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Una donna

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UNA DONNA

Dramma in quattro atti

Questo dramma, scritto il 1888, fu rappresentato per la prima volta il 2 maggio 1892 dalla compagnia Pasta-Garzes-Reinach, protagonista Tina di Lorenzo, al Fiorentini di Napoli.

PERSONAGGI:

Clelia.

Signora Maria Renzi.

Mario Renzi, suo figlio.

Gerardo Carsanti.

Signor Brambini.

Beatrice, sua nipote.

Bartolomeo.

Angiolina.

Fonseca.

Giannetti.

Verani.

Maturi.

Saverio, portinaio.

Un Albergatore.

Teresa, cameriera.

Giacomo, servo.

Carmela.

La scena, a Napoli: verso il 1880.

Annotazioni per gl'interpreti

Clelia: ventidue anni, graziosa, fragile, variabilissima di aspetto e di accento. – Mario: trent'anni, pittore: ha qualche cosa d'inconsciamente affascinante. – Signora Renzi: sessant'anni, aspetto sereno, dolce, modestamente signorile. – Gerardo Carsanti: quarantacinque anni: faccia poco simpatica, occhi lievemente affetti da strabismo, modi o troppo melliflui o troppo ruvidi: veste con esagerata e falsa eleganza. – Signor Brambini: sessantacinque anni, ex capitano borbonico: aspetto bonario. – Beatrice: diciotto anni: è una fanciulla bellina, semplice e mite. – Bartolomeo: circa cinquant'anni, ex maestro di ballo: tipo comico: porta delle scarpine senza tacco e in testa un berretto ben ricamato. – Angiolina: quarantasette anni, rivenditrice di abiti: aria di persona zelante, affaccendata, inframmettente, pettegola. – Fonseca: trentott'anni: medico di poca importanza: vivacità furbesca e cordiale. – Giannetti: quarant'anni: contegno d'uomo di mondo. – Verani: trentadue anni: giovanotto vacuo e stupidamente sentimentale. – Maturi: età indefinibile: galoppino di Carsanti: magro, sparuto, sembra un usciere di tribunale. – Saverio: portinaio d'un palazzetto abitato dal mezzo ceto: un omuncolo bilenco. – Albergatore: è rozzo, burbero. – Teresa: cameriera giovane e astuta. – Giacomo: figura di servo sciatto, inelegante. – Carmela: giovane popolana.

ATTO PRIMO

Camera modesta, quasi povera, in disordine. Poche suppellettili tra cui un attaccapanni, una tavola, uno stipetto basso, seggiole stranamente diverse. Sull'attaccapanni, soltanto una sottana bianca. Sulla tavola, un tovagliolo mezzo aggrovigliato e alcune bucce di frutta. Sopra una seggiola, un paio di stivalettini attillati. Sullo stipetto, piatti, bicchieri, forchette, cucchiai, coltelli, qualche bottiglia, qualche vaso di creta. In fondo, una porta senza battenti che lascia vedere una saletta e l'uscio di scala. Accanto a questa porta, una seggiola. A destra, un'altra porta. A sinistra, una finestra.

SCENA I
ANGIOLINA e PORTINAIO

(Quando s'alza la tela, il campanello penzolante ad un muro della saletta si agita e strepita. Nella stanza non c'è nessuno. – Silenzio. – Poi, un'altra volta, il campanello strepita. – E di nuovo silenzio. – Quindi si sente la voce pettegola di Angiolina di là dall'uscio chiuso.)

Angiolina

Ohè! Portinaio!.. Portinaio, qui non mi si apre… Non c'è nessuno in casa? (Pausa.) E mi avete fatto salire!.. (Pausa.) Allora venite ad aprirmi… Sono io, Angiolina la rivenditrice… Venite ad aprirmi… Aspetterò che venga la signorina… (Pausa. – Tra sè:) Ah! benedetto Dio!..

(Si apre l'uscio. Entrano il portinaio con un chiavino in mano e Angiolina che porta sul braccio una veste avvolta in un panno bianco.)

Portinaio

(entrando) Eh! bella mia, io ho l'ordine di non dare la chiave che al signor Mario. Ho aperto perchè siete voi. Se volete aspettare qui, accomodatevi pure; ma, senza offesa, io vi tengo compagnia.

Angiolina

Angiolina può entrare sempre, per regola vostra: e poi, statevi attento che c'è tanta roba preziosa da portar via!.. (Ironicamente) In questa casa si guazza nell'oro!.. È una pietà, è una pietà!..

Portinaio

(confidenzialmente) Ma che ci volete fare! Questa poveretta è pazza. Se sapeste che offerte ha rifiutate! Il male è che ci vado io di mezzo… E se qualche galantuomo viene a mettermi nelle mani una carta di cinque lire, solamente, già, per informarsi – perchè, tanto, ambasciate a lei non glie ne porto più – , io non ci sto bene di coscienza, e sono perfino capace di non accettare la mancia. È un peccato mortale!

Angiolina

Lo dite a me? Lo so io se è un peccato mortale: io, che ero abituata ad avere da lei tutto quello che volevo… mentre adesso poco ci manca che non debba io soccorrere lei! Ah! quando penso ai tempi in cui la sua casa era in festa di giorno e di notte e si gettava la roba dalla finestra tant'era l'abbondanza; quando penso alle risate che mi faceva fare – perchè mi voleva un gran bene e mi raccontava tutti i fatti suoi – , credetemi, don Saverio, mi viene da piangere. Aveva sempre trattato gli uomini come fantocci, e ne aveva avuto tesori, e se n'era sempre infischiata… – senza mai commettere mal'azioni, veh!, perchè cattiva non era… – ; ed ecco che da un giorno all'altro s'incapriccia di questo spiantato, e addio allegria, addio abbondanza! Manda al diavolo tutti gli amici, e si riduce in questo stato…

Portinaio

Apritele gli occhi voi.

Angiolina

Non c'è come persuaderla. Se le parlo, non mi dà neanche retta… Ed io, che potrei!.. Basta!..

Portinaio

«Potreste»?.. Lasciatemi sentire: che cosa potreste? A me dovete dire tutto. Confidatevi… Tengo segreti qua dentro (la mano sul petto), che neppure un confessore!

Angiolina

(non volendo compromettersi) No… niente di positivo…

Portinaio

Volete farmi dei misteri; ma questo non va bene. Perchè, se poi avete bisogno di me…

Angiolina

Ma che vi pare? Avessi da confidarvi qualche cosa, non ve la confiderei? Lo so che siete un buon uomo, e che, all'occorrenza, per un amico, vi gettereste nel fuoco; ma, vi ripeto, per ora non c'è niente, non c'è niente…

SCENA II
MARIO, ANGIOLINA, PORTINAIO
Mario

(dalle scale) Che è questa porta aperta? (Entra. Vedendo Angiolina, mostra di seccarsene.) Ah! qui si fa conversazione…

Angiolina

Serva vostra!

Portinaio

(togliendosi il berretto) Tenevo compagnia a donn'Angiolina per non farla aspettare fuori la porta. Questa è la chiave. (Gliela dà.)

Mario

(prende la chiave. Infastidito e stanco, siede dopo di aver lasciato in un angolo il cappello e un quadretto che aveva portato sotto il braccio.) E la signora?

Portinaio

È uscita che saranno più di due ore. Poco potrà tardare. Comandate niente?

Mario

No.

Portinaio
(esce.)
Mario

(ad Angiolina, che gli è rimasta indietro, si rivolge tranquillamente) Che siete venuta a fare? Ve l'ho già detto: desidero che qui non ci veniate.

Angiolina

(paziente) La signorina Clelia mi aveva dato a vendere una veste, (mostra la veste) ed io vengo a dirle che non è stato possibile: non glie la vogliono comprare neppure per dieci lire.

Mario

(mal celando il turbamento) Quale veste?

Angiolina

(cavandola dal panno) Eccola…

Mario

Come! Anche questa?!

Angiolina

Sissignore, anche questa.

Mario

E non l'hanno voluta?

Angiolina

È di lanetta leggera. Fosse roba d'inverno, si troverebbe a vendere facilmente. Ma è robetta di mezza stagione, e siamo in novembre…

Mario

(interrompendola) Sta benissimo. Dirò io tutto ciò alla signora. Lasciate lì la veste e non vi date pena. Non è necessario vendere questi stracci… Grazie tante, e addio. (La saluta con la mano, congedandola.)

Angiolina

Ma io non ho fretta. Posso aspettare.

Mario

Addio! Addio! Volete farmi il piacere d'andarvene?

Angiolina

Ah!.. ecco la signorina Clelia.

SCENA III
CLELIA, ANGIOLINA, MARIO
Clelia

(arriva tutta scalmanata, con in mano un mazzo di fiori sciolti e alcuni cartocci. Giungendo, va difilata a dare un bacio a Mario.) Il portinaio m'ha detto che eri qui, e non so perchè mi son messa a correre per le scale, come se non t'avessi visto da una settimana… Ah!.. non ne posso più. (Pone sopra la tavola i cartocci, mette i fiori in un vaso, e si lascia cadere, trafelata, su una seggiola.)Male! Male, Mario mio! Le cose vanno male! Ma non te ne affliggere…

Mario

Si direbbe che vanno bene: hai fatto perfino una provvista di fiori.

Clelia

Me li ha regalati…

Mario

Chi?

Clelia

Un bel giovanotto. Ah! ah! ah! Saresti capace di crederlo?.. Me li ha regalati la solita vecchietta… Ella sa che io non ci posso stare a lungo senza fiori, come io so che ogni tanto una buona colazione la rende felice!.. (Rivolgendosi ad Angiolina con dissimulazione) E tu, Angiolina, come sei capitata qui? Che vento ti ha portata da questa parte?

 
Mario

È inutile di fingere, cara Clelia: lo so che avevi mandato a vendere anche questa vesticciola di lana… Ti ridurrai come una pezzente da non poter più uscire di casa.

Clelia

(con un sorriso di bontà) Eh! Chi sa! Non tutti i giorni sono uguali! Bisogna sempre sperare! Ma a te, Angiolina, com'è saltato in mente di dire a Mario la faccenda della veste?

Angiolina

Egli mi rimproverava ch'io fossi venuta, e per giustificarmi…

Clelia

Intanto, la veste è qui… Perchè?

Angiolina

Perchè, signorina mia bella, se vi contentate di poche lire, io farò un'altra giratina e cercherò di venderla; altrimenti è proprio impossibile.

Clelia

Poche lire! Come sarebbe a dire? Una cinquantina?

Angiolina

Scherzate! Meno di dieci. Per dieci me l'hanno rifiutata.

Clelia

Caspita! Mi arricchirò. Beh! Vendila come meglio puoi. Siano pure otto lire. Saranno sempre guadagnate.

Angiolina

(riavvolgendo la veste nel panno bianco e rimettendosela sul braccio) Volevo poi dirvi, se il signorino permette, un'altra cosa… (timida e prudente)riguardante… quell'altro abito…

Clelia

(schietta) Quale altro abito?

Angiolina

(vorrebbe spiegarsi con gli sguardi) Ma come?! Non vi ricordate?.. (Le si avvicina e le dice all'orecchio:)Vi debbo parlare di premura…

Mario

Alzate la voce, donn'Angiolina! Alzate la voce! Qui non c'è bisogno di far tanti misteri, e, soprattutto… non c'è bisogno dei vostri servigi. Voi volete mettermi con le spalle al muro, volete. Non mi fate perdere la pazienza… Ve l'ho fatto capire, sì o no, che mi siete antipatica?

Clelia

(rimproverando con mitezza) Mario!..

Angiolina

Ih! che maniere!.. Vi ho messo forse la mano nella tasca?

Mario

No, non me l'avete messa… (La prende per un braccio conducendola verso la porta) Non me l'avete messa; ma, per ora, andatevene.

Angiolina

(opponendo una lieve resistenza e guardando Clelia come se aspettasse un cenno di risposta)Un momento…

Mario

Andatevene… (La tiene sempre pel braccio.)

Angiolina

Ma…

Clelia

(con un gesto la prega di pazientare.)

Mario

Andatevene. (L'accompagna sino alla porta, e glie la chiude in faccia.)

SCENA IV
CLELIA e MARIO
Clelia

(umilmente) Perchè la tratti così? Che t'ha fatto di male quella poverina?

Mario

Non m'ha fatto nulla di male, ma il vederla bazzicare ancora in questa casa mi urta i nervi. La sua presenza mi ricorda troppo la tua vita passata e mi pare che lei possa rimetterti in relazione con tutta quella gente che t'ha rovinata.

Clelia

(un po' celiando) Veramente, non è quella gente che ha rovinata me; sono io, invece, che, talvolta, ho rovinata quella gente… Intanto, tu credi che io possa lasciarmi adescare da donn'Angiolina? (malcontenta) È strano…

Mario

(alquanto irritato) Strano o no, quella femminaccia mi fa paura, ed io ti proibisco di…

Clelia

(interrompendolo con dolcezza) Non la riceverò più, sta tranquillo. O che vogliamo litigare per donn'Angiolina?.. (Mutando tono) Permettimi, piuttosto, di farti il resoconto della mia giornata. È cominciata benino, sai; ma poi… ahimè!, ho sprecato fiato e tempo.

Mario

Sentiamo com'è cominciata.

Clelia

(cava di tasca una scatolina di sigarette e gliene offre una) Provvisoriamente, fuma una sigaretta.

Mario

(pigliandola, la guarda) Perdio! Delle Tocos!

Clelia

(con solennità burlesca) Bagnate dall'onorato sudore della mia fronte: le ho comprate.

Mario

(turbato, le rende la sigaretta) Grazie, io non ne voglio. Io non fumo sigarette di lusso…

Clelia

(un po' mortificata e anche meravigliata) Credevo che per una volta… Gli è che stamane – ed ecco quel che ti dicevo – ho cominciato col far quattrini. Sicuro! Sono andata dalle Suore, le quali, come di solito, mi hanno accolta festosamente, e subito m'hanno data la buona notizia che il cuscino era stato venduto alla baronessa… Non mi ricordo a quale baronessa, ma insomma era stato venduto.

Mario

Il cuscino! Quale cuscino?

Clelia

Come! Non l'avevi veduto? Non lo avevi ammirato? Già, hai ragione, io l'ho fatto di nascosto perchè non ero certa di riuscire. Ma sono riuscita!.. Era di raso azzurro, sai, chiaro chiaro: una tinta deliziosa; e sull'azzurro spiccavano i rami verde cupo e i fiori di velluto d'un rosa pallidissimo. Modestia a parte, un gusto sopraffino. Pareva un quadro… un quadro tuo! Che bellezza! Che bellezza!

Mario

Molte spese, però.

Clelia

Oh! non molte… (Facendo il conto) Un trentacinque lire: non più.

Mario

E le Suore te l'hanno venduto per…

Clelia

(imbarazzata come una bambina)… Per qualche cosa di meno. Ma guarda: per la prima volta bisogna transigere. Tutto sta a mettersi in carreggiata… Vedrai, vedrai che quattrini!

Mario

Sì, sì, vedrò. E che altro hai fatto?

Clelia

Ero tutta contenta d'aver lucrato… – via lasciamene l'illusione – d'aver lucrato una bella sommetta, e mi sono messa in giro, perchè ho pensato: «profittiamo del buon quarto d'ora.» Avevo stabilito di non ritornare a casa se non avessi conchiuso sul serio qualche affaruccio. Ma… il quarto d'ora era già passato! Sta' a sentire. Sapevo che alla Ville de Londres era disponibile il posto di direttrice… Dirigere una sartoria!.. L'idea mi sorrideva. Vi sono andata. Ma il signor Angeloni, il proprietario, mi ha subito riconosciuta e mi ha detto: se volete ordinare degli abiti sono a vostra disposizione, ma che io mi permetta di dare a voi cento lire al mese è addirittura inverosimile. Poi sono andata da Madame Richard. Nella sua casa, veramente, non sapevo che fosse disponibile nessun posto… Pure ci sono andata con non so quale speranza nel cuore. Madame Richard, da quella donna d'esperienza che è, s'è meravigliata meno del signor Angeloni… Senonchè, m'ha detto che avrebbe potuto offrirmi l'ufficio di essayeuse… Cinquanta lire al mese per mettermi addosso la roba altrui e star lì come un attaccapanni a girarmi e a rigirarmi avanti alle contesse e alle principesse armate di lorgnettes e di malignità!.. Capirai:… non ne varrebbe la pena e sarebbe superiore alle mie forze… Finalmente, mi sono recata all'Agenzia dei Fratelli Morandi. Uh! per far loro intendere che io chiedevo e non offrivo un'occupazione di governante, c'è voluto un bel po'. Hanno preso nota del mio nome e della mia abitazione, e quando ho voltato le spalle… m'è parso di sentire che sghignazzassero, burlandosi di me… (Con malinconia) Forse anch'essi m'avevano riconosciuta. (Pausa)Ero stanca… Ho fatto delle spesucce e sono montata in un tram. Uno sfaccendato m'importunava; sono discesa: lo sfaccendato è disceso anche lui e m'ha seguita: ed io, per liberarmene, ho presa la prima carrozzella che mi è capitata dinanzi…: una carrozzella sciancata ch'era un piacere a starci dentro…; e sono arrivata qui, tutta scombussolata, con le ossa rotte, senza aver conchiuso niente! Mah! (Sospira.) Lasciamo fare alla provvidenza… (Sorride tristamente.) E se quella lì non ne vuol sapere, rimedieremo altrimenti… Perchè, tanto, è meglio morire che vivere assai male!..

Mario

(con rammarico affettuoso) Questo è poco confortante per me che sono la ragione vera dei tuoi sagrifizii…

Clelia

(scotendosi e fingendosi rianimata ed allegra) Su! su! Non farmi quella faccia da sepolcro! Se ho avuto un momento di tristezza, perdonami. E non parlarmi più di sacrifizii. Del resto, ne hai fatti e ne fai tanti tu per me.

Mario

Io! Io!.. Che faccio io per te? Che cosa posso fare? Che cosa so fare? (Quasi parlando tra sè)Sì, dipingo! Oh! il gran pittore che sono! A stento riesco a guadagnare quanto basta per non lasciar morire d'inedia quella povera mamma mia, acciaccata e sola com'è…

Clelia

Hai soccorso pure me, tante volte! Sei stato così delicatamente generoso…

Mario

(con ironia contro sè medesimo) Ma sì! Generosissimo!

Clelia

E quando sarai tranquillo di spirito, guadagnerai anche di più. Farai dei bei quadretti… Anzi dei quadrettoni, e io sarò la tua modella… Ho già un nomignolo di modella! Cosuccia… Ero predestinata… Ma bada che allora vorrò essere pagata… (Scherzando amorosamente) E tu mi pagherai! Oh! se mi pagherai!..

Mario

Non t'illudere, Clelia mia. Credimi, sarò sempre un imbrattatore di tele: qui dentro (toccandosi la fronte) non c'è niente!

Clelia

(energicamente) E quest'è la tua sventura! Chi non comincia col credersi per lo meno un genio, non sarà mai apprezzato da nessuno. (Indi, eccitandosi in una falsa allegria) Ma che importa?.. Sei un genio per me, e basta! Non ti apprezzano gli altri? Peggio per loro! Non ti festeggiano? Ti festeggio io! Adesso, per esempio, ti offro un banchetto. E che banchetto! Ho qui (disfacendo i cartocci)della galantina eccellente… un po' di tartufi in boîte… e perfino dei sospiri di Van Bol… Non mi sgridare: era tanto tempo che non mangiavo dolci! Ne ho presi per me, per te e anche… per la tua mamma. T'offro, come vedi, un banchetto luculliano. Vino, poco; ma buono… cioè, così così: una mezza bottiglia di Capri bianco. Ti piace?

Mario

(sempre più rattristandosi) Ho già fatto colazione a casa. Grazie. Mangia tu, cara Clelia, che devi avere appetito.

Clelia

Appetito?.. Fame! Fame! Altrochè appetito! (Va aggiustando graziosamente la piccola mensa.)Dunque, non vuoi accettare? Auff! fai lo schizzinoso… Vedi… mi mortifichi… (Mette in mezzo alla tavola dei fiori.) Benissimo! (A un tratto)Ah!.. ho dimenticato la cosa più importante: il pane. Ma non è nulla. Ora ordino a uno dei miei servitori che me ne comperi. (Va alla finestra.)

Mario

Che fai?

Clelia

Chiamo uno dei miei dodici servitori: il portinaio. (Chiamando) Don Saverio! Don Saverio! (Pausa.) Fatemi il piacere di comperarmi quattro soldi di pane. (A Mario) Ho fame, io! (Al portinaio)Ma, badate: voglio di quei panini neri… Andate giù, alla Panetteria Francese… (Pausa. Poi, rispondendo al portinaio) Sì, sì, laggiù… (Pausa.) Ah! ho capito: non avete i soldi. Ebbene, venite qua, salite, chè ve li darò io. (A Mario, celiando) Quest'uomo non ha mai il becco d'un quattrino!

Mario

Un genio incompreso anche lui!..

Clelia

(gira intorno, impaziente, andando in cerca di qualche cosa) Diamine… diamine…

Mario

Che cerchi?

Clelia

Nulla (Si fruga nelle tasche.) Non trovo il portamonete, ecco. (Continua a frugare.)

Mario

Sicchè?..

Clelia

(desolata) Ehi… me l'avranno rubato nel tram… Ma no! Se ho pagato il cocchiere della carrozzella… Ah! comprendo: siccome ho pagato prima di scendere, così certamente l'ho lasciato nella carrozzella… Che testa, mio Dio, che testa! (Si scorge in lei uno sconforto tetro.)

 
Portinaio
(picchia alla porta.)
Mario
(scrollando il capo, apre.)
Clelia

Mario… ce li dài tu i quattro soldi?

Mario

(dopo aver messo le mani nelle saccocce, dice con tormentoso rincrescimento:) Non ce li ho.

Clelia

(costringendosi alla disinvoltura e alla gaiezza)Beh!.. poco male! Banchetteremo senza pane. (Al portinaio) Grazie, don Saverio: non ho più bisogno di voi. (Ma il portinaio indugia.) Che è? Avete da dirmi qualche cosa?

Portinaio

(le si avvicina e le parla all'orecchio)È venuto, poco fa, il padrone di casa… Si lamentava che pareva avesse mal di stomaco… Ha detto che un altro giorno aspetterà, e poi… mi spiego? Voleva salire, voleva: ma io gli ho detto che non c'era nessuno.

Clelia

(sottovoce) E ritornerà?

Mario

(sente confabulare senza intendere le parole e monta in collera) Sempre misteri! Sempre confabulazioni segrete!

Clelia

(dolcemente) Nessun mistero…

Mario

Voglio sapere!

Clelia

Oh! io non volevo dirtene nulla per non seccarti, ma giacchè Dio sa che scioccherie sospetti – e sei molto ingiusto – , eccoti la verità: il padrone di casa vuol mandarmi via. Sei contento, ora?

Mario

(mortificato e calmo) Non ti manderà via. Fra un paio di giorni, se non prima, avrà quello che deve avere.

Clelia

Avete udito, don Saverio? Sicchè, ditegli che stia tranquillo… E, per carità, se ritorna, non me lo fate vedere! Uh! quanto è antipatico!

Portinaio

(stringendosi nelle spalle, se ne va borbottando.)… Antipatico… antipatico… Se quello viene, posso io dirgli d'andarsene?.. Basta… (Esce, chiudendo la porta.)

Clelia

(con uno dei soliti sforzi di finta spensieratezza)Sì, sì, basta con i guai, oggi!.. «Signora Clelia il pranzo è servito»… (Siede a tavola. Cava il turacciolo dalla bottiglia, e versa il vino nel bicchiere, mentre Mario è lontano. Indi, a un tratto, cede a un istante d'abbattimento, appoggia i gomiti sulla tavola, e fra le mani stringe il capo abbandonato.)

Mario

(se ne accorge e le si avvicina alle spalle) Clelia mia, lo vedi: questa vita non è per te!

Clelia

(senza alzare il capo, con dolcezza) Non mi dir niente, Mario.

Mario

No, non ti rimprovero… Tutt'altro! (Le bacia i capelli.)

Clelia

(gli si volta con le lagrime agli occhi) Mario mio…

Mario

Tu mi lascerai… Tu devi lasciarmi: lo comprendo.

Clelia

No…

Mario

Devi lasciarmi.

Clelia

Ma io ti voglio bene! Mario, credimi. Te lo dico… semplicemente: io non potrei più vivere senza di te.

Mario

Ti sembra così… perchè ora non vedi che me, perchè ora eviti qualunque tentazione, perchè vivi isolata: tutta la tua vita è concentrata nella mia persona, e tu dimentichi perfino che ci sono al mondo tanti altri uomini, sì, tanti altri uomini migliori di me, meno noiosi, più attraenti, più intelligenti… (Concitandosi) Ma se questi uomini ti stessero un po' attorno, tu, pure essendo buona come sei, pure amandomi come mi ami, cominceresti a fare dei confronti e cominceresti a comprendere di nuovo che il bacio che ti do io non vale più di quello d'un altro. Grado grado, ti persuaderesti di essere vittima di una fissazione, d'un equivoco… e – anche prima di lasciarmi – mi tradiresti…