Il trono dei draghi

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Aus der Reihe: L’era degli stregoni #2
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Il trono dei draghi
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IL TRONO DEI DRAGHI
(L’ERA DEGLI STREGONI – LIBRO SECONDO)
MORGAN RICE
Morgan Rice

Morgan Rice è autrice numero uno e oggi autrice statunitense campionessa d’incassi delle serie epiche fantasy L’ANELLO DELLO STREGONE, che comprende diciassette libri; della serie campione d’incassi APPUNTI DI UN VAMPIRO, che comprende dodici libri; della serie campione d’incassi LA TRILOGIA DELLA SOPRAVVIVENZA, un thriller post-apocalittico che comprende tre libri; della serie epica fantasy RE E STREGONI, che comprende sei libri; della serie epica fantasy DI CORONE E DI GLORIA, che comprende otto libri; della serie epica fantasy UN TRONO PER DUE SORELLE, che comprende otto libri; della serie di fantascienza LE CRONACHE DELL’INVASIONE, che comprende quattro libri; della serie fantasy OLIVER BLUE E LA SCUOLA DEGLI INDOVINI, che comprende quattro libri; della serie fantasy COME FUNZIONA L’ACCIAIO, che comprende quattro libri; e della nuova serie fantasy L’ERA DEGLI STREGONI, che comprende due libri (e altri in arrivo). I libri di Morgan sono disponibili in formato stampa e audio e sono stati tradotti in più di 25 lingue.

Morgan è felice di restare in contatto con i suoi lettori, quindi non peritarti a visitare il sito www.morganricebooks.com per unirti alla sua mailing list, ricevere un libro e giveaway gratuitamente, scaricare l’app gratuita, restare aggiornato sulle ultime notizie esclusive e connetterti via Facebook e Twitter!

Selezione di lodi a Morgan Rice

“Se credi di non avere più un motivo per vivere dopo la fine della serie L’ANELLO DELLO STREGONE, ti sbagli. In L’ASCESA DEI DRAGHI, Morgan Rice ha inventato quella che promette di essere un’altra serie brillante, immergendoci in un fantasy di troll e draghi, valore, onore, coraggio, magia e fede nel proprio destino. Morgan è riuscita di nuovo a produrre una serie di personaggi forti che ci fa tifare per loro a ogni pagina… Consigliato nella libreria di tutti i lettori che amano i fantasy ben scritti.”

--Books and Movie Reviews
Roberto Mattos

“Un fantasy colmo d’azione che piacerà senz’altro a tutti i fan dei libri precedenti di Morgan Rice, insieme a quelli di lavori come IL CICLO DELL’EREDITÀ di Christopher Paolini…. I fan dello Young Adult divoreranno quest’ultima opera di Rice e pregheranno per leggerne altre.”

--The Wanderer, A Literary Journal (su L’Ascesa dei Draghi)

“Un fantasy vivace che intreccia elementi di mistero e intrigo nella sua trama. Un’impresa da eroi riguarda il coraggio e il raggiungimento di un obiettivo di vita che conduce alla crescita, alla maturità e all’eccellenza… Per coloro che cercano avventure fantasy dense di contenuti, i protagonisti, gli utensili e l’azione forniscono una vigorosa serie di incontri che mette bene a fuoco l’evoluzione di Thor da un bambino con la testa fra le nuvole a un giovane uomo che affronta circostanze impossibili per la sopravvivenza… Solo l’inizio di ciò che promette essere un’epica serie young adult.”

--Midwest Book Review (D. Donovan, eBook Reviewer)

“L’ANELLO DELLO STREGONE ha tutti gli ingredienti per il successo immediato: trame, contro trame, misteri, cavalieri valorosi e relazioni che nascono e finiscono con cuori spezzati, delusioni e tradimenti. Ti terrà incollato alle pagine per ore e accontenterà persone di ogni età. Consigliato per la libreria di tutti i lettori fantasy.”

--Books and Movie Reviews, Roberto Mattos

“In questo primo libro fatto di azione dell’epica serie fantasy L’Anello dello Stregone (che conta attualmente 14 libri), Rice presenta ai lettori il quattordicenne Thorgrin "Thor" McLeod, il cui sogno è unirsi alla Legione d’Argento, i cavalieri d’élite al servizio del re… Lo stile di scrittura di Rice è compatto e la premessa intrigante.”

--Publishers Weekly
LIBRI DI MORGAN RICE

L’ERA DEGLI STREGONI

IL REGNO DEI DRAGHI (Libro #1)

IL TRONO DEI DRAGHI (Libro #2)

LA FIGLIA DEI DRAGHI (Libro #3)

OLIVER BLUE E LA SCUOLA DEGLI INDOVINI

LA FABBRICA DELLA MAGIA (Libro #1)

LA SFERA DI KANDRA (Libro #2)

GLI OSSIDIANI (Libro #3)

LO SCETTRO DI FUOCO (Libro #4)

LE CRONACHE DELL’INVASIONE

MESSAGGI DALLO SPAZIO (Libro #1)

L’ARRIVO (Libro #2)

L’ASCESA (Libro #3)

IL RITORNO (Libro #4)

COME FUNZIONA L’ACCIAIO

SOLO CHI LO MERITA (Libro #1)

SOLO CHI È VALOROSO (Libro #2)

SOLO CHI È DESTINATO (Libro #3)

UN TRONO PER DUE SORELLE

UN TRONO PER DUE SORELLE (Libro #1)

UNA CORTE DI LADRI (Libro #2)

UNA CANZONE PER GLI ORFANI (Libro #3)

UN LAMENTO FUNEBRE PER PRINCIPI (Libro #4)

UN GIOIELLO PER I REGNANTI (Libro #5)

UN BACIO PER LE REGINE (Libro #6)

UNA CORONA PER GLI ASSASSINI (Libro #7)

UN ABBRACCIO PER GLI EREDI (Libro #8)

DI CORONE E DI GLORIA

SCHIAVA, GUERRIERA, REGINA (Libro #1)

FURFANTE, PRIGIONIERA, PRINCIPESSA (Libro #2)

CAVALIERE, EREDE, PRINCIPE (Libro #3)

RIBELLE, PEDINA, RE (Libro #4)

SOLDATO, FRATELLO, STREGONE (Libro #5)

EROINA, TRADITRICE, FIGLIA (Libro #6)

SOVRANA, RIVALE, ESILIATA (Libro #7)

VINCITORE, VINTO, FIGLIO (Libro #8)

RE E STREGONI

L’ASCESA DEI DRAGHI (Libro #1)

L’ASCESA DEL PRODE (Libro #2)

IL PESO DELL’ONORE (Libro #3)

LA FORGIA DEL VALORE (Libro #4)

IL REGNO DELLE OMBRE (Libro #5)

LA NOTTE DEI PRODI (Libro #6)

RE E STREGONI: UN RACCONTO BREVE

L’ANELLO DELLO STREGONE

UN’IMPRESA DA EROI (Libro #1)

LA MARCIA DEI RE (Libro #2)

DESTINO DI DRAGHI (Libro #3)

GRIDO D’ONORE (Libro #4)

VOTO DI GLORIA (Libro #5)

UN COMPITO DI VALORE (Libro #6)

RITO DI SPADE (Libro #7)

CONCESSIONE D’ARMI (Libro #8)

UN CIELO DI INCANTESIMI (Libro #9)

UN MARE DI SCUDI (Libro #10)

UN REGNO D’ACCIAIO (Libro #11)

LA TERRA DEL FUOCO (Libro #12)

LA LEGGE DELLE REGINE (Libro #13)

GIURAMENTO FRATERNO (Libro #14)

SOGNO DA MORTALI (Libro #15)

GIOSTRA DI CAVALIERI (Libro #16)

IL DONO DELLA BATTAGLIA (Libro #17)

LA TRILOGIA DELLA SOPRAVVIVENZA

ARENA UNO: MERCANTI DI SCHIAVI (Libro #1)

ARENA DUE (Libro #2)

ARENA TRE (Libro #3)

LA CADUTA DEI VAMPIRI

PRIMA DELL’ALBA (Libro #1)

APPUNTI DI UN VAMPIRO

TRAMUTATA (Libro #1)

AMATA (Libro #2)

TRADITA (Libro #3)

DESTINATA (Libro #4)

DESIDERATA (Libro #5)

PROMESSA (Libro #6)

SPOSA (Libro #7)

TROVATA (Libro #8)

RISORTA (Libro #9)

BRAMATA (Libro #10)

PRESCELTA (Libro #11)

OSSESSIONATA (Libro #12)

Sapevate che ho scritto tantissime serie? Se non le avete lette tutte, cliccate sull’immagine qua sotto e scaricate il primo libro di una di esse!

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Copyright © 2020 di Morgan Rice. Tutti i diritti sono riservati. Eccetto come consentito dal Copyright Act del 1976 degli Stati Uniti d’America, nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, distribuita o trasmessa in nessuna forma e mediante alcun mezzo, o archiviata in un database o in un sistema di raccolta, senza previo consenso dell’autrice. La licenza di questo ebook è concessa solo per uso personale. Questo ebook non può essere rivenduto, né ceduto a terzi. Se si desidera condividere questo libro con un’altra persona, si prega di acquistare una copia per ciascun destinatario. Se si sta leggendo questo libro senza averlo acquistato, o se non è stato acquistato per uso personale, si prega di restituire la copia e acquistarne una propria. Grazie per rispettare il duro lavoro di quest’autrice. Questa è un opera di fantasia. Nomi, personaggi, aziende, organizzazioni, luoghi, eventi e fatti sono il frutto dell’immaginazione dell’autrice o sono utilizzati a puro scopo di intrattenimento. Qualsiasi richiamo a persone reali, viventi o meno, è puramente casuale. Copyright dell’immagine di copertina di istockphoto.com.

CAPITOLO PRIMO

Quando Lenore si svegliò, per un piacevole secondo pensò che si fosse trattato solo di un terribile incubo. Poteva sentire del morbido sotto di lei e, quando vide il piumone della stanza della locanda, credette che le cose orrende che ricordava fossero solo frutto della sua paura del buio. Non potevano essere reali, ma…

Ma invece lo erano. Lenore lo realizzò un secondo dopo, mentre la consapevolezza si rimpossessava di lei; lo realizzò per i lividi e il dolore che sentiva. Scosse la testa, cercando di costringersi a non pensare a dov’era, ma non sarebbe riuscita a frenare quei pensieri meglio di quanto avrebbe potuto fare con un oceano d’acque torbide.

I Taciturni che Re Ravin aveva mandato a cacciarla l’avevano rinchiusa lì: era loro prigioniera e, quando aveva provato a liberarsi, l’avevano colpita. Eoris e Syrelle erano i peggiori di tutti…

 

Lenore si costrinse a guardarsi intorno, a pensare a qualsiasi altra cosa che non fosse quello.

La stanza al piano di sopra della locanda era adesso vuota, fatta eccezione di lei; e Lenore sapeva che quella poteva essere l’unica occasione che avrebbe avuto per sopravvivere a tutto ciò. Barcollando e ignorando il dolore lancinante che avvertiva a ogni suo movimento, cominciò ad alzarsi.

Si piegò contro il letto per un secondo e dovette sorreggersi, ma non cadde. Se si fosse lasciata cadere, non sarebbe più riuscita ad alzarsi e non avrebbe potuto fare altro che attendere che tornassero a prenderla per portarla alle terre del Re Ravin.

Devo essere forte, disse fra sé e sé.

Si decise ad alzarsi e adesso non sembrava più tanto una principessa. Il suo vestito era lacerato per la ferocia della sua cattura, ma se lo infilò lo stesso, legando insieme al meglio che poteva quei brandelli di tessuto strappato.

Camminò lenta verso la porta, in punta di piedi. All’esterno, poteva sentire Eoris e Syrelle parlare e il cuore le ruggiva feroce in petto, per il timore che potessero entrare nella stanza di lì a poco.

“… Di certo non ci annoieremo qui con la principessa!” esclamò Syrelle, con quella sua voce affabile da mezza pazza.

“Dobbiamo portarla a Sud, mia cara,” replicò Eoris. “Se le fai troppo male, non sarà facile trasportarla.”

“Re Ravin non sa cosa voglia dire divertirsi,” disse Syrelle.

“Se gli dicessi che pensi questo, cosa credi che ti farebbe?” controbatté Eoris. “No, ce ne andremo entro un’ora. Raggiungeremo il ponte più vicino e, fra non molto, saremo dall’altra parte. Ricorda di lasciare viva qualche domestica. Re Ravin vuole che parlino.”

Voleva che parlassero? Lenore provò un misto di felicità, alla notizia che almeno alcune delle sue donne di servizio erano ancora vive; orrore, al pensiero di tutto ciò che avevano dovuto subire insieme a lei; paura, per quante di esse potevano essere invece morte; e confusione, perché non riusciva a spiegarsi come mai Re Ravin voleva che alcune di loro restassero in vita per dire alla gente che aveva in pugno la figlia di Re Godwin.

Tutto questo non aveva importanza in quel momento. L’unica cosa che importava era riuscire a fuggire. Vi aveva già provato prima però e non era riuscita neanche a raggiungere le stalle. Come poteva fuggire se era già stata presa una volta, se quegli uomini le avevano già dimostrato che potevano fermarla qualunque tentativo avesse fatto?

No, non si sarebbe arresa, non poteva. Una volta al di là del fiume… come sarebbe riuscita a fuggire da lì? Doveva farlo adesso, mentre erano occupati, mentre pensavano che fosse ancora debole e intrappolata lì.

Consapevole di non poter uscire dalla porta, si concentrò sulla finestra. Era scheggiata e bloccata, abbastanza dura da aprire che era certa avrebbe scricchiolato in segno di protesta mentre spingeva le serrande per aprirle, rivelando ciò che stava facendo a chiunque ascoltasse. Lenore la aprì e restò impietrita sul posto, aspettandosi che ne derivasse una qualche reazione. Nessuno irruppe nella stanza però, nessuno gridò né lanciò un allarme.

Lenore guardò giù verso terra. C’erano il tetto basso del piano sottostante e, oltre esso, il campo aperto al di là della locanda, con un cortile che conduceva alle stalle. C’erano dei cadaveri distesi lì adesso, trascinati a formare un mucchio come fossero meri rifiuti, qualcosa che non aveva alcuna importanza per il Taciturno che aveva commesso l’omicidio. Lenore poteva adesso vedere parte del gruppo di aguzzini non più vestiti da contadini, ma con pelli scure e un’armatura dalle lamine smussate che li faceva apparire pronti a combattere contro un valoroso esercito nemico.

Uno, una donna, era in piedi davanti a quattro domestiche di Lenore; ne indicò due e ordinò loro di correre. Erano troppo lontane perché riuscisse a riconoscerle. Poi, la donna alzò una piccola balestra che non superava la sua mano in grandezza.

“No,” sussurrò inorridita Lenore fra sé e sé quando scagliò il primo dardo. Colpì la prima domestica a metà schiena, facendola cadere e rotolare nel fango. Si alzò strillando, guardando indietro verso quella donna che l’aveva colpita…

Quello non significava altro che la seconda freccia l’avrebbe colta in pieno petto.

Anche Lenore voleva gridare, mentre il cuore le si spezzava alla vista di una ragazza innocente, che aveva reputato quasi un’amica, che veniva massacrata senza alcun motivo. Non lo fece però, perché altrimenti sarebbe finita; non ci sarebbe stata nessuna via d’uscita. Si concentrò dunque su quella che stava ancora correndo, consapevole che almeno una delle due sarebbe stata libera.

Lenore aspettò, finché non vide che i Taciturni si stavano dirigendo tutti in direzioni diverse, più attenti al prepararsi per partire che a lei. Quando arrivò il momento giusto, si fece coraggio e uscì dalla finestra. Si accucciò sul tetto della sezione sporgente del piano inferiore, sperando contro ogni speranza che avrebbe retto il suo peso.

Accovacciata, si mosse verso il bordo del tetto, per controllare che non vi fosse nessuno sotto, e fece un respiro profondo quando realizzò quanto era alto. Poteva farcela; doveva farcela. Dondolò attaccata al bordo del tetto, restando appesa con le mani per un momento; poi fece un respiro profondo e si lanciò.

Colpì forte il terreno e rilasciò il respiro che aveva trattenuto con un sibilo; fu positivo però, perché le impedì di gridare abbastanza forte da essere sentita. Rotolò sulle ginocchia, in attesa che la testa le smettesse di girare, e si costrinse ad alzarsi di nuovo in piedi. Ci riuscì e si avviò verso la zona d’ombra dell’edificio attiguo.

Non tentò di raggiungere le stalle questa volta: erano contornate da troppi Taciturni e non aveva alcuna speranza di sottrarre loro un cavallo senza essere scoperta. Al contrario, sapeva che la scelta migliore era allontanarsi dalla locanda a piedi, nascondendosi fra alberi e cespugli sul ciglio della strada e sperando che uno dei suoi fratelli arrivasse con la schiera d’uomini che avrebbero dovuto proteggerla sin dall’inizio…

Perché non l’avevano raggiunta? Perché non erano stati lì, pronti a salvarla? Vars aveva ricevuto il compito di proteggerla, mentre Rodry le aveva promesso che le avrebbe fatto da guardia per un pezzo di strada durante il raccolto nuziale; eppure nessuno dei due c’era stato quando aveva avuto bisogno di loro. Adesso era sola e avrebbe dovuto filarsela dal villaggio, sperando con tutta se stessa che sarebbe riuscita a passare inosservata.

Camminò e ce l’aveva quasi fatta; non era lontana adesso. Qualche altra decina di passi e sarebbe stata fuori dal villaggio. Una volta raggiunto il campo aperto al di là, di sicuro neanche i Taciturni avrebbero potuto trovarla.

Quel pensiero bastò a spronarla a procedere. Lenore strisciava dall’ombra di un edificio a quella del successivo. C’era quasi, era quasi fatta.

Un appezzamento di campo aperto giaceva davanti a lei e gelò quando ne raggiunse il confine, fermandosi per guardare a destra e a sinistra. Non vedeva nessuno, ma era consapevole di quanta poca importanza avesse la vista con persone di quel genere. Tuttavia, se fosse rimasta lì e non avesse fatto niente…

Corse più veloce che poteva, ignorando quanto le doleva il corpo a ogni passo e sfrecciando verso la salvezza oltre al campo aperto. Dietro di sé, udì un grido dalla locanda e capì che Eoris e Syrelle erano entrati nella stanza dove l’avevano lasciata e avevano scoperto che non c’era più. Il pensiero di loro che la inseguivano bastò a farla muovere più in fretta, precipitandosi verso la vegetazione accanto alla strada, verso un nascondiglio, verso la salvezza.

“Laggiù!” gridò una voce, e capì che l’avevano individuata. Continuò a correre, non sapendo cos’altro fare, con la sola consapevolezza che se si fosse fermata, sarebbe ricaduta nelle loro grinfie.

Non riusciva a procedere più veloce, ma almeno adesso era fra gli alberi e i cespugli che costeggiavano la strada; aveva il respiro affannato mentre si muoveva, spostandosi a destra e a sinistra nel tentativo di confondere i suoi inseguitori.

Udì dei passi alle sue spalle e schivò un albero, senza osare guardarsi indietro. Un altro arbusto giaceva davanti a lei e sapeva che, se solo fosse riuscita a eluderlo, avrebbe trovato una vegetazione più fitta oltre a esso. Poteva seminarli da lì in poi forse, ma prima doveva scegliere. Destra o sinistra… destra o sinistra…

Scelse la sinistra e comprese subito di aver sbagliato, poiché venne afferrata da un paio di mani forti, che la sbatterono a terra di peso, pressandola con forza e togliendole il respiro. Provò a dimenarsi, ma ormai sapeva di poter fare davvero poco. Quelle mani piegarono le sue davanti a lei, legandole sul posto per poi tirarla su.

Era davanti a Ethir, l’uomo che l’aveva sorpresa nelle stalle; il primo che aveva… La sollevò senza sforzo, mettendola di nuovo in piedi.

“Ti pentirai amaramente di essere fuggita, Principessa,” disse con quella sua voce pacata. “Ci assicureremo che te ne pentirai.”

“Vi prego,” lo implorò Lenore, ma non fece alcuna differenza. Ethir la trascinò verso i cavalli, il viaggio a sud e ogni momento d’orrore che la attendevano al di là dei ponti che conducevano fuori dal regno.

CAPITOLO SECONDO

Re Godwin III del Regno del Nord sedeva sul suo trono davanti a un mare di cortigiani e si sforzava di mantenere la calma. Dopo tutto ciò che era successo, dopo che sua figlia Nerra era stata costretta ad andarsene, odiava restare lì seduto, a fingere che andasse tutto bene. Desiderava alzarsi dal suo trono e andare a cercarla, ma sapeva di non poterlo fare.

Al contrario, doveva rimanere lì a intrattenere la corte, costretto in quella grande sala che portava ancora i resti del banchetto precedente, non del tutto eliminati. La sala era ampia e costruita in pietra, con striscioni alla parete ritraenti i ponti che segnavano il Nord. Erano stati disposti dei grandi tappeti quadrati, ciascuno riservato a un diverso rango della nobiltà o a una particolare famiglia nobile.

Lui doveva stare lì, in piedi davanti a quella platea, e doveva farlo da solo, perché Aethe non si sarebbe messa di fronte ai cortigiani che avevano preteso l’esilio di Nerra. In quel momento, Godwin avrebbe preferito essere in pressoché qualsiasi altro posto del mondo: il regno di Ravin, il terzo continente di Sarras, ovunque.

Come poteva fingere che andasse tutto bene quando Nerra era stata esiliata e la sua figlia minore, Erin, pareva essere scappata per diventare un cavaliere? Godwin sapeva di avere un aspetto arruffato, la sua barba ingrigita non era curata in modo impeccabile, la sua veste da Re era macchiata; tutto perché da giorni riusciva a stento a chiudere occhio. Poteva vedere il Duca Viris e la sua combriccola scansionarlo con un divertimento evidente. Se il figlio di quell’uomo non fosse stato il promesso sposo di sua figlia…

Il pensiero di Lenore alleviò un poco il suo sconforto. Era in viaggio per il raccolto nuziale, scortata da Vars. Presto sarebbe tornata e tutto si sarebbe concluso al meglio. Nel frattempo però, c’erano questioni serie di cui occuparsi: le voci che erano giunte a corte e minacciavano la rovina della sua casata.

“Vieni avanti figlio mio!” disse Godwin e le sue parole rimbombarono nella stanza. “Rodry, vieni fuori e fatti vedere!”

Il suo figlio maggiore uscì dalla folla spettatrice, sembrando il cavaliere che era e l’uomo che Godwin era stato da giovane. Era alto e irrobustito da anni di pratica con la spada, portava i capelli biondi tagliati corti, per evitare che gli offuscassero la vista. Era un vero guerriero, ed era chiaro che le persone lo osservassero con ammirazione mentre avanzava fra esse. Se solo fosse riuscito anche a essere un po’ più riflessivo.

“Va tutto bene, Padre?” chiese, facendo un inchino.

“No, non va tutto bene,” replicò Godwin feroce. “Pensavi che non sarei venuto a sapere dell’ambasciatore?”

C’era una cosa che proprio non poteva negare sul suo figlio maggiore, però, ed era la sfumatura accentuata di onestà che lo caratterizzava. Avrebbe potuto nascondersi meglio dietro a un dito che dietro a una bugia. In quella situazione, Vars avrebbe tentato di negare tutto mosso dalla codardia, mentre Greave avrebbe infiocchettato la vicenda richiamando la citazione più emozionante di quei suoi libri, ma Rodry si limitò a stare lì in piedi, duro come una roccia, e la sua mente era coerente con la sua postura, dato cosa disse dopo.

 

“Non potevo restare a guardarlo insultare tutta la nostra famiglia, tutto il nostro regno,” affermò Rodry.

“È proprio questo che avresti dovuto fare,” replicò Godwin adirato. “Invece, gli hai rasato la testa, hai ucciso due delle sue guardie… Se non fossi mio figlio ed erede, verresti impiccato per una cosa simile. In quanto ai tuoi amici…”

“Non hanno preso parte allo scontro,” replicò Rodry, stando in piedi impettito, assumendosi la responsabilità di tutto. Se non fosse stato così arrabbiato per la stupidità di quell’atto, Godwin sarebbe stato quasi orgoglioso di lui.

“Beh, saranno presto costretti a partecipare a uno,” disse il Re. “Credi che un uomo come Re Ravin non contrattaccherà? Avevo mandato il suo ambasciatore per la sua strada perché non potesse farci niente. Adesso gli hai dato una ragione per assalirci con più tenacia.”

“E noi saremo pronti a fermarlo quando lo farà,” rispose Rodry. Certo, era ostinato e poteva anche essere un uomo adulto e un cavaliere, ma non aveva mai sperimentato la guerra vera. Oh, aveva combattuto contro banditi e creature di vario genere, in quanto Cavaliere dello Sperone, ma non aveva mai affrontato un intero esercito armato su un campo di battaglia nel modo in cui aveva fatto Godwin da giovane, non aveva visto il caos, la morte e la…

“Basta,” replicò Godwin. “Sei stato uno sciocco a fare una cosa simile, Rodry. Devi imparare a comportarti meglio se vuoi essere in grado di fare il re un giorno.”

“Io…” esordì Rodry, chiaramente pronto a discutere.

“Taci,” lo interruppe Godwin. “Vuoi ribattere perché il tuo temperamento non ti dà modo di fare qualcosa di diverso. Beh, sono sempre io il re e non ho voglia di ascoltarti.”

Per un momento, pensò che suo figlio avrebbe potuto controbattere lo stesso, e allora Godwin avrebbe dovuto trovare una punizione che si addicesse all’erede al suo trono. Per fortuna, Rodry tenne a freno la lingua.

“Se rifarai una mossa così superficiale, dovrò sottrarti il titolo di cavaliere in segno di disonore,” affermò Godwin. Era la cosa peggiore a cui poteva pensare quando si trattava di Rodry, e quel messaggio parve senz’altro colpire nel segno. “Per ora, sparisci dalla mia vista, prima che perda le staffe come sembri sempre fare tu.”

Lo vide arrossire e pensò che avrebbe potuto impuntarsi e discutere, ma sembrò ripensarci. Al contrario, gli dette le spalle e uscì a grandi passi dalla sala. Forse avrebbe imparato la lezione, dopotutto. Il Re tornò a sedersi sul suo trono di legno scuro, saldo e solido, desideroso di vedere chi sarebbe stato il prossimo a farsi avanti; sempre che qualcuno avrebbe osato farlo, dato che la rabbia era ancora lì, dopo aver rimproverato suo figlio.

Finnal, che sarebbe presto diventato suo genero, riempì il vuoto, avanzando delicato e facendo un inchino che lo era ancora di più.

“Vostra maestà,” disse. “Perdonatemi, ma data l’irrequietezza dei preparativi del matrimonio, la mia famiglia sente che dovrei avanzare una o due… richieste.”

La sua famiglia, o meglio il Duca Viris, era ancora sorridente lì in piedi sullo sfondo, calmo come un airone che, appollaiato sopra a un fiume, attende trepidante la sua preda. Era il classico uomo che non appare mai come il diretto responsabile di qualcosa, ma sembra semplicemente trovarsi nei pressi per caso, appena fuori dall’attribuzione di una qualsiasi colpa.

“Quali richieste?” domandò Godwin.

Finnal avanzò per porgergli una pergamena arrotolata. Anche quella mossa era studiata a tavolino, perché significava che non avrebbe dovuto leggere ad alta voce le pretese contenute in quel rotolo.

Erano pretese; molto sottili, ma pur sempre pretese. Se prima le terre offerte come dote avevano escluso qualche villaggio, adesso, la versione rivista suggeriva di includerlo. C’erano più soldi, certo, perché era inevitabile, ma l’aumento reale era nascosto, distribuito su una nave da pesca aggiuntiva qui, una decima da un mulino lì. Nessuna appariva eccessiva e Godwin, nonostante fosse indignato in modo lampante, sarebbe forse sembrato un avaro; tuttavia, se sommate insieme, l’incremento era considerevole.

“Questo non è quanto hanno già accordato le nostre famiglie,” evidenziò.

Finnal offrì un altro di quei suoi eleganti inchini. “Mio padre crede fortemente che un accordo possa sempre essere… rinegoziato. Inoltre, altre circostanze sono venute alla luce nel frattempo, mio Re.”

“Quali?” chiese Godwin.

“Il rischio che rappresenta la presenza della malattia a squame all’interno di una famiglia rende molto difficile contrarre matrimonio,” disse Finnal. Suonava dispiaciuto al riguardo, ma Godwin non credette a quel tono neanche per un attimo. Era per questo che suo padre era stato lì immobile mentre un altro nobile aveva sollevato il problema della malattia di Nerra? Per una rinegoziazione?

Godwin si alzò di scatto dal trono, in un impeto di rabbia. Non era certo di cosa avrebbe detto adesso, di cosa avrebbe fatto, ma non ebbe modo di scoprirlo perché in quel momento le porte della grande sala si spalancarono violente, lasciando entrare una guardia che sembrava sorreggere una donna di servizio. Godwin di solito non prestava tutta quell’attenzione alle singole domestiche, ma era certo che quella in particolare fosse partita in viaggio con Lenore, pochi giorni prima.

Vederla lì bastò a farlo fermare in modo brusco e una fredda mano di terrore gli si avvolse attorno al cuore, dove prima c’era stato solo il calore della rabbia.

“Vostra maestà,” gridò la guardia. “Vostra maestà, c’è stato un attacco!”

Passò un secondo prima che Godwin riuscisse persino a parlare; era così sopraffatto dalla paura.

“Che genere di attacco? Cos’è successo?” domandò e osservò la giovane donna laggiù, che sembrava a malapena in grado a tenersi in piedi.

“Noi… noi eravamo…” Scosse la testa, come non riuscisse neanche a raccontarlo. “C’era una locanda… c’erano delle persone all’interno. Erano gli uomini di Re Ravin…”

La paura venne rimpiazzata dall’orrore a quel punto.

“Lenore, dov’è? Dov’è lei?” domandò.

“L’hanno presa,” disse la domestica. “Hanno ucciso le guardie, ci hanno prese e hanno…” La pausa raccontò a Godwin tutto ciò che doveva sapere. “Hanno lasciato andare alcune di noi, volevano che ve lo dicessimo.”

“E Lenore?” chiese Godwin. “Che hanno fatto a mia figlia?”

“L’hanno tenuta con loro,” rispose la giovane donna. “Hanno detto che l’avrebbero portata a sud, al di là del ponte. Vogliono darla a Re Ravin.”

In quel momento, non importava nient’altro; non importavano le reazioni eccessive di suo figlio, né le pretese del suo futuro genero. Tutto ciò che importava era il pensiero che un’altra delle sue figlie era in pericolo, e questa volta non l’avrebbe delusa, non avrebbe ripetuto quanto aveva fatto a Nerra.

“Convocate i miei cavalieri!” gridò. “Portate il messaggio ai Cavalieri dello Sperone. Avvisate le mie guardie. Voglio tutti gli uomini che abbiamo radunati insieme! Perché restate lì fermi? Muovetevi!”

Attorno a lui, guardie e domestici si misero in moto, alcuni correndo per recapitare il messaggio, altri affrettandosi per andare a prendere le armi. Da parte sua, Godwin uscì a grandi passi dalla sala, attraversando il castello, incurante di quanti lo stessero seguendo. Corse giù per una scala a spirale, con i piedi che rimbalzavano sulla pietra usurata. Superò corridoi tappezzati e passaggi i cui pavimenti piastrellati erano stati consumati dal viavai di generazioni. Scese fino all’armeria, dove un’imponente porta di ottone solido si ergeva fra il mondo e le armi che custodiva il castello, le opere più raffinate che aveva prodotto la Casa delle Armi. Le guardie laggiù si fecero da parte per lasciarlo passare.

La sua armatura giaceva sul supporto, il pettorale smussato dagli anni e le gambiere lavorate con decorazioni intrecciate. Di norma, Godwin avrebbe aspettato che un paggio lo aiutasse, ma adesso se la gettò addosso, allacciando le fibbie e legando i lacci. Sapeva che avrebbe dovuto raggiungere gli alloggi della regina per mettarla al corrente che un’altra delle sue figlie era in pericolo. Tuttavia, in quel momento, Godwin poteva sconfiggere mille eserciti, ma non poteva affrontare un compito come quello.

Ciò che stava per sostenere era già abbastanza brutto. Lenore era in pericolo, era probabile che avesse subito cose orribili che andavano quasi oltre all’immaginazione. Anche con tutti i suoi soldati, Godwin non sapeva se avrebbero fatto in tempo a recuperarla né quali nemici avrebbero dovuto fronteggiare nel tentativo. Tutto ciò che sapeva era che non poteva sopportare di perdere un’altra figlia, non adesso.

“La riporterò indietro,” disse ad alta voce. “A qualsiasi costo, riporterò indietro mia figlia.”