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Il giuoco delle parti

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Personaggi

Leone Gala

Silia, sua moglie

Guido Venanzi

Il dottor Spiga

Filippo, detto Socrate, servo di Leone Gala

Barelli

Il marchesino MIGLIORITI

Primo signore ubriaco

Secondo signore ubriaco

Terzo signore ubriaco

Clara, cameriera di Silia

Signori e Signore dei piani di sotto e di sopra

In una città qualunque. Oggi.

ATTO PRIMO

Salotto in casa di Silia Gala, bizzarramente addobbato. In fondo, grande porta vetrata olandese, di vetri rossi scompartiti su intelajatura bianca che s’apre su due bande, scorrendo di qua e di là entro la parete. Aperta, lascia scorgere di là il salotto da pranzo. – La comune è nella parete sinistra, dove è anche una finestra. Nella parete di destra é un camino; sulla mensola di esso, un orologio di bronzo. Presso il camino, un uscio.

Scena prima

Silia Gala, Guido Venanzi.

Al levarsi della tela, la vetrata in fondo è aperta. Guido Venanzi, in abito da sera, è nel salotto da pranzo, in piedi presso la tavola, su cui si scorge una rosoliera d’argento con varie bottiglie entro gli anelli in fila. Silia, in una lieve vestaglia scollata, è nel salotto; quasi aggruppata su una poltrona, assorta.

Guido (offrendo dal salotto da pranzo) “Chartreuse”?

Aspetta la risposta. E poiché Silia non risponde:

“Anisette”?

c.s.

“Cognac”?

c.s.

Insomma? a mio gusto?

Versa un bicchierino d’anisette e viene a porgerlo a Silia.

Ecco

Silia (lo lascia aspettare senza scomporsi dal suo atteggiamento; poi, scrollandosi per il fastidio di vederselo lì accanto con quel bicchierino in mano) Ufff!

Guido (subito, allo sbuffo, bevendo lui d’un tratto il bicchierino e poi inchinandosi) E grazie dell’incomodo! Non ne avevo proprio nessuna voglia, per me.

Va a posare il bicchierino di là – siede – si volta a guardar Silia che s’è ricomposta nel primo atteggiamento, e dice:

Potessi almeno sapere che cos’hai!

Silia Se tu, in questo momento, mi credi qua…

Guido Ah! non sei qua? Sei fuori?

Silia (smaniosamente) Fuori, sì! fuori! fuori!

Guido (piano, dopo una pausa, come a se stesso) E dunque io qua sono solo. Benissimo. Potrei, come un ladro, approfittarmi di quello che vi trovo.

Si alza, finge di cercare intorno, le s’appressa come se non la vedesse; poi, fermandosi, con finta meraviglia:

Oh! guarda… e che cos’è? Il tuo corpo lasciato qua, su questa poltrona? Ah, me lo prendo subito!

Fa per abbracciarla.

Silia (balzando in piedi e respingendolo) Finiscila! T’ho detto no! no! no!

Guido Peccato! Sei già tornata a casa. Ha ragione tuo marito quando dice che il nostro fuori è sempre dentro di noi.

Silia È la quarta o quinta volta, ti faccio osservare, che mi parli di lui, questa sera.

Guido Mi pare che sia l’unico mezzo che riesca a farmi parlare con te.

Silia No, caro: a rèndermiti più insoffribile!

Guido Grazie.

Silia (dopo una lunga pausa, con un sospiro, come se parlasse tanto lontana da sé) Lo vedevo così bene!

Guido Che cosa?

Silia Forse l’ho detto… Ma così preciso… tutto… Con quel sorriso per niente…

Guido Chi?

Silia Mentre faceva… non so… le mani non gliele vedevo… Ma è un mestiere che fanno lì le donne, mentre gli uomini pescano. Vicino l’Islanda, sì… certe isolette.

Guido Ti sognavi… l’Islanda?

Silia Mah!… Vado così… vado così!

muove le dita, per significare, in aria, con la fantasia.

Pausa – poi di nuovo smaniosamente:

Deve finire! deve finire!

Quasi aggressiva:

Capisci che così non può più durare?

Guido Dici per me?

Silia Dico per me!

Guido Già, ma… per te vuol dire per me?

Silia (con fastidio) Oh Dio! Tu vedi sempre piccolo. La tua persona. Te, in ballo. Tutto circoscritto, definito. Per te, scommetto, la geografia è ancora il libro su cui da ragazzo la studiavi.

Guido (stordito) La geografia?

Silia Nomi da imparare a memoria, sì, per la lezione che il professore t’assegnava!

Guido Ah già, che supplizio!

Silia Ma fiumi, montagne, paesi, isole, continenti, ci sono davvero, sai?

Guido Eh… grazie…

Silia Mentre noi siamo qua, in questa stanza – ci sono, e ci si vive!

Guido (come se tutto a un tratto gli si facesse lume) Ah, forse vorresti… viaggiare?

Silia Ecco qua: io… tu… viaggiare… Dico perché tu veda un po’ fuori di te… largo… Tanta vita diversa da questa che io non posso più soffrire, qua. – Sòffoco!

Guido Ma che vita vorresti, scusa?

Silia Non lo so! Una qualunque… non così! Ah Dio, un alito… almeno un alito di speranza, che mi schiudesse appena appena, nell’avvenire, uno spiraglio! Ti giuro che me ne resterei ferma, qua, a respirare soltanto il refrigerio di questa speranza, senza correre ad affacciarmi alla finestra a vedere che cosa c’è di là per me!

Guido Come se fossi in una carcere!

Silia Ma sono, in una carcere!

Guido E chi ti ci tiene?

Silia Tu… tutti… io stessa… questo mio corpo, quando mi dimentico che è di donna, e nossignori, non me ne debbo mai dimenticare, dal modo come tutti mi guardano… come sono fatta… Me ne scordo… chi ci pensa?… guardo… Ed ecco, tutt’a un tratto, certi occhi… Oh Dio! scoppio a ridere, tante volte… Ma già, dico tra me. Davvero, io sono donna, sono donna…

Guido E mi pare, scusa, che non avresti ragione di lagnartene.

Silia Già, perché… piaccio.

Pausa. Poi:

Resterebbe da vedere quanto in questo poi c’entri anche il mio piacere, d’esser donna, quando non vorrei.

Guido (lento, staccato) Come questa sera.

Silia Il gusto, d’esser donna, non l’ho provato mai.

Guido Neanche per far soffrire un uomo?

Silia Ah, forse per questo sì, spesso.

Guido (c.s.) Come questa sera.

Pausa.

Silia (dopo essere rimasta un po’ assorta, con angoscia esasperata) Ma la propria vita… quella che nessuno confida, neanche a se stesso!

Guido Come dici?

Silia Non t’è mai avvenuto di scoprirti improvvisamente in uno specchio, mentre stai vivendo senza pensarti, che la tua stessa immagine ti sembra quella d’un estraneo, che subito ti turba, ti sconcerta, ti guasta tutto, richiamandoti a te, che so, per rialzarti una ciocca di capelli che t’è scivolata sulla fronte?

Guido Ebbene?

Silia Questo maledetto specchio, che sono gli occhi degli altri, e i nostri stessi, quando non ci servono per guardare gli altri, ma per vederci, come ci conviene vivere… come dobbiamo vivere… Io non ne posso più!

Pausa.

Guido (appressandosi) Vuoi che ti dica sinceramente perché tu smanii così?

Silia (pronta, recisa) Perché tu mi stai davanti.

Guido (restando male) Ah, grazie. Allora, me ne vado?

Silia (subito) Faresti bene, faresti bene.

Guido (dolente) Ma perché, Silia?

Silia Perché non voglio che…

Guido (interrompendo) No, dico… mi tratti così male?

Silia Non ti tratto male! Voglio che non ti si veda troppo qua, ecco.

Guido Ma che troppo! Se non vengo quasi mai! Sarà più d’una settimana dall’ultima volta, scusa. Si vede che per te il tempo passa troppo presto.

Silia Presto? un’eternità!

Guido E allora dici che, nella tua vita, io, non ci sono.

Silia (infastidita) Oh Dio, Guido, per carità…

Guido T’ho aspettata ogni giorno! Non ti fai più vedere…

Silia Ma che vuoi vedere! Non vedi come sono?

Guido Perché non sai tu stessa quello che vuoi… e invochi, così, senza saper quale, una speranza che t’apra uno spiraglio nell’avvenire.

Silia Già, perché, secondo te, dovrei andarci con un filo tra le dita, io, verso l’avvenire, a prender le misure: tanto posso volerlo, e di più no: come per i mobili, quando si va in una casa nuova.

Guido Se ti fa piacere credermi un pedante…

Silia Ma sì, caro! Mi sembra uno sbadiglio tutto quello che mi dici.

Guido Grazie.

Silia Vorresti farmi capire che ho avuto tutto quello che potevo volere, e che ora smanio così (lo dici tu) perché vorrei l’impossibile, è vero? Non è saggio. Eh, lo so… Ma che vuoi farci? Voglio l’impossibile!

Guido Ma per esempio?

Silia Per esempio… Ma che ho avuto io, mi sai tu dire che ho avuto, di che dovrei contentarmi?

Guido Ma io non dico neanche contentarti, se non te ne contenti…

Silia E che dici allora?

Guido È questione di misura, contentarsi. Uno si contenta di tanto,

fa segno col pollice sul mignolo.

un altro ha tutto e non se ne contenta.

Silia Io ho tutto?

Guido No… dico…

Silia Spiègati!

Guido Ma spiega tu piuttosto, che altro vorresti?

Silia (come se parlasse lui) Ricca… padrona di me… libera…

A un tratto cangiando e infiammandosi:

Ma non hai ancora capito che questa è stata la sua vendetta?

 

Guido Per causa tua! Perché tu non sai approfittarti della libertà che egli t’ha data —

Silia – di lasciarmi amare da te, o da un altro… di starmene qua, o altrove, libera, liberissima… (c.s.) Ma se non sono mai io!

Guido Come non sei tu?

Silia Io, libera di disporre di me, come se non ci fosse nessuno!

Guido E chi c’è?

Silia Lui! Io vedo sempre lui che me l’ha data, questa libertà, come una cosa da nulla, andandosene a vivere per conto suo, e dopo avermi dimostrato tre anni, che non esiste, questa famosa libertà, perché, comunque possa avvalermene, sarò sempre schiava… anche di quella sua seggiola là, guarda! che mi sta davanti come qualche cosa che vuol essere una sua seggiola, e non una cosa per me, fatta perché io ci segga!

Guido Ma questa è una fissazione, scusa!

Silia Io ho l’incubo di quest’uomo!

Guido Non lo vedi mai!

Silia Ma c’è! c’è! E l’incubo non mi passerà mai, finché so ch’egli c’è! Ah Dio, morisse!

Guido Scusa, non seguita a venire, sì e no, la sera, per una mezz’oretta soltanto?

Silia Non viene neanche più! Mentre è nei patti che deve venire, deve venire da me ogni sera, per mezz’ora. Ogni sera!

Guido E viene difatti. Non sale. Ti fa domandare dalla cameriera se non c’è nulla di nuovo…

Silia Nossignore. Deve salire, deve salire. E deve stare qua, mezz’ora, ogni sera, com’è nei patti.

Guido Scusa… se dici…

Silia Che cosa? Ti sembra un’altra contraddizione?

Guido Hai detto che per te è un incubo!

Silia Ma io dico che ci sia, che viva, questo è l’incubo per me! Non è mica il suo corpo… Che io lo veda, anzi, è meglio. E apposta lui non si fa più vedere, perché lo sa. Mi si presenta… è lì seduto… come un altro… non più brutto, né più bello d’un altro; gli vedo gli occhi, come li ha… che non mi sono mai piaciuti (Dio! odiosi… acuti come due aghi e vani nello stesso tempo), sento il suono della sua voce che mi dà ai nervi… e posso anche godere del fastidio che gli ho cagionato, d’esser salito per nulla.

Guido Non credo.

Silia Che cosa non credi?

Guido Che sia capace di provar fastidio.

Silia Ah, lo sai dire? Ma è questo! Io rimango per ore e ore schiacciata dal pensiero che un uomo come quello può esistere, quasi fuori della vita e come un incubo sulla vita degli altri. Guarda tutti dall’alto, lui, vestito da cuoco, da cuoco, signori miei! Guarda e capisce tutto, punto per punto, ogni mossa, ogni gesto, facendoti prevedere con lo sguardo l’atto che or ora farai, così che tu, sapendolo, non provi più nessun gusto a farlo. M’ha paralizzata, quest’uomo! Io non ho più in me che un pensiero che farnetica di continuo! come levarmelo davanti; come liberarne, non me soltanto, ma tutti.

Guido Oh va’!

Silia Ti giuro!

Si sente picchiare alla comune.