Geschichte und Region/Storia e regione 29/1 (2020)

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Scuola e alfabetismo nella Bassa Valle d’Aosta tra Sette e Ottocento
Maurizio Piseri
Premessa

Chiusa dagli alti massicci delle Alpi Graie e delle Alpi Pennine, la Valle d’Aosta, fino alla costruzione delle moderne infrastrutture stradali del secondo Novecento, si offriva al viaggiatore come un vero e proprio cul-de-sac, noto che i passi alpini verso la Savoia e il Vallese erano collocati ad altezze superiori ai 2000 metri e permettevano i transiti per non più di tre o quattro mesi all’anno. Per quanto la regione condivida le tipiche istituzioni sociali ed economiche delle realtà alpine, la peculiare morfologia del territorio conferisce ad essa caratteristiche riconducibili entro una dimensione di chiusura. A differenza delle altre valli alpine, la Valle d’Aosta non è un’importante linea di valico, inoltre anche le comunicazioni verso il Piemonte sono agevoli solo scendendo da Montjovet, dove la Dora attraversa la gola che separa la Bassa dall’Alta Valle. Per quanto, soprattutto nelle convalli, artigianato ed emigrazione abbiano una importanza pari alle altre aree alpine (unite all’allevamento), la scarsità dei traffici non ha favorito quelle forme di specializzazione delle maestranze diffusa nel mondo alpino. Se escludiamo, come avremo modo di analizzare più avanti, la Valle di Gressoney, si può affermare che la Valle d’Aosta è esclusa, come dimostreranno le caratteristiche della sua evoluzione economica novecentesca, da quel “capitalismo di montagna” analizzato da Raul Merzario, fondato sulla emigrazione e sulla connessa specializzazione di attività artigianali o terziarie.1

L’isolamento della regione si riflette anche negli aspetti culturali e linguistici. Aosta, città con poco più di 4000 abitanti nel periodo esaminato, è un piccolo centro incapace di esercitare un reale controllo politico ed amministrativo sul territorio, ancor più dopo il sostanziale esautoramento, nel 1773, delle prerogative del Conseil des Commis2 nell’ambito delle riforme amministrative attutate da Vittorio Amedeo III nel Regno di Sardegna.3 Centrale era invece il ruolo della Chiesa sul territorio, circostanza che, come vedremo, avrà un importante impatto sul sistema educativo. Tuttavia, non meno centrale era il suo ruolo culturale, soprattutto legato ai significati assunti dalla lingua francese. La diocesi di Aosta, al pari di altre valli dell’estremità occidentale delle odierne Alpi italiane, dipendeva dall’arcidiocesi di Tarantasia, che, per concessione papale, utilizzava il francese come lingua liturgica. Il francese, pertanto, si afferma in Valle d’Aosta come lingua liturgica, spesso non parlata dalla popolazione dialettofona, e usata abitualmente nelle scuole fino alla legge Casati, che segna la fine del primato ecclesiastico nel sistema d’istruzione valdostano.

Obiettivo di questo contributo è offrire un quadro del sistema scolastico valdostano preunitario per proiettarsi in un approfondimento volto ad analizzare l’evoluzione del sistema scolastico e della competenza alfabetica in due realtà specifiche e contigue della Bassa Valle: l’odierna Comunità montana Evançon (Valle d’Ayas e fondo valle di Verrès) e la Valle di Gressoney, caratterizzata dalla presenza della comunità walser.

La scuola primaria in Valle d’Aosta tra Sette e Ottocento

Gli studi sulla scuola valdostana hanno origine nella seconda metà dell’Ottocento e si inquadrano nella polemica tra liberali ed ecclesiastici che attraversò la regione nei primi anni unitari. Il mondo ecclesiastico valdostano usò la storia per risalire alle origini delle scuole e rivendicare il primato della Chiesa nell’educazione popolare (non bisogna dimenticare che nei censimenti postunitari la Valle vantava tra i più alti livelli di alfabetismo) unito alla bontà di quelle scuole di villaggio (écoles de hameau) accusate dai liberali di essere fomentatrici di ignoranza e superstizione.4 Del resto, osservavano i liberali, le scuole di villaggio non erano vere scuole: più del catechismo e dell’apprendimento mnemonico della firma esse non insegnavano. Da qui l’auspicio di una loro rapida sostituzione con scuole comunali tenute da maestri abilitati e approvati dal Provveditorato di Torino. La polemica investiva anche la lingua francese: identificata con la Chiesa, era percepita dai liberali come un veicolo di bigottismo e di superstizione che si stagliava contro l’italiano, la lingua del progresso e della modernità.5

La contesa con i liberali indusse esponenti della cultura ecclesiastica locale, come Joseph-Marie Treves, a risalire alle origini della scuola valdostana al fine di rivendicare la centralità del clero nell’istruzione popolare. Sebbene un ruolo del clero nell’amministrazione delle scuole e nell’esercizio dell’insegnamento sia innegabile, la realtà, come hanno dimostrato lavori più recenti, si presenta più articolata.6 L’unico intervento istituzionale della Chiesa valdostana a favore della scuola popolare fu attutato dal vescovo Pierre-François de Sales de Thorens, che, intorno al 1770, convertì a favore dell’istruzione popolare le rendite di alcune confraternite cessate o decadute. Tuttavia, gran parte delle scuole di villaggio furono erette grazie ai lasciti testamentari di privati, laici ed ecclesiastici, legati a favore di confraternite o fabbricerie.7 Allorché Treves rivendica il ruolo della Chiesa nella fondazione delle scuole, confonde l’ente amministratore del legato con l’autore dell’atto istitutivo. Inoltre è bene ricordare che, pur nella loro natura ecclesiastica, confraternite e fabbricerie erano istituzioni religiose volte a organizzare e a disciplinare il culto dei laici, con importanti riflessi anche sulla vita civile della comunità.

Una fonte importante per individuare le origini delle scuole, risalire ai loro fondatori e agli enti amministratori sono gli Etats des parroisses (relazioni offerte dai parroci in occasione delle visite pastorali) conservate nell’Archivio vescovile della diocesi di Aosta. Fonti preziose, gli Etats non ci permettono di sapere se la scuola sia effettivamente attiva perché limitano le loro informazioni all’atto di dotazione (legato testamentario o altre forme di finanziamento). Del resto le piccole dimensioni delle rendite rendevano probabile che la scuola non fosse esercitata, almeno finché non si trovasse un soggetto disposto a istruire in cambio di un misero stipendio oppure finché altri legati non venissero a incrementare l’offerta salariale.

Per questo motivo, i primi quadri attendibili sul sistema scolastico valdostano sono ricavabili dalle inchieste dell’età napoleonica. Purtroppo il Dipartimento della Dora8 – al pari di altri dipartimenti piemontesi soggetti alla Francia – non vanta la ricchezza di inchieste scolastiche del Regno Italico. Tuttavia i due censimenti del 1807 e del 1808 risultano soddisfacenti e offrono un buon repertorio di informazioni.9 Da essi è stata tratta la tabella 1. Nell’elaborazione dei dati si è privilegiata una ripartizione geografica secondo le attuali comunità montane, ritenendole più consone a riflettere le differenze socioeconomiche e antropo-umane delle singole valli e della regione rispetto alle distrettuazioni seguite dalle inchieste.10


Comunità MontaneAnni
18071808
C. M. Walser42
C. M. Monte Rosa117
C. M. Monte Evançon2611
C. M. Monte Emilius2319
C. M. Monte Cervino2422
C. M. Grand Combin3219
C. M. Gran Paradis3414
C. M. Valdigne2915
Città di Aosta34
Valle d’Aosta186113

Tab. 1: Scuole della Valle d’Aosta.

Le inchieste napoleoniche registrano 186 scuole nel 1807 e 113 nel 1808. Il dato emergente è la drastica riduzione di scuole tra i soli 18 mesi che separano le due inchieste. La ragione va ricercata negli effetti, sulle scuole di villaggio, della legge Fourcroy del 1 maggio 1802, che definisce l’assetto della pubblica istruzione della Repubblica Francese.11 Nello specifico, se da un lato la normativa scolastica francese imponeva ai comuni di mantenere una scuola elementare, dall’altro esigeva che i maestri fossero tutti abilitati all’insegnamento presso apposite commissioni istituite nei capoluoghi di dipartimento.

Tale disposizione, di fatto, poneva fuori norma gran parte delle scuole di villaggio, tenute da maestri spesso improvvisati e privi di alcuna preparazione didattica, non ultimo anche per la scarsità degli stipendi e per la breve durata (4–6 mesi) delle scuole. È desumibile che molti maestri e, di conseguenza, molte scuole cadessero in una posizione irregolare rispetto alla legge scolastica. Del resto per tanti maestri era difficile mettersi in regola con le normative scolastiche conseguendo l’abilitazione, sia per la scarsa capacità sia, aspetto tutt’altro che trascurabile, per il gravame economico di doversi trasferire ad Ivrea per sostenere gli esami presso le commissioni designate. Purtroppo la documentazione non permette di conoscere quali azioni e quali pressioni esercitò il prefetto della Dora sui comuni affinché si conformassero alla legge. Tuttavia l’esperienza del Regno Italico ci mostra come, proprio negli anni delle due inchieste, le prefetture esercitino pressioni sui comuni affinché regolarizzino la loro posizione rispetto alle leggi scolastiche, non ultimo in merito all’abilitazione dei maestri, usando come strumento di pressione l’eventuale rigetto dei budget comunali.12 Analoghe pressioni potrebbero essere state esercitate anche sui sindaci valdostani; tuttavia, a prescindere da questo, un simile collasso di offerta d’istruzione è spiegabile con un’esistenza carsica di un buon numero di scuole di villaggio. Al fine di conservare i vecchi maestri non abilitati e inscrivere in bilancio compensi per i maestri accettabili per la prefettura è probabile che molti sindaci denunciassero una o alcune scuole tra quelle realmente esistenti, lasciando le altre nell’ombra.13

 

Per misurare la reale capillarità del sistema scolastico valdostano dobbiamo spostarci alla tabella 2, che offre il numero di scuole per ogni comune, distribuito per l’entità della popolazione. Poiché, per i motivi sopra addotti, il 1808 è un anno poco attendibile, l’elaborazione dei dati è stata realizzata sulla sola inchiesta del 1807.


Tab. 2: Scuole/Comuni.

Come si può evincere i comuni valdostani riescono a garantire la presenza di più scuole nel loro territorio. Il dato più debole, ma comunque superiore a una scuola per comune, è offerto dalla Valle di Gressoney (comunità montane Walser e Monte Rosa). Tuttavia, come vedremo, si tratta di un dato ingannevole e legato alla particolare realtà sociolinguistica di quel territorio. In linea di massima i comuni valdostani mantengono tra le due e le tre scuole. Il dato è molto rilevante, perché dimostra come i comuni puntassero a conservare la tradizione delle scuole di villaggio e a garantire la presenza di un maestro anche nei piccoli centri abitati sparsi su un ampio territorio. Tale volontà è provata dal dato dei comuni con più di 700 abitanti che tocca valori tra le quattro e le sei scuole, con una punta di nove scuole a La Salle, l’unico comune della Valdigne superiore ai 2000 abitanti. Se escludiamo la Valle di Gressoney, notiamo che anche i piccoli e i piccolissimi comuni riescono a garantire la presenza di una o anche più scuole.

La tabella 3 ci permette di approfondire l’analisi della capillarità del sistema scolastico valdostano attraverso il numero di scuole ogni 1000 abitanti.


Tab. 3: Scuole ogni 1000 abitanti per dimensione dell’abitato.

La capacità delle scuole valdostane di garantire una facile accessibilità all’istruzione di base è ribadita. Sempre escludendo la Valle di Gressoney, gli indici si collocano tra le 2,50 e le 4,92 scuole ogni 1000 abitanti. Se consideriamo che si tratta in gran parte di scuole maschili (ma rapportate su una popolazione che comprende anche le donne) possiamo affermare che, potenzialmente, il sistema scolastico valdostano sarebbe in grado di garantire livelli alti, se non universali14, di alfabetismo maschile. Infatti gran parte delle comunità montane si avvicinano o superano quella soglia di tre maestri ogni 1000 abitanti individuata da Carlo Cipolla15 come indicatore di un’offerta di istruzione in grado di sconfiggere l’analfabetismo. In linea di massima in tutte le classi di popolazione inferiori ai 1000 abitanti, i comuni valdostani riescono a superare la soglia di tre scuole ogni 1000 anime. I valori molto alti offerti dai piccoli comuni sono frutto di un’alterazione prodotta dai meccanismi di calcolo (se comuni con 100–200 abitanti hanno una scuola – come prova la tabella 2 – l’indice tenderà a lievitare senza portare a un reale miglioramento dell’offerta didattica) che, tuttavia, non inficia la loro capacità di offrire un facile accesso all’alfabeto.

Valori decisamente inferiori alle tre scuole si registrano, invece, nei comuni sopra i 1000 abitanti. Le forme di insediamento, sparso o accentrato, che caratterizzano il comune giocano un ruolo importante nella determinazione del dato. Un comune a popolazione accentrata non avvertirà il bisogno di moltiplicare l’offerta didattica nelle piccole frazioni; esigenza, invece, avvertita dai comuni a popolazione dispersa. Questa può essere una prima motivazione del dato, tenuto conto che, come già osservato, le scuole sono prevalentemente maschili e un indice superiore a 1,5 scuole può essere sufficiente, in un comune a insediamento accentrato, a garantire comunque un comodo accesso scolastico ai maschi in età d’istruzione. In altri casi può giocare il rapporto tra domanda e offerta di istruzione: i comuni più popolosi e a popolazione accentrata sono spesso ubicati nei fondivalle, dove i livelli di alfabetismo e, presumibilmente, la domanda di istruzione sono più bassi rispetto ai comuni di media e alta valle. Né va trascurato che, nei comuni più popolosi a popolazione accentrata, aumenta il peso dei maestri privati, in genere assenti nei villaggi.

Le inchieste offrono indicazioni anche sulla tipologia di scuola. Nell’inchiesta del 1807 sono 148 le scuole di leggere scrivere e conti destinate ai maschi. Altre 35 scuole sono indicate come “femminili”, in gran parte collocate nella Valdigne (9) e nel Gran Paradiso (17).16 L’anno successivo sono soprattutto le scuole femminili ad essere spazzate via, ridotte a solo sette. La Valdigne mantiene una sola scuola femminile e due sono ancora attive nel Gran Paradiso. Le scuole maschili di leggere scrivere e conti sono ora 103.

Le analisi delle inchieste napoleoniche pendono a favore dei fautori otto e novecenteschi delle scuole di villaggio e del loro legame con la tradizione religiosa e linguistica della regione. Nonostante la povertà del territorio, i comuni valdostani riescono a garantire accessi universali all’istruzione di base alla popolazione maschile. La tabella 4 ci permette di conoscere come questo fosse possibile.


Tab. 4: Spesa (lire imperiali) ogni 1000 abitanti per dimensione dell’abitato.

La tabella fa emergere con evidenza quanto poche fossero le risorse destinate alle scuole. Poiché i costi sono in gran parte destinati agli stipendi dei maestri è evidente che la possibilità di mantenere un capillare sistema scolastico passava attraverso una forte compressione dei salari degli insegnanti. La tabella 5 esprime con nitidezza questa dinamica.


Tab. 5: Fasce salariali (1808).

Purtroppo l’inchiesta del 1807 non offre dati sui salari, circostanza che costringe a ricorrere all’inchiesta del 1808. Come sappiamo, in quest’ultima inchiesta spariscono un buon numero di scuole e, molto probabilmente, i compensi dei maestri di villaggio sono accorpati agli stipendi dei maestri dichiarati dai sindaci. Nonostante queste premesse favorevoli all’aumento nominale dei salari, la tabella mostra come in tutta la Valle solo 4 dei 185 compensi dichiarati riescano ad elevarsi sopra le 150 lire annue. Anche ipotizzando una tendenza degli onorari a collocarsi verso la soglia superiore della fascia salariale più bassa, ci imbattiamo in redditi che, in assenza di altre entrate, non permetterebbero ad un individuo di mantenersi per 5–6 mesi all’anno. Dunque, la possibilità di garantire un facile accesso all’alfabeto della scuola valdostana passa attraverso la disponibilità di insegnanti disposti ad accettare miseri stipendi. Purtroppo le inchieste non offrono dati sullo stato civile dei maestri e sulle loro competenze didattiche. Tuttavia è certo che solo la condizione ecclesiastica o, se laici, lo svolgimento di una seconda attività potevano sottrarre i maestri da una realtà di pesante indigenza, così come sottolinea Marco Cuaz:

“Il recevait un traitement de misère, provenant des revenus des donations ou de la contribution des parents les plus fortunés; un traitement qui ne lui permettait pas d’exercer sa profession à temps plein, et qui l’obligeait à avoir d’autres activités plus rémunératrices, activité de paysan, d’artisan ou de secrétaire de mairie”17.

Del resto, altre fonti non mancano di denunciare le miserabili remunerazioni dei maestri e le loro inevitabili conseguenze.

“Une école communale où tous les gens de la paroisse peuvent envoyer leurs enfants, 3 mois seulement, gage maître 40 livre. Elle n’est pas été enseignée dans les années courantes, il n’y a qu’une personne qui puisse prendre cette peine, Jean Joseph de feu B. Polon, il est a peu près instruit, doué de probité, qui a réfuté d’enseigner dans cette année à cause du modeste du gage.”18

È possibile risalire alle competenze didattiche dei maestri della Comunità montana Evançon e della Valle di Gressoney. In quest’ultima, nel 1807, cinque maestri sono indicati come capable o tres capable, mentre uno solo è ritenuto médiocre; tutti sanno il francese e godono di una buona reputazione morale.19 Le valutazioni attribuite ai maestri della Comunità montana Evançon ci rappresentano una realtà ben diversa. La mediocrità colpisce sei maestri su sette (un maestro è definito très capable), solo due maestri parlano francese mentre gli altri ne hanno una conoscenza superficiale. La situazione migliora se ci spostiamo sulle capacità morali, dove tutti i maestri godono di una buona reputazione.20 La migliore qualità dei maestri della Valle di Gressoney va presa con le dovute precauzioni. Le valutazioni offerte dai sindaci o da altri soggetti incaricati di rispondere ai quesiti delle inchieste possono discostarsi anche di molto dalla realtà, come riscontrato laddove i materiali documentari sono più abbondanti.21

Purtroppo le inchieste non forniscono dati sulla frequenza scolastica, che avrebbero permesso di costruire indici utili per la comprensione dell’efficacia del sistema scolastico valdostano e della sua capacità di avvicinare all’alfabeto importanti quote della popolazione. Possiamo, tuttavia, approfondire tale aspetto attraverso le dinamiche della competenza alfabetica di due aree studiate in dettaglio: la Comunità montana Evançon e la Valle di Gressoney.

Nelle nostre analisi sul sistema scolastico valdostano, non abbiamo considerato la città di Aosta. I dati offrono una scarsa offerta di istruzione pubblica, decisamente inferiore rispetto alle campagne. Ci imbattiamo in un fenomeno piuttosto diffuso, come dimostra il caso del Regno Italico. Nelle città il ruolo dell’insegnamento privato è molto forte e, su di esso, poco o nulla incidono le politiche scolastiche dell’età napoleonica.22 Purtroppo, allo stato attuale, è impossibile conoscere l’offerta di maestri privati ad Aosta, ma è presumibile che, al pari di altre città e grossi borghi dell’epoca, il suo ruolo fosse tutt’altro che gregario all’insegnamento elementare pubblico.

 

L’alfabetismo nella Comunità montana Evançon e nella Valle di Gressoney

La dinamica dei processi di alfabetizzazione delle due aree è stata studiata in dettaglio in due tesi di laurea,23 dalle quali sono tratti i dati offerti in questo paragrafo. L’alfabetismo è stato ricavato dalla firma degli atti di matrimonio dei registri di stato civile sabaudo, conservati presso le parrocchie e inviati, in seconda copia, agli ordinariati diocesani. L’obbligo ai parroci di conservare i registri decorre dalla fine del 1837, motivo per cui le scritture sono relativamente regolari a partire dal 1838, anno in cui inizia la rilevazione delle coorti di sposi in entrambe le tesi. Limite degli atti matrimoniali sabaudi è di non offrire la professione degli sposi, facendo così mancare una variabile importante per l’analisi dei dati. Tale informazione è però offerta negli atti di battesimo. Si è così ricavata la professione degli sposi andando a cercare la coppia negli atti di battesimo registrati tre anni dopo il matrimonio, preso atto che i modelli demografici dell’epoca offrono intervalli in genere inferiori ai due anni tra il matrimonio e la nascita del primo figlio. In entrambe le tesi le coorti di sposi campionate vanno dal 1838 al 1844 e dal 1855 al 1860.

I livelli di competenza alfabetica sono offerti dalla tabella 6. Nell’analisi dei dati si sono distinte quattro aree: la Plan, ossia il fondovalle della Comunità montana Evançon con al centro Verrès, la Valle d’Ayas e la Valle di Gressoney, entro la quale è stata distinta la comunità Walser.


Tab. 6: Alfabetismo degli sposi e delle spose.

I dati mostrano dinamiche molto chiare. Innanzitutto, la capacità di firmare è in generale molto alta se rapportata all’Europa dell’epoca.24 Il dato di maggiore evidenza è quello della comunità Walser. La minoranza linguistica germanofona della Valle d’Aosta raggiunge un livello universale di alfabetismo maschile già con la prima coorte di sposi. Molto elevato è anche l’alfabetismo delle donne walser, capaci di firmare nei ¾ delle spose il proprio atto di matrimonio. Presso le spose più giovani, tuttavia, la competenza alfabetica conosce un importante arretramento di quasi 13 punti; un fenomeno di difficile spiegazione, ancor più perché si realizza in un contesto di sensibile innalzamento degli indici di alfabetismo femminile. Quest’ultimo, se escludiamo la comunità walser, parte da livelli molto bassi, intorno al 10 %. Nella coorte più giovane è sensibile l’aumento della Valle d’Ayas, dove le firmatarie sono quasi triplicate, mentre nella bassa valle la competenza alfabetica femminile resta ferma. Nonostante la sensibile riduzione delle alfabete walser, nella valle di Gressoney l’alfabetismo femminile si spinge dal 25 al 33 %.

Nell’analisi dei dati ci imbattiamo in una apparente contraddizione. L’area meno scolarizzata della regione, la Valle di Gressoney, presenta livelli di alfabetismo universale fin dalla prima coorte di sposi. Gran parte delle spose, inoltre, sono in grado di firmare il proprio atto di matrimonio senza disporre di canali formali di istruzione. In realtà le indagini francesi offrono un quadro peggiorativo rispetto alle scuole attive nell’ultimo quarto del Settecento, allorché la Valle di Gressoney presentava scuole in tutte le sue parrocchie e in diversi piccoli villaggi.25 È presumibile che, in età francese, la comunità walser abbia interesse a non denunciare le proprie scuole in lingua tedesca per sottrarsi alle politiche di francesizzazione messe in atto da Parigi nelle province già sabaude. Al tempo stesso, il dato femminile lascia supporre l’esistenza di canali informali di istruzione che potrebbero investire anche le modalità di accesso all’alfabeto dei maschi.26

Se torniamo all’alfabetismo maschile osserviamo una scarsa mobilità tra le due coorti di sposi. Se, nella Valle di Gressoney, questo è dovuto a una competenza alfabetica ormai prossima all’universale, diverso è il discorso per la Comunità montana Evançon. Qui si evidenziano due modelli distinti di alfabetismo: uno di fondovalle e uno di alta montagna. Nel primo l’alfabetismo maschile investe circa la metà degli sposi in entrambe le coorti, nel secondo la competenza alfabetica è più alta di poco meno di venti punti.

Possiamo individuare due fenomeni che contraddistinguono le dinamiche dell’alfabetismo nell’area analizzata. Nella Valle di Gressoney, l’alfabetismo, in generale molto alto, privilegia una componente linguistica e va a privilegiare la comunità walser, relegando in un secondo piano le forme agrarie e socioeconomiche determinate dall’altimetria. Queste, seguendo il modello proprio dell’alfabetismo alpino, si ripresentano nella Comunità montana Evançon, dove la capacità di firmare investe soprattutto gli sposi residenti nelle comunità di alta valle.

È possibile osservare meglio questi fenomeni nelle tabelle 7 e 8, che distribuiscono l’alfabetismo tra le parrocchie delle due aree interessate.


ParrocchieCoorte degli sposi
1838–18441855–1860
Verrès71,161,5
Issogne29,050,0
Champdepraz47,840,9
Montjovet54,259,4
St. Germain50,058,3
Arnad36,848,8
Challand St. Victor45,868,6
Challand St. Anselme51,535,9
Brusson62,974,0
Ayas92,696,2

Tab. 7: Alfabetismo maschile nelle parrocchie della Comunità montana Evançon.

Se escludiamo Verrès, il centro principale dell’area e capace di realizzare un ruolo di riferimento amministrativo ed economico sulle campagne circostanti, gli indici di alfabetismo si dispongono secondo un chiaro modello altimetrico. Le parrocchie di fondovalle e della bassa Valle d’Ayas presentano valori distribuiti tra il 29 e il 54 %. In entrambe le coorti di sposi, gli indici più elevati sono offerti dalle due parrocchie di alta valle, Brusson e Ayas. Quest’ultima, già nella prima corte di sposi, raggiunge un livello universale di alfabetismo maschile.


ParrocchieCoorte degli sposi
1838–18441855–1860
Perloz72,667,6
Lillianes87,983,3
Fontainemore90,092,9
Gaby53,885,7
Issime90,093,9
Gressoney St. Jean100,095,0
Gressone La Trinité100,083,3

Tab. 8: Alfabetismo maschile nelle parrocchie della Valle di Gressoney.

Se ci spostiamo nella Valle di Gressoney (tabella 8) notiamo che è la dimensione linguistica a giocare un ruolo prioritario, per quanto non si possa fare a meno di rilevare che gli insediamenti walser privilegiano una collocazione tra media e alta valle.

Come già segnalato, attraverso gli atti di battesimo è stato possibile risalire alla professione di buona parte degli sposi. L’elaborazione dei dati ricavati è offerta in sintesi (il livello è il settore professionale) nelle tabelle 9 e 10 (i valori tra parentesi indicano la percentuale degli addetti al settore professionale).

Non si è proceduto ad analizzare la distribuzione dell’alfabetismo femminile per settori professionali in quanto le spose tendono a dichiarare attività domestiche (in genere cucitrice, più raramente ricamatrice). In casi meno frequenti indicano la professione del padre (in genere se questo è un agricoltore) oppure non dichiarano alcuna professione. Ne deriva che le professioni femminili non sono in grado di riflettere l’incidenza della struttura professionale sull’alfabetismo e le sue dinamiche all’interno della stessa. Il fenomeno non è proprio della Valle d’Aosta ma si ripresenta in tutti gli studi sull’alfabetismo tra età moderna e Ottocento.


Tab. 9: Alfabetismo maschile professioni (1838–1844).


Tab. 10: Alfabetismo maschile professioni (1855–1860).

Entrambe le tabelle permettono di evincere il ruolo giocato dalla struttura professionale nella determinazione dei livelli di alfabetismo. In entrambi gli anni campionati emerge una nitida correlazione positiva tra presenza delle attività secondarie e alfabetismo. Dove il secondario presenta valori contenuti (inferiori ai 10 punti) e il primario chiude di fatto gli orizzonti professionali, come nella Plan, l’alfabetismo presenta valori inferiori. Dove il secondario assume un ruolo centrale nell’attività economica, come nelle medie e alte valli e, soprattutto, nella comunità walser, l’alfabetismo conosce importanti progressi. Non solo, il ruolo economico del settore professionale incide sui movimenti interni dei suoi livelli di alfabetismo tra le varie aree. Dove il secondario ha un ruolo marginale, come nella Plan, i livelli di alfabetismo degli artigiani e degli addetti alle manifatture (quest’ultimi in realtà assai pochi in tutta l’area studiata) presentano valori contenuti. Addirittura, tra i due gruppi campionati, gli alfabeti del secondario del fondovalle sono in decisa riduzione e offrono un indice dimezzato e in controtendenza rispetto alle dinamiche degli altri settori. Un fenomeno in parte riconducibile allo scarso numero di addetti che non permette un’adeguata regressione verso la media del dato statistico. Se escludiamo Verres, le attività secondarie della Plan sono indirizzate a soddisfare una domanda locale e, in gran parte, dipendente dalle esigenze dell’agricoltura.

L’alfabetismo del secondario mostra tutt’altro comportamento allorché assurge un ruolo importante nell’economia locale. Nella Valle di Gressoney e nella Valle d’Ayas, gli addetti al secondario sono ampiamente alfabeti, assai più dei loro omologhi di fondovalle. Ci imbattiamo in attività artigianali destinate a proiettarsi su mercati distanti dalle valli anche quando investono produzioni semplici ma di largo consumo, come gli zoccoli dei sabotier della Valle d’Ayas. Una commercializzazione resa possibile dall’emigrazione stagionale. Oltre a permettere la commercializzazione delle produzioni artigianali delle valli, l’emigrazione giocava un ruolo fondamentale nel riequilibrare il rapporto tra popolazione e risorse alimentari entro un’agricoltura di sussistenza. Originate da una mera esigenza di sopravvivenza, le attività secondarie e l’emigrazione potevano sviluppare specializzazioni altamente qualificate. Come abbiamo visto questa caratteristica è meno presente in Valle d’Aosta rispetto ad altre realtà alpine, tuttavia appartiene alla comunità walser. I walser sono muratori e carpentieri apprezzati, forgiatori, orologiai e, se ci spostiamo sul terziario, mercanti.27 La specializzazione introduce un altro fattore positivo di alfabetismo che permette agli artigiani e ai mercanti walser di superare la soglia dell’alfabetismo universale.