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Sperduti nel buio: Dramma in tre atti

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Sperduti nel buio: Dramma in tre atti
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PERSONAGGI:

Paolina

Nunzio

Paolo Rovigliani, Duca di Vallenza

Livia Blanchardt

Franz Cardillo

Emilia, sua moglie

Milone

Donna Costanza

Ciro Barracane

Lola Bernardi

Guidolfi

L'Avvocato Bartoletti

Elvira

Ida

Don Lorenzino

Don Achille

Luigi Cardone

Due marinai

Un forestiere

Altri tre avventori del «Nuovo egiziano»

Ed altri ancora, uomini e donne

Un parrucchiere

Un sarto

Il cameriere Beppe

Il servo Gaetano

Filomena Carrese

Femminucce del volgo e viandanti.

La scena è in Napoli – Epoca attuale.

ATTO PRIMO

La scena rappresenta un piccolo ritrovo di infimo ordine, tenuto da Franz Cardillo. È qualche cosa tra il bar e la birraria, con una tinta di caffè concerto in miniatura allo stato primordiale. Ha un aspetto d'intimità alquanto sinistra. La porta d'entrata, quasi nel mezzo della parete in fondo, è poco ampia: i vetri dell'uscio che s'apre in dentro sono opachi: un po' di tappezzeria, che adorna i muri coperti d'una carta grigiastra piuttosto chiara, è la solita stoffa alla turca, molto sbiadita. Sulla porta, un orologio. La sala è irregolare. Si compone di due piccolissime sale tra le quali si è demolito quasi tutto un muro. La parte di esso non demolita si allarga in su ad arco per sostenere il soffitto, e forma come un gran pilastro attaccato alla parete destra nascondendo agli spettatori uno spigolo del primo compreso che si trova venendo dalla strada. Alla parete sinistra è la porticina ogivale, senza uscio, del retrobottega. Da per tutto tavolini tondi e sedioline. Accanto alla porticina del retrobottega, una credenza. Verso la destra, vicino alla ribalta, una breve pedana di legno con sopra un vecchio pianoforte verticale. Accanto alla porta d'entrata, il comptoir assai alto, dietro cui è appesa alla parete la grande scansia sulla quale si ripongono le bottiglie di liquori, i biscotti, le leccornie. Qua e là, qualche specchio coperto da una garza color di rosa. Nel mezzo della sala pende dal soffitto un immenso cartellone bianco, orlato di rosso, su cui è stampato a lettere nere cubitali:

AL NUOVO EGIZIANO TENUTO DA FRANZ CARDILLO CONCERTO DI VARIETÀ IN CUI SI AUMENTANO 5 CENTESIMI SULLE CONSUMAZIONI
DA MEZZANOTTE IN POI MUSICA SEMPLICE DI PIANOFORTE CON PERMESSO DI DANZA

Di là dal pilastro, nel primo compreso, una scaletta a chiocciola conduce alla stanza superiore abitata da Franz Cardillo e da sua moglie 1.

SCENA I

FRANZ, NUNZIO, EMILIA, LUIGI CARDONE, DON LORENZINO, DON ACHILLE, IDA, ELVIRA, qualche altra donna, due MARINAI, un FORESTIERE, altri avventori

È notte. Sono accesi tre o quattro becchi a gas, Emilia è al comptoir. È vestita con pretensiosa civetteria volgare. Molto ben pettinata, porta un nastro rosso nei capelli. Le pende dalla vita una borsetta di cuoio come alle chellerine, di cui non ha il grembiule e da cui si distinguerebbe anche per la sua aria da padrona. Nunzio è al pianoforte, seduto sopra un sediolino tondo che può girare su sè stesso. Intorno ai tavolini, figure di vario genere, di ceto piuttosto basso: qualche fisonomia losca, qualche sbarbatello, qualche ometto attempato. Si notano due Marinai, alcune donnine equivoche – tra cui Ida ed Elvira – imbellettate, vestite un po' bizzarramente, con una cura che dissimula la povertà. Portano dei cappelli abbastanza fantastici e molto piumati. Presso il comptoir, in piedi, Luigi Cardone, un giovanotto inelegante ed effeminato, con baffetti arricciati, parlotta con Emilia e sorseggia una bibita. Franz Cardillo, un uomo sulla cinquantina, dai capelli fulvi, dal volto lentigginoso, non brutto, ma antipatico, col suo fez in testa, il quale rosseggia nell'ambiente grigio, va e viene con ostentato zelo: entra nel retrobottega, ne esce con le mani ingombre, gira di qua e di là e fa conversazione con gli avventori nel suo linguaggio goffamente spropositato e tronfio.

Nunzio suona una polchetta. Il tocco incerto denunzia l'inesperienza o la svogliatezza. Nel poco spazio disponibile tra i tavolini, ballano, alla men peggio, due coppie. Una è formata da Elvira – che è la più graziosa delle donnine – e da un MARINAIO. L'altra è formata da due uomini: Don Lorenzino e Don Achille. Il primo è smunto, magro, miserello, di età ambigua: un aspetto da scaccino; il secondo ha un'impronta di buona salute, una bella barba, un aspetto d'uomo serio che contrasta con la sua smania di ballerino. Don Lorenzino ha una vocetta fievole come se gli mancasse il respiro: e Don Achille ha una voce quasi femminea che non pare esca da quel corpo abbastanza imponente.

Il ballo continua per un po', sciatto e disordinato, al ritmo zoppicante della polchetta, nell'angustia dello spazio, mentre Franz stura delle bottiglie di gazosa o di birra e gli altri cianciano o guardano, sorbendo le loro bibite.

Elvira

(dopo aver fatti alcuni giri di polca, si ferma, staccandosi dal suo cavaliere) È impossibile! Il suonatore non va a tempo!

Ida

(con significato) Senti a me, Elvira: tempo perduto!

Elvira

Eh, lo so.

Il 1º marinaio

(ad Elvira:) Ancora un po'. Andiamo!

(Intanto, la coppia degli uomini danza con serietà, affaticandosi a secondare la musica.)

Elvira

(al marinaio:) Non c'è gusto. (Di malavoglia si lascia condurre.)

Franz

(a Nunzio, da lontano:) Ohè, cieco! Lo hai sentito sì o no che non vai a tempo?

Elvira

Suona invece una mazurca.

Don Achille

(fermandosi un po') Ma dev'essere proprio voluttuosa.

Nunzio

(cambia subito e attacca una mazurca.)

(Le coppie ballano.)
Franz

(fa saltare il tappo d'una bottiglia di gazosa e ne versa nel bicchiere d'un avventore.) Alla framboise! Buonissima! (A un altro avventore vicino:) Suona bene, ma suona soltanto con le dita. Naturalmente, se non fosse cieco, avrebbe un'altra scienza filosofica. Io e mia moglie lo teniamo in casa, per farvi capire, perchè siamo nati con la filantropia… E questo è il nostro difetto. (Continua a parlare gesticolando.)

Il 1º avventore

(chiama – facendo tintinnare un bicchiere con i colpetti d'un cucchiaino.)

Emilia

(dal comptoir) Sùbito. (Si avvicina all'avventore.)

Il 1º avventore

Pago un punch al Cognac e una Chartreuse. (Le dice poi qualche parola a voce bassa.)

Elvira

È inutile: con questa musica non voglio ballare. (Si ferma di nuovo e lascia in asso il cavaliere. Quasi tra sè:) Seccatore! (E va a sedere accanto a un omaccione biondo dall'aspetto esotico e grossolano.)

Il forestiere

(soddisfatto, a Elvira, con l'accento duro che rivela il nordico:) Siete finito con piccola danza? Bene!

(La coppia dei due uomini, abbandonata al ballo, urta in un tavolino.)

Il 2º avventore

(che è uno di coloro che vi sono seduti intorno) E che modi son questi!?

Don Achille

Scusate.

(Don Achille e Don Lorenzino, un po' mortificati, cessano di ballare, e siedono facendosi vento col fazzoletto.)

(Elvira e IL FORESTIERE discutono.)
Don Lorenzino

(a Nunzio:) Maestro, non c'è più bisogno.

Nunzio

(lascia di suonare, gira col tondo del sediolino e resta immobile, riposando, con gli occhi vitrei rivolti al pubblico.)

Il 1º avventore

(a Emilia, che lo ha ascoltato serbando un contegno serio, senza rispondergli:) Ma che avete? Siete di cattivo umore, stasera?

Emilia

Forse.

Il 1º avventore

(mettendo sul tavolino il danaro della consumazione e alzandosi) Quanta superbia!

Emilia

(pigliando il danaro, gli risponde piano, a fior di labbro:) Queste donne qua, vedete, non ne hanno. Servitevi.

Il 1º avventore

(andando via lentamente) Buona notte.

Emilia

(sdegnosa, non risponde.)

Franz

(passandole accanto, a voce bassa:) Ti prego di non farmi la principessa delle Asturie con i clienti del locale.

Emilia

(alzando le spalle torna al comptoir.)

Elvira

(avvicinandosi per uscire insieme col forestiere che le si mette a braccetto, saluta la sua amica:) Addio, Ida!

 
Ida

(che sta sola sola, presso un tavolino) Io non mi chiamo Ida, io mi chiamo: Veleno!

Elvira

(indicando l'uomo con lieve cenno del capo) E io mi chiamo: Carestia!

(Il forestiere ed Elvira escono.)

Franz

(che è stato interrogato dal marinaio che dianzi ballava, gli dà delle spiegazioni, con aria di grande importanza) In Egitto, con la mia prima moglie, io aprii un caffè chic. Una sciccheria straordinarissima! Altro che questa bottega miserabilissima, in questi paraggi sporchi e democratici! Allora io maneggiavo le lire sterline. Mia moglie, per farvi capire, non per disprezzare la presente, che anche sa comparire bene, portava agli orecchi due perle grossissime così.

Il 1º marinaio

E perchè lasciaste l'Egitto, Franz?

Franz

Demonio cane! All'ottantadue ce ne scappammo per il bombardamento. Gl'Inglesi cannoneggiavano, che vi posso dire?.. come tante iene musulmane. Un vituperio, amico mio! Mia moglie, che era di conformazione più delicatissima della presente, si prese, insomma, un malore d'intestini, e fece, immaginatevi, anche un voto alla Madonna, perchè, riguardo a religione, era perfettissima. E, per me, io pure rifletto e penso che è meglio avere la coscienza in legge e regola con la religione che ci hanno data dalla natura i nostri genitori. Sentite quello che vi dice in confidenza Franz Cardillo: la religione è quella cosa, vedete, che poi quando viene il suo quarto d'ora vi serve immensamente. (Si curva sul tavolino, e continua a parlare con mistero, gesticolando più che mai.)

Ida

(accostandosi a Nunzio) Professore, sapete suonare «Amami Alfredo»?

Nunzio

(senza smuoversi) Sì. (Si volge di nuovo verso il pianoforte e comincia a suonare l'aria della Traviata: «Amami Alfredo». Egli suona ora con un po' più di precisione, con una certa grazia e con molto sentimento.)

SCENA II

PAOLINA e detti
Paolina

(entra.) (È una ragazza sui quindici anni, ma l'età non ha connotati evidenti in quella figurina di piccola zingara dalla sudicia vestetta sbrandellata, dai piedini scalzi e infangati, dai capelli corvini e abbondanti che le si arruffano sulla fronte, sulla nuca e sugli orecchi, e dai grandi occhi neri estatici, pieni di una malinconia, di cui il sorriso non luminoso dell'ignoranza bestiale, errando talvolta sulle labbra sottili e smorte, rivela l'incoscienza. Ella, come un'ombra, si insinua leggera tra i tavolini, atteggiando il viso a implorazione e stendendo a qualcuno che le sembri meno distratto la sua manina di mendicante.)

Il 3º Avventore

(che è seduto non lontano dal comptoir, si rivolge a Emilia:) Che pago qua, eh? (Pausa.) (Ancora a Emilia, che non ha sentito:) Dico, signora, che pago, io?

Emilia

(discende e va a riscuotere.)

(Indi, l'AVVENTORE esce.)
Franz

(che ha continuato a far conversazione qua e là, ode la musica e commenta:) Ah! Questa è una bella opera: la Traviata del maestro Verdi. Io, una volta, l'ho sentita proprio a teatro. Mi trovavo di passaggio a Corfù. E la cantante era una grandissima celebrità. Un pezzo di donna, per farvi capire, che al principio dell'ultimo atto, quando stava per morire, stesa sul letto, pareva una nave corazzata.

Ida

(tuttora vicina a Nunzio) Bravo, professore!

Il 2º Marinaio

(si accosta all'altro come per dirgli: «è ora d'andare».)

Il 1º Marinaio

(guardando l'orologio che è sulla porta) Va bene, Franz, il vostro orologio?

Franz

Va molto benissimo; ma, dico la verità, indietreggia un poco.

Il 1º Marinaio

Caspita! Sono già le due!

(I due Marinai si alzano, accendendo la sigaretta, e vanno al comptoir. Pagano, escono.)

Il 2º Avventore

(al suo vicino:) Sentite come s'illanguidisce il cieco!

Franz

(all'avventore, che ha parlato:) Ma bisogna dirlo francamente: questo pezzo lo suona magnifico!

Cardone

(si accomiata da Emilia, e, scambiando con lei occhiate e sorrisi, esce.)

(Cessa la musica.)
Il 2º avventore

(a Paolina, che gli ha stesa la mano in silenzio:) E non seccate! Neanche qui si sta tranquilli!

Paolina

(con vocetta lamentosa, quasi cadenzata) Un soldo. Per voi non è niente. Me ne compro pane.

Franz

(a Paolina:) Va via, sacrebleu! Lo sai che qui dentro non ti ci voglio!

Ida

(facendo un cenno alla piccola mendicante) Vieni qua.

Paolina

(le si accosta sogguardando Franz.)

Ida

(dolcemente) Come ti chiami?

Paolina

Paolina.

Ida

Prendi. (Le mette qualche soldo nella mano.)

Franz

E scappa subito, se no, con un calcio, per farti capire, ti mando dritto all'ospedale dei Pellegrini! (La insegue minaccioso.)

Paolina

(fugge di qua e di là fra i tavolini e le sedie sempre inseguìta da Franz, e poi sparisce.)

(Gli avventori cominciano ad andarsene. – Un po' di cicaleccio confuso. – Emilia, dal comptoir, piegando il capo, saluta con sussiego coloro che se ne vanno. Da qualcuno, nondimeno, si lascia stringere la mano.)

Franz

(seguitando a ciarlare, s'interrompe, strisciando riverenze e salutando ossequiosament.) Io, l'elemosina, la comprendo e ci sto. Il mendicante lo rispetto per legge e regola e l'ho rispettato anche all'estero, dove l'accattone, per farvi capire, è un cittadino come tutti gli altri e non si distingue neppure dal vestito… (A qualche avventore che se ne va:) Servo, signore! Buon riposo!.. (Seguitando a discutere) Ma come esercente di pubblico locale, io ho la responsabilità dinanzi ai bravissimi galantuomini che mi onorano della loro consumazione. Il pubblico locale, capite bene, è la casa umilissima dei consumatori, ed io, che sono il padrone, sono l'ultimo di tutti, e me ne vanto… (A qualche altro che va via:) Buona notte, signore! Grazie e a ben rivederla. (Indicando un avventore che aspetta in piedi) Emilia, vedi qua che paga.

Emilia

(svogliatamente esegue.)

Don Achille

Professore, un galoppo finale non ce lo regalate?

Nunzio

(immediatamente attacca un galoppo.)

Don Achille

(al suo amico:) Ci siete, voi, don Lorenzino?

Don Lorenzino

Sì, ci sarei, ma, mio caro don Achille, è tardi.

Don Achille

Appena le due.

Don Lorenzino

E alle sette in punto devo trovarmi al Cimitero: sono di guardia io alla sala di deposito.

Don Achille

Un giretto solamente.

(Nunzio suona stringendo il tempo. I due uomini, un po' per la musica vertiginosa, un po' per gli urti della gente che se ne va, si confondono in tentativi vani.)

Franz

(al 2º Avventore, che s'avvia per uscire:) I miei complimenti, signore. E non dubiti, chè mendichi qua non faranno più apparizione. Già, se io fossi il governo, con la debita civiltà e considerazione, li impiccherei tutti!.. A rivederli, signori… Buon riposo!..

Ida

(che è l'ultima ad uscire ed è sola, passando per vicino la coppia, batte lievemente con la mano sulla spalla di Don Lorenzino) A rivederci, don Lorenzino!

Don Achille

Maestro! Maestro!.. (Va verso il Cieco per insegnargli il tempo, cadenzandolo con le mani.)

Nunzio

(s'interrompe.)

Don Lorenzino

(a Ida:) Io non vi conosco.

Ida

Non importa. Può essere che mi rivedrete presto.

Don Lorenzino

E dove?

Ida

(uscendo) Al Cimitero: nella sala di deposito.

Don Lorenzino

Be'!

Nunzio

(riattacca il galoppo.)

Don Achille

(riafferrando per la vita Don Lorenzino e cercando di prendere l'aire) Questo è il momento: taran, taran, taran…

Franz

(a mezza voce, assestando un pugno sul dorso di Nunzio) E finiscila, che non c'è più nessuno!

Nunzio

(cessando di suonare) M'era parso che…

Franz

(bruscamente) Che t'era parso, imbecillissimo?!

Don Achille e Don Lorenzino

(non sentendo più la musica, siedono, aspettando che ricominci.)

Nunzio

(discende dalla pedana, e resta con gli occhi spalancati, senza sguardi, senza colore, senza lucentezza, con l'espressione vaga e tetra di due simboli del vuoto.)

Emilia

(sul comptoir, sonnecchia.)

Franz

(non si cura dei due uomini e comincia in fretta a sbarazzare i tavolini, riunendo bicchieri e bottiglie vuote sulla credenza, posando qualche bottiglia di liquore, qualche piatto di pasticcini sul comptoir.) Così non si può marciare in avanti. Si scombussola tutto il macchinario, e l'onore del locale diventa schifosissimo! Parlo con te, professore dei miei stivali! L'avventore paga il suo denaro, e vuole trovarci il suo tornaconto, che è nostro dovere di fornire.

Emilia

(in tono pigro, sbadigliando) Se non hai amor proprio tu, ne abbiamo noi.

Nunzio

(umile) Le canzonettiste le ho accompagnate sempre abbastanza bene.

Franz

Le canzonettiste cantano con le gambe, e ognuno è buono ad accompagnarle con qualunque sinfonia. Ma la musica danzante? Là si vede il cervello del maestro! E tu la musica danzante non la sai maneggiare. E mi lasci anche il pianoforte aperto, animale! Non lo sai che se ci entra l'aria, si sfiata e perde ogni particolarità?

Nunzio

(rimonta sulla pedana, chiude il pianoforte e ridiscende.)

Franz

(ora smorza i lumi, lasciandone solo uno acceso. Si toglie la giacca e mette le sedie sui tavolini per poi spazzare.)

Don Achille

(che è rimasto finora stupidamente imbambolato) Dunque, professore, questo galoppo?

Franz

(pone una sedia capovolta sul tavolino presso cui sono seduti i due uomini.)

Don Achille

(a Franz:) Che c'è?

Franz

(continuando a sollevare seggiole) Si fa pulizia e poi si va a cuccia.

Don Achille

Non c'è più musica?

Franz

Sicuro! (Affaccendatissimo) Domani sera.

Don Achille

Curioso! (A Don Lorenzino:) Dobbiamo andare?

Don Lorenzino

Per forza.

Don Achille

(mettendosi lentamente il cappello a tuba e una breve mantellina a pipistrello) E il nostro professore non viene?

Franz

Il professore resta qui.

Don Lorenzino

(con la stessa calma di Don Achille si mette un cappelluccio floscio e un lungo paltò.)

Don Achille

(a Franz:) Già, intendo… (Si tocca gli occhi con un dito come per indicare d'aver capito che Nunzio è cieco.) Voi fate una bell'azione!.. Bravo! Bravo!.. (Si avvia.)

Don Lorenzino

(mettendo una mano sulla spalla di Nunzio con curiosità gaia) Cieco nato?

Nunzio

(con un cenno della testa risponde di no.)

 
Don Lorenzino

(seguendo Don Achille) Eh eh! Quanti brutti scherzi fa la natura!

Don Achille e Don Lorenzino

(passando dinanzi ad Emilia si tolgono il cappello) Signora! – Signora!

Emilia

(dorme.)

Don Achille

Buona notte, Franz.

Don Lorenzino

Buona notte, Franz.

Franz

(abbreviando) Buona passeggiata! Buona passeggiata!

(I due escono.)

1Questa scaletta, guardata dallo spettatore, si perde dietro la curva che dal pilastro va al soffitto.