L'Ascesa Di Mercurio

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L'Ascesa Di Mercurio
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L’ASCESA
DI
MERCURIO
LE AVVENTURE DI HERMES
PARTE UNO
REBEKAH LEWIS

Questa è un'opera di finzione. Nomi, personaggi, attività commerciali, luoghi, eventi e incidenti sono o prodotti dell'immaginazione dell'autore o utilizzati in modo fittizio. Qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o morte o eventi reali è puramente casuale.

Copyright © 2015 di Rebekah Lewis

Tradotto da Monja Areniello

Edito da Jayne Wolf

Cover Design di Victoria Miller

Tutti i diritti riservati. Questo libro o parte di esso non può essere riprodotto o utilizzato in alcun modo senza l'espressa autorizzazione scritta dell'editore, ad eccezione dell'uso di brevi citazioni in una recensione del libro.

Stampato negli Stati Uniti d’America

Originalmente pubblicato da Breathless Press.

www.Rebekah-Lewis.com

DEDICA

Hermes mi ha promesso che avrei potuto volare in giro in groppa a Pegaso se gli avessi dedicato questo romanzo
Sto ancora aspettando di farlo

CAPITOLO UNO

"Hermes!"

Pessimo tempismo. Hermes si fermò quando riconobbe la voce. Solo una persona poteva racchiudere così tanta disapprovazione e giudizio in sole due sillabe. Sfortunatamente, la voce apparteneva all'unica dea nella quale non era disposto a imbattersi. Preparandosi, lui si voltò e la affrontò.

Hybris, la dea dell'arroganza, gli lanciò un'occhiataccia, con le braccia incrociate e tacchi a spillo rosso sangue che picchiettavano impazientemente. I suoi lunghi capelli scuri ondeggiavano in modo innaturale nella brezza. Lei non si scompose; ricadde in una posizione perfetta, senza che un capello fosse fuori posto. Le donne umane devono odiarla.

Un adolescente mortale, a qualche metro dietro di lei, diede una gomitata al suo amico che rideva in modo odioso. "Fratello … Penso che quella bella ragazza abbia appena detto a quel tizio che lui le ha attaccato l'herpes!" Il suo amico rimase a bocca aperta mentre fissava la schiena di Hybris.

"Tenete i vostri commenti per voi, per favore", mormorò Hermes mentre si lanciava in volo.

Nel giro di tre secondi, le ali tatuate intorno alle sue caviglie si estesero dalla sua carne e lui si avvicinò ai ragazzi, colpì la loro testa e poi tornò nel punto preciso di prima. Missione compiuta, le appendici piumate bianche svolazzarono contro la sua pelle, affondando di nuovo in essa e lasciando il contorno scuro come unica prova visibile della loro esistenza.

"Era necessario?" Hybris fece un sorrisetto mentre gli umani strofinavano i loro crani e cercavano di alzare se stessi e i loro skateboard da terra. "Avresti potuto creare un danno cerebrale a quei poveri ragazzi".

"Come se davvero ti importasse. Pensavano che tu avessi detto herpes. Mi ha fatto incazzare".

"A loro difesa, il tuo nome è diverso per una lettera da herpes. È divertente. Dovrò ricordarmi di chiamarti così quando mi fai incazzare. Il che succede spesso". Sentì il bisogno di aggiungere qualcos’altro. "Come adesso".

"Possiamo uscire dalla strada popolata? Ho bisogno di bere alcolici e di una vasca idromassaggio se devo ascoltare qualunque cosa tu sia venuta qui ad insinuare". Le afferrò il braccio e la tirò contro il suo petto. Il centro di una strada di Los Angeles piena di turisti e paparazzi non era la migliore location per il loro inevitabile scontro. Il suo sussulto di sorpresa lo fece sorridere mentre la sollevava nel suo abbraccio e si allontanò troppo velocemente perché gli umani sottostanti se ne accorgessero. Prima che la dea avesse qualcosa da dire sul suo comportamento da macho, Hermes scese nel patio posteriore della sua casa privata sulla spiaggia di Malibu.

Per capriccio, lui lasciò cadere Hybris nella piscina, nella zona poco profonda.

Sembrava perfetto.

Lo schianto che fece ritornando in superficie per prendere aria fu sorprendentemente più forte e meno aggraziato di quello che aveva fatto quando era entrata. Sinceramente, non c'era mai stato suono di indignazione più bello.

"Figlio di puttana!"

"Ora questo è grave, non credi? Mia madre non c'entra niente".

Hybris si lanciò fuori dalla piscina e tentò di buttarcelo dentro, ringhiando mentre lo attaccava. Hermes cercò di sfuggirle e lei quasi cadde di nuovo.

"Potrei farlo tutto il giorno, ma arriva al punto. Che cosa ho fatto questa volta? Tagliarmi i capelli troppo corti? Indossare troppe infradito in inverno? Portare un costume da bagno alla moda? Ogni volta che ti presenti c'è sempre qualcosa che non va". La sua semplice presenza gli ricordava cose che aveva dato per scontato tanto tempo prima. La sua vista lo faceva soffrire, costringendolo a distogliere lo sguardo, fingendosi distratto. Sapere cosa gli aveva fatto le avrebbe fatto solo che piacere.

Hybris scosse l'acqua dal suo corto prendisole nero, un accostamento assurdo. I prendisoli dovevano essere solari, estivi. Il nero non era nessuna di quelle cose, ma nemmeno lei. Hybris personificava la sensualità. Lei aveva perso una delle sue scarpe nel fondo della piscina. Rendendosene improvvisamente conto, lei allungò la mano e rimosse l'altra, borbottando sul fatto che si erano rovinate e la lanciò sopra la sua testa. Hermes si abbassò, ma la finestra dietro di lui fu meno fortunata frantumandosi per lo schianto.

"Quanto mi piacerebbe rimproverarti per quegli orribili … ‘costumi da bagno’ li hai chiamati?" Indicò i suoi pantaloncini arancioni, non più lunghi delle sue ginocchia e chiazzati di ancore blu scuro. "Sono orribili. Quel colore è così … è così … orribile alla mia vista. Non importa. Non è il motivo per cui sono qui". Lei raddrizzò la postura, preparandosi all'attacco. "Hai detto a Pan di me. Avevamo concordato che non lo avrebbe mai saputo".

Un dolore lancinante gli attraversò la parte sinistra del petto. Abbassò lo sguardo e vide che nulla lo aveva trafitto veramente, sebbene le affilate parole di lei lo avessero fatto. La vita che avrebbero potuto avere, o presumibilmente avrebbero dovuto avere, lo perseguitava. "Stai per avere un nipote. Vuoi davvero passare l'eternità senza mai conoscere la tua famiglia?"

Lei alzò il mento altezzosamente. "Ti sembro una nonna? Sono giovane. Sono stupenda. Io ho bisogno di vivere nel mondo usando i miei incantesimi sugli umani e non sprecare la mia vita in casa su un dondolo mentre la vita vola senza essere goduta".

Hermes non fu sorpreso. Le motivazioni di Hybris sul perché non voleva stare vicino a Pan erano sempre ferme. Nondimeno, lei non avrebbe mai ammesso di essere ogni tanto tornata di nascosto, quando Pan era bambino per passare del tempo con lui. Lei era convinta che Hermes non lo sapesse. Per lungo tempo, lui si era chiesto se era fuggita da Pan, o se non potesse più sopportare lo stare con lui. Tuttavia, in vita sua, Hermes non riusciva a capire cosa avesse fatto di sbagliato. Cosa l’aveva costretta a lasciarlo? Cosa l'aveva costretta a lasciare suo figlio?

Eppure lei era andata a trovare Pan in segreto, quando era bambino. Non aveva mai aggiunto altro, parole o azioni.

"Lui è innamorato della madre di suo figlio", disse Hermes. Hybris lo guardò e lui capì che lei voleva maggiori dettagli. L'arrogante inclinazione del mento lasciava intendere che fosse troppo orgogliosa per chiederli. Forse l'idea dell'amore l'aveva incuriosita, ma Hybris era paralizzata da un orgoglio abbastanza forte da tirar fuori il peggio dagli altri, se fosse rimasta in un posto troppo a lungo. Era costantemente influenzata dai suoi stessi poteri, quindi Hermes credeva che la sua capacità di amare fosse assolutamente imperfetta.

"Il bambino è in arrivo da un giorno all'altro, ci sono già stati due falsi allarmi, ma è ora. Celebreranno il matrimonio dopo che Katerina avrà recuperato la sua forma fisica, o almeno così dice".

"Beh, non la biasimo affatto", disse Hybris. "Chi vuole sposarsi e affrontare lo stress quando hai un'anguria che sta per cadere dal tuo inguine?"

"Sempre simpatica, amore".

"La simpatia è debolezza".

Hermes roteò gli occhi. "Altri direbbero che la più grande debolezza di tutti è l'arroganza". Mai parola più vera. Se ci fosse stata una batteria nelle vicinanze, avrebbe suonato un pezzo per amplificare il suo aspro commento.

"Dice così chi non è come me", si indicò con entrambi i pollici. "Non sono debole".

Penso che la signora stia protestando troppo.

"Dubito che pensassero a quanta arroganza tu abbia". Lui non ci avrebbe pensato. Non lo avrebbe fatto. E ci sto pensando. Dannazione.

Lei sospirò. "Lo stiamo facendo di nuovo. Continuare a battibeccare. Perché non possiamo stare insieme per cinque minuti senza farlo?"

Si mise le mani intorno al collo e fece finta di soffocare. Tosse. "Arroganza!" Tosse. Tosse.

"Ti odio veramente".

"Non è quello che hai detto la notte che hai concepito".

"Fanculo".

Per quanto fosse divertente innervosirla, lui non era proprio dell'umore giusto per avere nostalgia di lei. "Non ho tempo per questo, Hy. Ho delle cose da fare. Cose importanti". Una promessa fatta a un satiro, che Hermes intendeva mantenere. Una fanciulla in pericolo. Eroismo e tutto il resto.

Hybris sbadigliò. "Sì. Capisco. Girovagare per la California e nuotare in spiaggia è una questione di vita o di morte".

Scuotendo la testa, lui aprì la porta a vetri della casa e sfrecciò dentro. Tentò di chiuderla alle sue spalle, ma Hybris passò oltre. Hermes fece un grande sforzo per non notare che aveva ancora l'odore dei melograni.

Le mancava.

 

"Beh, stavo aspettando che Zeus mi chiamasse prima che tu ti presentassi con il tuo giudizio … giudizioso". Lui chiuse la porta e si girò di nuovo per trovarla rilassata sul suo divano, nonostante i suoi vestiti bagnati fradici. Maleducata.

Lei si studiò le unghie. "E lui l’ha fatto?"

"Non ancora".

"Allora non stai facendo nulla di importante". Il suo sguardo si spostò sul suo inguine. "Ancora". In piedi, Hybris avanzò verso di lui.

"No. Oh, no, no, no. No". Hermes schizzò via e si librò fuori dalla sua portata. "Non lo faremo più. Non questa volta. Non questo giorno. Non sta succedendo". Stava facendo sul serio? Dopo tutto quello che lei aveva fatto, voleva fare sesso con lui?

Incerto se lo stesse colpendo nel suo ego o se stesse influenzando la sua arroganza personale, una calda compiacenza prese piede. Lui era sempre stato arrogante, ma lei poteva farlo diventare ancora di più.

"E perché no? Sono una donna bellissima, mi desideri e non hai impegni al momento. Togliti i pantaloni e fottimi".

Piuttosto avrebbe lasciato la sua adorata casa ma non sarebbe rimasto lì con lei. Era così affamata da colmare la sua umiliazione e il suo dolore?

"Non sono il tuo schiavo d'amore. Vai a trovare un essere umano spiritoso da dominare. Ci vediamo". E con un saluto beffardo, Hermes non passò dal Via o Incassa duecento dollari uscendo di corsa dalla porta e dirigendosi verso l'Olimpo. Almeno poteva scappare da Hybris con il pretesto di incontrare il capo. E se fosse stato fortunato, Zeus l’avrebbe incontrato oggi stesso per la questione di Daphne.

CAPITOLO DUE

Hermes camminava davanti all'ingresso del tempio di Zeus. Perfino lui non poteva fare irruzione e andare ovunque, se indesiderato. Per vendetta, suppose; per tutti i soprannomi stupidi con cui aveva chiamato suo padre, di fronte ad altre persone, quando Zeus non poteva reagire. E non gli avrebbe certo dato fastidio se Melancton e Daphne non avessero ricevuto una risposta immediata.

In un momento di disperazione, Melancton aveva stretto un accordo con Apollo. Ancora. Satiri, scosse la testa tristemente, non imparano mai. Aveva promesso di non tentare mai più di salvare la vita di Daphne. Non che Melancton potesse entrare nell'Olimpo, ma comunque … Di tutti gli dei con cui fare un accordo, Apollo era tra i più scorretti quando era arrabbiato.

Non c'era possibilità che Hermes vedesse un uomo d'onore, ehm … un satiro, soffrire d’amore mentre Apollo torturava ancora il suo tesoro. Per secoli, Apollo aveva tenuto Daphne incatenata all'albero di alloro nel suo tempio olimpico. Senza i benefici della terra sottostante – l’Olimpo era separato dal regno umano, il luogo in cui fiorivano le ninfe del legno – Daphne si era indebolita, unendosi per sopravvivere all'albero a cui era legata. Anche le ninfe prosperavano sul sesso, che piaceva a loro in modo esagerato, ma lei amava Melancton e quindi si era rifiutata di abbassarsi alle richieste di Apollo.

Gli amanti erano condannati a vivere lontani per sempre o condannati ognuno a imminenti castighi.

Noioso. A nessuno piaceva un finale infelice. Tranne forse ad Apollo. E a Dioniso. E ad Hera. E ad Ade. E a Poseidone. E … Ok, la sua famiglia si divertiva a guardare gli altri soffrire. Non era quello il punto.

"Vedo che tuo padre non ti ha ancora chiamato". Hybris apparve alla sua destra, appoggiata su un fianco e la sua mano sulla pericolosa curva, con sfacciataggine. Merda.

"È occupato".

"Giusto". Lei aveva indossato un nuovo paio di tacchi: rosa acceso. Un colore così femminile. E su di lei … Smettila, amico!

"Hybris, perché non continuiamo questa conversazione in un altro momento. Diciamo, tra qualche secolo?"

"Davvero non penserai che io sia d'accordo, vero?"

Hermes sospirò. "No, ma ne valeva la pena".

"Ora, guarda qui". Hybris avanzò di nuovo su di lui, un'unghia rosa calda affusolata lunga – aveva intonato il colore delle unghie e il rossetto con le scarpe – picchiettandolo sul petto. "Ti avevo detto che non volevo che Pan sapesse di me e tu gli hai dato il mio numero di cellulare. Come hai potuto?"

Sebbene non la vedesse da secoli, Zeus si era assicurato che Hermes avesse i numeri di tutti gli Dei dell’Olimpo per rendere più facile la consegna dei messaggi. L'uso della tecnologia umana nel loro regno non aveva semplificato il processo di invio di una circolare a tutti. No. Lui aveva mandato un messaggio ad Hermes e Hermes l'aveva inviato a tutti gli altri. Ridicolo, sì, ma il suo lavoro dipendeva dall'inoltro dei messaggi di Zeus.

Tuttavia, Hybris si era comportata come se ammettere di aver avuto un bambino significasse esibire il peggior tipo di sconfitta. Avevano creato un bellissimo bambino insieme di cui non poteva essere più orgoglioso. Hermes socchiuse gli occhi. "Perché ti disturba così tanto?"

Hybris increspò le labbra e contemplò la sua domanda. "Perché l'ho affidato a te. Bel lavoro che hai fatto anche su questo. Lasciare che nostro figlio venisse maledetto come un satiro. Un satiro, Hermes!" Lui balbettò indignato; non poteva prendersi la colpa per Pan che aveva inchiodato una donna che Dioniso voleva. "E conosci i limiti dei miei poteri". Lei distolse lo sguardo, la furia si ridusse rapidamente alla tristezza. "Non posso mai dire le cose che vorrei".

Il che aveva dimostrato il motivo per cui non avrebbe mai funzionato tra di loro. Il potere di Hybris la rendeva fisicamente incapace di ammettere di aver sbagliato. Lei avrebbe avuto sempre "ragione" e nulla di ciò che uno di loro avrebbe detto o fatto avrebbe potuto cambiarlo. Non avrebbe mai potuto scusarsi e non avrebbe mai concesso a lui di avere ragione su una discussione. Se lui avesse sollevato un punto a suo favore, l'orgoglio di Hybris si sarebbe dimostrato troppo grande per permetterle di riconoscere il fatto. Avrebbe continuato ad attaccarlo a prescindere perché non poteva accettare la sconfitta.

"Quindi non rinvangare il passato, concentrati solo sul presente e sul futuro".

Lei non sembrava convinta. "Perché lo fai?"

Hermes si guardò attorno, cercando aiuto da una folla inesistente. "Tu mi hai cercato. Non voglio niente da te, né mi aspetto nulla. Pan doveva conoscere l'identità di sua madre, fine della storia. Mi sono stancato di evitare la domanda".

L'ingresso al tempio si aprì, la nebbia si aprì in modo melodrammatico per salutarli. Zeus aveva tirato di nuovo fuori gli sparanebbia. Per qualche ragione, suo padre credeva che la nebbia gli desse un'aria più eterea e intimidatoria. Lo faceva sembrare un cretino, Hermes glielo aveva detto e poi aveva dovuto passare due settimane a zigzagare sul pianeta mortale per evitare un incontro con un fulmine. Per renderlo ancora più tragico, Zeus avrebbe potuto manipolare il tempo. Non aveva bisogno di quelle macchine stupide! Oh, come sono caduti nella pigrizia e nell’agiatezza i potenti.

"Ehi, il ragazzaccio è pronto a vedermi. Immagino che tu devi andare adesso. Beh -ciao". Le fece un cenno con la mano ed entrò nel tempio a passo lento, volutamente e deliberatamente pomposo.

Hybris sbuffò e, a giudicare dai click delle sue scarpe, lo seguì nel tempio. "Qualunque cosa. Vengo anche io. Forse Zeus ti dirà che asino sei stato per aver infranto la tua promessa. Ti terrò persino fermo in modo che possa colpirti meglio".

"Non lo faresti". Aspetta

Lui era l’asino che aveva infranto la promessa? Come se lei non avesse colpa per questo? Che cosa?

"Non tentarmi".

Zeus si adagiò su un trono d'oro e di marmo, la guancia appoggiata al suo pugno mentre si appoggiò su un lato. Di questi tempi, portava i capelli corti e il loro colore scuro contrastava con la lunga tunica bianca dell'Olimpo che copriva la sua larga figura.

Hermes superò Hybris e si inginocchiò. "Zeus, un onore essere convocato oggi davanti a te".

Zeus fece un cenno di saluto, annuendo a Hybris che chinò la testa. Lui si raddrizzò e disse: "Vedo che hai buone maniere oggi, Hermes. Non sono sicuro che sia perché vuoi qualcosa da me o se stai cercando di impressionare la madre di tuo figlio, o entrambi". Zeus era una delle poche persone che conosceva la verità sui genitori di Pan.

"Chi?" Hermes si guardò intorno e fece finta di essere stupito di trovare lì Hybris – sollevò un sopracciglio finemente tagliato in risposta alle sue buffonate – "Lei? Non è importante". Lui poteva sentire il mortale sguardo corrosivo che lo trafiggeva quando le voltò le spalle, ma avrebbe potuto occuparsene più tardi. Lui aveva richiesto un’udienza con Zeus e non voleva rovinare tutto a causa di una dea assatanata. "Hai avuto il tempo di considerare la mia richiesta?"

Lui aveva promesso a Melancton di riportare indietro Daphne, ma anche se lo avesse fatto, Apollo non avrebbe mai permesso a lei e Melancton di scappare insieme al tramonto. Se Zeus non fosse intervenuto, Hermes sarebbe comunque riuscito a trovare un modo per liberarla dall'Olimpo … fintanto che Zeus non gli avesse proibito di farlo. Ciò che Melancton e Daphne avrebbero fatto dopo erano affari a loro, ma intendeva dare loro l'opportunità che meritavano.

"L'ho considerato, ma Apollo è importante. Lui controlla Helios e senza di lui il sole non sorgerà come dovrebbe. Come ricordi, i carri del sole e della luna mantengono in orbita i pianeti, motivo per cui Helios e Selene non sono imprigionati con il resto dei Titani. Se Apollo non tiene sotto controllo Helios, i cavalieri si ribelleranno. È abbastanza grave che Artemide abbia permesso lo spettacolo dell’eclissi il mese scorso".

Hermes si spazzolò. "Ci deve essere un modo per convincere Apollo a rinunciare alla ninfa. Ho già suggerito di scatenare Eros su di lui. Una freccia di piombo …"

"Come ti sentiresti se ordinassi ad Eros di spararti con una freccia per farti disprezzare qualcuno?"

Veramente? "Se avessi una donna incatenata nel mio tempio e credessi di farla innamorare di me con la forza, allora sì. Ordina ad Eros di scoccare la freccia!"

Zeus sospirò. "Non posso avere un ruolo in questo, Hermes. Devo ascoltare Hera lamentarsi giorno dopo giorno di qualsiasi cosa tu possa nominare. Non posso permettere che Apollo metta a repentaglio gli umani con dei disastri climatici a causa di ciò. Sono una specie fragile. Se la loro scienza non riuscisse a spiegarlo, imploderebbero su se stessi e scoppierebbe il caos. Conosci le regole".

"Sì, sì. Non interferire con gli affari degli umani, degli altri dei o dello syrinx".

C'erano quelli che agivano e quelli che osservavano. Hermes veniva costantemente messo in guardia dal fare di più che girarsi i pollici e mettersi da parte mentre le persone a cui teneva venivano ferite. Zeus pretendeva che nessuna azione intrapresa da lui o da qualsiasi altro personaggio dell’Olimpo influisse in modo significativo. Da quando l'Olimpo era diventato nulla di più di una storia nei libri di mitologia, gli dei avevano nascosto la loro vera natura per prevenire il divulgarsi della loro esistenza. Gli umani dell'età moderna pregavano quotidianamente per i miracoli, ma quando si confrontavano con qualcosa di inaspettato, si lasciavano prendere dal panico e cercavano di distruggerlo.

Quando gli atti dei Satiri iniziarono a attirare l'attenzione degli dei, le interferenze divennero rapidamente inevitabili. Artemide aveva invertito l'alba per alcune ore per dare ad Ariston una seconda possibilità per l'umanità. Hermes aveva ucciso Sileno, portando molti altri dei a credere che Pan l’avesse fatto da solo. Aveva quindi dato a Kat l'ambrosia della vita immortale, di proprietà di Zeus, permettendo a Pan di stare con la donna che amava per sempre. Ad Hermes non piaceva rimanere neutrale. Voleva prendervi parte poiché le cose tendevano a passare da sfortunate a disastrose ogni volta che lui voltava le spalle.

Dioniso aveva cercato uno strumento magico chiamato syrinx e avrebbe ucciso per metterci le mani sopra, avendo già fatto dei tentativi su Pan e Ariston. Hermes conosceva la posizione dello strumento, ma non poteva rivelarlo e metterlo allo scoperto affinché chiunque lo trovasse. Quindi era rimasto in silenzio, anche se questo andava contro la sua natura. Aveva altre cose che attiravano la sua attenzione al momento, come raccogliere i pulcini e riportarli nella sua casa sulla spiaggia della California. Eppure c'erano state così tante volte in cui aveva dovuto girare la testa e fingere di non notare qualcuno a cui teneva che soffriva, quando lui poteva fare qualcosa al riguardo.

Hermes fece l'unica cosa che non aveva mai fatto prima. Batté le sue mani insieme, inginocchiandosi nel tempio pieno di nebbia e implorò. "Per favore. Daphne sta morendo senza la possibilità di morire davvero. È infelice e trascurata e Apollo si burla della sua sofferenza. Melancton ha sofferto così tanto e l'ha persino abbandonata in modo che un altro satiro potesse avere il suo lieto fine. Non merita la felicità come ricompensa per il suo altruismo?"

 

Gli occhi di Zeus si spalancarono alla vista del suo comportamento e, poiché Hermes non poteva guardare Hybris, poteva solo immaginare di aver scioccato anche lei. Hermes non ne era certo però. Poteva ottenere ciò che voleva attraverso la corruzione o l'inganno, ma in questo caso, aveva davvero creduto che suo padre sarebbe intervenuto e avrebbe reso le cose semplici e chiare ad Apollo dicendogli che Daphne non poteva essere più tormentata.

"Mi dispiace per il cuore spezzato di Melancton, Hermes. Ma non prenderò parte in questa storia. Sei da solo. Ho proibito qualsiasi interferenza con il destino dei satiri. Continuo a dirtelo e poi ogni giorno tu circondi di quelle creature cornute".

Zeus si alzò e lo guardò di traverso e le ginocchia di Hermes dolevano per la sofferenza del proprio orgoglio mentre lui continuava. "Hai portato Pegaso nel regno mortale senza permesso e gli hai permesso di vagare per i suoi capricci. Hai nascosto Melancton e non divulgherò tali informazioni poiché anch'io sono dispiaciuto per il trattamento della ninfa da parte di Apollo. Tuttavia, la tua continua associazione con l'odioso gemello di Ariston nella messa al bando ordinata da tuo figlio mi dà da pensare. Posso capire quando vai a trovare Pan, ma il resto?"

"Zeus, padre". Hermes si morse la lingua per non farsi scappare una risposta e peggiorare le cose. E se suo padre gli proibisse di parlare con uno dei Satiri? Lui sarebbe costretto a disobbedire. Si preoccupava troppo per loro. Erano la famiglia di Pan e come tale un'estensione della sua. "Posso spiegare …"

"Puoi?" Disse Zeus in tono troncato. "Non ce n'è bisogno. Nulla di ciò che dico ti impedirà rincontrarli. Ma comprendi questo, Hermes. Non farai nulla per mettere lo syrinx nelle mani di chiunque non lo rivendichi da solo. Se lo fai, sarai punito. Capisci?"

"Sì capisco".

* * * * *

"Dove stai andando?" Hybris lo afferrò per un braccio, per fermarlo. Per una volta sarebbe stato bello se lui avesse rallentato e avesse pensato prima di agire. Si era precipitato fuori dal tempio davanti a lei, la furia lo circondava come una nuvola. Lei aveva dovuto correre dietro a lui ed era fortunata ad avere un perfetto equilibrio sui suoi tacchi. Zeus non prendeva con gentilezza l'uso dei poteri nella sua sala del trono, Hermes escluso. Tuttavia, l'eccezione poteva essere attribuita al fatto che Hermes si era mosso troppo in fretta per farsi abbattere.

"Via", lui scattò.

Hybris lo conosceva abbastanza bene da sospettare che avesse già un piano B da attuare se Zeus avesse rifiutato la sua richiesta. Hermes non accettava mai un no come risposta. Per lui, "no", esisteva come ostacolo da aggirare in qualche modo. Era sempre stato così dannatamente intelligente. A volte le mancava, ma non in quel momento. Apollo si era adirato facilmente negli ultimi tempi e si scagliava sempre contro di lui. Iniziare qualcosa con lui avrebbe richiesto pazienza e cautela.

Chiaramente, senza il suo aiuto e un attento piano, Hermes avrebbe causato la morte della ninfa e del satiro e lui stesso sarebbe stato espulso dall'Olimpo, se non qualcosa di peggio. Il suo obiettivo era quello di discutere con lui, farlo ragionare e poi allontanarsi di nuovo. Ma che tipo di dea sarebbe stata se lo avesse lasciato incastrato in uno dei suoi schemi cervellotici?

"Dove stai andando?" ripeté lei.

"A parlare con Artemide e poi provare a capire come salvare Daphne in modo che io possa portarla a Melancton senza infrangere i termini del suo accordo". Hermes liberò il braccio dalla sua presa e proseguì nel suo cammino. Fedele alla sua parola, si diresse verso il tempio della dea della caccia. Hermes viaggiava raramente a piedi nell'Olimpo. Le sue ali e la sua velocità erano diventate una seconda natura per lui. Il fatto di calpestare i sentieri di pietra dimostrava semplicemente la sua determinazione, o forse guadagnare un po’ di tempo per elaborare un piano adeguato.

"Di cosa devi parlare con Artemide?" Il suo tono si fece più acuto del previsto mentre si affrettava a seguirlo. Lei digrignò i denti, rendendosi conto di essere sembrata troppo interessata alla natura del suo coinvolgimento con Artemide. Si erano separati molto tempo fa, entrambi avevano avuto altri amanti da allora. Non c’era motivo di essere gelosa.

"Non per quello che pensi tu".

Hybris emise un lieve respiro di sollievo. Era una delle poche Dee dell’Olimpo con cui lui aveva dormito ed era una dea minore nata da altre divinità minori di scarsa importanza o relazione diretta con lui. Artemide condivideva un genitore con Hermes. Non era strano nel loro genere, ma lei ricordava la sua reazione inorridita verso i miti umani che li mostravano in accoppiamento tra i membri della famiglia.

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