Sangue Scremato & Versi Violenti

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Sangue Scremato & Versi Violenti
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Table of Contents

Books by Angel Martinez

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Legal Page

Book Description

Dediche

Riconoscimento dei marchi

Capitolo Uno

Capitolo Due

Capitolo Tre

Capitolo Quattro

Capitolo Cinque

Capitolo Sei

Capitolo Sette

Capitolo Otto

Capitolo Nove

Capitolo Dieci

More exciting books!

L’autrice

Pride Publishing books by Angel Martinez

Single Books

Wild Rose, Silent Snow

Boots

Offbeat Crimes

Lime Gelatin and Other Monsters

The Pill Bugs of Time

Skim Blood and Savage Verse

Feral Dust Bunnies

Jackalopes and Woofen-Poofs

All the World’s an Undead Stage

Endangered Fae

Finn

Diego

Semper Fae

No Fae is an Island

Anthologies

50’s Mixed Tape: The Line

Les livres de Angel Martinez et Bellora Quinn publiés par Pride Publishing

AURA

Quinn’s Gambit

Flax’s Pursuit

Kellen’s Awakening

Livres d'Angel Martinez et de Freddy MacKay publiés par Pride Publishing

Lijun

Fireworks and Stolen Kisses

Trysts and Burning Embers

Insoliti crimini

SANGUE SCREMATO E VERSI VIOLENTI

ANGEL MARTINEZ

Sangue scremato e versi violenti

ISBN # 978-1-80250-069-1

©Copyright Angel Martinez 2017

Copertina di Posh Gosh ©Copyright Marzo 2017

Tradotto da Carmelo Massimo Tidona 2021

Prima edizione pubblicata 2017

Questa edizione pubblicata 2021

Pride Publishing

Ogni persona, luogo o evento è frutto dell’immaginazione dell’autore e non ha alcun nesso con avvenimenti reali. Qualsiasi riferimento a persone, vive o morte, luoghi ed eventi realmente esistiti è puramente casuale.

Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta in nessuna forma, né sotto forma di stampa, fotocopia, digitale o qualsiasi altro mezzo senza il permesso esplicito dell’editore Pride Publishing.

Le domande devono essere indirizzate in prima istanza, per iscritto, a Pride Publishing. Atti non autorizzati o limitati in relazione a questa pubblicazione possono dar luogo a procedimenti civili e / o azioni penali.

L’Autore e l’Illustratore invocano la Legge sui Diritti d’Autore e la Patents Acts 1988 (e successive modifiche) e dichiarano di essere gli autori rispettivamente del libro e dell’illustrazione di copertina

Pubblicato nel 2021 da Pride Publishing, United Kingdom.

Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta, scansionata o distribuita in qualsiasi forma stampata o elettronica senza autorizzazione. Si prega di non partecipare o incoraggiare la pirateria di materiali protetti da copyright in violazione dei diritti degli autori. Acquista solo copie autorizzate.

Pride Publishing è un'impronta di Totally Entwined Group Limited.

Se hai acquistato questo libro senza copertina, dovresti essere consapevole che questo libro è una proprietà rubata. È stato segnalato come "invenduto e distrutto" all'editore e né l'autore né l'editore hanno ricevuto alcun pagamento per questo "libro spogliato".

Libro terzo della serie Insoliti Crimini

Le parole feriscono più che i sentimenti quando Carrington dà la caccia a dei libri selvaggi che minacciano la città.

Quando un libro feroce lo attacca alla sua stessa festa di compleanno, Carrington crede si tratti di un incidente isolato. Ma libri simili spuntano presto in tutta la città, minacciando gente innocente con duri versi poetici e strofe vuote che causano danni fisici. È un caso frustrante con troppe variabili e non abbastanza risposte, e la posta in gioco sale a ogni attacco.

Con l'aiuto dei disadattati compagni di squadra del 77° e del Reparto Libri Rari della biblioteca pubblica, i pezzi mancanti diminuiscono, ma non i problemi di Carrington. Il suo ufficiale comandante lo mette ai ferri corti all'inizio di ogni turno. La sua compagna in polizia ha perso la pazienza per quelle che ritiene sue pessime scelte di relazioni e per la sua incapacità di scegliere l'uomo giusto nell'ampio ventaglio di due. Il Municipio richiede che i libri vengano fermati immediatamente. È abbastanza per far rinunciare al sangue scremato a un vampiro nutrizionalmente disagiato.

Dediche

A tutti gli amanti dei libri d’antiquariato: che i vostri libri possano sempre comportarsi bene.

E anche ai veri bibliotecari del Reparto Libri Rari della prima filiale della biblioteca pubblica di Philadelphia: le mie scuse per aver dato a Erasmus un lavoro senza neanche un colloquio, ma sono certa che sarebbe stato un’eccellente aggiunta allo staff.

Riconoscimento dei marchi

L’autrice riconosce i marchi commerciali e i relativi detentori dei seguenti elementi menzionati in quest’opera di fantasia:

Mio Mini Pony: Hasbro, Inc.

Winnie the Pooh: A.A. Milne, The Walt Disney Company

Peter Coniglio: Beatrix Potter

Manhattan Bagel: Einstein Noah Restaurant Group, Inc

Federal Donuts: Federal Donuts

Dunkin’ Donuts: Dunkin’ Brands

Jupiter: Holst

BlackBerry Passport: BlackBerry Limited

Lamborghini: Automobili Lamborghini S.p.A.

Dudley Do-Right: Alex Anderson, Chris Hayward, Allan Burns

The Dunciad: Alexander Pope

Enrico IV Parte I & II: Shakespeare

Batman: DC Comics

Nosferatu: Prana Film

Lestat: Anne Rice

V8 Corvette Stingray 3LT: General Motors Company

Indiana Jones: The Walt Disney Company

Mutt and Jeff: Mutt & Jeff

Camelot: Alan Jay Lerner, Frederick Loewe

Post-it: 3-M

PBS News Hour: PBS NewsHour

Nightly Business Report: NBC Universal

BBC World News America: BBC World News

Coors: Molson Coors Brewing Company

Dogfish: Dogfish Head Craft Brewery

Saab: Saab AB

Slurpee: 7-Eleven, Inc.

Sempre più stranissimo: Lewis Carroll

Dumpster: Dempster Brothers, Inc.

«La reputazione è una veste effimera e convenzionale, guadagnata spesso senza merito e perduta senza colpa»: Otello, Shakespeare

West Side Story: Leonard Bernstein, Stephen Sondheim

La fata turchina: Carlo Collodi

Styrofoam: The Dow Chemical Company

Sharpie: Newell Brands, Inc.

«Ancora una volta, alla breccia»: Enrico V, Shakespeare

My Fair Lady: Frederick Loewe, Alan Jay Lerner

 

Conigli nella neve: Beatrix Potter

Dr Seuss: Dr Seuss

Orgoglio e Pregiudizio: Jane Austen

L’importanza di chiamarsi Ernesto: Oscar Wilde

Re Lear: Shakespeare

Bauman’s: Bauman Rare Books

Unearthed: Long Trail Brewing

Capitolo Uno

Neanche l’antica quercia dietro la casa dei suoi genitori forniva abbastanza rifugio dal sole. Carrington inclinò all’indietro il cappello a tesa larga e azzardò un’occhiata attraverso il fitto filtro di foglie. Decisamente un errore. Ora non vedeva più. Non osò muoversi con la vista a pois e rimase lì con un vago sorriso, sperando che nessuno gli si avvicinasse mentre tentava di allontanare sbattendo le palpebre le immagini residue impresse a fuoco sulle sue retine troppo sensibili. Aveva perfino indossato i suoi migliori occhiali da sole per l’occasione, sperando sarebbero bastati se le nuvole promesse avessero collaborato. Ancora nessun segno di sollievo meteorologico.

«Carr? Tutto bene laggiù? Sembra ti stia venendo un colpo o qualcosa del genere».

«Manda. Grazie agli dei». Tastò alla cieca attorno a sé finché la sua compagna non gli afferrò la mano. «Non ci vedo».

Amanda gli sistemò la mano nell’incavo del gomito con una leggera pacca. «Che hai fatto? Hai fissato il sole?» Fece una brevissima pausa. «Oh, cavolo. L’hai fatto».

«Ho solo guardato in su attraverso le foglie».

Lei non fece proprio un sospiro, ma la lunga ispirazione lo fu per metà. «Va bene. Ci sono io. Mamma arpia si avvicina velocemente a ore dodici».

«Per favore non chiamarla così». Carrington sapeva che sua madre non aveva sentito, però. Riusciva a capire quanto fosse lontana dal miasma di profumo che la precedeva. La festa di compleanno era stata un’idea di sua madre, ovviamente. Come poteva anche solo aver pensato di non festeggiare il suo trentunesimo compleanno? Specie se significava dare a lei una scusa per invitare tutte le famiglie ricche e i pezzi grossi locali alla faccenda. E all’esterno? Ovvio che dovesse essere all’esterno. Il tempo a giugno era glorioso, e Carrington esagerava sempre i sintomi della sua “malattia” per avere attenzione.

Sua madre stava sibilando ben prima di arrivare davvero da loro. «Carrington, non puoi startene imbronciato in un angolo alla tua stessa festa. Oh, ciao, Amanda. Che adorabile… cravatta».

«Non sono imbronciato. Sto facendo tutto quello che posso per restare verticale e non metterti in imbarazzo». Batté le palpebre, portando in parte a fuoco i lineamenti disapprovanti e molto soggetti a lifting di lei.

«Non serve essere tanto melodrammatico». Sua madre eseguì con esperienza un’Amandectomia e pretese il braccio di Carrington per sé mentre lo conduceva verso il lungo tavolo da buffet sul patio. L’azienda di catering aveva tirato fuori la torta, parecchi strati di perfezione rococò al cioccolato che lui si sarebbe goduto se gli fosse rimasta la capacità di mangiare. Essendo l’ospite d’onore, ci si aspettava comunque che tagliasse quel maledetto affare.

«Fa’ solo uno sforzo, caro, è tutto quello che ti chiedo. Non hai neppure salutato il sindaco o il commissario della polizia».

«Non potremmo spostare il tavolo due metri verso la casa? O orientare la torta in modo che sia all’ombra?»

Lei emise un verso di disapprovazione. «Certo che no. Il catering dovrebbe prima rimuovere tutto. Il mondo non gira sempre attorno a te, Carrington».

D’accordo. Almeno il mal di testa non era ancora accecante. Avrebbe tagliato la torta, fatto qualche saluto, poi si sarebbe tuffato nell’ombra fresca della casa. Ce l’avrebbe fatta. Amanda lo aveva aiutato a fare pratica alla fine dei loro turni di notte. Acclimatamento. Doveva essere quella la chiave. Non poteva continuare a svenire ogni volta che era alla luce diretta del sole per più di una manciata di minuti. Era umiliante.

«Ecco Junior!» La pacca sulla spalla di Carrington Sr. fu più pesante del necessario, ma lui strinse i denti e tenne duro. «Finalmente ti sei deciso a unirti alla tua festa».

«In effetti sono qui dalle due, papà». Carrington mostrò per un attimo un accenno di zanne; non proprio una minaccia, ma sapeva che infastidiva suo padre. Come previsto, il sorriso del padre scomparve.

«Cerca di essere civilizzato, per favore. Tua madre ha lavorato molto duro per fare questa cosa per te».

Tu lo sai che non è per me. Io lo so. Mamma lo sa. Perché fingiamo? No, sapeva la risposta. Era la scusa del giorno per la socializzazione di potere dei suoi genitori. Da bravo figlio diligente, ci si aspettava che recitasse il suo ruolo. Più accuratamente, essendo il figlio che aveva rifiutato il dovere per vivere la propria vita, veniva regolarmente ricattato per quelle cose facendo leva sul senso di colpa. Salutò il sindaco e il commissario e gli altri lord e lady di prestigio e plutocratico valore… non male.

Avrebbe dovuto ricordarselo. Kash avrebbe apprezzato, almeno.

Dovette lottare per non incurvare le spalle mentre il sole lo martellava. Sta’ dritto, Ignora la nausea. Sorridi. Sorridi. Cerca di mostrare apprezzamento mentre la cugina Tiffany canta Tanti Auguri. Probabilmente quelle lezioni per la voce sono costate parecchio, dopotutto. Come, scusi? Oh, già. Il responsabile del catering gli aveva porto il coltello d’argento infiocchettato per tagliare la prima fetta. Tradizione. Cerimonia. Ondata di capogiro.

Strinse i denti e desiderò con forza che le chiazze nere nel suo campo visivo si placassero e tornassero quando avrebbe avuto tempo per loro. Si accigliò quando una di queste, nell’angolo dell’occhio, si mosse, anche se non c’era niente quando girò la testa. Concentrati. Sorridi. Sotto lo sguardo vigile del responsabile del catering, riuscì a effettuare i due tagli per la prima modesta fetta prima di riconsegnare il coltello con mano tremante.

«Manda», sussurrò, e lei era proprio lì, sempre vigile. Avrebbe voluto che non fosse costretta a esserlo. L’unico motivo per cui lei era presente era che Carrington era stato incoraggiato, tormentato, a portare un’ospite non maschio. E così l’aveva fatto, sebbene sua madre disprezzasse Amanda e fosse gelidamente condiscendente con lei a ogni occasione.

Amanda gli prese il gomito e lo sostenne con discrezione mentre lo guidava verso le porte del patio. «Ce la fai?»

«Faccio del mio meglio», mormorò lui, la schiena ancora quanto più dritta gli riuscisse di tenerla. Ogni passo gli causava fitte di dolore alla testa. Ogni respiro gli faceva desiderare di non aver fatto colazione. Una mano spietata gli strizzava il cuore mentre la sua vista andava e veniva come un film montato male.

«Lo so, Carr. Ci siamo quasi. Biblioteca?»

«Sì per favore. È sempre buio là dentro».

Benedetto, benedetto buio. Riuscì ad arrivare a una delle poltrone assurdamente larghe accanto al caminetto, funzionante ma mai acceso, e affondò nei cuscini con le proprie forze, lasciando che la testa sbattesse contro lo schienale mentre si toglieva gli occhiali scuri e lasciava che i suoi occhi maltrattati si beassero della penombra. In genere le tende erano tirate lì, in modo che i tessuti e i ritratti non sbiadissero a causa del sole. Non che qualcuno leggesse davvero l’esercito di libri sugli scaffali che andavano dal pavimento al soffitto. Come il caminetto, erano per lo più per far scena.

«Ben fatto. La tua borsa frigo è nel bagagliaio?»

«Sì. Come sempre, sei troppo buona con me». Carrington si afflosciò sulla poltrona. Perché aveva accettato quella storia senza senso del compleanno, comunque? Sua madre avrebbe potuto inventarsi un’altra scusa per una festa in giardino. «Manda… mi dispiace».

Amanda si fermò a metà di un passo mentre usciva dalla stanza e lo trafisse con la sua migliore occhiataccia. «Non cominciare. Se si tratta di tua madre, non sei il suo custode e non puoi fare in modo che io le piaccia. Se si tratta di avermi fatta venire qui oggi, ho mangiato molto bene. Se si tratta di nuovo di non essere il miglior vampiro del mondo e far schifo come compagno, chiudi il becco. Non farò questa discussione con te oggi».

Lui quasi si scusò di nuovo, ma riuscì a tenere la bocca chiusa attorno alle parole. Sempre pragmatica, Amanda non gli permetteva di lamentarsi e autocommiserarsi, anche se gli avrebbero potuto far bene un pochino di lagne quel pomeriggio. La sua soluzione più pratica di andare alla sua auto per portargli una tazza da caffè termica di sangue scremato aveva più senso, ovviamente.

Del movimento alla periferia del suo sguardo lo fece sobbalzare. Un brivido d’allarme gli percorse la pelle, del genere che spesso lo avvertiva che qualcosa di non proprio bello era nelle vicinanze. Quando si voltò verso il tavolino da salotto accanto al suo gomito, però, non c’era niente, neppure un’ape o una falena. Una lampada antica era poggiata sul tavolo, libellule colorate catturate per sempre in una vetrata di ambra, e accanto a essa vi era un libro. Strano. Qualcuno lo aveva lasciato parzialmente aperto e in piedi sulla copertina e la costola.

Non è modo di trattare un libro. Quando allungò una mano per prenderlo, con l’intenzione di poggiarlo in piano, il formicolio paranormale si intensificò. Con un fruscio di pagine, il libro usò la copertina aperta per dondolare veloce avanti e indietro, scivolando via dalla sua mano allungata. Quello era inatteso.

Riscuotendosi in fretta, ritrasse la mano e sussurrò: «Va tutto bene, piccolo libro. Non ti farò del male, e non ti leggerò neppure se preferisci di no. Ti serve aiuto?»

Se il libro avesse avuto una qualche intelligenza, non sarebbe stato il primo oggetto pensante animato che avesse mai incontrato. Uno dei suo colleghi era un giubbotto di pelle dal passato dubbio con un malsano senso dell’umorismo.

Il libro si scosse con violenza sul tavolo nell’imitazione di una step dance e delle parole stampate schizzarono fuori dalle pagine a velocità allarmante. Appena prima di schiantarsi contro la testa di Carrington, le parole gli strillarono contro.

«Morto che parla, anguilla tutta pelle, lingua secca di bue, stringa di cuoio!»

Ebbe il tempo per una frazione di secondo di orrore prima che le parole lo investissero con la forza di numerosi pugni.

* * * *

Quando si svegliò, era disteso sul tappeto con Amanda china su di lui.

«Carr? Non avevi detto di stare così male. Devo chiamare qualcuno?»

«Le parole mi hanno colpito», biascicò lui prima che il suo cervello si ricollegasse a dovere. «Libro… era… il libro là sopra».

Amanda seguì il gesto della sua mano, la fronte aggrottata. «Già. Ci sono un sacco di libri qua dentro. Ti sei alzato per prendere un libro e sei svenuto?»

«No. C’era un libro. Sul tavolo. Mi ha aggredito. Con le parole».

«Merda». Amanda mise un braccio sotto di lui, sostenendolo contro di sé mentre gli porgeva lo spuntino di sangue. «Bevi questo, Carr. Chiamo i paramedici».

Lui le afferrò la mano quando estrasse il telefono. «Manda, no. Sto bene. Più o meno. C’era un libro animato qua dentro, che si muoveva autonomamente, come GP. Mi ha… non sono sicuro di come descriverlo, ma mi ha tirato degli insulti e le parole… le parole mi hanno colpito».

Amanda si immobilizzò. La sua espressione passò di scatto dalla preoccupazione a quella vacuità ferrea che la sua faccia assumeva nelle situazioni di pericolo. In silenzio, si alzò e chiuse la porta. Accendendo le luci mentre passava, perquisì la stanza, controllando sotto i mobili, salendo sulle sedie per esaminare i lampadari.

«Riconosceresti il libro, Carr? È tornato sugli scaffali?»

«Era piuttosto riconoscibile». La tazza ancora in mano, Carrington usò i mobili per far leva e rialzarsi. «Cuoio nero lucido e oro. Dovrebbe essere facile individuarlo in un confronto letterario».

Esaminò la stanza con lo sguardo, i suoi occhi da predatore che elaboravano molto più rapidamente di quanto potessero fare quelli di un umano, ma il libro non era sugli scaffali. «Non è qui».

«Sei sicuro?»

«Se n’è andato». Carrington scosse la testa. «Giuro che era qui, Manda. Non ho avuto uno strano episodio di insolazione».

Lei alzò una mano. «Ti credo. Se quella strana cosa si muove usando la copertina, non potrà allontanarsi molto. Resta qui».

In caso ci sia sfuggito, intendeva, piuttosto che Stammi fuori dai piedi. Avevano lavorato assieme per abbastanza anni da sviluppare un codice e un ritmo nella loro collaborazione. Carrington sorvegliò la porta, deciso a fare in modo che niente passasse inosservato davanti a lui mentre Amanda esaminava le stanze vicine.

 

Per fortuna non ci volle molto, e nessun ospite passò da quelle parti a chiedere perché stesse di guardia a una porta aperta, irradiando poliziotto, sforzando ogni senso in caso di segni di quel fremito paranormale. Dopo l’ultima stanza dell’ala est, Amanda tornò rapida lungo il corridoio scuotendo la testa.

«Niente». Indicò con un gesto la tempia di Carrington. «Ti sta venendo un brutto bernoccolo lassù, Carr».

«Non durerà a lungo». Carrington emise un pesante sospiro. «Deve essersene andato. Non lo sento nelle vicinanze, comunque. Porterò in disparte mia madre e le farò sapere, con discrezione, che potrebbe avere un’entità paranormale in visita a casa sua e di chiamarci immediatamente se la vedessero di nuovo».

«Chiediamo una perquisizione?»

«Sì. Più tardi stasera. Mia madre non mi perdonerebbe mai se interrompessi la sua festa. L’entità potrebbe anche essersi demanifestata del tutto da questa zona ed essere rispuntata da qualche altra parte ormai».

Amanda si accigliò. «Anche se sono piuttosto sicura che quella parola non esista».

«A volte la lingua richiede improvvisazione. Ti spiacerebbe molto se lasciassimo la festa in anticipo?»

«Oh, cavolo, no. Tagliamo questa corda di velluto».

Sua madre disapprovò, ovviamente, ma non fu affatto disturbata dalla situazione quando Carrington la trasse in disparte. Lei lo infastidiva in molti modi, ma doveva ammirare la sua imperturbabilità.

«Non c’è mai stato questo abracadabra senza senso prima che ti prendessi la tua malattia», sbuffò lei. «D’accordo, terrò gli occhi aperti e mi inventerò una scusa per te con i tuoi ospiti e dirò loro che non ti sei sentito bene. Suppongo non ti farebbe bene tornare alla festa con l’aria di chi è appena uscito da una rissa, comunque».

«Io non ho l’aria…»

Lei gli agitò davanti una mano tempestata di anelli. «Non ha importanza, Carrington. Non voglio discutere. Hai già chiarito a sufficienza che sei deciso a non fare nessuno sforzo oggi».

«Mamma…» No, aveva ragione. Discutere non faceva mai cambiare idea a nessun Loveless. Carrington produsse un sorriso per lei, sperando non fosse troppo distorto, e la baciò sulla guancia. «Grazie».

In auto, più tardi, Amanda lo guardò di traverso dal sedile di guida. «Perché cavolo la stavi ringraziando? Per aver organizzato una festa in un giorno di sole, con cibo che non potevi mangiare e persone che non ti piacciono?»

Accasciato al posto del passeggero, col cappello tirato in basso, Carrington non fece neppure una pausa per pensare alla risposta. «Si è ricordata del mio compleanno».

«Beh, cavoli. Lo sai quanto suona patetico, vero?»

«Lo so».

Lei allungò una mano al semaforo successivo e gli diede una pacca sul ginocchio. «Che vuoi farne del resto del tuo compleanno?»

«Mi serve un sonnellino». Carrington odiava il tremito nella sua voce. Un altro giorno con troppo sole seguito dal nascondersi nella sua stanza tenuta al buio dalle tende, a tormentarsi per quel disgraziato libro. No, un attimo… «Uno breve. Poi voglio andare in biblioteca».

Amanda non rise né fece domande. Si diresse semplicemente verso l’appartamento di Carrington a Fairmount, conscia che le avrebbe spiegato dopo, quando si fosse sentito meglio. Quando infine lei avrebbe ricevuto una promozione, Carrington ne sarebbe stato devastato. Avrebbe dovuto fare una petizione alla stazione perché lo lasciassero lavorare da solo.

* * * *

Le nuvole erano finalmente arrivate quando Carrington si svegliò nel tardo pomeriggio. Bellissime nel loro pendulo, turbolento splendore, stendevano una pesante coperta di umidità sulla città e lo provocavano facendogli dondolare davanti la promessa di un’esilarante temporale.

La filiale principale della biblioteca pubblica era proprio in fondo alla strada rispetto al suo condominio, di fronte al museo d’arte. Se si sporgeva abbastanza dalla finestra, riusciva quasi a vederla.

«Che stai facendo?»

Carrington ritirò dentro la testa e chiuse la finestra prima di voltarsi verso Amanda. «Prendo una boccata di luce del giorno non tossica. Pronta per una passeggiatina?»

«Già. È un tempo perfetto per i vampiri. Probabilmente ci inzupperemo».

«Ho esattamente nove ombrelli nel portaombrelli accanto alla porta, sai. Sei più che la benvenuta se vuoi prenderne uno».

«Nah. Sono un tale fastidio. Arrivi e non c’è un posto per metterli e gocciolano su tutto il pavimento…»

«D’accordo. Niente lamentele per la pioggia allora».

«Mi lamenterò per qualunque cavolo di cosa io voglia, vampirello». Lo urtò con la spalla e rise quando lui fece altrettanto. «Ti senti meglio?»

«Molto. Grazie. È stata un’idea stupida accettare la follia di mamma. Suppongo di sperare sempre in qualche genere di, non so, riconciliazione? Anche se è probabilmente chiedere troppo».

Amanda si limitò a grugnire mentre procedevano lungo le scale, ancora con addosso il tailleur pratico ma stropicciato che aveva indossato alla festa. Carrington fece una smorfia. Doveva aver dormito sul suo divano mentre lui si riposava.

«Ti prego, dimmi che non hai appallottolato quella bella cravatta e non te la sei cacciata in tasca». Certo, la cravatta giallo e arancio aveva un motivo ripetuto di Applejack di Mio Mini Pony che Amanda aveva indossato per infastidire gli altri ospiti, ma era comunque una buona cravatta di seta.

«L’ho piegata e messa nel taschino della giacca. Non è la mia prima cravatta».

«Errore mio. Sono tremendamente dispiaciuto».

«Cosa cerchi in biblioteca, comunque?»

«Non cosa, Manda. Chi».

Proprio mentre attraversavano Logan Circle, la pioggia iniziò a picchiettare. Carrington accelerò il passo e si limitò a dare una pacca al monumento a Shakespeare mentre gli passavano accanto piuttosto che fermarsi a dire buon pomeriggio a Pietraccia e Amleto. Era una cosa sciocca, ma gli piaceva dare un riconoscimento a entrambi i personaggi nell’opera di Calder in caso nessuno che fosse passato quel giorno si fosse reso conto di chi fossero.

Assurdo, in effetti. Ma la sua vita era assurda da parecchi anni. La sua preoccupazione per i sentimenti feriti delle statue era blanda in confronto a gran parte del resto. Arrivarono all’ingresso proprio quando la pioggia stava iniziando un pesante ritmo di percussioni sugli scalini di pietra. I tacchi delle loro scarpe eleganti risuonarono forte nell’area quasi vuota. Non più preoccupato che Amanda si inzuppasse, di sé stesso non avrebbe potuto importargli meno visto che non si raffreddava, Carrington rallentò a un passo normale e infine rispose alla domanda.

«Voglio visitare il Reparto Libri Rari e vedere se qualcuno ha mai sentito parlare del nostro libro lanciaparole».

«Quindi sembrava un libro vecchio? Antiquariato o roba simile?»

Carrington emise un lieve sbuffo mentre salivano le scale oltre la statua del Dr Pepper, quella per cui quell’idiota di suo fratello ridacchiava sempre, anche se il fondatore della biblioteca non aveva niente a che fare con le bevande gassate.

«Non ho avuto la possibilità di esaminarlo. È possibile che il libro fosse antico e di sicuro si qualifica come raro».

«Sicuro come la morte», mormorò Amanda.

Seguirono il percorso su per gli scalini di marmo fino al terzo piano, dove Carrington li condusse a una breve rampa di scale dietro una porta a vetri. Questa dichiarava Reparto Libri Rari in lettere dorate al centro, con un ulteriore avviso dipinto sulla partizione di vetro alla sinistra della porta in più sobrie lettere nere: Per favore suonare il campanello per entrare.

«Per favore bussare se non è richiesta una risposta», mormorò Carrington mentre premeva il pulsante.

«Cosa?»

«Niente. Scusa. Citazione di Winnie the Pooh».

Amanda unì le sopracciglia. «Capito. È uno dei tuoi giorni strani».

Ci volle qualche minuto a camminare avanti e indietro e una seconda scampanellata prima che uno dei bibliotecari, un giovane afroamericano, scendesse in fretta le scale. Magro come un manico di scopa e più basso della media, arrivò apparentemente senza fiato, ansimando mentre apriva la porta.

«Ehi, scusate, avevate un appuntamento?»

Carrington per poco non si colpì la fronte. Ovvio. L’accesso alla sezione Libri Rari era su appuntamento. Avrebbe dovuto chiamare per cortesia. «No, noi…»

«Oh. Mi dispiace davvero, ma il tour era alle undici di stamattina, e al momento ci sono solo io qui».

Il che significa che non fai tour? O hai altri doveri urgenti in un reparto pieno di libri antichi dentro delle teche e non puoi fare tour quando sei solo? Carrington spinse da parte le sue divaganti speculazioni ed estrasse il distintivo. «Sono l’agente Loveless. Lei è l’agente Zacchini. Ci serve solo un attimo del suo tempo, per favore».

Occhi scuri saettarono tra Carrington e Amanda in modo preoccupato. «È successo qualcosa? Mia madre sta bene?»

«Non ho alcuna informazione su sua madre. Abbiamo solo qualche domanda. È la sua competenza sui libri insoliti che ci serve».

Il bibliotecario si afflosciò con visibile sollievo e tenne aperta la porta. «Entrate, agenti. Sono Erasmus Graham, uno dei bibliotecari in organico. Il mio settore specifico è Beatrix Potter, ma vi aiuterò come posso».

«Beatrix Potter?» Amanda si sfilò la giacca mentre entravano in una stanza contornata di teche chiuse di libri sotto vetro. «Come Peter Coniglio?»

La risatina di Graham fu calda e autocritica. «Sì. Abbiamo la più grande collezione di disegni della signorina Potter della nazione, qui. Passo buona parte delle mie giornate con affascinanti conigli e anatre inglesi».

«Al mondo farebbe comodo un po’ più di fascino». Carrington si fermò davanti a una teca di vetro con un corvo impagliato la cui targa dichiarava che l’uccello era Grip, animale domestico di Charles Dickens e musa di Edgar Allan Poe. Mi chiedo se fosse parente del nostro Edgar. «Signor Graham, siamo del 77°. L’unità crimini paranormali».

«Erasmus, vi prego». Li condusse a una scrivania ed estrasse abbastanza sedie perché tutti potessero accomodarsi. «Sento parlare della vostra unità a volte. La cugina della moglie di mia madre è la comandante della vostra stazione».

«Oh, grazie al pane imburrato», disse Amanda. «Doverci spiegare a volte richiede più tempo delle domande».

La risata di Erasmus fu lieve e smorzata, come dovrebbe essere quella di un bibliotecario. Era difficile immaginare che alzasse mai la voce. «Allora, come posso aiutarvi, agenti? State cercando un antico manoscritto?»

«Forse». Carrington si mosse a disagio sulla sedia di metallo, appoggiò una caviglia sul ginocchio, incrociò le gambe, infine passò a una posa rilassata a gambe allungate. La nonchalance era più difficile quando ti faceva male il sedere. «Abbiamo incontrato uno strano libro oggi. O meglio, io l’ho incontrato. Amanda non l’ha visto».