(rientra, imitando lievemente l'andatura e l'accento del dottor Felsani) «E così il benefico Comitato ha finito coll'offrire dei fiori al dottor Felsani. Benissimo!.. (a Nora:) E lei, signorina, che ne dice?»
Oh! Io dico, sul serio, di non averli meritati.
Non le prestar fede, Lucio. Ha suonato divinamente. E anch'io mi sono piaciuto. La sonata di Grieg l'abbiamo – come dire? – … l'abbiamo sviscerata. E al secondo tempo, Nora, a suo marcio dispetto, è stata grande…
(ridendo e declamando:) «Come nessun fu mai!»
(pazientemente si sdraia sulla poltrona, ascoltando.)
(a Nora:) Date retta a me. In quell'andante appassionato… (a Giovanni:) Bada, era il secondo tempo della seconda sonata di Grieg; e lì dentro, sai, c'è tutta la Norvegia coi suoi fiordi e con le sue aurore boreali… (Continuando a rivolgere la parola a Nora e alzando il tono affinchè Lucio non resti estraneo alla conversazione:) Sì, perdinci, in quell'andante appassionato avete messo tanta profondità d'intenzioni e tanta intensità di dolcezza sentita… quasi direi, di dolcezza vissuta… che quel Kaps, non so, pareva avesse un cuore, pareva vivere come voi, come me… (entusiasmandosi) e le corde del mio violino sconquassato cantavano, non perchè io le grattavo con l'archetto, no, ma perchè vivevano esse pure… Proprio così!.. Vivevano, intendete?, vivevano per una suggestione. Già, io non so esattamente che diamine significhi la parola suggestione, che tutti diciamo cento volte al giorno…; ma questa volta devo averla detta a proposito. Suggestione, incantesimo, malìa, magìa, miracolo!.. Una di queste cose, insomma, ovvero… tutte quante insieme!
(ridendo) Addirittura?!
Addirittura! (Sempre più entusiasmandosi) Vi garantisco io che, dato un accompagnamento come il vostro, un violino suona da sè. E quando voi sedete al piano, Norina, parola d'onore, o che suoni io o che suoni Tartini redivivo, è precisamente lo stesso!..
(lo guardano comicamente.)
Cioè… credo di avere un poco esagerato. Ritiro la parola d'onore.
(sorride.)
(levandosi) Hai finito, chiacchierone?
(mortificato) Vi vedevo attenti: supponevo di farvi piacere, parlando.
Be', se hai finito, (stendendogli la mano) buona notte.
(stringendogliela) Te ne vai?
No! Sei tu che te ne vai.
Ma che! Io ho da restare. Stanotte siamo di guardia Norina ed io.
Se ci sei stato la notte scorsa con lei! Stanotte spetta a me.
E tu non c'eri stato già due notti di fila? Spetta a me, caro mio.
E io sostengo che spetta a me.
Bisticciatevi per questo, adesso!
Decidete voi, Nora.
Andiamo, decidete voi.
Non spetta a nessuno dei due. Il signor Lucio sta meglio, e quindi non c'è' bisogno di una duplice sentinella. Stanotte, ci resto io sola. Ecco la mia decisione.
E basta così.
Non parlo più.
(dando a Giovanni il pastrano e il cappello) A voi… (e a Ziegler il cappello, le carte e la custodia del violino) A voi… E dritti a casa, da bravi ragazzi. (A Giovanni:) La consegna?
La consegna è questa. Sino alle due, possibilmente, riposo. A cominciare dalle due, le solite cartine, e se ha sete, la solita bibita. (Indi, parlando pianissimo, ma con disinvoltura, affinchè Lucio non sospetti:) D'un discorso molto serio fattomi dal dottore, parleremo poi a lungo domani.
Va bene.
(rialzando il tono e guardandola tutta) Intanto sarete a disagio in questo abito di fantasma.
Andrò a svestirmi quando il signor Lucio si sarà addormentato.
E se non si addormenterà, i vostri piedini staranno ad agghiacciarsi nelle calze di ragnatela e in questi petali di magnolia che chiamate scarpine.
Vi proibisco d'essere tanto bene informato della mia calzatura! Del resto, all'alba, Ziegler verrà a sostituirmi.
Beninteso!
E perchè non io?
(vivamente) Perchè voi, no!
E basta così.
Che tiranna, eh?
Tiranna?.. Non lo so.
È vero, signor Lucio, che sono un pochino tiranna?
È la tirannia della Saggezza.
Ah, sì?
(piano a Ziegler:) Ti secca di non restar qui con lei?
(piano a Giovanni:) Per carità, Giovanni, non dirlo neanche per ischerzo.
(a Lucio:) Noi ce ne andiamo, Lucio. (Indicando Nora) È lei che lo esige… A domani, dunque.
(a Lucio:) Domani, senza febbre e con gli occhioni luminosi e irrequieti come due fari. Mi sono spiegato?
(sorridendo dice di sì col capo.)
(a Nora.) Buona veglia, Norina! (E via.)
(stringendole la mano) A rivederci…
Ahi! Ahi! Mi fate male…
Eh!.. Troppo fragile per essere una tiranna, troppo sensibile per essere un fantasma!
(quasi fra sè, con rancore) Cattivo!
(si accinge a mettere in ordine gli oggetti che sono sulla tavola.)
Fa freddo, fuori?
Un poco. Voi avete freddo?
Sento che fa un poco di freddo, ma io non ho freddo.
Invece, io credo che abbiate freddo. Volete uno scialle?
No.
Lo volete?
Siete voi che volete darmelo. Ebbene, io lo voglio.
(stende sul letto uno scialle bianco, e ritorna a rassettare gli oggetti sulla tavola.)
Nora…
Signor Lucio?
Perchè odo la vostra voce meglio di quella degli altri?
(con lieve celia gentile) Perchè le medicine che momentaneamente potevano indebolirvi l'udito ve le ho somministrate io. È giusto che esse abbiano fatta una eccezione per me.
(sorride) Ah?.. Ho inteso. (Pausa) E adesso che fate?.. Sedete, adesso… Raccontate.
Un momento… C'era una gran confusione quassù… Tutta colpa del signor Giovanni! (Seguendo il zig-zag del suo pensiero) Un po' matto, ma vi vuole molto bene anche lui.
Sì. Giovanni e Ziegler sono due amici eccezionali.
Ed io? (Poggia il paralume verde davanti alla candela. Si volta, e ascolta.)
Voi, no.
No?!
Voi, non siete… un'amica.
E che sono, io?
Ecco. Pocanzi il dottor Felsani diceva che la scienza mi ha ridata la vita…
È vero!
Io sono convinto che me l'avete ridata voi.
Oh Dio! In che modo? (Ascoltandolo, muoverà impercettibilmente verso di lui, e si fermerà un po' discosta dal letto.)
In che modo?.. La vita è la vita. Si sa come si scompone il corpo d'un uomo; non si sa… o, meglio, io non so di che si componga la sua vita. Quel che io so è di averla riavuta a guisa d'un dono… di averne sentita la trasfusione. (Pausa.) Ricordate?.. (Pausa.) Agonizzavo… Cominciavo a morire… La mia anima, liberandosi a poco a poco dalle sue spoglie, già si affacciava al mondo dì là… Vedeva!… Vedeva!… Comprendete?
Sì.
Poi… un alito dolce, in cui era una segreta intercessione, un segreto richiamo, la trattenne, la fece retrocedere, me la ricondusse… e la congiunse, di nuovo, completamente, a questo misero corpo… restituendogli la vita, che – demeritata – gli si era dispersa. (Come in una ispirazione) Chi aveva richiamata l'anima mia?
Chi?
Voi. E, difatti, mentre essa mi ritornava dentro, mentre io… rinascevo, voi mi stavate vicina, vigilando… aspettandomi… Mi stavate vicina…
(intenta, si accosta ancora un poco e, a piè del letto, resta fissa, dinanzi a lui, suggendone ogni parola.)
(Il biancore del suo abito, il cui strascico si distende, e quello del letto compongono, nell'ombra, tutta una vaga forma bianca.)
… Così… Così… come state ora: secura, diritta, solenne, grande, eppure umile… Assai umile… assai umile…
(assorta) Lucio…
(spalancando gli occhi che diventano d'una luminosità soave) E così, con questa voce, con una voce che è soltanto vostra, mi dicevate: Lucio… Lucio…
(Muti, immobili, si guardano. – Il silenzio incombe.)
La medesima stanza. Ma l'ambiente è divenuto quasi gaio. Non c'è più il letto. Dove erano le fiale e i medicinali, si vedono, ora, piatti, bottiglie di vino, un fornello con su una caffettiera, una zuccheriera e parecchie tazze. Nel mezzo della stanza, una mensa. Son le prime ore del pomeriggio.
(Essi stanno seduti intorno alla mensa. Don Paolo ha a destra Nora, a sinistra Ziegler. Lucio è alla destra di Nora. Giovanni è fra Lucio e Ziegler. Si è alla fine del pranzo. Si mangia la frutta. Si chiacchiera. Si beve. – Il fornello del caffè è acceso.)
(sbuccia una mela e ne offre una fetta a Don Paolo.) Un'altra fettina di mela, Don Paolo?
(condiscendente) Un'altra fettina di mela. (La prende e la mangia.)
Ancora?!
Lasciate fare! (Ride) Ah ah ah! Sono i piccoli vantaggi dell'innocuità.
Se c'è l'innocuità, non ci sono i vantaggi.
Dal vostro punto di vista è vero. Ma dal mio, (ridendo) ah ah ah!, è un altro paio di maniche.
Voi le avete larghe le maniche…
E me ne tengo! Sono misericordioso, io.
La misericordia è stoffa a buon mercato. Si dice che anche il Signore Iddio se ne sia fatto un manto assai largo.
Che ne pensate voi, Don Paolo?
Io penso… (beve con voluttà un ultimo bicchiere di vino) penso che con queste cose è meglio di non scherzare.
(a Giovanni e a Ziegler:) Se voialtri non la finite con le vostre eresie!..
Non andate in collera, Nora, chè in fondo poi, convenitene, sono un buon credente.
Sì, quando vi accomoda.
(per scansare quei discorsi) Un sigaro chi me lo dà?
Io.
Io.
Vediamo. (Guarda e stringe tra le punte delle dita i due sigari.) Scelgo questo e fumo quest'altro. (Ridendo, se ne mette uno in tasca e uno in bocca) Ah ah ah!
(col viso alquanto acceso e le gambe alquanto dinoccolate)Santa pazienza! Mi avete fatto mangiare e bere un po' troppo!
Ed ora vi do una tazza del mio caffè.
Purchè non mi facciate perdere il treno come ieri.
(cavando dalla saccoccia una scatoletta di fiammiferi)State tranquillo: terrò io d'occhio l'orologio.
(accendono i loro sigari.)
(smorzando la fiamma del fornello) Lo brustolai io stessa, ieri sera…
Lo sappiamo, perchè la vostra finestra era aperta e il fumo aromatico giungeva fin qui.
Moca e Portorico… Sentirete.
(tuttora seduto, è assorto, co' pugni uniti sulla tavola e il mento sui pugni.)
(lo guarda, gli si avvicina e gli sfiora il viso col gesto con cui si scacciano le mosche) Ohè!..
(sussultando) Scusate, zio…
Ma che hai? Che hai?
Ecco:… riflettevo che…
(interrompendo di proposito) Don Paolo, dolce o amaro?
Come il vostro cuore vi detta.
Allora dolcissimo.
(offrendo la tazza ricolma a Don Paolo) A voi.
(saggiando subito col cucchiaino) Perfetto!
Me la date anche a me una tazza di caffè?
(mescendolo agli altri) È assai forte, Lucio. Coi vostri nervi!..
Un sorso, almeno. Mi solleverà.
Un sorso, ve lo cedo io. (Gli porge la propria tazza.)
(se l'avvicina alle labbra, delicatamente.)
(pianissimo, confabulando con Don Paolo.) Insistete nella proposta di stamane. Fate che egli venga con voi in campagna. Il dottor Felsani dice che ciò è indispensabile…
E dice bene.
Lucio, credetemi, non è completamente guarito.
(sospirando) Lo so. Lo vedo.
(a Lucio, che beve troppo caffè:) Ma così compromettete il solito sonnellino del dopo pranzo.
Non importa.
(con severità gentile) Basta, ora! (E riprende la tazza.)
Che avara!
E giacchè siete così avara… io vi chiedo un'altra mezza tazza del vostro caffè.
Intemperante! (Tentennando il capo, lo accontenta.)
Avara! Avara!
(chiama a sè Ziegler con gli occhi e gli dice qualcosa all'orecchio.)
Eh! Senza di lei, egli si ammalerebbe peggio.
E dunque?
Con un pretesto qualsiasi, fate venire anche lei. Tanto, voi siete un prete di spirito…
Ma quella è una donna di carne!
Per Lucio non è che di aria.
E buon pro gli faccia! (Avendo finito di bere il caffè, sta per riporre la tazza.)
(cerimoniosamente, gliela toglie di mano e la posa.)Contro chi congiurate voi due?
Contro chi? Posso dirlo? Posso dirlo? (Con uno slancio di franchezza) Contro il vostro amico Lucio… e anche un po' contro di voi.
Oh! Oh! Sentiamo.
(dopo breve esitazione) Be'!.. Bisogna decisamente accettare il mio invito. In campagna, caro nipote, in campagna!
(di scatto) No, zio, ve l'ho già detto: in campagna con voi, non ci vengo!
(Un silenzio. Tutti sono imbarazzati. Nora arrossisce. Lucio tenta invano di dissimulare il suo turbamento. Ziegler fa segno a Don Paolo di non preoccuparsene e di andare avanti.)
(risoluto) Sentite, ragazzi miei. Io ho il vago sospetto che, oramai, la città sia diventata l'anticamera del manicomio.
(ha un involontario movimento di pena.)
(vorrebbe avvertire Don Paolo di mutar tono.)
(non intende e continua) Ah! In città ci ho vissuto anche io e ci ho fatta la mia educazione… E che educazione! Ma erano altri tempi, e, quando mi ritirai in villaggio, portai con me tale una provvista di saviezza da seminarne largamente le mie campagne affinchè germogliasse nel buon concime del cretinismo campagnuolo. Ahimè! Mi accorgo che il cervello cittadino è deperito. La civiltà è una sua eterna debitrice, perchè non rende tutto ciò che esso le dà. Certo, da quel pastore alla buona che sono… (guarda tutti e continua un po' comicamente)… o, se vi piace meglio, da quel pretaccio esperto che sono… parecchie stranezze ho creduto possibili sotto la cappa del cielo, ma quella che m'è capitato di vedere venendo a fare una visita a mio nipote dopo tanti anni, no, non l'ho creduta e non avrei potuto crederla possibile mai! (Pausa. – Con le dita si allarga il colletto che gli dà fastidio.) È inutile, veh!, che mi facciate quei visi lunghi… Voglio parlare, io, e parlare franco… E voglio dire tutto quello che penso… N'avrei il diritto, anzi il dovere, santa pazienza!, pure se quel vinetto, di cui m'avete fatto bere più del necessario, non mi sciogliesse ora lo scilinguagnolo. Oh bella!.. Credevo d'avere per nipote un medico e trovo invece un capitale nemico della medicina. E sin qui, transeat: non è di questo che mi affliggo. Credevo di avere per nipote un giovanotto vivace, allegro, che magari corresse la cavallina, come, purtroppo, alla sua età faceva la buon'anima di suo padre, e invece trovo un ipocondriaco misterioso, un asceta andato a male, un malinconico contemplatore di non so che cosa. Credevo di avere per nipote un uomo abituato e indurito a tutte le tempeste di questa vitaccia, e non trovo che un naufrago avviticchiato a uno scoglio; il quale scoglio non si chiama con nessuno dei nomi che, più o meno, affidano. Esso non è nè il matrimonio, nè il celibato; non è nè la catena coniugale, nè la libertà individuale; non è nè la virtù, nè il vizio; non è nè l'amore legittimo, nè quello illegittimo. E sapete che cosa è?.. È semplicemente una anomalia!
(tirandogli di nascosto la sottana) Don Paolo!
Sì, sì, una anomalia: lo ripeto e lo sostengo. Ammettiamo perfino un'amicizia fraterna, a base di gratitudine o di qualcosa di simile, fra un uomo a ventotto anni e una donna a ventiquattro. Uno scetticone sorriderebbe d'incredulità, e io no, non sorrido, perchè non sono scettico e mi piace ancora di credere nella bontà umana. Ma quando questo uomo e questa donna non vogliono o non possono più districarsi l'uno dall'altra, quando essi s'innestano, si cuciono fra loro a fil doppio per respirare la stessa aria, per dire le stesse parole, per vivere la stessa vita, ah! santa pazienza!, quest'amicizia fraterna, se non è una finzione, è una cosa sciocca, effimera e mostruosa!
(gli tira di nuovo la sottana.)
Che bisogno c'è di pizzicarmi ogni tanto la sottana?.. Credete che io non intenda il suono delle mie parole?.. Vi porto un po' del mio ossigeno. Se non vi entra nei polmoni, di chi è la colpa? Del resto, quello che ho detto, ho detto. Non ci pensiamo più… Io desidero soltanto – e questo soltanto volevo assodare – che Lucio venga a star qualche tempo con me, lì, in campagna, dove la natura si sviluppa sinceramente in tutta la sua semplicità, dove anche il semplice spettacolo della vegetazione rigogliosa risolve i problemi più complicati e più astrusi e concilia l'umanità un po' con Dio e un po' con sè stessa. Ci siamo intesi?
(dimena il capo, dicendo quasi fra sè:) Pare di no! (Sbuffa e si gratta il mento. – Mentre parlava, il sigaro gli si è smorzato fra le dita. E ora se lo ficca in bocca come per fumare e con le labbra lo tormenta.)
(cavando di tasca la scatola di fiammiferi) Volete accendere, Don Paolo?
(scattando) Ma che accendere! I vostri sigari non tirano! Via! Via anche il sigaro! (Lo getta a terra con violenza. – Poi, paziente) Signorina Nora, voi mi sembrate una brava ragazza… e le parole che mi sono uscite di bocca… ammesso che non fossero tutte piacevoli… voi le avete già dimenticate. Siete persuasa d'essere quasi una sorella d'adozione di Lucio? Ed io precisamente alla sorella di lui mi rivolgo. Esortatelo voi a raggiungermi in campagna… e, giacchè… in casa mia non debbo render conto a nessuno… voi, che siete una donnina emancipata, voi sua amica, sua sorella, se vi degnate d'accettare il mio invito, verrete a tenergli compagnia… proprio come fate qui, e così, in un'opera saggia, vi unirete a me, che diventerò, naturalmente, un vostro zio… nei modo che meglio piacerà alla Provvidenza. Quanto all'occhio del mondo, non ve ne date pena. Dirò… dirò… che siete proprio una parente. E poi, lassù, in villaggio, tutto il mio mondo è composto di quattro persone: il solito farmacista, il medico condotto, la mia pupilla e il suo fidanzato; e questo mondo, capirete… ha l'occhio che voglio io. (Ride) Ah ah ah ah ah! Ecco qua, torno a ridere, finalmente. Si dice che io rida troppo spesso… Eppure, lo vedete, quando mi accade di parlare senza ridere, arreco fastidio alle orecchie e do ai nervi come… come un trombone che voglia farla da flautino. Viva il buon umore, dunque, viva l'allegria!
(Tutti sono evidentemente preoccupati, e, come dianzi, guardano a terra, tacendo.)
Viva l'alle…gria!.. Eh!.. difatti… non si potrebbe immaginare un'allegria più allegra di questa! (Sbuffa.)
(consulta il suo orologio, ed è felice di trovare un pretesto per risolvere la quistione) Don Paolo, se non volete perdere il treno, è ora.
Oh, tanto meglio! La mia roba dov'è?.. Dov'è?
(si affrettano a dargli chi il cappello, chi il mantello, chi la sacca da viaggio.)
Ecco.
Ecco.
Ecco.
Vi accompagneremo tutti alla stazione!
(irritato) Grazie tante! Non voglio accompagnamenti! (Si mette mantello e cappello.)
E noi vogliamo accompagnarvi.
E io ve lo proibisco.
Ma perchè?
Si accompagnano i morti, non i vivi. Addio!.. Addio!.. (Con fretta esagerata, fa per andare.)
(chiamandolo:) Zio Paolo…
(fermandosi) Eh?
Ebbene… sì:… ci verrò in campagna con voi. Avete ragione… Ne avrò giovamento… Credo che anche la… signorina Nora accetti il vostro invito…