Probabilità D'Amore

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Probabilità D'Amore
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Questo è un romanzo di fantasia. Nomi, caratteri, luoghi ed eventi sono il frutto della creatività dell’autrice o sono utilizzati in modo fittizio e non hanno alcun legame con la realtà. Ogni riferimento a luoghi, organizzazioni o persone, vive o morte, realmente esistiti è puramente casuale

Probabilità d`amore © 2017 Dawn Brower

Tutti i diritti sono riservati. E’ vietata la riproduzione digitale o cartacea di questo libro o parte di esso senza l’ espressa autorizzazione dell’ autrice, fatto salvo per stralci di paragrafo ai fini di eventuali recensioni.

A volte rinunciare all’amore sembra la cosa più facile. Ma anche quando sei convinto che non ci sia speranza devi continuare a crederci. Un giorno potresti rimanere sorpreso nello scoprire che colui che stavi cercando è lì che ti guarda. Questo libro è dedicato a tutti coloro che credono nell’AMORE.

Probabilità d`amore

Indice

PROLOGO

CAPITOLO UNO

CAPITOLO DUE

CAPITOLO TRE

CAPITOLO QUATTRO

CAPITOLO CINQUE

CAPITOLO SEI

CAPITOLO SETTE

CAPITOLO OTTO

CAPITOLO NOVE

EPILOGO

ESTRATTO: Scherzi d’amore

Prologo

ESTRATTO: SEMPRE IL MIO VISCONTE

Prologo

RIGUARDO L’AUTRICE

LIBRI DI DAWN BROWER

PROLOGO

Gennaio 1816

La neve scendeva dal cielo e ricopriva con un manto delicato il suolo. Lady Katherine Wilson si strinse addosso il mantello e fece del suo meglio per sopprimere un brivido, tuttavia il freddo frigido riuscì a penetrare lo stesso sotto il mantello di lana e a pervaderla completamente. Voleva disperatamente raggiungere la sua destinazione per sfuggire a queste temperature: odiava l’inverno, non aveva mai amato questo periodo dell’anno e quel giorno non era diverso. Avrebbe preferito poter stare a casa seduta in salotto davanti al fuoco. Non avrebbe rifiutato nemmeno il Salotto di Fortuna. Ad essere sinceri, ogni giorno trascorso dalla morte di sua nonna era stato terribilmente triste, e l’ultima cosa che voleva fare era andare dagli avvocati a discutere della sua perdita in modo approfondito. Sua nonna era morta, non aveva già sofferto abbastanza?

Quando finalmente raggiunse gli uffici dell’avvocato di sua nonna, si avvicinò alla porta e bussò. Katherine non era mai stata da un avvocato e non aveva la minima idea di cosa fare. Qual era esattamente il protocollo quando si trattava con un avvocato? La scuola di perfezionamento che aveva frequentato non l’aveva preparata per questa particolare circostanza. Avrebbe potuto chiedere a Narissa o addirittura a Diana, ma non voleva gravare su di loro con i suoi problemi.

La porta si aprì e sull’ingresso apparve un signore più vecchio di lei, aveva i capelli scuri con ciocche brizzolate ai lati. Il suo gilet scuro gli dava un aspetto cupo che si rifletteva nei suoi occhi azzurro ghiaccio. Qualcosa in lui le parve familiare, ma Katherine non riusciva a trovare il suo volto tra i suoi ricordi.

“Lady Katherine,” la salutò. “Prego, entrate e riparatevi dal freddo.”

L’aveva già incontrato prima? Come l’aveva riconosciuta al primo sguardo? L’avrebbe scoperto durante l’incontro.

“Signor Adamson?” Katherine alzò un sopracciglio, voleva assicurarsi che fosse l’avvocato con cui aveva fissato l’incontro.

“Sì,” rispose, facendola entrare dalla porta e chiudendola dietro di lei.

Katherine rabbrividì, il freddo non l’aveva lasciata nonostante il calore che già la avvolgeva. Purtroppo, dopo l’incontro sarebbe dovuta tornare di nuovo a casa a piedi in questo brutto tempo. Desiderava ardentemente che le avessero fornito una carrozza, ma sua madre l’aveva usata per pagare le chiamate.

“Posso prendere il vostro cappotto?” chiese il signor Adamson.

Voleva tenerselo perché sentiva ancora un po’ freddo, tuttavia presto avrebbe sentito troppo caldo, quindi era meglio toglierselo subito. Inoltre non era sicura di quanto sarebbe durata la conversazione.

Katherine si scrollò di dosso il mantello e glielo porse.

Lo agganciò a un appendiabiti e si voltò verso di lei. “Seguitemi, sarete più comoda in ufficio. Il fuoco è acceso e fa molto più caldo.”

Il signor Adamson la condusse dentro l’ufficio e le indicò la sedia, mentre lui si sedette dietro la sedia prendendo in mano dei documenti prima di rivolgersi a lei.

“Vi starete chiedendo perché vi abbia chiesto di incontrarmi qui. Normalmente condurrei una visita come questa nella comodità della casa del mio cliente, ma a causa della natura del testamento di vostra nonna sono obbligato a svolgerla qui. Aveva paura che, se ci fossimo incontrati a casa di vostro padre, lui avrebbe provato a prendere il controllo dei beni che vi ha lasciato. Non che possa farlo...” Si schiarì la gola e poi continuò. “Ma questo vi semplifica le cose, non c’è nessun conflitto da affrontare e quando uscirete da qui avrete il controllo totale sulla vostra eredità.”

Cosa poteva averle lasciato sua nonna? Pensava che suo padre avesse ereditato tutti i beni di sua nonna, non che Katherine si aspettasse che avesse molto. La maggior parte del patrimonio era andato a suo padre quando suo nonno era morto, in quanto faceva parte del diritto di successione. Sua nonna viveva in una casa nella Contea del Sussex, vicino ad Heathfield. Aveva sempre pensato che la casa fosse la dote.

“Non sono sicura di capire.”

Le consegnò una lettera. “È tutto spiegato qui. Siete una giovane donna molto ricca.”

Katherine prese la missiva e ruppe il sigillo. “È da parte di mia nonna...” Riconobbe immediatamente la sua scrittura, il suo cuore batteva furiosamente mentre combatteva la voglia di piangere. Aveva lasciato che la sua tristezza la pervadesse per molto tempo, molto più di quanto avrebbe voluto. Katherine sentiva terribilmente la mancanza di sua nonna.

“Continuate a leggere,” la incoraggiò il signor Adamson facendo un cenno verso la lettera. “È importante che la leggiate fino alla fine.”

Katherine rivolse l’attenzione alle parole di sua nonna. Cosa mai avrebbe potuto esserci scritto che non poteva dirle prima di morire?

Mia Carissima Nipote,

Il tuo cuore deve essere addolorato, mi dispiace molto per il dolore che stai provando. Se potessi evitare di farti soffrire, lo farei, ma se stai leggendo queste parole sicuramente non sarò più con te. La mia morte, seppur dolorosa, ti concede la liberà in modi che non hai mai immaginato. Mio figlio, tuo padre, è un uomo duro che non ti ha mai dato l’amore di cui hai bisogno, ma ha imparato questo comportamento da suo padre. Il mio è stato un matrimonio combinato e mia madre si era assicurata che fossi sempre stata protetta. In Inghilterra la proprietà passa immediatamente al marito della donna dopo che vengono pronunciati i voti nuziali. Mia madre non credeva che una donna dovesse essere controllata da un uomo. L’amore non è il requisito principale per un matrimonio e spesso non rientra negli accordi contrattuali, e così è successo per le mie nozze. Un Ducato come quello di Gladstone è stato forgiato sui legami di molte unioni. John era indigente e accettò tutte le clausole contrattuali prima che lo sposassi; non avevo mai desiderato essere una duchessa, ma il solo pensiero fece quasi saltellare di gioia mio padre. Ma sto divagando.

La cosa importante che devi comprendere è che non sono mai stata una pedina, e non c’è bisogno che tu lo sia. Ero io a controllare il mio denaro, ma una generosa somma era stata donata a John dopo aver pronunciato i voti. Lui aveva i suoi soldi e io avevo i miei. Gli ho dato un erede e in seguito abbiamo vissuto vite separate.

Fortunatamente John non ha sprecato il denaro e ha deciso invece di ricostruire le proprietà di Gladstone. Charles è più figlio suo che mio. Non lasciare che ti controlli. Assumi il controllo della tua vita.

Ci sono così tante cose che vorrei dirti, ma le ultime parole più importanti che posso lasciarti sono queste: sposati per amore e per nient’altro. La mia proprietà è tua, usala saggiamente, mia cara. Confido che prenderai le decisioni giuste, ora hai la possibilità di scegliere il tuo cammino. La felicità può essere tua, così come l’amore.

Con tutto il mio amore,

Nonna

 

Katherine si asciugò una lacrima che le era scesa sulla guancia. Suo padre non era sempre stato così severo, ma aveva capito cosa intendesse sua nonna; voleva controllare tutto e tutti. Odiava essere ostacolato.

Guardò il signor Adamson e gli chiese, “Che cosa mi ha lasciato esattamente mia nonna?”

“Come si legge nella lettera, avete ereditato il suo intero patrimonio,” rispose in modo conciso.

“Capisco, ma cos’è incluso nel suo patrimonio?” Si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo. “Ha detto che ora sono ricca, significa che ho un fondo illimitato?”

“Ora avete un conto bancario cospicuo con circa diecimila sterline,” rispose. “Vi ha inoltre lasciato un allevamento di cavalli nel Sussex; questa era la proprietà principale di vostra nonna, oltre a un cottage vicino a Bath che ora possedete. L’allevamento ha una rendita annuale di cinquemila sterline.”

Katherine spalancò la bocca. Erano moltissimi soldi... poteva fare tutto ciò che desiderava, proprio come aveva detto sua nonna nella lettera, ma non aveva pienamente apprezzato le sue parole finché non aveva scoperto cosa avesse ereditato. “E mio padre non può appropriarsi di niente?”

La cosa la preoccupava perché a suo padre non piaceva che qualcuno avesse più possedimenti di lui. Non poteva competere con il ducato, ma la somma di denaro avrebbe sicuramente rivaleggiato la sua; avrebbe voluto sia quella che il controllo dell’allevamento.

“No,” disse. “I contratti sono chiari: qualsiasi somma di denaro può essere ereditata solo da una sua discendente diretta di sesso femminile. Vostro padre l’avrebbe ereditata solo se non c’erano altre eredi donne.” Fece un lieve sorriso. “E anche in quel caso, la prima femmina nata dalla sua linea di sangue diretta avrebbe ottenuto il controllo dei beni. Un maschio può mantenerne la tutela solo finché non nasce una femmina, in quanto è un patrimonio matriarcale.”

C’erano così tante possibilità a sua disposizione, tante da non sapere cosa fare prima. Mai, nemmeno nei suoi sogni più sfrenati avrebbe potuto immaginare che sarebbe successo. La morte di sua nonna era sia la cosa peggiore che la migliore che le fosse mai successa. Perché non le aveva mai detto che avrebbe ereditato così tante cose da lei? Forse pensava che avrebbe cambiato il loro rapporto? Sua nonna era sempre stata importantissima per lei.

“C’è qualcosa che devo fare?” La sua mente era ancora scossa per la notizia. “Posso andare all’allevamento?”

Era sempre sua nonna ad andare a trovarla, lei non era mai stata nella proprietà nel Sussex. Katherine sentiva l’improvviso bisogno di stare tra le sue cose e vivere nel luogo che tanto amava, forse l’avrebbe aiutata a sentirsi vicina a sua nonna. Forse era sciocco, ma non poteva farne a meno.

“Non c’è altro da fare, è stato intestato tutto a vostro nome, non dovete far altro che accettare l’eredità. Se avete bisogno di qualcosa, vi prego di farmelo sapere e me ne occuperò immediatamente.” Fece scivolare un blocco di fogli verso di lei. “Questi sono i vostri documenti, io ne terrò una copia qui in caso vadano persi, e sì, per rispondere alla vostra domanda, potete visitare l’allevamento. Ovviamente se lo desiderate potete anche trasferirvi permanentemente nel Sussex, non c’è motivo che restiate nella tenuta ducale o che rimaniate sotto le cure di vostro padre.”

Quest’ultima frase l’aveva convinta. Sarebbe tornata a casa e avrebbe fatto le valigie, poi sarebbe partita subito per andare all’allevamento nel Sussex. Viaggiare d’inverno non era la sua attività preferita, ma potersi allontanare da suo padre sarebbe stata una benedizione.

Non raccontava neppure ai suoi più cari amici di quanto potesse essere crudele con lei, Diana e Narissa non avevano la minima idea di quanto fosse dura per lei sgattaiolare fuori di casa o addirittura ottenere il permesso per partecipare a un evento. Non viveva certo la vita felice e spensierata che loro credevano.

Ora non doveva sposarsi se non lo desiderava. Era libera di vivere la sua vita senza preoccuparsi più di niente.

“Vi ringrazio molto.” Katherine si alzò. “Quando posso recarmi nel Sussex?”

“Posso far preparare una carrozza che vi ci porti in qualsiasi momento. Quando desiderate partire?” Si alzò e fece il giro della scrivania per avvicinarsi a lei. “La servitù è già stata avvisata del passaggio di proprietà e stanno aspettando una vostra visita, sono molto ansiosi di conoscervi. Amavano molto vostra nonna.”

“Vorrei andarci domani stesso.” Katherine non vedeva l’ora di conoscere la servitù, se amavano sua nonna come la amava lei, non ci sarebbero stati molti scontri. “Dovrei aspettare?”

“Assolutamente no,” la rassicurò. “Farò preparare la carrozza. Avete bisogno di uno chaperon oppure viaggerete con la vostra domestica?”

A Betty sarebbe piaciuto molto accompagnarla, era l’unica domestica nella tenuta di suo padre ad essere leale solamente a Katherine. “Mi accompagnerà la mia cameriera.”

Uscirono dall’ufficio del signor Adamson e le perse il suo cappotto aiutandola a indossarlo.

“Molto bene.” Le sorrise. Se prima le era sembrato freddo, ora era quasi paterno, o perlomeno... come immaginava che potesse essere un padre. “Non dimenticate di farmi sapere se avete bisogno del mio aiuto. Vi auguro un buon viaggio, sono sicuro che rimarrete piacevolmente sorpresa dell’allevamento. È un luogo straordinario, l’ho visitato spesso per discutere di affari con vostra nonna.”

L’aveva già ringraziato, ma non le sembrava abbastanza. Aveva cambiato la sua vita in poco meno di un’ora. Certo, era stato il testamento di sua nonna a rendere la sua vita più sopportabile, ma era il signor Adamson era stato il portatore della lieta novella. “Sono sicura che andrà tutto per il meglio, ma se qualcosa andasse storto state pur certo che vi informerò. Buona giornata.”

Katherine gli fece un cenno con la testa e poi uscì dall’ufficio dell’avvocato.

Per la prima volta dopo settimane stava tornando a casa con un sorriso senza lamentarsi nemmeno una volta del freddo, nemmeno con il pensiero.

CAPITOLO UNO

Un mese dopo...

L’aria era fresca e frizzante, ma perlomeno non era un freddo mordente. Katherine ammirò il panorama di Tattersall seduta nella carrozza. Brulicava di attività: diversi gentiluomini erano nel giardino per guardare i cavalli che erano stati portati a spasso lungo il perimetro del cortile. Se voleva vedere di persona gli equini, sarebbe dovuta scendere dalla carrozza e unirsi a loro.

Si morse il labbro inferiore e poi fece un respiro profondo. Questo era proprio quello che voleva. Sua nonna le aveva lasciato in eredità un allevamento di cavalli e Katherine era determinata a occuparsi di tutto, voleva assicurarsi di poter essere indipendente e non una semplice ragazza di società. Il suo valore non sarebbe stato determinato da un uomo o dai legami che aveva con uno di loro. Katherine era determinata a supportarsi da sola e si sarebbe assicurata che l’allevamento di cavalli prosperasse.

Doveva solo scendere dalla carrozza e prepararsi a sopportare tutti gli atteggiamenti condiscendenti degli uomini presenti. Le donna perbene non partecipava alle aste di Tattersall con lo scopo di acquistare equini. Non era nemmeno certa che le avrebbero permesso di acquistare cavalli o qualsiasi altra cosa.

In alcuni momenti essere donna era un vero svantaggio.

Al momento non riusciva a pensare a un’epoca in cui essere donna poteva essere stato vantaggioso.

Katherine sospirò, fece un respiro profondo aprendo la porta della carrozza e scese.

Nessuno si girò a guardare nella sua direzione e decise di prenderlo come un buon segno, continuando a camminare fino a raggiungere la veranda. L’asta di Tattersall si svolgeva nel cortile racchiuso su tre lati da un’ampia veranda sorretta da colonne. I potenziali acquirenti e gli spettatori si riunivano nel cortile e non appena tutti si sarebbero , i cavalli vennero rilasciati per poter correre lungo il perimetro. Una volta concluso questo passaggio, sarebbero stati messi in vendita.

Katherine passò le mani sulla lana azzurra della gonna lisciando le pieghe, si assicurò che i fiocchi della cuffia fossero ben stretti e poi si strinse il mantello intorno a sé per cercare di respingere il freddo. Era meglio non attirare l’attenzione. Poteva semplicemente fare la sua scelta e lasciare un biglietto con le indicazioni per il pagamento, i cavalli acquistati sarebbero stati consegnati all’allevamento e lei sarebbe potuta andare via in fretta. In teoria sembrava un piano eccellente, ma da come le si strinse lo stomaco, capì subito che qualcosa sarebbe andato storto.

Raggiunse la recinzione del perimetro e aspettò che venissero rilasciati i cavalli.

Il vengo le accarezzava il viso facendole congelare le guance; Katherine si guardò intorno ansiosa.

Forse sarebbe stato meglio portare con sé il suo stalliere; la scelta dei cavalli sarebbe stata sua, ma farsi accompagnare da lui le avrebbe dato più credibilità. Perché non ci aveva pensato prima di recarsi a Tattersall?

“Hem!” Katherine restò senza fiato quando un gentiluomo la spinse di lato. “Vi prego, signore,” disse non riuscendo a trattenere l’irritazione. “Fate attenzione al movimento delle vostre braccia, per poco non mi facevate cadere per terra.” Le faceva male il punto dove le aveva sbattuto contro.

“Le mie scuse,” disse il gentiluomo. “Non era mia intenzione...”

“Certo che no,” lo rimproverò. “Vi comportate sempre in modo così maleducato nell’alta società?”

Lui sollevò un sopracciglio, “Questa non è l’alta società...”

Certamente aveva ragione, questo non era né un ballo né un evento formale, ma era comunque un raduno per l’alta società in quanto non tutti non potevano permettersi di acquistare un cavallo.

Era disposta a scommettere che a Tattersall c’erano più Lord che semplici lavoratori della classe operaia.

Katherine incontrò lo sguardo del gentiluomo e le parole le si bloccarono in gola.

Era il marchese di Holton e lei lo aveva conosciuto quando la sua amica Diana, ora contessa di Northesk, era stata corteggiata dal marito.

Era stata attratta dal marchese, ma era stato molto scortese con lei durante lo spettacolo teatrale a cui avevano assistito. “Lord Holton,” riuscì infine a dire.

Lui fece un balzo indietro sentendole dire il suo nome, strinse gli occhi e la studiò attentamente. “Lady Katherine?”

Annuì. Per un momento pensò che non l’aveva riconosciuta, forse a causa della cuffia che le copriva il viso. O almeno, lo sperava. “Sì, mio signore.”

“Per diamine, cosa ci fare a Tattersall?”

“Ebbene,” iniziò a parlare indicando i recinti. “Non è ovvio? Cosa si fa solitamente a un’asta di cavalli?”

Si accigliò. “Una signorina non dovrebbe venire qui ad acquistare cavalli.” Lord Holton incrociò le braccia sul petto. “Piuttosto invia qualcuno che agisca per suo conto. Che cosa pensavate di fare venendo qui? Vi prego, ditemi che non siete sola.”

Lei si morse il labbro inferiore. Non poteva rispondere a quella domanda. Katherine era venuta da sola e non si sarebbe scusata per aver preso il controllo della sua vita.

“E se lo fossi?” Scosse la testa stringendo le labbra in una linea sottile.

“Vostro padre sa che siete qui?”

Suo padre, il duca di Gladstone, non le prestava la minima attenzione, perlomeno non in senso positivo. Era un uomo autoritario, sebbene non fosse crudele, ma era affezionato esclusivamente al suo erede, suo fratello Kendrick, e di conseguenza ignorava lei.

Quando gli aveva annunciato che si sarebbe trasferita nell’allevamento di cavalli che le aveva lasciato in eredità sua nonna, era rimasto completamente indifferente, in quanto aveva capito che non poteva assumerne il controllo togliendolo a lei.

“Mio padre ha questioni più importanti di cui occuparsi, invece di preoccuparsi di ciò che faccio.”

Lord Holton le lanciò uno sguardo di rimprovero. “Avete bisogno di uno chaperon.”

Lo guardò dritto negli occhi senza vacillare. Permettere a quest’uomo di comportarsi da tiranno con lei gli avrebbe solo dato il sopravvento. Katherine si rifiutava di concedergli il benché minimo controllo su di lei. “È una questione di opinione.”

Il primo cavallo uscì dal recinto e iniziò a correre lungo il perimetro.

Katherine si allontanò dal Lord e mise una piccola distanza tra loro, tuttavia questo non le impedì di sentire cosa stesse dicendo sottovoce. “Dio lo salvi dagli scapestrati...”

 

Beh, non doveva più preoccuparsi di lei. Non aveva bisogno che la aiutasse, lei era perfettamente in grado di prendersi cura di sé stessa.


Bennett non riusciva a credere che Lady Katherine Wilson si trovasse a Tattersall. Un’asta per cavalli non era il luogo adatto per una donna dell’alta società. Suo padre avrebbe dovuto avere più cura della sua reputazione e la stessa cosa valeva per lei.

Lady Katherine poteva anche credere che fosse un comportamento innocente, ma erano presenti moltissimi gentiluomini e oltretutto si era presentata da sola. La mancanza di uno chaperon la lasciava in balia allo scandalo e ai farabutti con intenti lascivi.

La teneva sott’occhio, e questa cosa lo irritava. Bennett voleva ignorarla, ma non poteva.

Non era da lui lasciare una signorina in difficoltà, che essa se ne rendesse conto o meno, quando aveva palesemente bisogno di aiuto. Non era al sicuro da sola e in qualche modo doveva assicurarsi che si rendesse conto di questo fatto.

Sir Golia, lo stallone che era venuto a valutare, fu fatto uscire dal recinto e iniziò a correre nel perimetro. Aveva uno splendido manto color castagno e una criniera nero scuro, la coda aveva la stessa tonalità scura del manto e i suoi muscoli si increspavano mentre galoppava intorno all’area recintata.

Il cavallo era magnifico, proprio ciò che desiderava e difatti aveva fatto un’offerta per lui all’inizio dell’asta.

Lady Katherine si era allontanata un po’ da lui, ma non era un problema. Era ancora nel suo campo visivo e abbastanza vicina da permettergli di correre in suo soccorso nel caso in cui ne avesse avuto bisogno.

Intanto avevano lasciato uscire tutti gli altri cavalli, ma non gli interessavano molto. Aveva già visto il cavallo che era venuto a vedere.

In seguito, dopo che tutti erano stati in grado di vedere i cavalli, ebbe inizio l’asta.

Prima che arrivasse il turno del suo stallone, furono venduti vari cavalli. Finora Lady Katherine aveva solo osservato ma non aveva fatto offerte su nessuno di essi.

Bene. Doveva stare fuori dalle cose che non la riguardavano.

Finalmente iniziarono le offerte per Sir Golia e sorprendentemente, Lady Katherine urlò la sua offerta.

Che diamine... si avvicinò a lei e le sussurrò con tono duro. “Che cosa state facendo?”

“Ho fatto un’offerta per lo stallone,” disse. “Pensavo che fosse chiaro ciò che ho fatto.”

La guardò. La sua offerta lo aveva distratto dalla sua intenzione di acquistare il cavallo.

Offrì un numero molto più alto rispetto a quello dell’ultimo offerente.

Katherine ricambiò il suo sguardo con uno altrettanto glaciale, e fece un’altra offerta.

“Non vincerete il cavallo,” le disse. “Sarò io ad avere Sir Golia.”

“Ho bisogno di quel cavallo,” disse, supplicandolo con gli occhi. “Non potete togliermelo.”

Ignorò la sua sincera supplica.

Bennett voleva quel cavallo da moltissimo tempo, ancora prima che lei iniziasse a fare le sue offerte. Non aveva intenzione di superare la sua offerta per impedirle di commettere un errore, in quanto la sua intenzione di acquistare quel cavallo per sé era sincera.

Una volta vinto il cavallo le avrebbe spiegato tutto. Desiderava quel cavallo da quando aveva sentito parlare del suo lignaggio, poiché voleva farlo gareggiare nella corsa di primavera.

Katherine fece un’altra offerta sperando di vincere, ma la superava ogni volta. Aveva abbastanza fondi da superare qualsiasi cifra lei offrisse.

Sebbene anche lei fosse la figlia di un duca, dubitava che avesse i soldi per batterlo.

E la vittoria fu particolarmente dolce.

Una volta conclusa l’asta le rivolse un sorriso compiaciuto. “Avrebbe dovuto evitare di fare offerte.”

Lei sbatté il piede con rabbia. “Siete senza scrupoli.”

“Mia cara,” disse con tono condiscendente. “Vi ho salvata da voi stessa.”

“Oh...” sbatté nuovamente il piede a terra. “Vi odio, non avete la minima idea di cosa avete fatto, ma vi assicuro che oggi non mi avete salvata da niente. Avete distrutto piani che progettavo accuratamente da mesi.”

“Non c’è bisogno di fare tante storie, è solo un cavallo. Come ho fatto a distruggere qualcosa semplicemente acquistandolo?” La guardò con aria beffarda. “Ci sono altri cavalli.”

Fece un gesto indicando un altro stallone che stavano mettendo all’asta proprio mentre litigavano. “Questo potrebbe avere tutto ciò di cui avete bisogno.”

Lei alzò il mento con coraggio. “No, non è così, sciocco babbeo.”

Lady Katherine scosse la testa e lo fissò come se avesse ingoiato qualcosa di sgradevole. “Un solo cavallo mi sarebbe stato utile per ciò che ho pianificato, e me lo avete portato via. Sapevo di non piacervi molto dopo quella notte a teatro, ma non credevo che mi odiaste.”

“Non vi odio.” Questo voleva dire avere sentimenti o pensieri dedicati a lei.

Era una bella ragazzina con capelli scuri e straordinari occhi azzurri, ma non gli importava particolarmente di lei. “Ho acquistato il cavallo perché lo volevo. Il desiderio di possederlo non ha nulla a che fare con voi. Sir Golia sarà un corridore.”

“Lo so benissimo, stolto.” Tremava per la rabbia. “È lui il motivo per cui sono venuta all’asta.”

Lady Katherine strinse le labbra con forza. “Non ho bisogno di alcuna spiegazione da parte vostra su che tipo di cavallo sia Sir Golia.”

Si allontanò da lui e non gli diede possibilità di parlare.

Non poté fare a meno di fissarla, visto il modo in cui lo aveva lasciato da solo nel cortile.

Doveva ancora saldare il pagamento di Sir Golia, ma nel frattempo Bennett rivalutò la sua precedente impressione su Lady Katherine.

Pensava ancora che fosse una scapestrata, ma si accorse che gli piaceva la sua passione. Se gli avesse dato una possibilità, si sarebbe preso il tempo di conoscerla meglio.

Magari poteva chiamarla per verificare i motivi per cui voleva acquistare Sir Golia e forse... solo forse, avrebbe potuto porgerle un ramo d’ulivo...

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