Riportare Alla Luce Il Re Dei Fae

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Riportare Alla Luce Il Re Dei Fae
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RIPORTARE ALLA LUCE IL RE DEI FAE
BRAMBLE’S EDGE ACADEMY
BRENDA TRIM
Traduzione di GIULIA BUSSACCHINI
Copyright © Febbraio 2020 Brenda Trim
Traduttore: Giulia Bussacchini
Editor: Chris Cain
Copertina di Fiona Jayde

Questo libro è un’opera di fantasia. I nomi, i personaggi, i luoghi e gli eventi descritti sono frutto dell’immaginazione dell’autrice oppure sono usati in modo fittizio. Qualsiasi somiglianza con persone, viventi o defunte, luoghi o fatti reali è puramente casuale.

ATTENZIONE: La riproduzione non autorizzata della presente opera è illegale. La violazione del copyright è perseguibile dall'FBI ed è punibile con 5 anni di carcere federale e una multa di 250.000 dollari.

Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo libro può essere usata, riprodotta elettronicamente o stampata senza permesso, ad eccezione di brevi citazioni comprese nelle recensioni.

Creato con Vellum

Ed improvvisamente sai che…è giunto il momento di intraprendere qualcosa di nuovo e di fidarsi della magia dei nuovi inizi. Questo libro è per tutti i miei fan. Vi ringrazio per continuare questo viaggio insieme a me, immergendovi in questo nuovo mondo che ho creato.



CAPITOLO UNO


“Devi andartene, Ryker. Non puoi restare qui. Se non te ne andrai ti prenderanno” disse Galina, sua madre, nel riporre alcuni vestiti del figlio in un borsone di tela che aveva riposto sul fondo del suo armadio.

“Di cosa stai parlando, mamma? Non posso lasciarti da sola. Non farò come papà che ti ha abbandonata agli umani” obiettò Ryker.

Sua madre interruppe ciò che stava facendo e lo guardò negli occhi. Odiava vedere le lacrime che si accumulavano nei suoi occhi color lavanda. La donna aveva lavorato sodo per prendersi cura di lui e proteggerlo dalla corruzione di Bramble’s Edge.

La vita per la maggior parte dei suoi amici consisteva in una partita di dodgeball e nel avventurarsi lungo le strade di Bramble's Edge in cerca di lavoro, cibo o divertimento. Non era facile essere un Fae nel reame dei Mag Mell. In passato il reame era stato dei Fae, ma era prima che venisse invaso dagli umani.

In seguito i Fae dell'età di sua madre erano stati costretti a trasferirsi nella piccola area di Bramble’s Edge, dove tutti i Fae venivano controllati ed utilizzati per il miglioramento umano. Ryker non conosceva la vita prima che tutti i Fae venissero spostati nella cittadina, e non gli importava. Tutto ciò che contava era sopravvivere e prendersi cura di sua madre.

“Qui non è più sicuro per te. Ho promesso che ti avrei tenuto al sicuro”.


Ryker attraversò la stanza ed accolse sua madre in un abbraccio. La donna gli arrivava al petto. La sua statura minuta solidificava il desiderio di proteggerla. Sua madre aveva fatto abbastanza per lui. Ryker era finalmente in grado di ricompensarla.

Voleva avvolgerla nelle sue nuove ali blu e nere per difenderla da ulteriori abusi. Dalla posizione in cui si trovava il ragazzo vedeva perfettamente le ali arancioni e gialle della donna. Era in parte sollevato di aver effettuato completamente la transizione.

Aveva trascorso anni nel limbo, chiedendosi quando i suoi poteri si sarebbero finalmente manifestati. A ventiquattro anni il suo sviluppo era nella media. La maggior parte dei Fae raggiungevano quel punto dai ventuno ai ventitré anni, effettuando la transizione verso la fine dei vent’anni.

Sua madre non era anziana in quanto Fae. La loro specie non invecchiava come gli esseri umani i quali, secondo Ryker, erano stati creati per farli impazzire. I capelli biondo cenere di sua madre non rispecchiavano l’età della donna come succedeva agli umani. In sé aveva più vita di ogni altro umano di sessantatré anni.

I Fae vivevano per centinaia, se non migliaia di anni, ed avevano abilità straordinarie rispetto agli esseri umani. Certo, alcuni umani erano dotati di preveggenza, telepatia ed abilità simili circoscritte alla mente—niente di simile a ciò che i Fae erano in grado di fare.

Ryker credeva che i Fae non sarebbero stati soggiogati per sempre. Confidava nel fatto che la sua specie avrebbe reclamato il proprio potere. Le ali del ragazzo gli svolazzarono sulla schiena, ricordandogli il motivo della conversazione che stava intrattenendo con sua madre.

“Devi scappare e metterti al riparo” gli ordinò Galina. “I tuoi poteri si stanno manifestando”. Le parole della donna fecero portare lo sguardo di Ryker dietro di sé, ed il ragazzo osservò le sue ali di color blu elettrico. Parte di sé era emozionato di scoprire quali fossero i suoi poteri e capire quali abilità possedesse, ma era anche terrorizzato dall’idea. Si trattava di qualcosa che avrebbe cambiato tutto, e Ryker non era pronto per un mutamento simile.

Era nel momento in cui si facevano più forti che i Fae sviluppavano i propri poteri. La sua specie era in grado di controllare gli elementi. Alcuni erano capaci di manifestare ed utilizzare il fuoco, mentre altri facevano lo stesso con l’acqua, la terra o l’aria. I Fae rari potevano addirittura controllarli tutti e quattro, oltre allo spirito.

“Sì, ma posso nasconderli. Non ti lascerò. Ho intenzione di imparare a controllarli in modo da trovare un lavoro, così non dovrai più pulire le case della terra di mezzo”.

Il bussare con forza alla porta d’ingresso riverberò nel piccolo appartamento, quindi Galina si diresse verso la fonte del suono. La donna si portò la mano sulla bocca quando guardò fuori dalla finestra. “Esci dal retro, io li mando via”.

“Come sapevano di dover venire qui oggi?” si domandò Ryker. Il ragazzo era a conoscenza solamente da qualche ora dello sviluppo dei propri poteri. L’improvviso influsso di forze gli avevano fatto percepire i suoi stessi arti come se avessero avuto una vita propria, ciò appena prima che il colore pervadesse le sue ali fino ad allora pallide. Ogni Fae era nato con ali dal color pesca chiaro, gradazione che si faceva più intensa con il passare del tempo. Quando la transizione giungeva a compimento, il colore mutava totalmente, e nella maggior parte dei casi le ali si dipingevano di nero o di un altro colore scuro.

Quando aveva provato a farsi una doccia la luce del bagno era scoppiata, e l’acqua si era raffreddata prima di ritornare calda con una veemenza da capogiro. Sua madre gli aveva spiegato che cosa stava succedendo; la donna aveva sostenuto di credere che Ryker sarebbe stato in grado di padroneggiare più di un elemento. Poi aveva iniziato a preparare i bagagli al figlio.

“A loro non sfugge niente. Lo sai, Ryk. Adesso va’” lo sollecitò. “Trova una Peridun, è oltre il bordello. Lei ti condurrà al sottosuolo. Ti voglio bene”.

Ryker si portò la sacca sulla spalla e si diresse verso la finestra, ma poi mise in discussione la propria voglia di andarsene. Non aveva nessuna voglia di prendere parte alla Bramble’s Edge Academy. Tutti coloro che avevano affrontato il programma erano diventati schiavi.

“Tornerò” le promise.

La voce di sua madre era squillante nella loro umile dimora, come a copertura del movimento di Ryker dell’aprire la finestra. La porta d’ingresso cigolò, ed al suono seguì immediatamente l’eco di passi pesanti. Il ragazzo saltò quindi fuori dalla finestra. L’edificio accanto si trovava a meno di un metro da casa sua, ma Ryker quasi scivolò quando raggiunse il sudicio cornicione.

“Fermo. Non spiccare il volo” ordinò un uomo dalla finestra aperta. Ryker rimase dove si trovava, ma spiegò le ali in risposta. Il Fae imprecò e si arrampicò fuori dalla stessa finestra da cui era uscito il ragazzo. Ryker odiava arrabbiarsi o litigare con quelli della sua stessa specie.

Ogniqualvolta vedeva degli agenti di polizia aggirarsi per la cittadina si chiedeva quanti di essi volessero veramente svolgere quel lavoro. Aveva la sensazione che non tutto nel loro mondo fosse come sembrava. Aveva ignorato le voci sullo stato in cui versava il resto del loro reame, oltre al modo in cui gli umani erano saliti al potere. Doveva esserci di più in gioco.

Ryker ringhiò e si accovacciò per spiccare il volo. Lo stridere del metallo fece fermare il ragazzo. “Porca puttana” imprecò sbattendo le ali e cercando di alzarsi in volo. Sfortunatamente i suoi movimenti non furono veloci abbastanza.

Abbandonò le braccia lungo i fianchi nel momento in cui le manette magiche entrarono in contatto con il suo corpo. Cadde in ginocchio e cercò di dimenarsi per liberarsi dal vincolo. Doveva trovare un modo di fuggire, altrimenti sarebbe finito all’Accademia.

Con la coda dell’occhio notò alcuni suoi vicini che stavano osservando la scena dalle proprie abitazioni. Voleva dimostrare loro che i Fae erano in grado di combattere, ma era impotente, e il dolore gli accresceva nel petto.

Lo strumento magico si era stretto attorno al suo torso e gli fermava le braccia e le mani. Più si divincolava, più il metallo lo feriva. Gli scottava la pelle, ed il ragazzo si chiedeva se l’acciaio si stesse fondendo alle sue ossa dopo che l’elettricità gli aveva bruciato la carne.

“Non ha senso, Ryker. Arrenditi. Sarà più facile se collaborerai” disse l’uomo.

Il ragazzo alzò lo sguardo e rimase scioccato quando i suoi occhi verdi riconobbero il Fae che si trovava ora vicino a lui. Quegli occhi azzurri ed i capelli ramati, così come le ali rosse e nere. “Aidan, sei tu?”

 

“Sì, sono io. Ascolta, devi calmarti. La magia si dissolverà se smetterai di agitarti. L’Accademia non è così male come pensavamo da ragazzini. Imparerai a controllare i tuoi poteri. Senza una guida non puoi sperare di incanalare le tue abilità e saperle utilizzare”.

Ryker voleva rivolgere un’occhiataccia al suo amico d’infanzia. Sembrava che quest’ultimo stesse recitando un messaggio imparato a memoria. Era impossibile dimenticare le voci secondo le quali gli studenti venivano mutilati in nome di pratiche educative. A volte accadeva anche di peggio.

Il problema era che senza l’accesso alla tecnologia era impossibile appurare se tali dicerie fossero vere o no, a meno che non avesse frequentato l’Accademia. Nello sguardo di Aidan non sembrava essere presente alcuna cattiva intenzione. Doveva voler dire qualcosa, vero?

“Ryker” udì sua madre singhiozzare all’interno della camera da letto del ragazzo. Un altro uomo teneva le mani sulle spalle della donna, e torreggiava sulla sua piccola corporatura tenendo la schiena dritta e con espressione austera in viso. La minaccia era evidente. Gli faceva venire la nausea.

Lo sguardo di Ryker si spostò velocemente attorno a sé mentre il ragazzo soppesò le proprie opzioni. L’area rocciosa sgretolante dove risiedevano i Fae faceva parte di una zona urbana, e rappresentava un anatema rispetto a ciò che potenziava la propria specie.

Vecchie leggende narravano che i Fae crearono Bramble’s Edge originariamente come centro di commercio, ma l’area era composta da quindici isolati circondati da piante ed animali che alimentavano il loro potere. Ryker non aveva mai visto che aspetto avesse il suo vero reame poiché ai Fae non era permesso possedere dispositivi di comunicazione o computer. Tutto ciò che il ragazzo sapeva era che gli esseri umani vivevano in modo molto differente dal loro.

Ryker accompagnava sua madre a pulire le case degli umani appartenenti al ceto medio, i quali erano dotati di maxi schermi su cui potevano guardare dei film, oltre ad altri dispositivi di cui il ragazzo ignorava l’esistenza. Si diceva che i ricchi ne possedessero anche di più.

Aveva a disposizione una sola occasione per scappare e migliorare le condizioni della propria gente. Ryker si rimise in piedi e si spinse al di là della ringhiera sbattendo le ali.

Fortunatamente aveva già spiegato le ali quando lo strumento di contenimento si era stretto attorno a lui, in tal caso non avrebbe avuto altra scelta che andarsene con loro. In volo aveva una vista migliore della cittadina. La sezione dei centauri si trovava ad un isolato e mezzo di distanza, mentre quella dei Barghest, dove si trovavano i loro piccoli complessi residenziali, era situata a margine delle stalle dalla parte opposta della strada.

Definire ‘stalle’ le abitazioni dei centauri era un eufemismo. La zona ricordava un vicolo cosparso di fieno, completato da un’area principale adibita a cucina. L’unico riparo che li proteggeva dalla pioggia e dalla neve era costituito da un tetto sorretto da due muri. Gli edifici dove abitavano i Barghest erano chiusi sul retro e completamente aperti davanti.

Ryker si dovette impegnare molto per sorvolare gli alti palazzi, ma quando lo fece notò l’Accademia e l’oceano che si allargava dietro la stessa. Se fosse riuscito a raggiungere l’acqua allora forse sarebbe potuto arrivare sulla costa libera da regole umane.

‘Sei pazzo? Non c’è altro che una terra desolata. Non vuoi suicidarti, vero idiota?’ lo ammonì la propria coscienza mentre ideò velocemente un piano. No, non voleva suicidarsi, ma gli uomini che l’avevano catturato si erano librati in volo a loro volta, quindi non aveva molto tempo a disposizione per pensare.

Quando passò oltre la sezione degli Asrai pensò che sarebbe riuscito a liberarsi. Cercò di fidarsi del proprio istinto, determinando che cosa sarebbe stato in grado di fare. Sarebbe stato fantastico se avesse potuto far fondere le ombre. Non che in quel momento fossero visibili molte ombre, si disse poi. L’invisibilità sarebbe stata perfetta, l’avrebbe aiutato a scappare.

“Ryker, devi fermarti. Le autorità sono state allertate” disse Aidan dietro di lui. Un istante più tardi si udirono le sirene attraverso la cittadina, ed il ragazzo cercò di mettersi in salvo.

La fascia gli stava costringendo il petto, rendendogli difficile respirare. L’agonia gli faceva vedere le stelle. Ryker accelerò, ed in tal modo schivò la scarica che Aidan cercò di scagliargli addosso.

La bobina cadde a terra innescando una pioggia di scintille. “Possiamo fare di meglio, Aidan. Lasciami andare”.

“Non posso lasciarti andare. È chiaro che i tuoi poteri siano fuori controllo, stanno prendendo il sopravvento sul tuo comportamento, Ryker. Rifletti su ciò che stai facendo”.

Il ragazzo distinse il profilo della massiccia struttura di pietra in lontananza, e la vista distrasse Ryker. Era troppo lontano per vederne i dettagli, ma notò chiaramente che innumerevoli studenti si erano riuniti nel prato anteriore dell’Accademia per osservare la scena.

Nulla nell’aspetto dell’Accademia suggeriva che sarebbe stato pericoloso frequentarla. Sua madre gli aveva raccontato ciò che era accaduto in occasione del conflitto con gli umani, e dell’effetto catastrofico che aveva avuto sulla sua vita.

Il peggiore episodio era stato l'omicidio del Re e della Regina Fae, atto che aveva reso vulnerabile il loro popolo. I Fae erano infatti indifesi, senza qualcuno che ricoprisse il ruolo di governante. Ryker si era chiesto spesso come sarebbe stata la loro vita se avessero avuto un Re. Gli umani non si sarebbero arresi e sarebbero scappati, ma il ragazzo credeva che un Re avrebbe fornito loro uno strumento di difesa.

Le sue ali si stavano facendo pesanti causa lo sforzo continuativo, ma Ryker si rifiutò di arrendersi. Dei rumori provenienti da dietro di sé lo costrinsero a racimolare ogni briciola di energia ed indirizzarla alle proprie ali.

Sbalzò in avanti e si sforzo di volare più velocemente. Il ragazzo tremava nell’aria come un volantino. Delle lame gli tagliarono le ali all’improvviso, catturando immediatamente tutta la sua attenzione. Quando si voltò indietro notò che non gli erano state inflitte ferite visibili, anche se così sembrava.

Ad ogni giovane Fae veniva consigliato di non volare molto poiché attorno a Bramble’s Edge era stato realizzato uno scudo. Fino a quel momento era esistito solo come monito per i più piccoli. Le sue ali si intorpidirono e smisero di funzionare, e Ryker comprese in quel momento la dolorosa verità del fatto che i poteri controllassero le loro vite.

Aidan ed un altro Fae restarono sollevati in volo, guardando Ryker cadere a terra in un groviglio di ali. Con le braccia legate ai fianchi non poteva fare nulla per proteggersi.

Quando il ragazzo si schiantò sul duro terreno, la vista di Ryker si fece nera per qualche secondo. Era riuscito a portare un’ala sotto di sé, mentre il suo fianco aveva colliso con la superficie con così tanta forza da frantumare la pietra.

Al suono di qualcosa che si spezzò seguì una forte agonia. Gli doleva ogni centimetro del corpo, ed era abbastanza sicuro che non avrebbe più potuto usare l’ala sinistra. Per fortuna le tenebre l'avevano pervaso ed inghiottito.

Appena prima di perdere conoscenza udì gli agenti lamentarsi di quanto fosse difficile per i Fae compiere la transizione.

‘È perché siamo fottutamente stanchi di essere degli schiavi degli umani’ pensò.

CAPITOLO DUE


Maurelle aveva lo stomaco sotto sopra, e si trattenne in bagno nel caso fosse risalito qualcos’altro che aveva ingerito a colazione. Aprì la finestra aperta godendosi la fresca brezza autunnale che soffiava nella piccola stanza. La riempiva di energia che non comprendeva appieno, ma che amava comunque.

Appoggiò le mani sul lavandino e serrò le palpebre scure chiudendo gli occhi grigi e non vedendo per un momento il groviglio unto formato dai propri capelli rosa. Non assomigliava affatto al Fae vibrante che era normalmente. Persino i toni delle sue ali rosa e turchesi erano smorzati.

Da quando aveva acquisito i propri poteri un anno prima era stata relegata in casa perché le sue ali dai toni brillanti rendevano la cosa palese. Il fatto che al momento che le stesse fossero dai toni spenti non significava che le fosse permesso avventurarsi al di fuori del piccolo appartamento di famiglia. Era comunque evidente che stesse attraversando la fase di transizione, ed era suo dovere presentarsi alla Bramble’s Edge Academy.

“Hai finito?” domandò sua sorella Nyx bussando alla porta di legno. “Devo farmi i capelli per andare a pranzo con Alek”.

Maurelle alzò gli occhi al cielo alla richiesta della sorella, ma se ne pentì presto poiché il gesto le fece venire male alla nuca. Per le sue sorelle più giovani era tutto urgente, ma soprattutto per Nyx che era quattro anni più piccola di Maurelle. Le tornò in mente come ci si sentiva a pranzare con un bel maschio a diciotto anni.

“Ho finito” gracchiò Maurelle nell’aprire la porta.

“Bleah. Sta’ indietro. Sembra che una Peridun sulla decima strada ti abbia fatto un incantesimo. Non voglio prendermi qualsiasi cosa sia che ti ha fatto ammalare” commentò Nyx, allontanandosi con grazia dal suo spazio vitale.

“Grazie Nyx, ti voglio bene anche io” mormorò Maurelle nel percorrere il breve corridoio. Per la centesima volta in quell’anno Maurelle era grata che suo padre avesse un lavoro così ben retribuito nella cittadina.

Tecnicamente lavorava nella Furness, l’area umana appena al di fuori della baraccopoli dove risiedevano i Fae. Anche i più poveri alla Furness conducevano vite migliori di quelle dei Fae. Gli umani vivevano ignari di ciò che i Fae dovevano sopportare. Era d’aiuto il fatto che Bramble’s Edge fosse separata dalla zona umana tramite rovi così spessi che la maggior parte dei Fae non poteva oltrepassare.

Sarebbe stato bello se il talento del padre avesse offerto loro una casa nella Furness, o anche a Dornwich. Sfortunatamente non c’era modo di assegnargli un negozio nella sezione umana d’élite di Dornwich, poiché mentre gli opulenti desideravano gli orologi di suo padre, non lo volevano assolutamente nelle loro immediate vicinanze.

Il reddito di suo padre permetteva loro di vivere vicino a Furness, il che le dava una vista perfetta della sezione umana al di là dei rovi. Le si spezzava il cuore al pensiero che gli umani vivessero in abitazioni ben tenute, la maggior parte delle quali case singole, mentre i Fae erano stipati in edifici fatiscenti che non potevano riparare o mantenere.

Tuttavia i Fae facevano ciò che potevano a Bramble’s Edge. Agli umani piaceva che le loro aree fossero ben mantenute, mentre i Fae preferivano lasciarle poco curate. Le lisce strade di pietra degli umani erano spoglie e Maurelle le trovava poco piacevoli.

I Fae non avevano molto, ma contribuivano con la loro magia aggiungendo erba e fiori ai bordi delle strade, rendendole di aspetto più gradevole. Gli anziani come sua madre, la quale era una Fae di terra, sfruttavano il loro talento per spronare le viti a contenere i muri degli edifici in pessimo stato di manutenzione.

Ogni tanto gli umani eliminavano l’erba ed i fiori ed abbattevano le viti. Maurelle pensava fosse perché non volevano che i Fae si trovassero troppo a proprio agio. Si fermò davanti alla porta aperta della propria camera da letto, prendendo in considerazione il riposare, ma Erlina stava ascoltando la musica sul letto quindi Maurelle proseguì verso il salotto.

Sua mamma alzò lo sguardo su di lei e le sorrise. “Ehi, tesoro. Come ti senti?”

“Non tanto bene” rispose Maurelle, “fra il mal di stomaco e il mal di testa sono pronta ad acciambellarmi da qualche parte”.

“Ti ho fatto del tè allo zenzero. Posso andare a raccogliere del partenio per il mal di testa” si offrì sua madre. Non che la farmacia fosse lontana, ma Maurelle preferiva non dare più fastidio del solito.

La ragazza scosse il capo ed avanzò verso il divano. “Tranquilla mamma, il tè allo zenzero va benissimo”.

Poiché si trovava in fase di transizione non era in grado di uscire di casa, altrimenti sarebbe andata all’Accademia. Entrambi i suoi genitori l’avevano frequentata quando avevano acquisito i poteri, ma le cose erano cambiate da quando gli umani avevano preso il sopravvento.

Sua mamma e suo papà le avevano detto che i Fae uscivano dall’Accademia diversi rispetto a quando vi entravano. Non potevano spiegarlo a Maurelle, ma non volevano che la figlia servisse gli umani eliminando i suoi compagni Fae.

 

Maurelle grugnì nell’abbassarsi sul divano. Sua mamma la raggiunse prontamente porgendole il tè. “Grazie mamma” disse la ragazza, prendendo un sorso del liquido caldo. Le risultava già più semplice ignorare le proprie reazioni causate dall’aver toccato la tazza di tè.

Fino ad un anno prima non poteva toccare qualcosa senza venir bombardata da scene del passato. L’unica abilità che Maurelle aveva sviluppato fino a quel momento era la psicometria, e ne era grata poiché non riusciva ad immaginare di dover gestire più capacità allo stesso momento.

Imbarazzante, pensò. Qualche momento dopo che le sue ali avevano acquisito colore ed una scarica elettrica l’aveva pervasa, era andata in cucina per prendersi qualcosa da bere, e toccando il frigorifero aveva visto suo padre pomiciare con sua madre. Nessun figlio desidera vedere il proprio padre impegnato in gesti intimi con la propria madre.

Le riflessioni di Maurelle vennero interrotte da qualcuno che bussò alla porta. Continuò a sorseggiare il tè pensando che fosse Alek che era venuto a prendere Nyx. Alzò velocemente lo sguardo quando udì delle voci maschili inviperite.

“Sua figlia verrà con noi!” disse un uomo a sua madre.

Maurelle aveva davanti a sé il suo incubo peggiore. Per la prima volta nella sua vita si ritrovava a desiderare che ai Fae fosse concesso l’utilizzo di qualsiasi dispositivo tecnologico, in modo da poter contattare suo padre. L’unico pensiero che le sovvenne quando vide il Fae dai capelli ramati fu di scappare.

Non aveva idea di dove sarebbe potuta andare se fosse riuscita a fuggire. Tutti i Fae erano al corrente delle dicerie circa il sottosuolo, ma non sapeva dove si trovasse e dove l’avrebbe condotta. Non c’era niente oltre Bramble’s Edge e gli stabilimenti umani.

“Non potete portarla via. Non si sente bene e adesso non può andare all’Accademia” sua madre cercò di far ragionare l’agente.

Nyx ed Erlina si affrettarono lungo il corridoio, fermandosi bruscamente quando videro gli agenti. Gli occhi verde paglierino delle sorelle furono in quelli di Maurelle, e la ragazza vi lesse il terrore che provavano.

“Tornate in camera” disse con il labiale alle sorelle minori, enfatizzando il tutto con un gesto della mano.

“L’indisposizione non l’esenta dal frequentare l’Accademia. Deve venire con noi, adesso!” ordinò il medesimo agente.

Maurelle rovesciò il contenuto della tazza addosso all’uomo prima di affrettarsi lungo il corridoio. Nyx ed Erlina balzarono indietro per lasciarla passare. Maurelle avanzò verso la camera dei genitori, appropriandosi di un paio di scarpe di sua madre.

Un grido la fece voltare in tempo per vedere le sorelle bloccare il corridoio. L’espressione di Nyx era assolutamente altezzosa e sprezzante quando incrociò le braccia al petto ed esordì con “Lasciate stare mia sorella”.

Maurelle quasi sorrise quando vide Nyx sistemarsi il reggiseno in modo da evidenziare il petto. Era una tecnica di distrazione che falliva raramente. Specialmente con i maschi dei Fae. I Fae erano una specie molto lussuriosa.

Non era qualcosa di cui le avevano parlato i genitori, ma non avevano avuto bisogno di farlo, poiché il desiderio ardente che provava era sufficiente per far comprendere a Maurelle quanto il sesso fosse importante. Sua sorella Nyx si trovava allo stesso stadio, per questo non vedeva l’ora di uscire a pranzo con Alek.

L’avere uno sfogo sessuale placava i Fae aiutandoli a restare in salute. Maurelle era certa che la propria mancanza di partner fosse uno dei motivi per il quale era malata. Non aveva modo di equilibrare i suoi poteri, esternando la frustrazione.

Rimase a bocca aperta quando l’agente Fae non prestò minimamente attenzione a Nyx. Quando l’uomo allontanò sua sorella, Maurelle spostò l’attenzione dalla finestra. Gettò una delle scarpe che aveva in mano colpendo l’uomo in testa. Erlina scoppiò a piangere ed aderì al muro di fronte a Nyx.

A Maurelle scoppiava la testa causa il trambusto, e le si agitò anche lo stomaco. Le salì la bile in bocca, quindi si affrettò verso l’uomo. Udiva sua madre discutere con l’altro agente in salotto, ma doveva concentrarsi su quello nella camera padronale.

La ragazza aggirò l’agente furioso, frapponendo il letto fra di loro. “Non ci scapperai. Ti conviene arrenderti”.

Maurelle scosse il capo e cercò una via d’uscita. Se avesse potuto raggiungere la finestra sarebbe potuta volare via. Non era certa di quanto si sarebbe potuta allontanare, dato il mal di testa e lo stomaco in subbuglio, ma non aveva intenzione di arrendersi.

Quando l’uomo si lanciò verso la ragazza Maurelle balzò in alto lamentandosi dal dolore. Diede istintivamente un calcio al Fae. Doveva sembrare una scena comica, pensò. Sollevò le braccia al cielo ed i capelli scompigliati le finirono in viso.

Il piede di Maurelle raggiunse il lato della testa dell’uomo, facendola voltare di scatto. In seguito lo afferrò per i capelli. Il braccio di lui collise con il petto della ragazza, facendola finire dalla parte opposta della stanza.

Maurelle cadde contro al comò con più forza di quanto credeva possibile. Con la mano spinse a terra i ninnoli di vetro di sua madre generando un forte tonfo. Si fece piccola al rumore prodotto dall’impatto degli oggetti con il pavimento di legno.

“Maurelle” esclamò Nyx.

Quando Maurelle sollevò lo sguardo vide l’uomo saltare sopra al letto, atterrando proprio accanto a lei. L’agente si allungò dietro di sé ed estrasse un cappio d’argento. L’oggetto emetteva una carica elettrica, e le fece seccare la gola dalla paura.

Maurelle riprese vigore nello scontro, agitando i gomiti con la speranza di rompergli il naso. L’uomo le cingeva la vita con un braccio, e premeva forte sullo stomaco. La ragazza credeva che avrebbe vomitato.

L’agente portò il cappio alla bocca con la mano libera, mormorò quindi qualcosa, e l’oggetto oscillò. Prima che Maurelle potesse rendersi conto di ciò che stava succedendo, l’uomo fece aderire l’oggetto al fianco di lei. Il metallo mutò forma, stringendosi attorno al torso di Maurelle.

In base all’imprecazione dell’uomo, sembrava che l’intenzione di lui fosse che il cappio si stringesse attorno ad un’altra parte del corpo della ragazza. Le ali di Maurelle erano libere, così come le sue mani. Quest’ultima afferrò il metallo, intenzionata a liberarsi dal vincolo.

Nel momento in cui posò la mano sull’oggetto, la stanza ed il Fae che la stava attaccando scomparvero. Come ogni altra volta in cui Maurelle utilizzava i propri poteri, non era in grado di concentrarsi su qualcosa per qualche secondo.

L’unica cosa che si ricordava prima di riacquistare la vista era l’impressione generale del ricordo a cui accedeva. Sembrava che l’oggetto avesse causato molta paura e resistenza.

Maurelle ritenne di non doversi sorprendersi poiché l’arma veniva brandita da un agente il cui compito era di reclutare studenti. Quest’ultimo era un Fae, ma alla ragazza sembrava ovvio che non provasse nemmeno un briciolo di empatia e non fosse dotato di un’identità individuale.

Si trattava di un pensiero inquietante che le faceva domandare che cosa fosse successo all’Accademia che avesse cancellato la sua personalità in modo così completo. Dal modo in cui i suoi genitori le avevano descritto il loro passato all’università, Maurelle non aveva dubbio che con il passare del tempo era stato trasformato in una scuola completamente differente.

Quando la nebbia si diradò nella sua mente, la ragazza visualizzò il Fae più bello che avesse mai visto. Era forse il lungo periodo d’astinenza ed il forte desiderio sessuale a farle credere che l’uomo nella sua visione fosse così bello?

La ragazza non lo ritenne possibile. Aveva visto i suoi tratti cesellati ed i suoi meravigliosi occhi verde foresta. I suoi capelli neri erano scompigliati e gli finivano sulla fronte.

L’espressione determinata di lui riverberò in ciò che Maurelle percepì come istanti. Il suo cuore prese a battere con vigore quando il ragazzo aveva ringhiato all’agente e si era librato in volo qualche secondo più tardi. Maurelle voleva urlare qualcosa per avvertirlo.

Le braccia gli erano state fermate ai lati del corpo, quindi non aveva avuto la possibilità di andare molto lontano. Maurelle si rese conto che il medesimo mezzo di restrizione che veniva utilizzato su di lei in quel momento era stato prima adoperato sul ragazzo.