Desiderata

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Aus der Reihe: Appunti di un Vampiro #5
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La loro casa.

Caitlin non era mai stata così felice.

CAPITOLO CINQUE

Sam faticava a star dietro a Polly, mentre lei camminava. La ragazza parlava in modo incredibilmente veloce, e non sembrava mai smettere, passando da un argomento all'altro con una rapidità che sembrava impossibile. Lui era ancora scombussolato a causa del viaggio nel tempo, di quel nuovo posto — aveva bisogno di elaborare il tutto.

Ma stavano camminano già da quasi mezz'ora – anzi per la verità lui stava inciampando nei rami seguendola attraverso la foresta al suo passo svelto - e lei non aveva smesso un attimo di parlare. Sam era riuscito a malapena a dire qualche parola. Lei andò avanti, parlando del “palazzo” e della “corte”, dei membri del suo covo e di un imminente concerto e di un uomo di nome Aiden. Non aveva alcuna idea di chi lei stesse parlando, o perché lo avesse cercato — o persino dove lei lo stesse portando. Era determinato ad ottenere alcune risposte.

“…naturalmente, non è esattamente un ballo,” Polly stava dicendo, “ma dopotutto, sarà un evento incredibile, ma non sono ancora sicuro di che cosa indossare. Ci sono così tante possibilità ma non so che cosa sia appropriato per un evento formale come questo”.

“Per favore!” sbottò Sam, mentre lei saltellava allegramente per la foresta, “Mi spiace interromperti, ma ho delle domande da farti. Ti prego. Ho bisogno di risposte.”

Finalmente, Polly smise di parlare e Sam sospirò di sollievo. Lei guardò quasi meravigliata, come se non si fosse resa conto di aver parlato per tutto il tempo.

“Allora devi solo chiedere!” rispose allegramente. E poi, senza dargli il tempo di riordinare le idee, aggiunse impaziente: “Allora, di che cosa si tratta?”

“Hai detto che sei stata mandata a prendermi,” Sam disse. “Da chi?”

“E' una domanda semplice,” lei disse, “Aiden.”

“E chi è?” Sam chiese.

Lei si fece scappare un risolino “Accidenti, hai molto da imparare, non è vero? E' solo il mentore del nostro covo da migliaia di anni. Non sono certa del motivo per cui sia interessato a te, o perché mi abbia mandato, in una giornata così bella, ad attraversare tutta la foresta per venirti a prendere. Per quanto mi riguarda, avresti potuto arrangiarti da solo, alla fine. Per non dire, che avevo mille cose da fare oggi, incluso cercare un nuovo abito e—”

“Ti prego,” Sam disse, provando ad aggrapparsi al suo pensiero, prima di perderlo ancora una volta. “Apprezzo davvero che tu sia venuta da me, e non intendo essere irrispettoso,” lui disse, “ma, ovunque stiamo andando, non ho davvero tempo. Capisci, sono venuto qui, indietro nel tempo e nello spazio, per una ragione. Devo aiutare mia sorella. Devo trovarla — e non ho tempo per questi viaggi secondari.”

“Vedi, in realtà, non lo definirei proprio un viaggio secondario” ribattè Polly. “Aiden è solo l'uomo più apprezzato di tutta la corte. Se è interessato a te, allora non è una perdita di tempo” osservò. “E chiunque tu abbia bisogno di trovare, se qualcuno può indicarti la via, allora quello è lui.”

“Dunque, dov'è che stiamo andando, esattamente? E quanto dista da qui?”

Lei fece diversi altri passi attraverso la foresta, e lui si affrettò per starle dietro, chiedendosi se gli avrebbe mai risposto, se gli avrebbe mai dato una risposta chiara — quando, in quel preciso momento, la foresta si aprì improvvisamente.

La ragazza si fermò, e Sam accanto a lei, basito.

Davanti a loro vi era un immenso campo aperto, che conduceva, in lontananza, fino a degli splendidi giardini all'italiana, in cui l'erba era tagliata in forme elaborate di varie grandezze. Era bello, come un'opera d'arte vivente.

Ma ancora più sorprendente era quel che si intravedeva oltre i giardini: un palazzo, più grande di ogni edificio che Sam avesse mai visto nella sua vita. Interamente costruito in marmo, si estendeva per quanto lui poteva vedere in ogni direzione. Aveva uno stile classico, con dozzine di enormi finestre, e una grossa scalinata marmorea che conduceva alla sua entrata. Sapeva di aver visto delle fotografie di quell'edificio da qualche parte, ma non riusciva a ricordare che cosa fosse.

“Versailles,” Polly disse, fornendogli la risposta, come se gli avesse letto la mente.

Lui la guardò, e lei gli sorrise.

“E' dove viviamo. Sei in Francia. Nel 1789. E sono sicura che Aiden ti accoglierà in mezzo a noi, sempre che Maria lo permetta.”

Sam la guardò, con aria interrogativa.

“Maria?” le chiese.

Il suo sorriso si allargo e scosse la testa. Si voltò e saltellò per il campo, diretta al palazzo. Frattanto, ribattè:

“Perché, Maria Antonietta, naturalmente!”

*

Sam camminò al fianco di Polly, fino all'immensa scalinata marmorea, diretti verso le porte d'entrata del palazzo. Man mano che si avvicinavano, Sam notava sempre nuovi particolari. La magnificenza e le proporzioni di quel palazzo erano incredibili. Tutto intorno a lui, in ogni direzione, c'erano persone che credeva facessero parte della corte reale, con alcuni degli abiti più belli che avesse mai visto. Non riusciva a credere di trovarsi davvero in quel posto. Se qualcuno gli avesse detto che stava sognando, gli avrebbe creduto. Non era mai stato in presenza di un re prima di allora.

Naturalmente Polly non aveva smesso di parlare e Sam si costrinse a concentrarsi su quello che stava dicendo. Apprezzava che gli stesse intorno, gli piaceva la sua compagnia, sebbene prestarle attenzione fosse davvero difficile. La trovava anche carina. Ma c'era qualcosa in lei che lo rendeva incerto: non capiva se fosse attratto da lei o se gli piacesse soltanto come amica. Con le sue ex, era stata passione a prima vista. Con Polly, era più come una sorta di cameratismo.

“Vedi, la famiglia reale vive qui,” Polly disse, “ma anche noi viviamo qui. Ci vogliono qui. Dopotutto, siamo la miglior protezione che hanno. Viviamo insieme in quella che potresti definire un'amichevole armonia. Serve ad entrambi. Con questa enorme foresta, possiamo cacciare illimitatamente, un gran posto in cui vivere, e un'ottima compagnia. E, in cambio, collaboriamo nella protezione della famiglia reale. Senza contare che alcuni di loro sono dei nostri, comunque.”

Sam la guardò, sopreso.

“Maria Antonietta?” le chiese.

Polly annuì leggermente, come se provasse a mantenere un segreto, ma non ne fosse in grado.

“Ma non dirlo a nessuno,” sussurrò. “E anche qualcun altro. Ma la maggior parte dei reali è umana. Vogliono stare in mezzo a noi. Ma ci sono delle regole strette qui, e non è consentito. Siamo noi e loro, e non è permesso superare il confine. Ci sono alcuni membri della famiglia reale che non vogliono che abbiamo troppo potere. E anche Maria insiste su questo”.

“Ad ogni modo, questo è proprio un posto favoloso. Non posso immaginare che tutto questo finisca. Ci sono feste dopo feste, balli infiniti, danze, concerti …. Ci sarà l'evento più incredibile di tutti questa settimana. Un'opera, in realtà. Ho già scelto che cosa indossare.”

Appena si avvicinarono alle porte, diversi servi si precipitarono ad aprile. Le porte dorate erano imponenti, e Sam le guardò, stupito, mentre varcava la soglia.

Polly si incamminò per un enorme corridoio in marmo, come se lei stessa fosse la padrona del palazzo, e Sam si affrettò a tenere il passo. Mentre avanzano, Sam si guardava intorno, stupito da tutta quella opulenza. Percorsero infiniti corridoi pavimentati in marmo, con enormi candelabri appesi al soffitto, che illuminavano dozzine di specchi dorati. La luce del sole filtrava e si spingeva in ogni direzione.

Passarono di porta in porta, e, infine, entrarono in un enorme salotto, fatto anch'esso di marmo, con colonne tutte intorno ad esso. Diverse guardie si misero sull'attenti appena Polly entrò.

Polly scoppiò a ridere, senza dar segno di averlo notato. “Veniamo anche per allenarci qui,” disse. “Le loro attrezzature sono le migliori. Aiden ci costringe ad un programma duro. Sono sorpresa che mi abbia permesso di saltarlo per venire da te. Devi essere molto importante.”

“Allora dov'è?” Sam chiese. “Quando potrò incontrarlo?”

“Accidenti, sei impaziente, non è così? E' un uomo molto impegnato. Potrebbe decidere di incontrarti tra un po' di tempo. O potrebbe decidere di farlo subito. Non preoccuparti, saprai quando intenderà incontrarti. Dai tempo al tempo. Nel frattempo, mi è stato chiesto di mostrarti la tua camera.”

“La mia camera?” Sam chiese, sorpreso. “Aspetta un attimo. Non ho detto che posso restare qui. Come ho detto, devo davvero trovare mia sorella,” Sam cominciò a protestare quando un'enorme serie di doppie porte si aprì dinnanzi a loro.

Un gruppo di cortigiani entrò all'improvviso, raccolto intorno ad una donna che trasportavano su un trono reale.

Lo poggiarono a terra; appena lo fecero, Polly s'inchinò, indicando a Sam di fare lo stesso. Lui obbedì.

Una donna, e poteva trattarsi solo di Maria Antonietta, scese dal trono lentamente, facendo diversi passi verso di loro, e si fermò proprio davanti a Sam, facendogli cenno di alzarsi. Lui, di nuovo, obbedì.

La regina guardò Sam dall'alto in basso, come se fosse un oggetto interessante.

“Allora, tu sei il nuovo ragazzo,” lei disse, impassibile. I suoi occhi verdi bruciavano con un'intensità che lui non aveva mai visto, e potè, tuttavia, percepire che lei apparteneva alla sua stessa specie.

Infine, dopo quella che sembrò un'eternità, lei annuì. “Interessante.”

Ciò detto, passò dritta davanti a loro, e il suo entourage la seguì rapidamente.

 

Ma una ragazza si attardò; chiaramente, faceva parte della corte. Sembrava avere circa 17 anni, ed indossava un abito blu in velluto, dalla testa ai piedi. Aveva la pelle più bella che Sam avesse mai visto, lunghi e ricci capelli biondi e profondi occhi del colore del mare. Li fissò dritti su Sam, che ricambiò.

Lui si sentì indifeso davanti al suo sguardo, incapace di guardare altrove.

Era la ragazza più bella che avesse mai visto.

Dopo svariati secondi, lei fece un passo in avanti, e lo guardò negli occhi ancor più profondamente. Gli porse la mano, con il palmo verso il basso, chiaramente aspettandosi che lui la baciasse. Si muoveva lentamente, con una posa orgogliosa.

Sam le prese la mano e fu elettrizzato al tocco della sua pelle. Tenne ferme le dita di lei e le baciò.

“Polly?” la ragazza disse. “Non vuoi presentarci?”

Non era una domanda. Era un ordine.

Polly si schiarì la gola, con riluttanza.

“Kendra, Sam,” lei disse. “Sam, Kendra.”

Kendra, Sam pensò, guardandola negli occhi, sorpreso da come lo guardasse aggressivamente, come se lui fosse già una sua proprietà.

“Sam,” lei echeggiò, sorridendo. “Un po' semplice. Ma mi piace.”

CAPITOLO SEI

Kyle sfasciò il sarcofago di pietra con un singolo pugno. Lo distrusse in un milione di pezzi, e uscì fuori dalla tomba, in piedi e pronto ad entrare in azione.

Girovagò e si guardò intorno, pronto a combattere contro chiunque si avvicinasse. Infatti, sperava proprio che qualcuno gli si avvicinasse per sfidarlo. Questo viaggio nel tempo era stato particolarmente noioso, ed era pronto a scatenare la sua rabbia su qualcuno.

Ma, guardandosi intorno rimase deluso accorgendosi che la stanza era vuota. C'era soltanto lui.

Lentamente, la sua rabbia cominciò a scemare. Almeno, era finito nel posto giusto, e poteva già percepire che era l'epoca giusta. Sapeva di essere molto più esperto nei viaggi nel tempo rispetto a Caitlin: perciò era in grado di riapparire nel luogo e nel tempo voluto, in modo più specifico. Si guardò intorno, e con grande soddisfazione, comprese di essere finito esattamente dove intendeva essere: Les Invalides.

Les Invalides era un luogo che aveva sempre amato, che era sempre stato importante per i più malvagi della sua specie. Era un mausoleo, con profondi sotterranei, costruito in marmo; era adornato splendidamente, con i sarcofagi allineati lungo le pareti. L'edificio aveva una forma cilindrica ed un soffitto alto decine di metri, che culminava in una cupola. Era un luogo austero, il perfetto luogo di riposo per tutti i soldati d'elite di Francia. Era anche il sito, Kyle lo sapeva, in cui un giorno Napoleone sarebbe stato sepolto.

Ma non ancora. Era solo il 1789, e Napoleone, quel piccolo bastardo, era ancora vivo. Uno dei vampiri preferiti di Kyle. Doveva avere circa 20 anni ora, pensò Kyle, ed era ancora in procinto di iniziare la sua carriera. Non sarebbe stato sepolto in quel luogo se non dopo diversi anni. Naturalmente, essendo della sua razza, la sepoltura di Napoleone era solo uno stratagemma, soltanto un modo per lasciare che le masse di umani pensassero che fosse uno di loro.

Kyle sorrise a quel pensiero. Eccolo lì, il luogo delle spoglie mortali di Napoleone, prima che Napoleone fosse ancora “morto”. Avrebbe atteso di rivederlo di nuovo, per rammentare i vecchi tempi. Dopotutto, lui era una delle poche persone della sua specie, che Kyle quasi rispettava. Ma era anche un arrogante piccolo bastardo. Kyle avrebbe voluto prenderlo a schiaffi.

Camminò lentamente lungo il pavimento di marmo, ed i suoi passi riecheggiarono nel silenzio mentre si guardava intorno. Aveva avuto giorni migliori. Aveva perso un occhio a causa di quell'orribile ragazzino, il figlio di Caleb, e il suo volto era ancora sfigurato per la punizione subita da Rexius, quando era a New York. E, come se non bastasse, ora aveva un'enorme ferita alla guancia, a causa della lancia che Sam gli aveva scagliato contro al Colosseo. Era un rottame, lo sapeva.

Ma, in un certo senso, questo gli piaceva. Era un sopravvissuto. Era vivo, e nessuno era stato in grado di fermarlo. Ed era più furioso che mai. Non solo era determinato a impedire a Caitlin e Caleb di trovare lo Scudo, ma ora era determinato a farla pagare ad entrambi. A farli soffrire, proprio come lui aveva sofferto. Anche Sam era sulla sua lista. Tutti e tre — li avrebbe fermati ad ogni costo, fino a quando non avesse torturato ognuno di loro lentamente.

Con pochi balzi, Kyle raggiunse la sommità della scalinata in marmo, e salì al livello superiore della tomba. Ci girò intorno, camminando fino alla fine della cappella, sotto all'enorme cupola, e raggiunse l'altare. Tastò la sua parete calcarea, cercando.

Infine, trovò quello che cercava. Spinse un chiavistello nascosto, e si aprì uno scompartimento segreto. Allungò la mano e ne estrasse una lunga spada d'argento, la cui impugnatura era ricoperta di pietre preziose. La sollevò verso la luce, e la studiò con soddisfazione. Era proprio come la ricordava.

Se la infilò dietro la schiena, si voltò e si diresse verso il corridoio, raggiungendo la porta d'ingresso. Caricò il colpo e, con un forte calcio, abbattè la grande porta in quercia scardinandola; un boato riecheggiò in tutto l'edificio vuoto. Kyle ne fu soddisfatto: aveva avuto conferma di aver recuperato tutta la sua forza.

Uscito all'aperto, vide che era ancora notte, e si rilassò. Se avesse voluto, avrebbe potuto volare per tutta la notte, dirigendosi verso il proprio obbiettivo—ma intendeva godersi il momento. La Parigi del 1789 era un luogo speciale. Lo ricordava bene, era piena di prostitute, alcolizzati, scommettitori, criminali. Nonostante i monumenti e l'eleganza della superficie, lì viveva un immenso sottobosco. Lui l'amava. La città aspettava solo di essere dominata da lui.

Kyle restò immobile, ad occhi chiusi, intento ad ascoltare ed a raccogliere informazioni. Riusciva a sentire fortemente la presenza di Caitlin in quella città. E quella di Caleb. Di Sam non si sentiva sicuro, ma sapeva che almeno i due c'erano. Questo andava bene. Ora, non gli restava che trovarli. Li avrebbe colti di sorpresa, e, immaginò, li avrebbe uccisi entrambi abbastanza facilmente. Parigi era proprio un luogo adatto. Non aveva un grande Consiglio di vampiri, come a Roma, a cui doveva rispondere. Ancor meglio, lì dimorava un potente covo malvagio, gestito da Napoleone. E Napoleone era in debito con lui.

Kyle decise che il suo primo compito era quello di localizzare il nanetto e indurlo a pagare il debito. Avrebbe assoldato tutti gli uomini di Napoleone per fare tutto quanto ritenuto necessario a trovare Caitlin e Caleb. Sapeva che gli uomini di Napoleone sarebbero stati utili, se lui ne avesse avuto bisogno. Stavolta, non avrebbe lasciato nulla al caso.

Ma aveva ancora tempo. Per prima cosa, si sarebbe potuto nutrire, ed avrebbe messo i piedi saldamente a terra. Inoltre, il suo piano era già in atto. Prima di lasciare Roma, aveva rintracciato il suo vecchio tirapiedi Sergei, e lo aveva spedito indietro nel tempo lì, dov'era lui. Se tutto fosse andato come aveva progettato, Sergei era già lì, e stava già lavorando proprio per eseguire la sua missione, infiltrandosi nel covo di Aiden. Kyle allargò il suo sorriso. Non c'era nulla che amasse di più di un traditore, di una piccola donnola come Sergei. Era diventato più che un utile piccolo burattino.

Kyle saltellò come uno scolaro, allegro, pronto a piombare dritto in città, e a prendere tutto quello che voleva.

Non appena Kyle si avviò per la via più vicina, un artista di strada gli si accostò, tenendo in mano una tela e un pennello, chiedendo a Kyle il permesso di ritrarlo. Se c'era qualcosa che Kyle odiava era qualcuno che intendesse fargli un ritratto. Nonostante ciò, era di buon uomore, e decide di lasciar vivere l'uomo.

Ma l'uomo cominciò ad insistere, seguendo Kyle aggressivamente, spingendo la sua tela verso di lui: era andato un po' troppo oltre. Kyle si voltò, afferrò il suo pennello, e glielo affondò proprio in mezzo agli occhi. Un istante dopo, l'uomo piombò a terra privo di vita.

Kyle prese la tela e la spaccò sopra il cadavere.

Poi proseguì, soddisfatto di sé. La notte si stava rivelando sempre più grandiosa.

Appena svoltò in un vicolo in ghiaia, diretto al distretto che ricordava, tutto cominciò a tornargli familiare. Diverse prostitute occupavano la strada, chiamandolo. Allo stesso tempo, due grossi uomini erano fuori ad un bar, chiaramente ubriachi, e urtarono brutalmente Kyle, senza guardare dove stessero andando.

“Hey, tu idiota!” uno di loro gli gridò contro.

L'altro si voltò verso Kyle. “Hey, uomo dall'occhio solo!” gridò. “Guarda dove vai!”

Il grosso uomo si fece avanti, spintonando brutalmente Kyle al petto.

Ma i suoi occhi si spalancarono per la sorpresa, quando si accorse che la sua spinta non aveva sortito alcun risultato. Kyle non si era affatto mosso; era stato come colpire una parete di pietra.

Kyle scosse lentamente il capo, meravigliato dalla stupidità di quei due energumeni. Prima che potessero reagire, impugnò la spada appesa sulla schiena, la estrasse con un rumore metallico e, con una sola mossa, li decapitò entrambi in una frazione di secondo.

Osservò con soddisfazione le teste mozzate rotolare via, mentre entrambi i corpi piombavano al suolo. Rimise a posto la spada, e si chinò, afferrando un cadavere decapitato. Poi, infilò i suoi canini nel collo aperto, e bevve con avidità, mentre il sangue schizzava.

Kyle poteva sentire le grida delle prostitute, che avevano visto quanto era appena accaduto. Mentre bevava, udì il suono di porte che sbattevano, e di persiane che si chiudevano.

L'intera città aveva già paura di lui, si rese conto.

Bene, pensò. Questo era il tipo di benvenuto che amava.

CAPITOLO SETTE

Caitlin e Caleb volarono lontano da Parigi, sopra la campagna francese alle prime luci del mattino: lei era aggrappata saldamente alla sua schiena, mentre attraversavano l'aria. Ora si sentiva più forte e sapeva che, se avesse voluto, avrebbe potuto volare. Ma non intendeva staccarsi da lui. Amava sentire il suo corpo. Voleva solo stringersi a lui, sentire come sarebbe stato stare di nuovo insieme. Sapeva che era folle, ma dopo essere stati separati per così tanto tempo, temeva che se lo avesse lasciato andare, sarebbe volato via per sempre.

Sotto di loro, il paesaggio continuava a cambiare. Rapidamente la città lasciò il posto ad una folta foresta, estesa in un paesaggio collinare. Nei dintorni della città si notavano case isolate, fattorie. Ma più si allontanavano, e più la terra si apriva. Sorvolarono campo dopo campo, prati, qua e là una fattoria, pecore al pascolo. Il fumo usciva dai comignoli, e lei si chiese che cosa stessero cucinando quelle persone. Le corde stendipanni erano stese sui prati rasati, le lenzuola asciugavano al sole. Era una scena idilliaca, e la temperatura di luglio era scesa abbastanza da rinfrescare l'aria, specialmente a quell'altezza.

Dopo ore di volo, svoltarono e il nuovo paesaggio lasciò Caitlin senza fiato: lì, all'orizzonte, c'era un mare luccicante, di un blu acceso, con le onde che s'infrangevano sulla sterminata battigia. Quando si fecero più vicini, notarono le colline che si innalzano proprio lungo la costa.

Arroccato tra le colline, circondato dall'erba alta, Caitlin vide un singolo edificio ergersi contro l'orizzonte. Era un glorioso castello medievale, tutto in antica pietra calcarea, decorato da elaborate sculture e gargoyle. Costruito sulla sommità della collina, sovrastava il mare, e circondato da prati punteggiati da fiori di campo, in ogni direzione. Era bello da mozzare il fiato e a Caitlin sembrava di essere all'interno di una cartolina.

Il cuore di Caitlin batteva con eccitazione, mentre si chiedeva, mentre sperava … che fosse la casa di Caleb. In qualche modo, sentiva che lo era.

“Sì,” lui gridò, oltre il vento, leggendole la mente, come sempre. “E' questo.”

Il cuore di Caitlin quasi esplose di gioia. Era così eccitata, e si sentì così forte, pronta a volare da sola.

Improvvisamente si staccò dalla schiena di Caleb, e balzò volando nell'aria. Per un momento, fu terrorizzata, chiedendosi se le sue ali si sarebbero aperte. Un istante dopo, lo fecero, sostenendola nell'aria.

In quel momento, ricordò d'improvviso quanto amasse quella sensazione. Era grandioso riavere le sue ali, essere indipendente. Lei andò su e giù in picchiata, vicino a Caleb, che le sorrise. Volarono entrambi in picchiata, poi tornarono su, incrociandosi ripetutamente, con le punte delle loro ali che a volte si toccavano.

 

Come una cosa sola, volarono insieme in picchiata, avvicinandosi di più al castello. Sembrava antico; appariva consumato, ma non in modo negativo. A Caitlin già sembrava una casa.

Quando lei osservò tutto quanto intorno - il paesaggio, le colline, l'oceano in lontananza - per la prima volta, da quando aveva ricordi, avvertì un senso di pace. Finalmente, sentì di trovarsi a casa. Visualizzò la sua vita insieme a Caleb lì, immaginò persino di cominciare una famiglia assieme, se fosse stato possibile. Sarebbe stata felice di vivere i suoi giorni lì con lui— e finalmente non vedeva nulla che li ostacolasse.

*

Caitlin e Caleb atterrarono insieme di fronte al suo castello; lui le prese la mano e la condusse alla porta d'entrata. La porta in quercia era coperta da uno spesso strato di polvere e sale marino, e chiaramente non veniva aperta da anni. Lui provò la maniglia. Era chiusa.

“Sono trascorse centinaia di anni,” lui disse. “Sono piacevolmente sorpreso di vedere che è ancora qui, che non è stato danneggiato—che è persino ancora sigillato. C'era una chiave…”

Si avvicinò, tastando al di sopra del telaio, e sentì la fessura dietro l'arco in pietra. Fece scorrere le dita su e giù, e infine si fermò, estraendo una lunga chiave d'argento.

La introdusse senza difficoltà nella serratura. La girò con un clic.

Si voltò e le sorrise, entrando all'interno dell'edificio. “Fai tu gli onori,” le disse.

Caitlin spinse la pesante porta medievale e questa si aprì lentamente, cigolando; sale incrostato cadde a blocchi.

Entrarono insieme. L'ingresso era buio e ricoperto di ragnatele. L'aria era stantia e malsana; sembrava che nessuno ci entrasse da secoli. Lei guardò in alto, in direzione delle alte pareti in pietra ad arco, e poi abbassò gli occhi sul pavimento in pietra. C'erano strati di polvere ovunque, incluse le vetrate, che limitavano molto l'ingresso della luce, facendo sembrare il tutto più buio di quanto in realtà fosse.

“Da questa parte,” Caleb disse.

Lui le prese la mano e la condusse lungo un corridoio stretto, che portava ad una grande sala, con alte finestre ad arco su entrambi i lati. Era molto più illuminato lì, persino con la polvere. C'erano anche dei mobili lì: un lungo tavolo medievale in quercia, circondato da elaborate sedie in legno. Al suo centro, c'era un'enorme cornice del camino, uno dei più grossi camini che Caitlin avesse mai visto. Era incredibile. A Caitlin sembrò di essere finita di nuovo nei Chiostri.

“Fu costruito nel secolo XII,” lui disse, guardandosi intorno. “Allora, questo era lo stile.”

“Vivevi qui?” Caitlin chiese.

Lui annuì.

“Per quanto tempo?”

Lui pensò. “Non più di un secolo,” le rispose. “Forse due.”

Caitlin si meravigliò, ancora una volta, al pensiero di quanto valesse il tempo nel mondo dei vampiri.

Improvvisamente, però, lei si preoccupò, per qualcos'altro: aveva vissuto lì con un'altra donna?

Ebbe paura di chiedere.

Lui improvvisamente si voltò e la guardò.

“No, non l'ho fatto,” lui disse. “Ci vivevo da solo. Te lo assicuro. Tu sei la prima donna che porto.”

Caitlin si sentì sollevata, e al contempo imbarazzata perché lui le aveva letto la mente.

“Vieni,” le disse. “Da questa parte.”

La condusse ad una scalinata in pietra a chiocciola, e girarono e rigirarono, per poi arrivare al secondo piano. Quest'ultimo era molto più luminoso, con grandi finestre ad arco che si affacciavano su ogni direzione, consentendo alla luce del sole di filtrare, riflettendo il mare distante. Le stanze lì erano più piccole, più intime. C'erano degli altri camini in marmo, e appena Caitlin girò di stanza in stanza, vide un enorme letto a baldacchino che ne dominava una. Chaise longue e sedie dalla tappezzeria di velluto, erano sparse in tutte le altre stanze, Non c'erano tappeti, ma soltanto un semplice pavimento in pietra. Era molto spoglio. Ma bello.

Lui la guidò attraverso la stanza, per poi superare delle enormi porte in vetro. Erano coperte di così tanta polvere, che lei non si era nemmeno accorta che fossero lì. Lui si avvicinò, mosse con forza la maniglia, e, alla fine, con un colpo ed una nuvola di polvere, si aprirono.

Uscirono all'esterno, su un'enorme terrazza di pietra, incorniciata da un parapetto in pietra scolpita. Insieme, si affacciarono.

Da lì, potevano godere di un'imponente vista dell'intera campagna, dell'oceano. Caitlin sentiva le onde frangersi sulla battigia e l'odore del mare, di cui la fresca brezza era impregnata. Si sentì come in paradiso.

Se Caitlin avesse mai immaginato una casa dei sogni, allora era senz'altro quella. Era polverosa, e aveva bisogno di un tocco femminile, ma Caitlin sapeva che avrebbero potuto sistemarla, riportandola al proprio stadio originario. Lei sentiva che questo era davvero il luogo che avrebbe potuto chiamare casa insieme.

“Stavo pensando a quello che hai detto,” lui disse, “l'intero viaggio fin qui. Costruire una vita insieme. Lo vorrei tantissimo.”

Mise un braccio intorno a lei.

“Vororei che tu vivessi qui con me. Poter ricominciare la nostra vita. Proprio qui. Questo posto è tranquillo e sicuro, e protetto. Nessuno conosce questo posto. Nessuno ci troverà mai qui. Non vedo alcuna ragione, per cui non possiamo vivere la nostra vita al sicuro, come persone normali,” lui disse. “Naturalmente, avrò bisogno di fare un po' di lavoro per migliorarla. Ma io ci sto, se anche tu ci stai.”

Lui si voltò e le sorrise.

Lei rispose al suo sorriso. Non era mai stata così in gioco nella sua vita.

Più di questo, era profondamente toccata dal fatto che lui l'avesse invitata a vivere con lui. Nulla contava di più per lei. La verità era, che avrebbe dovuto vivere con lui, in ogni caso, anche se fosse stato solo un capanno nella foresta.

“Mi piacerebbe da morire,” lei rispose. “Voglio solo stare con te.”

Il cuore le batteva fortissimo, mentre si baciavano, il suono delle onde in sottofondo, la brezza dell'oceano sopra di loro.

Finalmente, ogni cosa era di nuovo perfetta, nel mondo di Caitlin.

*

Caitlin non era mai stata così felice, mentre vagava nella casa, passando di stanza in stanza, con una salvietta per lavarsi. Caleb era uscito a caccia, eccitato di portare loro la cena. Lei era elettrizzata, perché questo le dava del tempo da sola, di camminare nella casa, di assimilare tutto, da sola, e di guardarla con un occhio femminile, per rendersi conto di come metterla a posto, rendendola una vera casa per loro due.

Entrò nelle stanze, aprendo le finestre, lasciando entrare l'aria dell'oceano. Trovò un secchio ed uno straccio, e si recò al ruscello che vide scorrere nel cortile posteriore, e tornò con un secchio traboccante di acqua. Poi, immerse lo straccio nel ruscello, fino a quando non divenne più pulito possibile. Trovò una grossa cassa su cui appoggiarsi, e appena aprì ogni singola enorme finestra medievale, salì sopra la cassa, e pulì ogni vetro. C'erano poche finestre che erano semplicemente troppo in alto per lei, e, per queste, mise in moto le sue ali, fluttuando nell'aria, e volteggiando davanti alle finestre, lavandole.

Fu stupita dell'immediata differenza che fece. Dal buio alla luce, il passaggio cambiò completamente la stanza. Dovevano esserci centinaia di anni di sporco incrostato e sale su entrambi i lati del vetro. Infatti, persino aprire soltanto ogni singola finestra era una vera impresa, e le occorse tutta la sua forza per liberarla da sporcizia e detriti.

Caitlin guardò attentamente e restò colpita dall'abilità artistica in cui ogni ogni finestra era stata realizzata. Ogni vetro era spesso diversi centimetri, ed era realizzato in uno dei modi più belli che avesse mai visto. Alcuni dei vetri erano macchiati, altri no, ed altri ancora avevano la più leggera tinta di colore. Appena lei ripuliva i vetri, poteva quasi percepire la gratitudine della casa, mentre lentamente, centimetro per centimetro, tornava alla vita.