Il Fantasma Di Margaret Houg

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Il Fantasma Di Margaret Houg
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Il fantasma di Margaret Houg

Elton Varfi

2012-2017 © Elton Varfi

Tutti i diritti sono riservati. È vietata ogni riproduzione, anche parziale. Le richieste per la pubblicazione e/o l’utilizzo della presente opera o parte di essa, in un contesto che non sia la sola lettura privata, devono essere inviate a: elton2577@gmail.com

NOTA DELL’AUTORE

Il presente volume è opera di pura fantasia. Ogni riferimento a nomi di persona, luoghi, avvenimenti, fatti storici, siano essi realmente esistiti o esistenti, è da considerarsi puramente casuale e involontario.

Indice generale

  Il fantasma di Margaret Houg

  Capitolo I

  Capitolo II

  Capitolo III

  Capitolo IV

  Capitolo V

  Capitolo VI

  Capitolo VII

  Capitolo VIII

  Capitolo IX

  Capitolo X

  Capitolo XI

  Capitolo XII

  Capitolo XIII

  Capitolo XIV

  Capitolo XV

  Capitolo XVI

  Epilogo

Capitolo I

Quella mattina Ernest si sentiva già stanco e non voleva rispondere al telefono che stava squillando con insistenza. Alla fine si alzò e prese in mano la cornetta. Dall’altra parte del telefono sentì la voce del suo amico Roni che sembrava essere più strana del solito.

Quel giorno sembrava che l’amico fosse partito in quinta ed Ernest non aveva avuto neanche il tempo di dire pronto prima di trovarsi sommerso dalle domande.

“ Ehi, furbacchione! Com’è che non ti sei fatto vivo per una settimana? Non rispondi neanche al telefono! Si vede che non hai più bisogno di soldi! Hai vinto alla lotteria, per caso?”

“ No, Roni, non ho vinto nessuna lotteria e per la verità un po’ di soldi mi farebbero comodo, ma non capisco cosa abbiano in comune i soldi con te,” gli rispose Ernest con ironia.

“ Bell’amico che sei! Io mi faccio in quattro per te e questo è il tuo ringraziamento?”

“ Cosa?” rispose Ernest, che quella frase non riusciva proprio a capirla.

“ Fra mezz’ora sono da te, così ti spiego tutto.” disse Roni, staccando la chiamata.

Ernest rimase con la cornetta in mano e un sorriso sulle labbra che denotava la sua forte perplessità per quell’insolito comportamento dell’amico. In effetti gli faceva piacere vedere Roni che era il suo migliore, e, forse, l’unico amico, ma si sentiva distrutto per la notte precedente; così decise di fare una doccia.

Stranamente era tornato di buon umore, non capiva bene perché. Forse era stata la lunga e rilassante doccia o forse il pensiero dell’arrivo di Roni che riusciva sempre a farlo stare bene. Era l’unico che gli era stato vicino nei momenti difficili, dandogli coraggio e assecondandolo in ogni decisione. Era stato al suo fianco quando aveva abbandonato la Squadra Omicidi di Scotland Yard e quando Luisa lo aveva lasciato. Ernest non sapeva cosa avrebbe fatto senza Roni.

Mentre questi pensieri si avvicendavano nella sua mente, qualcuno bussò alla porta. Era Roni.

“Ti vedo in gran forma.” disse Ernest al suo amico, il quale, appena vide l’espressione di Ernest, capì subito che c’era qualcosa che non andava.

“Ieri sera è stata una serataccia, vero? E non dirmi di no perché ti conosco molto bene. Non puoi fregarmi.” riprese Roni.

Ernest annuì e Roni continuò: “Scommetto che hai visto Luisa o mi sbaglio?”

Ernest, che non aspettava altro, replicò: “Si, l’ho vista per caso ieri sera e mi sono comportato come un vero idiota. Non sono stato in grado di dirle una parola, ci siamo solo salutati e lei è andata via. Più tardi le ho telefonato per invitarla a cena.”

“E lei?” domandò Roni, certo che la risposta non potesse essere positiva, vista la condizione in cui aveva trovato l’amico

“Beh… non ha neanche risposto alla mia chiamata.”

“E allora? Che c’è di strano? Se non è a casa non ti può rispondere. Non ti devi abbattere per questo.”

“Non cercare di consolarmi, Roni, è inutile. Ormai è finita per sempre. Ma la cosa che mi fa più rabbia è che non ho ancora capito che cosa l’ha allontanata da me. Pensavo che lasciando il lavoro di investigatore saremmo riusciti ad avvicinarci e invece lei mi ha lasciato.”

Dopo lo sfogo di Ernest, per qualche minuto rimasero in silenzio, poi Roni si alzò e gli chiese:

“A proposito, sei ancora un investigatore privato o hai dato le dimissioni?” e senza aspettare la risposta dell’amico continuò “Ho un lavoro per te.”

“Di cosa si tratta?” chiese Ernest.

“Non lo so di preciso, ma lavorerai per una persona molto importante.”

“E chi sarebbe questa persona importante?” chiese ancora Ernest, incuriosito per l’offerta.

“James Houg.”

Un fischio di approvazione uscì dalle labbra di Ernest: “Il banchiere?” domandò.

“Proprio lui in persona. Allora, che ne dici?”

“Dimmi una cosa, Roni, ma com’è che tu conosci Houg?”

“È un appassionato di antiquariato e viene spesso nel mio negozio. È così che ci siamo conosciuti” disse Roni, e continuò “ Ultimamente ha un problema da risolvere e ha bisogno di una mano. Gli ho parlato di te e mi ha detto che sei proprio l’uomo che fa al suo caso.”

“Ma non avevi detto prima che non sapevi di cosa si trattasse?” domandò Ernest, guardando il suo amico negli occhi.

“Si… si…. io non so niente, ma un po’ di pubblicità non guasta mai; poi tu sei in gamba ed io ho detto solo la verità. Ti dico un’ultima cosa: se tu decidessi di accettare la proposta di Houg guadagneresti un bel po’ di soldi.”

“Senti, Roni, secondo me tu sai molto più di quello che dici, amico mio, ed io francamente non capisco perché non voglia dirmi la verità. In ogni caso, in questo momento voglio fare qualcosa e soprattutto ho bisogno di soldi e quindi sono disposto a parlare con Houg e capire di cosa si tratta.”

“Allora accetti?” disse Roni quasi gridando per la gioia “ Non ti preoccupare, con Houg parlerò io e fisserò un appuntamento; tu invece cerca di metterti in sesto e di avere un aspetto migliore.”

“Questo sarà molto difficile, visto che madre natura è stata molto poco generosa con me.” rispose Ernest ridendo.

“Tu hai voglia di scherzare, amico mio. Adesso devo proprio scappare perché ho tante cose da fare.” disse Roni che, dopo avere salutato l’amico, uscì.

Ernest rimase di nuovo da solo, ma Roni lo aveva contagiato con il suo ottimismo tanto che stava valutando la possibilità di telefonare a Luisa per invitarla fuori a cena.

Dopo diversi ripensamenti la chiamò, ma Luisa non rispose ed Ernest si ricordò che a quell’ora lei lavorava.

Non sapeva cosa fare e avendo tutta la giornata da riempire in qualche modo, decise di andare ad incontrare Luisa davanti al negozio dove lavorava. Lungo la strada si stava scervellando su come lei avrebbe reagito al suo invito, poiché ultimamente lei aveva deciso di evitare gli incontri con lui. Ma poi pensò che non aveva proprio nulla da temere, visto che erano stati sposati per ben due anni.

Mentre pensava, non si accorse nemmeno di essere già arrivato davanti al negozio dove lavorava Luisa. Per un po’ rimase fuori, ma poi raccolse tutte le sue forze ed entrò.

La vide subito, lei era lì, più bella che mai, ed Ernest capì che l’amava come mai aveva amato nessun’altra donna in tutta la sua vita. Poteva restare fermo lì per ore ed ore solo a guardarla e non si sarebbe mai stancato di farlo. Per un momento sarebbe voluto tornare indietro e lasciare stare tutto, ma poi prese coraggio e si avvicinò.

“Ciao, Luisa.” le disse.

Luisa sembrava contenta di vederlo e questo lo fece stare bene.

“Ciao, Ernest, che bella sorpresa; come mai da queste parti?” domandò.

“Volevo chiederti scusa per ieri sera.”

“Chiedermi scusa? E perché?” chiese Luisa che veramente non capiva.

“Beh… ieri sera volevo invitarti a cena fuori ma non l’ho fatto e così vorrei rimediare stasera, che ne dici?”

“Avevo paura che fosse qualcosa di molto più grave. “ replicò Luisa, rassicurata dalla risposta di Ernest “ Purtroppo però stasera non posso perché ho già preso impegni con un’amica. Mi dispiace veramente, sarà per un’altra volta.” concluse Luisa, ma Ernest non aveva alcuna intenzione di mollare.

 

“Allora facciamo domani sera” provò ad insistere lui “il ristorante lo scegli tu, per me non…”

“Non posso neanche domani” lo interruppe lei e continuò “purtroppo ho un altro impegno, ma ti prometto che appena sarò più libera ti chiamerò io e passeremo una serata insieme.”

“Va bene, non ci sono problemi. Volevo stare un po’ in tua compagnia. Tutto qua. Allora aspetterò la tua chiamata.” disse Ernest, cercando di sembrare tranquillo, ma in realtà si sentiva uno straccio.

“Beh…” disse Luisa “non volevo certo deluderti, ma…”

“No, nessuna delusione, te lo assicuro” l’interruppe Ernest e continuò “ora è meglio che vada. Devi lavorare. A presto, cara.”

Ernest era sicuro che Luisa non fosse così impegnata come diceva, ma non riusciva a capire per quale motivo lei non volesse uscire con lui. Senza pensarci troppo si fermò davanti a un pub, entrò e fece fuori diverse bottiglie di birra.

Capitolo II

Erano passati tre giorni e Roni non si era fatto vivo. Ernest era in uno stato confusionale; non si ricordava quanti litri di birra aveva bevuto, ma di sicuro dovevano essere tanti, visto che si sentiva così male. Stava seduto, i suoi occhi fissavano il vuoto e non aveva voglia di far niente, non voleva neanche muoversi e infatti rimase immobile anche quando la porta si aprì e Roni entrò.

“Per la miseria! Non avevo mai visto tante bottiglie di birra vuote in una sola stanza!” esclamò Roni, impressionato dalla scena che aveva davanti agli occhi.

“Finalmente il mio amico Roni si è fatto vivo! Ma dove diavolo sei stato per tutto questo tempo?” domandò Ernest, cercando di mettere un po’ d’ordine in tutto quel casino che lo circondava.

“Ho avuto da fare, ma vedo che anche tu non hai perso tempo e hai cercato di dare uno scopo alla tua vita.”

“Ti prego, Roni, mi vergogno abbastanza, non credo di dovere meritare anche i tuoi stupidi commenti. In questi tre giorni sono stato solo come un cane e ho pensato…”

“Hai pensato bene di bere fino a perdere i sensi“ l’interruppe Roni, e, senza lasciargli il tempo di rispondere, continuò “In ogni caso non sono qui per giudicarti, ma per dirti che fra meno di due ore dobbiamo essere da Houg. Ora alzati e come prima cosa fatti la barba e poi una bella doccia. Sono stato chiaro?”

Ernest obbedì senza dire una parola.

Mentre era sotto la doccia sentiva la voce innervosita di Roni.

“Eppure ricordo perfettamente di averti detto di migliorare il tuo aspetto. Quando ti ho visto mi sei sembrato uno zombi e mi hai fatto una pessima impressione. Per fortuna io ti conosco, ma se ti avesse visto uno sconosciuto ti avrebbe scambiato per qualche individuo sospetto scappato da un manicomio.”

Ernest si stava vestendo lentamente e in silenzio, non dando alcuna importanza a quello che diceva Roni perché non aveva voglia di litigare con lui. Quando finì di vestirsi, gli disse semplicemente che era pronto. Anche Roni sembrava più calmo; d’altronde lui si preoccupava per il suo amico e gli dispiaceva quando lo vedeva in quello stato.

Uscirono tutti e due in silenzio e solo quando salirono in macchina Roni disse: “Houg abita fuori città, sulle colline dove ha la dimora di famiglia. Ti prego, Ernest, ascoltalo bene e poi alla fine sarai tu a decidere se accettare o meno.”

“Non ti preoccupare, non ti farò fare una brutta figura. Prima ascolterò attentamente il tuo amico Houg e poi vedremo cosa succederà.”

Nelle parole di Ernest c’era un po’ di ironia e Roni decise che forse era meglio non parlare più, almeno fino all’arrivo in casa di Houg.

Ernest aveva cercato di immaginare come potesse essere la casa di un milionario, ma appena la vide rimase stupito. Quella casa sembrava un castello e tutt’intorno la circondava un prato verde incredibilmente curato. Ernest si accorse di come Roni non fosse affatto stupito e per questo pensò che doveva essere stato in quella casa diverse volte. Passarono il cancello principale che era aperto e proseguirono verso casa. Dal cancello alla casa c’era una distanza di circa cinquecento metri e i due amici stavano camminando su una piccola stradina che era l’unico tratto asfaltato in mezzo a tutto quel verde. Arrivati davanti alla porta, Roni suonò il campanello e qualcuno aprì. Comparve una donna che, a giudicare da come era vestita, doveva essere la cameriera.

Appena la donna vide Roni esclamò: “Salve ,signor Ewin, accomodatevi, avviso subito il signor Houg.”

“Vedo che sei conosciuto qui.” disse Ernest al suo amico appena entrarono.

“Si, ultimamente sono venuto spesso.” rispose Roni.

Entrarono ed Ernest era sempre più impressionato dalla bellezza di quella casa. La sua attenzione venne catturata da un enorme quadro appeso ad una delle pareti che raffigurava una bellissima donna dai capelli neri e lunghi; indossava un vestito bianco e tra le mai teneva una rosa rossa, ma la cosa che più lo sorprendeva era il suo sguardo, così intenso e penetrante che Ernest non riusciva a smettere di fissarlo.

“È il ritratto della mia defunta moglie.” disse una voce alle sue spalle.

Ernest si girò e vide un uomo alto, con i capelli e la barba bianchi, vestito in modo molto elegante.

“Permettetemi di presentarmi, James Houg. Lei deve essere il signor Devon, se non sbaglio.”

“La prego di chiamarmi Ernest.” rispose l’investigatore.

“Molto bene. Allora, Ernest, è un grande piacere conoscerla.” disse Houg e gli strinse la mano. Ernest era in imbarazzo e balbettò qualcosa come “Piacere mio”. Houg si rivolse a Roni e disse: “Ecco qua il mio caro e buon amico Roni. Ti vedo in gran forma.”

“Si, fortunatamente sto abbastanza bene, grazie. Come può vedere ho mantenuto la mia promessa e le ho portato Ernest. Sono sicuro che sarà di grande aiuto per lei.”

“Lo spero anch’io, veramente.“ disse Houg e continuò “Vi posso offrire qualcosa da bere?”

“Per me no, grazie.” rispose Ernest che era ancora in piedi intento ad apprezzare quella casa così straordinaria.

Houg prese una bottiglia e riempì due bicchieri, uno per Roni e l’altro per sé. Poi finalmente si accorse che Ernest era ancora in piedi e lo invitò a sedersi.

“La prego, si sieda. Ho bisogno di parlarle.”

“Sono qui proprio per questo.” disse Ernest che era molto curioso di sapere di cosa di trattasse.

“Beh… è una situazione un po’ bizzarra, per la verità, ma per mio figlio può risultare alquanto pericolosa” comincio Houg e, dopo aver bevuto un sorso dal bicchiere che aveva fra le mani, continuò “Poco meno di un mese fa, esattamente la notte del tredici ottobre scorso, mio figlio è stato ricoverato con urgenza all’ospedale, in uno stato di totale shock. Non ha detto una parola per settimane. Fino a qualche giorno fa. La prima persona con la quale ha parlato subito dopo l’accaduto sono stato io e quando ho saputo il motivo per il quale mio figlio era ridotto in quel modo sono rimasto sbalordito. Insomma…. Pare che abbia visto un fantasma.”

“Un fantasma?!” esclamò Ernest che non poteva credere alle sue orecchie.

“Vedo che il nostro amico Roni non le ha detto nulla a tal proposito.” disse Houg, rivolgendosi a Ernest che era ancora incredulo per quello che aveva sentito.

“No, per la verità non mi ha detto assolutamente nulla.” replicò Ernest, confermando l’ipotesi di Houg.

“Se non ho detto nulla è stato per non mettere troppe voci in giro, visto i brutti precedenti di un anno fa.” disse Roni, guardando Houg negli occhi.

“Si, ma io non vedo il motivo per cui Ernest, che è il tuo più caro amico e per di più l’uomo che ci può aiutare, non dovesse saperlo.” infierì Houg con un tono di rimprovero.

“Veramente, non vedo come io possa aiutarla.” intervenne Ernest che proprio non capiva cosa c’entrasse lui con quella storia.

Houg rimase un po’ in silenzio; poi rivolgendosi ad Ernest disse: “Lei mi può aiutare perché io sono una persona molto razionale e non credo nei fantasmi, quindi o l’immaginazione ha giocato un brutto scherzo a mio figlio, per cui ha creduto di vedere il fantasma di sua madre, oppure c’è qualcos’altro sotto; in ogni caso, penso che in tutto questo ci sia una spiegazione logica e vorrei che lei scoprisse qual è.”

“Allora, suo figlio ha visto il fantasma di sua madre?” chiese Ernest che era rimasto colpito per quella frase detta quasi di sfuggita.

“Si, è proprio così, chiedo scusa per non averlo detto prima, lo avevo quasi dimenticato.” replicò Houg.

“Eppure, non si può dimenticare così facilmente che si tratta del fantasma di sua moglie.” fece notare l’investigatore con tono provocatorio, e istintivamente gli occhi gli caddero sul quadro che raffigurava la moglie di Houg.

Ci fu un momento di silenzio e il banchiere abbassò gli occhi ma Ernest, che sembrava molto sicuro di sé, in fondo avvertiva un certo disagio nello stare davanti a quell’uomo così imponente che anche quando parlava di fantasmi sembrava che parlasse della cosa più naturale del mondo.

“Ha ragione, però questa storia mi mette in imbarazzo e non vedo l’ora che lei accetti la mia proposta e risolva il mistero.” disse Houg, come per giustificare il suo imbarazzo e i suoi strani modi.

“Prima di tutto io non ho ancora ricevuto alcuna proposta e in secondo luogo non penso che risolverò tutto con la bacchetta magica.” rispose Ernest.

“Se dovesse decidere di accettare la mia proposta la cifra sull’assegno la può mettere lei stesso, per me non ci sono problemi. Spero veramente che lei accetti perché sia il suo amico che io abbiamo molta fiducia in lei.” concluse Houg.

Ernest era sul punto di rispondere quando nel soggiorno entrò una ragazza. A giudicare dall’uniforme doveva essere una cameriera. Era una ragazza molto carina con i capelli biondi e corti. Appena vide i due uomini che stavano parlando con Houg fece un passo indietro, quasi spaventata.

“Dimmi, Rebecca, cosa c’è?” chiese Houg.

“Oh… chiedo scusa. Pensavo lei fosse da solo. Tolgo subito il disturbo” mormorò la ragazza che rapidamente uscì dalla stanza.

“È la tata dei miei figli ed è stata proprio lei a trovare mio figlio nella condizione di shock di cui le dicevo prima.” disse Houg e continuò “ Le altre spiegazioni le darò solo nel caso lei decida di accettare la mia proposta.”

“In tal caso, glie lo farò sapere” rispose Ernest e fece segno a Roni che la visita era finita.

“Spero di avere sue notizie al più presto.” disse Houg accompagnandoli alla porta.

Ernest fece un cenno della testa come per annuire e uscì andando verso la macchina. Invece Roni restò indietro e si fermò a parlare con Houg.

“Tutto questo è un po’ strano.” commentò Ernest con Roni appena furono partiti.

“Cosa?” chiese Roni.

“Tutto. La storia del fantasma, Houg che vuole ingaggiare me per risolvere il problema. Non sembra anche a te un po’ strano?”

“No, personalmente non ci vedo niente di strano. Spero solo che tu non ce l’abbia con me per non averti detto nulla.” rispose Roni.

“Non capisco una cosa. Come mai una persona con l’influenza e il potere di Houg vuole assumere proprio me per questo caso? Se solo volesse, potrebbe avere un esercito di investigatori, per non parlare del fatto che può contare anche sulla totale disponibilità di Scotland Yard. Perché solo un uomo? Perché?” si chiese ancora Ernest, monologando.

Roni sentì comunque il desiderio di rispondere: “Si, tutto quello che dici è vero, ma se hai prestato attenzione dovresti avere intuito che ha avuto una brutta esperienza un anno fa, quando è morta sua moglie. La maggior parte della stampa trattò l’argomento per molto tempo e alcuni quotidiani scrissero addirittura che la colpa per la morte di sua moglie era proprio sua, di Houg.”

“In che senso era colpa di Houg?” domandò incuriosito Ernest.

“Beh… non si è capito molto. So solo che sua moglie trascorse i suoi ultimi mesi di vita in un ospedale psichiatrico perché soffriva di una pesante forma di depressione. Sembra che fosse diventata violenta e pericolosa e quindi non era più possibile tenerla in casa. La versione ufficiale sul suo decesso è che morì in seguito ad una forte crisi di nervi che le provocò un arresto cardiaco. Da alcuni articoli venne fuori addirittura che si era trattato di suicidio e che Houg le avrebbe dato una mano.”

“In altre parole omicidio.” lo interruppe Ernest, che poi chiese “Ma per quale motivo lo avrebbe fatto?”

 

“Nessuno lo sa. Qualcuno scrisse che, essendo lui un noto uomo d’affari, una moglie in uno stato simile avrebbe costituito un motivo di imbarazzo.”

“A me non convince. Come fa un uomo ad uccidere la propria moglie solo perché si sente in imbarazzo?” mormorò Ernest scuotendo la testa.

“Infatti si tratta di chiacchiere. Dopo un po’ non si parlò più del caso e Houg da parte sua dichiarò che avrebbe querelato tutti i giornalisti che avessero fatto simili insinuazioni. D’altronde che lui amasse sua moglie era noto a tutti.”

“Anche questo è molto strano.” disse Ernest e continuò “Perché i giornali scrissero che era stato simulato un suicidio?”

“Questo non lo so.” rispose Roni.

“Ma è possibile che una forte crisi di nervi possa provocare un arresto cardiaco?”

“Non lo so Ernest, per questo devi parlare con un medico, io non so dirti niente. Ma perché ti interessa così tanto questa storia?” chiese Roni che non riusciva a capire dove volesse arrivare l’amico.

“Il nostro signor Houg è un uomo pieno di enigmi, non trovi?” considerò Ernest.

“Lui è solo un uomo ricco, e come tutti gli uomini ricchi è molto invidiato e soprattutto molto attaccato. Naturalmente può aver commesso qualche sbaglio, ma sostenere che sia un assassino mi sembra un po’ esagerato.” replicò Roni.

“Ma perché i giornali scrissero che era stato simulato un omicidio, che senso ha questo? Se il motivo della morte era un arresto cardiaco per quale ragione si sarebbe dovuto simulare un suicidio?” chiese di nuovo Ernest, dimostrando di non dare alcun peso alle parole di Roni.

Questi stava diventando nervoso per l’ossessione dell’amico. Per Roni la storia di come fosse morta la moglie di Houg era acqua passata e per di più chiarita. Voleva cambiare discorso, ma sapeva che con Ernest era molto difficile. Quando si metteva in testa qualcosa non la finiva più.

“Però è molto strano, non trovi? Veramente strano! A pensarci bene, la versione ufficiale non ha alcun senso… cioè… sul certificato di morte della signora Houg suppongo ci sia scritto che è deceduta in seguito ad un arresto cardiaco, ma qualcuno scrisse che era stato simulato un suicidio. Continuo a domandarmi perché.” seguitava a parlare Ernest e sembrava che aspettasse una risposta da Roni.

“Ti prego, Ernest, smettila di ripetere cento volte la stessa cosa! Ormai questa è una storia passata e non ha alcuna importanza e poi erano solo chiacchiere e basta!” esclamò Roni e, per cambiare discorso, domandò “Piuttosto, hai visto che bella tata ha il signor Houg?”

“Si, è proprio una bella ragazza. Quando l’ho vista mi è sembrata una faccia conosciuta; forse l’ho già vista da qualche parte, ma non ricordo dove.”

“Anche a me ha fatto la stessa impressione quando l’ho vista per la prima volta. Ma questo succede perché ha una faccia troppo comune.” disse Roni, contento che il discorso stesse prendendo un’altra piega.

Ma non aveva fatto bene i calcoli con la capacità di Ernest di rimanere ancorato ad un argomento fino a quando non fosse riuscito a vedere la luce.

“Credo tu sappia quali giornali scrissero di Houg e della morte di sua moglie, giusto?”

“Un po’ tutti, ma ora non ricordo bene quali perché è stato più di un anno fa. Dimmi la verità, Ernest, perché ora mi stai facendo tutte queste domande? Perché ti interessa così tanto com’è morta Margaret Houg?” chiese Roni all’amico.

“Perché sarò io a fare i conti con il fantasma della signora Houg e credo di dover sapere com’è morta, non credi?” rispose il detective, guardando il suo amico negli occhi.

“Allora vuoi dire che accetterai la proposta?” domandò impaziente Roni.

“Certo. Come potrei dire di no ad una proposta del genere? Non dovrò neanche faticare molto, visto che Houg mi ha già dato due piste da seguire.”

“Quali sarebbero queste due piste?” chiese di nuovo Roni.

“Una: ci sarà una spiegazione logica. Due: potrebbe avere causato tutto la troppa immaginazione del figlio …” rispose Ernest, che sembrava un po’ nervoso.

“ A te il signor Houg non sta molto simpatico o sbaglio?”

“Soprattutto, non mi sembra una persona molto pulita.” rispose di nuovo Ernest e continuò “Lo conosco da poco, ma credo che non dica tutta la verità e non sopporto il suo modo arrogante di parlare.”

“A me invece è sembrato molto educato.” commentò Roni.

“Sarà. Ma non ho gradito il tentativo di condizionarmi, dicendomi che forse era il figlio che aveva immaginato tutto.”

“Non penso che Houg ti volesse condizionare. È solo preoccupato per la situazione e ha cercato di darti il suo parere in proposito. Non vedo nulla di male in questo. Piuttosto, quando credi di comunicare a Houg la tua decisione?”

“Prima possibile; anche se la storia che racconta Houg non mi convince molto.”

“Se dovessi avere bisogno del mio aiuto, basta che tu lo chieda e sarò ben lieto di dartelo.” disse Roni, ma Ernest stava pensando e sembrò non ascoltarlo affatto.

“Va bene, ho capito, ora non parlo più.” replicò Roni e restò in silenzio.

Nello stesso momento squillò il telefono e James Houg sollevò la cornetta.

“Allora?” chiese una voce dall’altro capo della linea.

“Penso che si possa fare. Molto presto ti darò una risposta.” disse Houg.

“Molto bene, signor Houg, vedo che comincia a capire.” replicò il suo interlocutore e riattaccò bruscamente.

Houg rimase con la cornetta in mano per un paio di minuti, poi la mise giù e uscì dallo studio.