(sforzandosi di sembrar calmo e gaio) Cos'è tutta questa faccenda?
Mistero!
Io non sono punto curioso e non voglio punto sapere di che si tratti.
Persuasissima.
(Pausa.)
(prende un giornale, siede sopra una delle poltroncine del dos-à-dos e finge di leggere.)
(gli si avvicina con affetto) Di': hai veramente l'emicrania?
Un poco.
Che fai?.. Leggi il giornale capovolto?
Io?.. Ah, sì!.. (Addrizzandolo) Tanto, è lo stesso.
Non sei di cattivo umore?
Che! che! Sono così allegro! (Ride falsamente, meccanicamente.) Ah ah ah! Non lo vedi?
Vogliamo andare insieme da lady Wolff?.. Vogliamo starcene qui come due colombini?..
(con eccessiva gentilezza) Ma perchè non ci vai sola da lady Wolff? C'è giù la carrozza: profittane. Va, piccina mia, va…
E se non volessi andarci sola?
Mio Dio! Che novità, stasera!
Che novità! Che novità! Avevo stabilito di passare con te il resto della serata. Ti secca?
Anzi!
Ebbene… (tocca il bottone del campanello) resteremo in casa.
Tanto meglio, cara.
(entra.)
Avvertite giù che non ricevo. E dite al cocchiere che stasera non si esce. (A Silvio) Va bene? (Al servo) Per domani poi… (Riflette.)
Ricòrdati che domani verrà De Negris per cominciare il famoso ritratto.
Stordita!.. A che ora verrà?
Non so… Dall'una alle due, disse.
All'una facciamo colezione.
Dopo.
Impossibile dopo!
Impossibile, perchè?
Ho da fare.
Non sarà nulla di così urgente.
(con durezza) Ho da fare! Ho da fare!
(notando la caparbietà di Clara) Eppure ci tenevi moltissimo a questo ritratto… Era diventato la tua idea fissa… Io poi dico: che ti costa di posare un'oretta dopo colazione?
(recisamente) È inutile, Silvio, non insistere!.. (Pausa.) Sta tranquillo…: scriverò io due righe al pittore. (E subito licenzia il servo:) Andrea, potete andare.
E per domani, eccellenza?
Il mio coupè all'una e mezzo… O meglio, no…: Darò gli ordini domattina.
(tra sè) All'una e mezzo!.. Che storia è questa?
(corre a lui con vivissima espansione) Ed ora, tutta per te!
(tormentandosi nella finzione) Come sei buona!
(sedendogli sulle ginocchia) Non è vero: forse non sono nè buona nè cattiva… Forse sono una buona moglie e una cattiva donna, o viceversa. Chi sa!.. Ti sembra strano?
(assorto sempre più nelle sue preoccupazioni) Piuttosto!
E non mi dici nulla di grazioso… Sei così freddo!.. Non mi abbracci, non mi carezzi… non mi baci… (S'alza.) Auff!
Stavo per farlo…
(scattando) Troppa preparazione, mio caro! Diventi un pessimo marito… Sì, sì, un pessimo marito! Il vero amore coniugale è sempre estemporaneo!
Non mi hai tu detto che in frac e in gran toilette non si è mai veramente soli?
Teorie passeggere!
E l'emicrania non la conti per nulla?..
Ah! La chiama emicrania, lui!
Aspetta che passi e vedrai.
(sedendo sull'altra poltroncina del dos-à-dos, alle spalle di Silvio) Aspetterò. (Prolungatissimo silenzio. – Poi, chiama piano:) Silvio…
(più che mai assorto) Che vuoi?
… Pronto?
No.
Sempre l'emicrania?
Già.
Aspetterò. (E piega le braccia, paziente.)
(riconcentrato in sè stesso, rumina ed arzigogola.)
(voltando appena la testa gli guarda i capelli con la coda dell'occhio: indi si allunga sulla poltroncina, piega le braccia, stende le gambe, e dà un sospiro profondo:) Ah!!!..
Salotto elegantissimo e bizzarro. Un carattere artistico predomina. La stanza è ottagonale. Nella parete di fondo, si apre, a due battenti, una grande porta, da cui, discendendo pochi scalini, si va in un grazioso giardino. Nella parete a sinistra, collaterale alla gran porta, un'altra porta. Nella parete a destra, un'ampia finestra attraverso la quale si vede, ancora, il verde del giardinetto. Qua e là, mensole con sopra gingilli squisiti, statuine in marmo e in bronzo, vasi di fine maiolica. Sparsi dovunque, ritratti di donne di tutte le dimensioni e in grandissimo numero. Un'ampia scrivania sovraccarica di carte, di libri e di giornali. Un pianoforte. Librerie, tappeti, stoffe antiche.
La camera è inondata di sole.
(va aggiustando i mobili capricciosamente. Apre il pianoforte, cerca fra le carte di musica) Ah!.. Il mio Chopin!.. Questo ci vuole! (Colloca l'album di Chopin sul leggìo. Riflette. Apre l'album.) Suggestivo!.. (Mette più in mostra qualche bel ritratto di donna) Bene… Così… (Va alla scrivania, prende un foglio scritto e, in piedi, legge a bassa voce:)
«O voi, madonna, che vivete dove
giammai non giunge alcuna umana cosa,
dite: la vostra immagine che move
dall'alto e scende a me più luminosa
del sole…»
(Pensa per comporre il resto.) «… del sole… del sole…»
Hai aperto il cancello?
Eccellenza sì.
Distribuisci questi fiori nei vasi… dappertutto. (Continua a pensare.) «… Più luminosa, del sole…» Vediamo un po'… (Siede e scrive. Poi legge con compiacenza e a poco a poco alza la voce nel volo lirico:)
«… e più gentile e pura e bianca
d'una bianca colomba immacolata…
(credendo che il padrone abbia parlato a lui) Vostra eccellenza comanda?
Niente. (Legge:)
… darà a la vita mia giovane e stanca
la morte che, sognandovi, ho sognata?»
(Tra sè:) Questo basta per… (Lascia il foglio sulla scrivania) Qui… (Indi, al servo:) Più sparpagliati, più diffusi… E qualche fiore lascialo cadere tra quelle statuine, tra quei ritratti. No!.. No!.. Non nascondere quel ritratto lì dietro i fiori. Diamine! Non vedi che è una donna magnifica? Le belle donne sono come le ciliege. Con una ne pigli dieci… E che dedica! Un effetto sicuro! (Pausa.) La Venere di bronzo mettila un po' più in fuori. (Il servo muove una statuina rappresentante una donna vestita.) Che fai? La Venere è quella nuda… Non si sono mai viste delle Veneri vestite, scioccone! In fuori, in fuori… Lascia che si veda… Bravo! E adesso, vecchio mio, sentirai bene. (Gli si avvicina.) Al giardiniere dirai di allontanarsi per un paio d'ore. Se ne vada a fare una passeggiata… una lunga passeggiata. (Lorenzo si avvia.) Aspetta. (Il servo si ferma. Ricciardi guarda il suo orologio: e, gioiosamente concitato, si frega le mani.) Quanto a te, poi, fra una quindicina di minuti ti metterai in un cantuccio del giardino, dal quale tu possa vedere chi entra. Mi spiego? Verso le due, entrerà una signora. Tu non ti avvicinerai a lei e non ti mostrerai a lei. Mi spiego? Sinchè ella sarà qui, tu non ti muoverai dal tuo cantuccio, ma terrai d'occhio il cancello, il quale dovrà restare sempre aperto perchè non so s'ella vorrà uscire di là o, più prudentemente, per la mia porticina particolare… Se vedi venir qualcuno – chiunque sia – , tu sbuca dal cantuccio, avverti ch'io non sono in casa, e torna al tuo posto. Mi spiego, sì o no?
Eccellenza sì.
(tendendo l'orecchio) Ohè… zitto!.. Non senti un rumore di passi?.. (Emozionato) Che sia già lei?.. Così presto! (Al servo:) Via, Lorenzo, nasconditi. (Spingendo il servo nella stanza a sinistra) Non voglio ch'ella, entrando, si adombri! Poverina! (Appena cacciato il servo dentro, raggiante di gioia, s'avvia verso il giardino.)
(vivamente sorpreso e turbato) Oh! Tu!
Che è? T'ho fatto paura?
Ma che! Tutt'altro!.. Mi hai fatto un piacere, un vero piacere. Come va da queste parti?
Ti dirò… Facevo una passeggiata al sole… Trovandomi dinanzi al tuo giardino, mi son lasciato tentare dal cancello aperto e mi son detto: bah! andiamo a vedere cosa fa quel caro Gino.
Bellissima idea!
T'incomodo forse a quest'ora?
Incomodarmi a quest'ora? Tu incomodare me?.. Oibò! Sei pazzo?
(tra sè:) Scandagliamo il terreno. (A Ricciardi, cavando di tasca l'orologio:) Sono le due meno venticinque.
(cavando fuori anche lui l'orologio) Già… le due meno… venticinque.
Anzi… vedi… le due meno venti.
Sei sicuro che il tuo orologio non avanzi?
Sicurissimo.
(aggiustando il suo) Perbacco!
Scusa, perchè poi perbacco?
«Perbacco»? Ho detto: «perbacco»? Ah… perbacco, siedi… che diavolo! Fuma una sigaretta… Non fare complimenti. Piglia, piglia una di queste egiziane. (Gli porge una scatola di sigarette.)
Egiziane? (Ne prende una.)
Egiziane.
E… non devi uscire?
(dandogli da accendere) Sì… sì… infatti, devo uscire.
Oh! allora non seggo. Usciremo insieme.
Bravo! Usciremo insieme. (Chiama nervosamente:) Lorenzo!.. Lorenzo! (Lorenzo comparisce.) Il cappello, i guanti, il bastone. Presto!
Come! Vostra eccellenza esce?
Esco, esco… Meno osservazioni!
(Lorenzo, via.)
Grazioso il tuo nuovo quartierino!
Non ci eri mai stato?.. Non c'è male… Per un garçon, capirai…
(andando attorno e cacciando lo sguardo indagatore nelle stanze attigue) È un ambiente che mi piace molto!
(pianissimo a Lorenzo, che è tornato, e prendendo dalle mani di lui il cappello, i guanti, il bastone:) Mettiti dinanzi al cancello… e se arriva la signora che aspetto, dille… dille… Ma che cosa bisogna dirle?!..
(proseguendo l'ispezione) Libri, oggetti d'arte, un arem… in fotografie! Mi piace, mi piace… Verrò a trovarti spesso…
Me lo prometti?
Certo! Te lo prometto.
(a Lorenzo, alzando la voce, irritato:) E tu, che fai lì impalato?
Aspettavo…
D'andare all'inferno?
Eccellenza sì.
E bada che non sono in casa per nessuno! Hai capito bene tutto?
Dunque, non esci?
Oh bella!.. Se ho detto al servo che non sono in casa per nessuno significa che esco.
Il più delle volte quando non si è in casa per nessuno, si è in casa per sè stessi. Ma giacchè esci davvero, andiamo.
Andiamo… (Indugia, cava di tasca l'orologio e lo guarda, mostrando, suo malgrado, d'essere inquieto.)
(osservando ogni moto di lui, simultaneamente cava fuori anche lui di nuovo l'orologio)… meno quindici.
(risoluto) Tutto sommato, io non esco.
Se te l'avevo detto!
Gli è che ero in dubbio, ecco.
Gino, io mi accorgo d'essere capitato in un cattivo momento.
Cosa ti salta in mente, adesso?
È così! È così! O hai da uscir solo, o aspetti qualcuno.
Ma ti pare! E poi con te non farei cerimonie…
Non ci mancherebbe altro! E giacchè tu mi garantisci ch'io non sono di troppo… facciamo quattro chiacchiere. (Si stende sopra un canapè.) Dammi un'altra egiziana.
Prendi. (Passando di dietro a Silvio, con la scatola di sigarette in mano, ha un moto di rabbia, e, non visto, accenna di battergli la scatola sulla testa.)
Buone le egiziane, ma si smorzano facilmente. (Piglia un'altra sigaretta.)
(gli dà da accendere) Facilissimamente!
Oh, benone!.. (Pausa.) Povero Ridolfi! Sai quel che gli è capitato?
Lo so.
Che te ne pare?
Cioè… non lo so. Perdona… Ero distratto: non so nulla.
Te lo racconto io. È tutto un romanzo.
(irrequieto, agitato, andando su e giù) Ah?
Un lungo romanzo.
Lungo? Meglio!
Avrai sentito parlare qualche volta d'una certa viscontessa d'Aribert…: quella che stette a Napoli una ventina d'anni fa e che all'improvviso se n'andò… non si è mai saputo dove… La sua casa era una specie di lanterna magica… Già, le case delle viscontesse sono sempre così! Allora io ero un ragazzetto, come te. Pure, ricordo tutti gli aneddoti piccanti che venivano fuori sul conto di lei…
(nervosissimo, alla chetichella, guarda il suo orologio.)
(se ne avvede e guarda il suo)… meno dieci. Mio nonno faceva una gran collezione di quegli aneddoti… E li smaltiva poi con quel suo accento insinuante, bonario… Ah, che delizioso raccontatore! Che raccontatore efficace!.. Per esempio…
Ma, dico, non mi parlavi di Ridolfi?
Ci vengo, ci vengo. Ridolfi frequentava appunto il salone della viscontessa… e non soltanto il salone… Te ne meravigli?.. Perchè?.. Era troppo giovane? Ma ti prego di considerare che oramai Ridolfi ha cinquant'anni suonati… Dici di no? (Pausa.) Dici di no?
(che non lo ha ascoltato) Cosa?
Secondo te, non ha cinquant'anni?
(prendendo un'improvvisa risoluzione, tra sè:) Coraggio! (A Silvio) Sì, ce ne ha cinquanta, ce ne ha settanta, ce ne ha cento, ma io, Silvio, ti confesso che aspetto qualcuno, e tu… te ne devi andare!
(colpito, contenendosi, si alza) Ah, perdio! Avevo indovinato!
Ed ora ti dico anche la causa del mio imbarazzo… Io avevo un appuntamento alle due… con… la tua signora… allo skating… e non mi ci posso recare.
(battendosi la fronte con subitanea contentezza) Ah! Ora capisco! Alle due?!
Sì… Che capisci?
Niente… Lei mi aveva accennato… Ma perchè non dirmelo prima?
Mi sembrava strano di rivelare proprio a te la scortesia che io stavo per commettere a tua moglie… Le avevo promesso di darle oggi la prima lezione di pattinaggio, con la speranza…
(ridendo)… di farla cadere…
Forse; e invece…
Non preoccuparti…
Senti, senti, Silvio mio: aiutami un po': corri allo skating: la troverai già lì, e, che so!, inventa tu, col tuo spirito, qualche cosa per farmi perdonare. Ma subito, perchè già sono le due…
… meno cinque. Non darti pena… Vado io, vado io…
Ti raccomando… Ed ora che esci, prendi la via a destra… scendi per la scalinata che fiancheggia il West-End-Hôtel… (Accompagnandolo alla porta) È una scorciatoia… Arriverai in un lampo…
Non dubitare… Corro… Volo… Lascia fare a me… Buona fortuna, cattivo soggetto! (Esce correndo.)3
(sulla soglia) Mi affido alla tua fantasia… E grazie, sai! (Tra sè, trepidando:) Dio voglia che non s'incontrino dinanzi al cancello!.. (Presso la finestra, ansiosamente, segue Silvio con lo sguardo.) Se ne va… Se ne va… (Pausa. Indi, parla dalla finestra:) Lorenzo… vieni qui:… accòstati. Il conte Sangiorgi è uscito dal giardino?
(da fuori) Eccellenza sì.
Da che parte è andato?
Ha voltato a destra ed è sceso a rotta di collo per lo scalone.
È venuto qualcuno, intanto?
Eccellenza, no.
Ah! Respiro!.. (A Lorenzo, sempre dalla finestra: )Adesso, a te. Ricòrdati tutte le mie disposizioni. Attento, eh? (Tra sè:) Non mi par vero! (Passeggia per la stanza, fantasticando e febbrilmente aspettando. Siede. Si alza. Va alla porta. Va alla finestra. Guarda. Torna a sedere, inquietissimo. Torna ad alzarsi. Ad un tratto, scorge Clara, e, al colmo dell'emozione, esclama:) Ah, ci siamo! (Corre in giardino.)