Se lei si nascondesse

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Se lei si nascondesse
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S E L E I S I

N A S C O N D E S S E

(UN GIALLO DI KATE WISE – LIBRO 4)

b l a k e p i e r c e

Blake Pierce

Blake Pierce è l’autore della serie di successo I misteri di RILEY PAGE, che si compone (al momento) di sei libri. Blake Pierce è anche autore della serie dei misteri di MACKENZIE WHITE, composta (al momento) da tre libri; della serie dei misteri di AVERY BLACK, composta (al momento) da tre libri; della nuova serie dei misteri di KERI LOCKE.

Avido lettore e appassionato da sempre di gialli e thriller, Blake riceve con piacere i vostri commenti, perciò non esitate a visitare la sua pagina www.blakepierceauthor.com per saperne di più e restare in contatto con l’autore.

Copyright © 2019 di Blake Pierce. Tutti i diritti riservati. Salvo per quanto permesso dalla legge degli Stati Uniti U.S. Copyright Act del 1976, è vietato riprodurre, distribuire, diffondere e archiviare in qualsiasi database o sistema di reperimento dati questa pubblicazione, in qualsiasi sua parte, in alcuna forma o con qualsiasi mezzo, senza previa autorizzazione dell’autore. Questo e-book è disponibile solo per fruizione personale. Questo e-book non può essere rivenduto né donato ad altri. Se vuole condividerlo con un’altra persona, è pregato di acquistarne un’ulteriore copia per ogni beneficiario. Se sta leggendo questo libro e non l’ha acquistato o non è stato acquisto per suo solo uso e consumo, è pregato di restituirlo e comprarne una copia per sé. La ringraziamo del rispetto che dimostra nei confronti del duro lavoro dell’autore. Questa storia è opera di finzione. Nomi, personaggi, aziende, organizzazioni, luoghi, eventi e fatti sono frutto dell’immaginazione dell’autore o sono utilizzati in modo romanzesco. Ogni riferimento a persone reali, in vita o meno, è una coincidenza. Immagine di copertina Copyright andreiuc88, usata su licenzia concessa da Shutterstock.com.

LIBRI DI BLAKE PIERCE

UN’EMOZIONANTE SERIE PSICOLOGICA DI JESSIE HUNT

LA MOGLIE PERFETTA (Libro #1)

IL QUARTIERE PERFETTO (Libro #2)

LA CASA PERFETTA (Libro #3)

L’EMOZIONANTE SERIE PSICOLOGICA DI CHLOE FINE

LA PORTA ACCANTO (Libro #1)

LA BUGIA DI UN VICINO (Libro #2)

VICOLO CIECO (Libro #3)

SUN VICINO SILENZIOSO (Libro #4)

I GIALLI DI KATE WISE

SE LEI SAPESSE (Libro #1)

SE LEI VEDESSE (Libro #2)

SE LEI SCAPPASSE (Libro #3)

LA SERIE DEGLI INIZI DI RILEY PAIGE

LA PRIMA CACCIA (Libro #1)

IL KILLER PAGLIACCIO (Libro #2)

LA SERIE DI GIALLI DI RILEY PAIGE

IL KILLER DELLA ROSA (Libro #1)

IL SUSSURRATORE DELLE CATENE (Libro #2)

OSCURITÀ PERVERSA (Libro #3)

IL KILLER DELL’OROLOGIO (Libro #4)

KILLER PER CASO (Libro #5)

CORSA CONTRO LA FOLLIA (Libro #6)

MORTE AL COLLEGE (Libro #7)

UN CASO IRRISOLTO (Libro #8)

UN KILLER TRA I SOLDATI (Libro #9)

IN CERCA DI VENDETTA (Libro #10)

LA CLESSIDRA DEL KILLER (Libro #11)

MORTE SUI BINARI (Libro #12)

MARITI NEL MIRINO (Libro #13)

IL RISVEGLIO DEL KILLER (Libro #14)

IL TESTIMONE SILENZIOSO (Libro #15)

LA SERIE DI GIALLI DI MACKENZIE WHITE

PRIMA CHE UCCIDA (Libro #1)

UNA NUOVA CHANCE (Libro #2)

PRIMA CHE BRAMI (Libro #3)

PRIMA CHE PRENDA (Libro #4)

PRIMA CHE ABBIA BISOGNO (Libro #5)

PRIMA CHE SENTA (Libro #6)

PRIMA CHE COMMETTA PECCATO (Libro #7)

PRIMA CHE DIA LA CACCIA (Libro #8)

PRIMA CHE AFFERRI LA PREDA (Libro #9)

LA SERIE DI GIALLI DI AVERY BLACK

UNA RAGIONE PER UCCIDERE (Libro #1)

UNA RAGIONE PER CORRERE (Libro #2)

UNA RAGIONE PER NASCONDERSI (Libro #3)

UNA RAGIONE PER TEMERE (Libro #4)

SERIE DI GIALLI DI KERI LOCKE

TRACCE DI MORTE (Libro #1)

TRACCE DI OMICIDIO (Libro #2)

TRACCE DI PECCATO (Libro #3)

TRACCE DI CRIMINE (Libro #4)

TRACCE DI SPERANZA (Libro #5)

INDICE

CAPITOLO UNO

CAPITOLO DUE

CAPITOLO TRE

CAPITOLO QUATTRO

CAPITOLO CINQUE

CAPITOLO SEI

CAPITOLO SETTE

CAPITOLO OTTO

CAPITOLO NOVE

CAPITOLO DIECI

CAPITOLO UNDICI

CAPITOLO DODICI

CAPITOLO TREDICI

CAPITOLO QUATTORDICI

CAPITOLO QUINDICI

CAPITOLO SEDICI

CAPITOLO DICIASSETTE

CAPITOLO DICIOTTO

CAPITOLO DICIANNOVE

CAPITOLO VENTI

CAPITOLO VENTUNO

CAPITOLO VENTIDUE

CAPITOLO VENTITRÉ

CAPITOLO VENTIQUATTRO

CAPITOLO VENTICINQUE

CAPITOLO VENTISEI

CAPITOLO VENTISETTE

CAPITOLO VENTOTTO

CAPITOLO VENTINOVE

CAPITOLO TRENTA

CAPITOLO TRENTUNO

CAPITOLO TRENTADUE

CAPITOLO TRENTATRÉ

CAPITOLO UNO

Ci sono momenti nella vita di ogni donna in cui ci si aspetta da lei che pianga: matrimoni, parti, magari durante il primo ballo o il matrimonio dei figli. Ma Kate Wise non si era aspettata di piangere era guardando la nipote gattonare per la prima volta.

Stava facendo da babysitter per Melissa e Terry, come aveva fatto una volta alla settimana nell’ultimo mese. Si erano impegnati ad assicurarsi che il loro matrimonio rimanesse fresco ed entusiasmante, promettendo di ritagliarsi almeno una serata per loro alla settimana. Kate in quelle serate teneva la piccola Michelle, e nelle ultime cinque settimane aveva osservato la nipote tentare di distribuire il peso sulle ginocchia e sugli avambracci finché, circa cinque minuti prima, tubando e sorridendo, aveva oscillato avanti e indietro fino a mettersi a quattro zampe.

«Ce la farai» disse Kate mettendosi sul pavimento con Michelle. Sentiva le lacrime anche allora, sorpresa ma dando loro il benvenuto nello stesso momento.

Michelle la guardò, chiaramente contenta dell’entusiasmo nella voce della nonna. Oscillò avanti e poi indietro… e poi gattonava. Riuscì ad avanzare di soli due movimenti prima che le braccia le cedessero. Però dopo si rimise su e lo rifece.

«Guarda come vai» disse Kate battendo le mani. «Brava ragazza!»

Michelle tubò ancora nella sua direzione e poi continuò ad avanzare sulle manine e i piedini maldestri.

Kate capì che forse non era il fatto che Michelle gattonasse a farla piangere. Era lo sguardo sul volto della bambina, la fiducia e la felicità genuina che aveva nei piccoli occhi quando questi trovavano il viso di Kate. Michelle somigliava moltissimo a Melissa da bambina, e l’intera situazione era troppo commovente.

Sedevano su una coperta sul pavimento, la coperta ripiegata in due per renderla più spessa nel caso in cui Michelle avesse barcollato in avanti. Oltre a quell’unica volta, però, non era caduta per niente. Anzi, attualmente dava degli schiaffetti alle gambe di Kate, come chiedendo più attenzione. Kate la sollevò, se la sistemò tra le gambe e lasciò che Michelle le si aggrappasse ai pollici.

Kate si godeva semplicemente il momento. Aveva osservato sua figlia crescere velocissima, quindi sapeva quanto fossero fuggevoli quei momenti. Si sentiva un po’ in colpa perché Melissa e Terry si stavano perdendo quel traguardo, però. Quasi chiamò Melissa per dirglielo, ma non voleva interrompere la sua serata.

 

Mentre era seduta sulla coperta a giocare con Michelle, qualcuno bussò alla porta. Kate se lo aspettava, ma Michelle girò di scatto la testolina in direzione della porta con espressione incerta.

Kate si asciugò con la mano i resti delle lacrime dal viso prima di dire «Avanti.»

La porta principale si aprì ed entrò Allen. Portava dei contenitori del cinese e, scoprì Kate deliziata, la borsa per passare lì la notte.

«Come stanno le mie ragazze preferite?» chiese Allen.

«Molto dinamiche» disse Kate con un sorriso. «Questa piccola canaglia ha gattonato per la prima volta.»

«Impossibile!»

«Sì invece.»

Allen andò in cucina e prese due piatti dalla credenza. Mentre lui divideva le porzioni della cena nei piatti, Kate sorrise. Adesso conosceva la casa da muovercisi bene. E conosceva bene anche lei: per esempio sapeva che odiava mangiare cinese in quei fragili e piccoli contenitori e che preferiva di gran lunga dei piatti veri e propri.

Portò la cena in soggiorno, sistemandola sul tavolo da caffè. Michelle mostrò grande interesse per la cosa e si allungò. Quando si accorse di non riuscire ad arrivarci, rivolse la sua attenzione alle dita dei suoi piedi.

«Ho visto che hai portato la borsa per la notte» disse Kate.

«Sì. Va bene?»

«È meraviglioso.»

«Ho pensato che potremmo partire domattina presto per fare quel giro giù ai monti Blue Ridge di cui abbiamo parlato. Fare qualche giro dei vini, magari alloggiare in un piccolo e pittoresco bed and breakfast sulle montagne.»

«Carino. E spontaneo, anche.»

«Non troppo spontaneo» disse Allen ridacchiando. «Ne parliamo da un mese circa, ormai.»

Allen sedette di fronte a lei e aprì le braccia perché Michelle andasse da lui. Lei riconosceva la sua faccia abbastanza bene, e si mise in posizione per gattonare. Cominciò ad andare verso di lui, tubando per tutto il tempo. Kate osservò il tutto svolgersi, cercando di ricordare un momento in cui il suo cuore era stato così colmo.

Si mise a cenare, osservando Allen giocare con sua nipote. Michelle stava facendo le sue oscillazioni avanti e indietro mentre Allen la incitava.

Quando squillò il telefono di Kate, tutti e tre lo guardarono. Persino Michelle riconobbe la suoneria di un cellulare, le manine che si allungavano in quella direzione mentre si metteva seduta sulla coperta. Kate agguantò il telefono dal tavolo da caffè, presumendo che fosse Melissa che chiamava per sapere come andava con Michelle.

Ma non era Melissa. Il nome sul display diceva: Duran.

Ci rimase male quando vide il nome. Una grossa parte di lei era entusiasta alla prospettiva di dare una mano in un caso. Ma la parte innamorata del momento presente non voleva rispondere al telefono. Anche se Duran poteva chiamare semplicemente con una domanda o una ricerca da richiederle – cosa che negli ultimi mesi aveva fatto sempre più – Kate sapeva anche che poteva essere qualcosa di più pressante e logorante.

Kate capì che Allen aveva già intuito chi stava chiamando. Forse lo aveva capito dall’indecisione sul viso di lei.

Rispose alla telefonata diligentemente, ancora piuttosto orgogliosa di lavorare attivamente con il bureau nonostante si trovasse sul finire dei cinquantasei anni.

«Salve, direttore» disse. «A cosa devo il piacere?»

«Buonasera, Wise. Senti… abbiamo una situazione non troppo lontana dalla tua zona. Un doppio omicidio e una persona scomparsa. Tutto nello stesso caso. C’è un’atmosfera da piccola città – così piccola che il dipartimento di polizia locale ammette di essere impreparato. Dato che c’è il fattore persone scomparse – la scomparsa è una ragazzina di quindici anni – vorrei che tu e DeMarco cercaste di risolverlo in silenzio prima che i notiziari ne sentano parlare e lo rendano un caso molto più complicato di quel che deve essere.»

«Qualche dettaglio finora?» chiese Kate.

«Non molti. Ma ecco quello che so al momento.»

Mentre ascoltava il direttore Duran che le spiegava perché stesse chiamando e cosa aveva bisogno che facesse nelle seguenti dodici ore circa, guardò tristemente Allen e Michelle.

La chiamata terminò tre minuti dopo. Risistemò il telefono e scorse Allen guardarla. Aveva uno stanco sorriso di comprensione in volto.

«Possiamo magari provare le cantine e il bed and breakfast un altro weekend?» disse lei.

Lui le restituì un sorriso triste, poi distolse lo sguardo.

«Sì, magari» disse.

Fissò fuori dalla finestra, come fissando il suo futuro, e Kate vide l’insicurezza che provava.

Non poteva biasimarlo; lei stessa non sapeva che cosa le riservasse il futuro.

Però sapeva una cosa: qualcuno là fuori era morto, ed era dannatamente sicura che avrebbe scoperto il colpevole.

CAPITOLO DUE

Anche se Kristen DeMarco era significativamente più giovane di Kate (aveva compiuto ventisette anni appena una settimana prima), Kate aveva difficoltà a vederla come una ragazzina. Anche quando era entusiasta di cominciare a lavorare su un nuovo caso, riusciva a permeare l’entusiasmo della logica e della serietà dei fatti.

Lo stava facendo in quel momento, mentre lei e Kate si dirigevano a ovest verso la cittadina di Deton, Virginia. Kate non era mai passata per Deton, però ne aveva sentito parlare: una piccola città di campagna tra una serie di simili cittadine di campagna che punteggiavano il margine nordoccidentale della Virginia prima che subentrasse la Virginia Occidentale.

Apparentemente anche DeMarco sapeva che la città non era nient’altro che un puntino sulla mappa. C’era entusiasmo nella sua voce mentre elencava i dettagli del caso, ma nessun vero senso di fretta o aspettativa.

«Due sere fa un pastore di Deton ha fatto visita alla residenza dei Fuller. Ha raccontato alla polizia che ci era andato per raccogliere vecchie Bibbie da Wendy Fuller, la moglie. Quando è arrivato nessuno ha risposto alla porta, però ha sentito la televisione accesa, dentro. Ha tentato con la porta principale, non l’ha trovata chiusa a chiave, e ha urlato dentro casa per avvertire che era lì. Stando al pastore, ha visto del sangue sul tappeto, ancora umido. È entrato per controllare la situazione e ha trovato sia Wendy che Alvin Fuller morti. La figlia di quindici anni, Mercy, non si trovava da nessuna parte.»

DeMarco fece una pausa di un attimo e poi distolse lo sguardo dal file che aveva portato con sé da Washington D.C. «Ti spiace che lo faccia io?» chiese.

«Ripercorrere il caso? Assolutamente no.»

«Lo so che sembra di cattivo gusto. Però mi aiuta a memorizzare le informazioni.»

«Non è di cattivo gusto» disse Kate. «Un tempo tenevo un registratore sempre con me. Facevo esattamente ciò che stai facendo tu adesso e mi registravo continuamente. Quindi, per favore… continua. I dettagli che mi ha dato Duran al telefono erano esigui, per usare un eufemismo.»

«Il rapporto del coroner dice che la causa della morte consiste in ferite multiple da arma da fuoco, eseguite con un fucile da caccia Remington. Due colpi al padre, uno alla madre, che è pure stata percossa, probabilmente con il calcio dell’arma. Il dipartimento locale ha controllato i registri di caccia e può confermare che il marito, Alvin Fuller, era un cacciatore registrato e che possedeva quello stesso fucile. Però sulla scena non è stato trovato da nessuna parte.»

«Quindi l’assassino lo ha ucciso con la sua stessa arma e poi l’ha rubata?» chiese Kate.

«Così pare. A parte questi appunti, il dipartimento locale non è riuscito a uscirsene con niente, né il dipartimento di polizia di stato ha trovato una vera e propria pista. Sulla base della testimonianza di amici e parenti, i Fuller venivano considerati brava gente. Il pastore che ha trovato i corpi dice che erano in chiesa quasi ogni domenica. Stava raccogliendo le Bibbie dei Fuller per mandarle oltremare ai missionari nelle Filippine.»

«La brava gente non sempre attrae altra brava gente, però» indicò Kate.

«Però in questo tipo di città… tutti conoscono tutti. Mi viene da pensare che se nessuno ha offerto prove o teorie di sorta, l’assassino potrebbe essere uno da fuori.»

«È probabile» disse Kate. «Però penso che il fatto che una quindicenne sia scomparsa potrebbe essere più importante. Quelli del posto sicuramente presumeranno che la ragazzina sia stata rapita. Ma se rimuoviamo dalla cosa il filtro da piccola città e facciamo in modo di non presumere che tutti siano brave persone, che altre teorie saltano fuori?»

«Che la figlia potrebbe non essere stata rapita» disse DeMarco. Parlò lentamente, come considerando l’idea con molta cautela. «Che potrebbe essere fuggita. Che potrebbe essere lei l’omicida.»

«Esattamente. E ho già visto cose del genere. Se arriviamo a Deton blaterando di questa teoria, ci beccheremo occhiatacce acide e porte chiuse.»

«Lo immagino anch’io.»

«Non che non dobbiamo trattarlo come un caso di rapimento dall’inizio. Però non possiamo neanche presentarci presumendo che la figlia sia l’assassina.»

«Non finché non ne sappiamo di più su di lei» disse DeMarco.

«Okay. E ho la sensazione che sia da qui che dobbiamo cominciare. Perché se tutti in città vedono i Fuller come brava gente, posso praticamente prometterti che nessuno esaminerà come si deve la figlia in quanto sospettata.»

«Allora partiamo da qui» disse DeMarco.

«Sì, ma magari senza farci notare. Se scoprono che stiamo partendo con la figlia quindicenne degli appena deceduti come primo sospettato, il caso sarà molto più difficile di quanto dovrebbe essere.»

Era un’affermazione profetica, che si fece ancor più pressante quando superarono un cartello che diceva che Deton si trovava solo sette miglia più avanti.

***

Deton non era piccola quanto Kate si aspettava, però era comunque piuttosto campagnola. Sembrava che ogni attività di una reale importanza si situasse lungo il tratto di strada principale che la attraversava. Non esisteva Main Street, solo un frammento della Highway 44. Le vie secondarie zigzagavano fuori dalla 44, serpeggiando fino a tornare di nuovo all’interno della zona meno popolata di Deton.

Il volume della cittadina consisteva in un drugstore Rite Aid, un Burger King, un Dollar General e numerose attività locali più piccole. Kate aveva visto centinaia di cittadine come quella durante una carriera che l’aveva portata in tutto il paese, e aveva la sensazione che apparissero tutte uguali. Certo, ciò non significava che la gente e la loro cultura fossero le stesse. Pensare una cosa del genere sarebbe stato un errore enorme.

La residenza dei Fuller era situata a circa tre miglia fuori dalla zona principale della città, su una delle vie secondarie. Era una semplice casa a due piani che necessitava di nuovi rivestimenti sulle facciate laterali e di un nuovo tetto. L’aspetto rustico tradiva le altre cose che Kate e DeMarco notarono mentre Kate si immetteva nel vialetto.

C’era un furgone dei notiziari parcheggiato nel vialetto. Una giornalista di bell’aspetto e un cameraman stavano parlando di qualcosa davanti al furgone. Anche una solitaria auto della polizia se ne stava nel vialetto, con un agente semplicemente seduto all’interno. Vide Kate e DeMarco arrivare e lentamente fece per smontare dalla macchina.

La giornalista alzò lo sguardo quando Kate e DeMarco smontarono dall’auto. Come uno zelante segugio, la reporter si precipitò istantaneamente da loro. Il cameraman armeggiò con l’attrezzatura, cercando di starle dietro, ma rimase qualche passo più in là.

«Siete detective?» chiese la giornalista.

«No comment» abbaiò Kate.

«Siete autorizzate a stare qui?»

«E voi?» chiese Kate, replicando rapidamente.

«Io ho la responsabilità di dare le notizie» disse la reporter, dando una risposta preconfezionata.

Kate sapeva che la giornalista sarebbe stata in grado di scoprire che circa un’ora prima era stato chiamato l’FBI. Perciò le stette bene mostrarle il distintivo mentre lei e DeMarco avanzavano verso la casa.

«Siamo dell’FBI» disse Kate. «Lo tenga a mente se le salta in testa di seguirci all’interno.»

La giornalista si fermò sul posto, il cameraman che quasi le andò addosso. Dietro di loro, l’agente si avvicinava. Kate vide dalla targhetta col nome e dal distintivo appuntato all’uniforme che era lo sceriffo di Deton. Fece un gran sorriso alla giornalista superandoli.

 

«Vede» disse alla giornalista, un po’ burbero. «Non sono solo io. Nessuno vi vuole intorno.»

Si fermò di fronte a Kate e DeMarco, accompagnandole alla porta principale. Sottovoce aggiunse «Conoscete le leggi bene quanto me. Non posso prenderli a calci perché tecnicamente non stanno facendo nulla di sbagliato. Quei maledetti avvoltoi sperano che passi un parente o qualcuno.»

«Da quanto sono parcheggiati lì?» chiese DeMarco.

«C’è almeno un furgone dei notiziari parcheggiato lì ogni giorno da quando è accaduto, due giorni fa. A un certo punto ieri erano tre. Tutta questa faccenda fa davvero notizia da queste parti. Ci sono furgoni e nuove troupe anche attorno alla stazione di polizia della contea. È piuttosto seccante.»

Aprì con la chiave la porta principale e fece cenno di affrettarsi dentro. «Sono lo sceriffo Randall Barnes, comunque. Ho il dispiacere di essere a capo di questa roba. Quelli dello stato hanno scoperto che stava arrivando il bureau e hanno deciso di farsi da parte. Stanno ancora conducendo una caccia all’uomo per la figlia, però mi stanno lasciando la parte dell’omicidio sulla soglia di casa.»

Entrarono mentre anche Kate e DeMarco si presentavano. Non ci fu conversazione dopo, però. La vista di fronte a loro, anche se neanche lontanamente vicina ad alcune scene del crimine che Kate aveva visto, era scioccante. Le asciutte chiazze rosse sul tappeto azzurro erano piuttosto audaci. C’era una sensazione stantia nel posto, una cosa che Kate aveva sentito in scene del genere in passato – cosa che aveva cercato di descrivere innumerevoli volte ma senza mai riuscirvi.

Dal nulla, pensò a Michael. Aveva cercato di spiegargli quella sensazione una volta, affermando che era quasi come se la casa stessa potesse percepire la perdita e che la sensazione di stantio nell’aria fosse la reazione della casa. Lui le aveva riso in faccia, e aveva detto che sembrava quasi spirituale, in modo strano.

A lei era stato bene così… soprattutto perché era esattamente quello che sentì osservando la casa dei Fuller.

«Agenti, io torno fuori sul portico» disse lui. «Assicuratevi di non farvi scorgere da occhi curiosi. Urlate se vi serve qualcosa. Ma ve lo dico subito… qualsiasi cosa vogliate sapere che non si trova già sui rapporti che abbiamo inviato dovrà venire da un altro dei miei agenti – uno che si chiama Foster. Qui a Deton non siamo esattamente abituati a casi del genere. Stiamo scoprendo quanto impreparati siamo a cose simili.»

«Ci farebbe molto piacere parlare con lui, dopo» disse DeMarco.

«Allora gli faccio una telefonata e mi assicuro che sia alla stazione.»

Uscì di nuovo dalla porta principale in silenzio, lasciandole alla scena. Kate fece il giro delle prime macchie di sangue sul tappeto. Ce n’erano alcune anche sul divano, e delle macchie sul muro appena sopra di esso. Un piccolo tavolino da caffè si trovava di fronte al divano, e alcuni oggetti su di esso sembravano sparpagliati – qualche bolletta, una tazza di plastica vuota ma ribaltata, e il telecomando del televisore. Poteva indicare segni di una lotta rapida però, nel caso, non particolarmente feroce.

«Nessun vero segno di lotta» disse DeMarco. «A meno che la figlia non sia molto forte e atletica, non vedo come avrebbe potuto farlo.»

«Se è stata la figlia, potrebbero non esserselo aspettato» ribatté Kate. «Potrebbe essere entrata dritta nella stanza, nascondendo l’arma dietro la schiena. Uno dei due poteva essere morto prima che l’altro si accorgesse di quel che stava accadendo.»

Studiarono la zona per qualche minuto, non trovando nulla di fuori dall’ordinario. C’erano alcune foto sulla parete, molte delle quali erano ritratti di famiglia. Era la prima volta che vedeva la ragazza che presumeva essere Mercy Fuller. Le fotografie la mostravano in vari stadi di età: dai circa cinque anni fino al presente. Era una ragazza carina che probabilmente sarebbe diventata bella al college. Aveva i capelli neri, gli occhi nocciola e un sorriso radioso.

Poi si avventurarono più in profondità nella casa, giungendo a una stanza che ovviamente apparteneva a una teenager. Su una scrivania piena di penne e carta c’era un diario adornato di brillantini. Un ananas rosa di ceramica si trovava sul margine della scrivania, una cornice per foto con in cima un supporto per cavi conteneva la foto di due ragazzine che sorridevano ribelli alla macchina.

Kate aprì il diario. L’ultima entrata risaliva a otto giorni prima e si diceva di un ragazzo di nome Charlie che l’aveva baciata molto rapidamente mentre cambiavano classe a scuola. Esaminò qualche appunto precedente e trovò racconti simili: difficoltà per un compito in classe, il desiderio che Charlie le prestasse maggiore attenzione, il sogno che quella stronza di Kelsey Andrews finisse sotto a un treno.

Da nessuna parte nella stanza c’erano segnali di intento omicida. Controllarono la stanza da letto dei genitori lì accanto, e la trovarono ugualmente poco interessante. C’era qualche rivista per adulti nascosta nell’armadio, ma a parte quello i Fuller sembravano puliti in modo lampante.

Quando dopo venti minuti uscirono dalla casa, Barnes era ancora sul portico. Sedeva su una vecchia poltrona graffiata a fumare una sigaretta.

«Trovato qualcosa?» chiese.

«Niente» rispose DeMarco.

«Anche se mi chiedo una cosa» aggiunse Kate. «Lei o la polizia di stato avete per caso trovato un laptop o un cellulare in camera della figlia?»

«No. Ora, per quanto riguarda il laptop… non è una gran sorpresa. Magari l’avete visto dallo stato della casa, ma i Fuller non erano esattamente il tipo di famiglia che può permettersi un laptop per la figlia. Per il telefonino, il tabulato telefonico del cellulare dei Fuller mostra che Mercy Fuller un suo telefono ce l’aveva. Però nessuno è riuscito a tracciarlo, finora.»

«Magari è spento» disse DeMarco.

«Probabile» disse Barnes. «Però apparentemente – e questa per me è stata una novità – persino quando è spento un telefono può essere tracciato fino al posto in cui è stato spento… l’ultimo posto in cui era acceso. E quelli dello stato hanno visto che è stato acceso per l’ultima volta qui, nella casa. Però, come avete fatto notare voi, non si trova da nessuna parte.»

«Quanti uomini avete attivamente al lavoro sul caso?» chiese Kate.

«Al momento tre alla stazione, che fondamentalmente gestiscono gli interrogatori e indagano sugli ultimi acquisti fatti, gli ultimi luoghi noti in cui sono stati e roba del genere. C’è uno di quelli dello stato rimasto ad aiutare, anche se non ne è felicissimo.»

«E ha uno nel suo gruppo che considererebbe il capo oltre a sé?»

«Esatto. Come ho detto, sarebbe l’agente Foster. Quell’uomo ha una testa che è come una serratura.»

«Può portarci in stazione per una breve riunione?» chiese Kate. «Ma solo con lei e questo agente Foster. Usiamo discrezione.»

Barnes annuì tristemente alzandosi dalla poltrona e lanciò quel che restava della sigaretta in giardino. «Volete parlare di Mercy come sospettata senza far sì che troppe persone lo sappiano. Giusto?»

«Penso che sia sciocco escludere la cosa dalle possibilità senza esaminarla» disse Kate. «E mentre esaminiamo questa strada, sì, ha ragione. Meno persone lo sanno, meglio è.»

«Faccio quella telefonata a Foster mentre andiamo in stazione.»

Scese i gradini, fissando la giornalista e il suo cameraman, e Kate si chiese se avesse avuto almeno un brutto alterco con quelli dei notiziari negli ultimi due giorni.

Mentre lei e DeMarco montavano nella loro auto, anche lei rivolse ai giornalisti un’occhiata diffidente. Sapeva che nelle comunità come Deton un assassinio come quello poteva essere un terremoto. E, per questo, sapeva che i giornalisti in quelle zone di solito non si fermavano davanti a niente per avere la loro storia.

Kate si chiese se magari lì non ci fosse più di una storia a cui stava guardando – e, nel caso, che cosa avrebbe dovuto fare per radunarne tutti i pezzi.