviso, potrebbe vedervi. Ci volete compromettere?
Basta, Teresa, vattene. E ti prego di star bene all'erta… Stasera, verrà, forse, più presto delle altre sere.
Teresina non ha bisogno di raccomandazioni: pensate a voi: oggi è la vostra festa: divertitevi, divertitevi… (Esce dal fondo chiudendo con cura la porta.)
(dopo una lunga pausa) Mario! (Pausa.) Mario mio… sei seccato, di', sei più seccato del solito? (Pausa.) Non mi dici nulla?
(infastidito) Clelia, fammi il favore di lasciarmi tranquillo.
(si alza sconfortata e gli parla dolcemente:) Mi tratti male.
Ma no.
Ogni giorno, ogni giorno peggio!
Ma no.
E non me ne fai capire neppure il perchè.
(volendo essere ancora prudente) Insomma, Clelia, tu non t'accorgi a quali torture mi sottoponi.
(schiettamente meravigliata) Io?!
Questo mistero continuo, questa complicità della serva, questo dovere che ho di nascondermi, di rimpicciolirmi, di fuggire, questa necessità terribile d'andar via paurosamente quando arriva il tuo signore, ti pare niente?
Dunque, tu sei pentito d'essere ritornato al mio amore?
Vi ritornai – e tu stessa ne sei convinta – pazzo di gioia. Sapesti così bene richiamarmi!.. Dopo il gran dolore che avevo provato quando tu deliberasti di accettare… la protezione di costui, un sol dolore mi era parso più acerbo, più insopportabile: quello di vivere lontano da te. Ritornai… Non sapevo ancora che cosa significasse appartenere a quella miserevole categoria di uomini che, a poco a poco, si preparano a ogni vergognosa transazione sotto la veste del così detto «amante del cuore»!
Mario… ma tu non fai nessuna transazione vergognosa.
Non lo so… Ma certo, quando io esco da questa casa tutta elegante e profumata, mi pare di aver rubato. Io sento i brividi che deve sentire il ladro non ancora esperto… E l'idea del furto consumato è inevitabile, perchè è intimamente legata al ricordo profondo del godimento. Tu dici che non faccio nessuna transazione vergognosa… E perchè no? Tu non potevi vivere poveramente: va bene: (accalorandosi) sentivi il bisogno imperioso della ricchezza, o, almeno, dell'agiatezza. Ora, l'hai questa agiatezza: ma sono forse io che te la do, io, io, tuo amante? No. Te la dà un altro. È un altro che ti mette in condizione d'esser mia, ed io sono obbligato a lui… dell'amore che tu mi concedi. Ah! cara Clelia, la transazione è già avvenuta! E poi… vuoi comprendere meglio? Dimmi: (sempre più accalorandosi) se domani io ti chiedessi del denaro, tu… me lo daresti?
(con uno slancio di semplicità) Sì!
(tutto acceso) E ti sembrerebbe naturalissimo…
(come sopra) Sicuro!
(prorompendo con esasperazione) Lo vedi, lo vedi, ti sembrerebbe naturalissimo il farmi commettere una turpitudine: ecco che la tua sincerità mi valuta giustamente e dice, a me e a te, quel che sono diventato!
(annichilita, confusa) Mario mio, se ti ho offeso, senza avvedermene, te ne chiedo scusa. Io sono una donnetta, e… molte cose… non le intendo. (Pausa. Cambiando tono come per ragionare) Ma senti, non ti eccitare più, non esasperarti. Questa unione circondata di mistero, di paure e di sotterfugi ti riesce fastidiosa?.. Ebbene, se… (timida)se rinunziassi a questa agiatezza che mi costa tante pene e che mi condanna all'enorme fatica della finzione, se facessi uno sforzo di volontà per vivere in pace economicamente, se tornassi a essere tua anche al cospetto del mondo?
Sarebbe troppo tardi.
(sentendo una trafittura al cuore) Ahi!
Se pure credessi al tuo sforzo di volontà, io non potrei essere per te lo stesso Mario di prima, perchè non potrei mai dimenticare che, dopo il bene che t'ho voluto così perfettamente, tu hai avuto il coraggio di… dividerti tra me e un altro! Clelia, pur troppo, i sensi perdonano meno del cuore.
(scoraggiata) No, no, Mario, t'inganni, t'inganni. Io non ti nego che tu pensi quel che è più verosimile, ma te l'ho giurato tante volte che sinora – e, del resto, non sono trascorsi che una ventina di giorni – ho potuto mettere a profitto la timidità di quell'uomo e mi sono salvata!..
Impossibile!
Ma non sei ancora convinto che io sarei fuggita da lui se non avessi stabilito – malvagiamente sì, lo confesso, malvagiamente – di sfruttarne l'amore cretino senza il sacrifizio della mia persona?
(sogghignando) Il sacrifizio!
Hai ragione. Hai ragione perchè non ho mai saputo dirti bene… quel che sono io. Che vuoi! C'è dei segreti nel principio della vita di certe creature che anche un'intimità come la nostra non permette di rivelare con chiarezza. Un pudore invincibile si oppone. Mario, la prima offesa mi fu fatta… (con raccapriccio) da chi meno poteva esserne sospettato, quando io ero ancora una povera innocentuccia… La nefandezza inaudita mi annientò… Diventai impassibile come il marmo!.. Nessuno, d'allora in poi, aveva saputo scuotermi, ridarmi il calore, la febbre, i nervi, la vita… Tu, sì; e sei di me, adesso, padrone assoluto, unico, completo! Ho potuto disporre del mio corpo, come d'una cosa qualunque, finchè la mia impassibilità uguagliava e confondeva insieme tutti gli uomini; ma non ne posso più disporre ora, ora che nel tuo amore, e nel tuo amore soltanto, io risento di essere una donna. Ora… il ribrezzo per tutti gli altri uomini mi assale atrocemente (con una reminiscenza di terrore) come in quel giorno! Tu li hai soppressi, li hai soppressi tutti… Io sono donna per te, per te: – per gli altri non sono più niente, neppure un oggetto vile da barattarsi… M'intendi, Mario, m'intendi finalmente? T'accorgi che nella mia voce c'è una franchezza onesta che non ammette dubbi, che non merita sdegno? T'accorgi che così parla l'anima? che così parla la verità? Ma ascoltami bene; (scuotendolo affettuosissimamente)ma guardami bene negli occhi… e dimmi: mi credi? mi credi? mi credi?
(aridamente) No.
Dio! Dio! Ma se tu guardassi dentro il mio segreto, comprenderesti come, pure essendo vissuta così orribilmente, io debba ribellarmi ora alla brutalità dell'uomo che non amo.
(dietro la porta in fondo, tossisce forte, e batte all'uscio) Ohè, ci siamo, ci siamo…
(imbarazzata, s'affretta a ricomporsi, frenando la commozione da cui era invasa.)
(entrando e chiudendo presto la porta) Subito, sbrighiamoci. Il signore è per le scale coi suoi amici… Ho già mandato il servitore a fargli i salamelecchi.
(convulsa, a Mario) Tu, un momentino in questo cantuccio. (Lo spinge in un angolo della stanza.)Abbi pazienza, Mario mio… Quando Teresina t'avvertirà, te n'andrai, come al solito, pel corridoio.
(affaccendata, dando a Mario il cappello e il bastone)Ah! se non prendiamo una casa con due uscite, qui, una volta o l'altra, facciamo il patatrac!
(sempre in gran fretta, a Teresa) Taci, ora! (Poi a Mario, dandogli un bacio e guardandolo negli occhi) Ci vediamo domani?..
(abbassa lo sguardo.)
(perplessa) Mario, ci vediamo domani?
(stringendosi nelle spalle) Non so…
Come non sai?..
(Si ode dalla stanza contigua il vocío delle persone che arrivano.)
(impaziente, tirando Clelia verso il fondo) Vi vedrete, vi vedrete; ma, adesso, fuori! fuori!
(a Clelia) Va, va…
(apre la porta – e in quell'istante il vocío giunge più forte – ; indi, ella, uscendo, la richiude. Si odono le sue parole dette vivacemente:) Oh! bravi! bravi! (E la sua voce si confonde con quella degli altri.)
(resta attaccata alla porta tenendo fermi i battenti e accostando l'occhio alla serratura.)
(col viso arcigno, il cappello in testa, attraversa la stanza sulla punta dei piedi, siede presso una scrivanietta, e scrive qualche cosa.)
(sempre con l'occhio alla serratura, senza guardar Mario, col braccio gli fa cenno d'andarsene.)
(continua a scrivere.)
(voltandosi, gli dice, soffocatamente:) Che fate là?
(continua a scrivere.)
(Dalla stanza attigua, giungono queste parole, confusamente:)
– Sì, sì.
– Un po' per uno, stasera.
– A me, a me…
– Ah! Ah! Ah! Ah!
Ve n'andate, sì o no?
(consegnandole la lettera che ha scritta) Questa a Clelia.
Ma che significa ciò?
Che non ci torno più.
Siete matto! Volete farmela morire! Già, tanto, questa lettera io non glie la do, e domani farete la pace…
(Risuona di dentro uno scoppio di risa sguaiate.)
(irritato e disgustato, s'avvia verso la porta a sinistra: resta ancora un momento, guardando intorno, commosso e titubante. Ad un altro scoppio di risa, egli, risoluto, come se si liberasse finalmente da un incubo, se ne fugge.)
(guarda la lettera, e, dopo una breve esitazione, la lacera, e ne nasconde in tasca i pezzettini. Indi, tossendo forte, spalanca i due battenti dell'uscio in fondo.)
La stanza attigua è un salotto, splendido di specchi e di candele accese. – Entrano tutti, seguendo Clelia.
Venite, venite: qui si sta meglio, qui ho la mia poltrona favorita. (A Teresa, a parte) È andato?
Sì. (Esce.)
A proposito, io non vi ho ringraziati ancora pei bellissimi fiori. (Indicandoli) Come siete stati graziosi!
(protestano modestamente) Oh!
Dovere! Dovere!
Cioè, cioè… voi, Maturi, non m'avete mandato niente.
(che era rimasto indietro, si fa innanzi confuso)Niente, io?.. È strano… Mi pareva d'aver mandato…
Un pensiero gentile?.. Mi basta.
(ridono.)
(con aria di protezione) Lasciatelo in pace il povero Maturi.
Piuttosto, vediamo un poco questi orecchini magnifici di cui l'amico Carsanti ci ha molto parlato. La commissione di vigilanza è sopra luogo e deve procedere alle debite osservazioni.
Sicuro, sicuro!
Ah, sì, gli orecchini che Gerardo mi ha regalati per la mia festa? Vedrete: sono una bellezza davvero!
(impettito, dice piano a Clelia) Ma non hai voluto farmi l'onore di metterli, stasera.
(carezzandolo lievemente) Hai ragione… Scusami… Intanto, sii buonino: valli a prendere tu stesso. Li troverai nel mio scrignetto, che è aperto, mi pare.
Fai male a lasciarlo aperto: è una imprudenza. (Esce a destra.)
(va subito dietro a Clelia e le dà un bacio sui capelli.)
(rimproverandolo scherzosamente) Verani! Verani!
(scusandosi) Eh! sui capelli…
Verani, voi avete una segreta sì, ma violenta passione per me.
Sì, è vero! È vero! È verissimo!
(ridendo) Ah! ah! ah!
Ma bada, Clelia, che io sono iscritto prima di lui… Divento una belva se me lo fai passare innanzi!
Come c'entri tu! Tu sei medico, e i medici non sono…
Cosa non sono?
(rientrando con in mano gli orecchini) Non erano nello scrigno, cara Clelia. Ah, che testolina!
(circondandolo) Vediamo, vediamo.
(con ostentata modestia) Non c'è nulla di meraviglioso.
Corbezzoli!
Stupendi!
Perbacco!
Poche volte ho visti dei brillanti limpidi come questi.
Che acqua!..
(alle spalle di Carsanti, senza farsi udire da lui) Per darla a bere!
E notate la montatura.
Ci scommetto che non è lavoro napoletano.
Ma che napoletano!
(con servilismo lusingatore) Orecchini esteri! Si vede!
Vi costano un occhio!
Circa… sei mila lire!
Allora… due occhi!
Bisogna congratularsi (guardando Clelia) con chi li ha saputi meritare…
E con chi li ha saputi comprare!
Soprattutto, poi, con chi li ha saputi vendere!
(orgoglioso e sempre ostentando modestia) Ed ora fatemi il piacere di finirla. Vado a riporli, Clelia?
Sì, caro.
(Appena uscito, tutti si accostano a Clelia, pettegoleggiando e parlando sommessamente.)
Che brutta roba!
Comperati di seconda mano.
Ecco!
Cosuccia, sei certa che non sono falsi?
Linguacce!
(come vede rientrar Carsanti, esclama) Ah! splendidi! splendidi! Che acqua!
Basta! non mi seccate più!.. Ditemi, invece: avete sete?
A proposito di acqua?
Ma no. Stasera, Champagne. Che diamine!
Se si tratta di Champagne, tutti abbiamo sete!
Sitio! Sitio!
(tocca il bottone del campanello elettrico e va nella stanza vicina, in fondo, a parlare con Giacomo il servo.)
(gettando un sospiro canzonatorio) Verani, che avete?
(che è assorto, posando a sentimentale) Una giornata di spleen.
Se hai dormito tutto il santo giorno!
Sì, ma, dormendo, mi sono accorto che avevo lo spleen. (Languidamente, a Clelia) E anche voi, Clelia, stasera non siete di buon umore.
(con uno dei suoi soliti sforzi di dissimulazione)Perchè no? Anzi! Suoniamo, cantiamo, balliamo, se volete. (Si alza.) Non v'ho detto che da una settimana prendo lezione di pianoforte. (Va al piano e siede.) State a sentire che progressi. (Pesta violentemente la tastiera con un sol dito, principiando il motivo del Rigoletto: «La donna è mobile»; poi ripete le prime note accompagnandovi la voce) «La donna è un mobile…»
(sospirando) Ah! la donna – la donna che dico io – sarebbe per me tutt'altra cosa!
(rimproverandolo scherzosamente, come prima)Verani! Verani!
Non sospirare.
Per chi sospira, Verani?
Per me, per me. (Si alza dal piano.)
(vi si siede.)
(celiando, tira Verani per l'orecchio) Se ti permetti di sospirare per Clelia… (abbassa la voce, velenosamente scherzoso) non ti presto più danaro!
Ritiro il sospiro immediatamente!
(Entrano Giacomo portando in un vassoio due bottiglie di Champagne e i bicchieri a coppa, e Teresa, portando, in un altro vassoio, pasticcini e bonbons.)
(battendo le mani) Ecco lo Champagne!
(al pianoforte, accenna il motivo del brindisi dellaCavalleria rusticana.)
Bravo Giannetti! Anche pianista.
Una volta, sonavo un poco.
(stura, intanto, le bottiglie, e quindi versa loChampagne nei bicchieri, parlottando col servo.)
(a Giannetti) Continuate, continuate: il brindisi della Cavalleria rusticana mi piace.
(continua a sonare.)
E Carsanti lo canterà… (A Clelia) Voi già sapete che Carsanti canta…
Non rilevare queste velleità della prima giovinezza…
Cattivo! E non me ne avevi detto niente.
Va là, va là, non stare a sentire tutte le scioccherie che ti contano… Offri da bere a questi signori.
(offre un bicchiere a Fonseca) Al primo iscritto. (Poi, a Giannetti, che cessa di sonare) A voi il vostro «vino spumeggiante». (Poi, a Maturi, che, appartato, con innanzi un mucchio di dolciumi, ne mangia avidamente) Buon appetito!
(con la bocca piena) No… Stasera ho lo stomaco chiuso.
(offrendo un bicchiere a Verani, sospira burlescamente)A voi, Verani.
(insieme) E va bene! E va bene!
(prende un bicchiere e l'offre a Carsanti, che già ne ha uno in mano. Allora, contraccambiandosi uno sguardo grazioso, si scambiano i bicchieri, e se li toccano.)
(li circondano per toccare.)
(toccando i bicchieri di Clelia e di Carsanti)Alla vostra felicità!
(insieme) Grazie, grazie.
Su, su, amici, un po' d'allegria… Stasera vogliamo fare delle follìe!
Mi sottoscrivo. (Alzando il bicchiere) Hip! hip! hip!
(meno Maturi che è sempre intento a mangiare)Urrah!
(beve il bicchiere colmo, e impallidisce.)
Che hai?
Clelia!..
Oh!..
(mal sorreggendosi) Niente, niente… (Tentando di sorridere e di celiare) Un po' di Margherita Gautier fa sempre un bell'effetto…
(a Carsanti) Hai del liquore anodino?
(abbandonandosi sulla poltrona) No… piuttosto dell'aceto inglese…
(vanno verso la stanza da letto a destra.)
(cavando di tasca l'ampollina) Ce n'ho io, ce n'ho io… (Odora l'aceto inglese.)
Vuoi sbottonarti? Chiamiamo Teresa? (Le mette la mano sulla fronte.)
No, non è necessario. (Riavendosi) È passato.
(tastandole il polso) Sicuro… non è nulla…
Ci hai allarmati.
Scusami, Gerardo.
E intanto, vedi, ti sei versato lo Champagnesull'abito.
Via! Via! Andate là, voialtri: lasciate che io interroghi la mia cliente… Anche tu, Carsanti, via!
Sì, sì, interroga. (S'allontanano.)
(profitta e ricomincia a mangiare.)
(a Fonseca) Veramente, è passato. Un lieve capogiro, sai, accompagnato da un po' di nausea qui… (indicando lo stomaco) e da una stretta alla gola.
(abbassando molto la voce) Bambina: guardami in faccia. Non c'è proprio altro da dirmi?
(sorridendo tristamente) Oh! Che pensi, adesso!
(all'orecchio) Io gli annunzierei subito l'erede al trono!
(di scatto, con voce severa e soffocata) No, per carità, non scherzare su questo.
Sciocca! Sarebbe una fortuna per te.
Te ne scongiuro, taci.
(stringendosi nelle spalle, s'allontana.)
Ebbene?
Ebbene? Ebbene?
(umoristicamente) Sta a vedere che un medico deve mettere in piazza i mali dei suoi clienti.
(chiamandolo gentilmente) Gerardo, Gerardo, senti.
Io protesto! Noi siamo la commissione di vigilanza e dobbiamo essere informati di tutto.
(s'avvicina a Clelia.)
(si raggruppano a parte, cicalando tra loro.)
(piano a Carsanti) Fammi un favore: mandali via, non sto perfettamente bene.
Che figura mi fai fare? Li avevo invitati a passare la serata con noi. (Continuano a parlare.)
(in mezzo al gruppo) Diavolo, diavolo! Gli combinerebbe un marmocchio?
Di già!
Sarebbe un bel colpo!..
(Le parole di Giannetti, di Maturi e di Verani, appena si distinguono nel vocìo.)
(malcontento, a Clelia) Ti servirò. (Rivolgendosi agli amici.) Signori miei, io vi metto alla porta. Clelia non ha avuto il coraggio di dirvelo, ma ella ha bisogno di riposo.
Oh! ce ne andiamo subito.
Certamente.
(tuttora con la bocca piena) Quanto a me, senza cerimonie, se anche la signora ha bisogno di riposo, io posso restare benissimo.
Tu, senza cerimonie, verrai con noi, perchè senza cerimonie hai mangiato bene e bevuto meglio.
Non dicevo per questo…
Arrivederci, Cosuccia. (Dandole la mano furbescamente)Va a dormire, e… ci siamo intesi? Caro Carsanti…
Buona notte.
Buona notte.
Voi non me ne volete, amici miei, eh?
Vi pare!
Verremo a vedervi al più presto possibile.
(a Carsanti che li accompagna verso la porta)Non t'incomodare…
(in tono lievemente canzonatorio) Resta tu, resta tu…
Ma che! Lasciate almeno che io vi metta alla porta con tutti gli onori.
(insieme, un po' sogghignando) Grazie, grazie!.. Maturi, e tu?