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Tragedie dell'anima

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Caterina

(assorgendo impetuosa ed altera)

 Ah sì! Lo vedremo.



(Un silenzio.)

Francesco

(siede con una certa aria di prepotenza, cercando, nondimeno, di raffrenarsi e di parlare con calma.)



Caterina

(siede anch'essa.)



Francesco

E, anzitutto, voglio spiegarmi. Vostro marito mi confidò che voi gli rivelaste d'averlo tradito. Ciò mi è stato assai utile, ed io ve ne ringrazio. Benchè egli abbia l'abitudine di non celarmi niente, questa volta la sua confidenza non era completa; e la rivelazione da voi fatta a lui mi riguardava troppo direttamente perchè io potessi rinunziare a conoscerla intera. Nell'animo di quell'uomo di buona fede non mi fu difficile penetrare; e, senza interrogarlo, senza indurlo a dirmi con parole ciò che gli avrebbe bruciate le labbra, io ho compiute le indagini, e nel contegno con cui voi mi avete per tanto tempo offeso, nella incoerenza con cui avete buttato via come un cencio l'amante di un giorno, io ho scoperto il vostro egoismo snaturato. Voi mi avete fatto ignorare d'essere il padre del vostro figliuolo, voi lo avete sottratto al mio affetto, voi me lo avete nascosto, voi non mi avete permesso di nudrire un sentimento che, anche solitario e sepolto nel mio cuore, mi avrebbe riempita l'esistenza… E ora vengo qui con la rabbia e col dolore d'una belva ferita per reintegrare, a qualunque costo, i diritti del mio sangue. Pensateci bene!



Caterina

Voi cedete a un'ambizione di vendetta e di tirannia e la dissimulate in una sentimentalità che non vi somiglia. E, difatti, in che modo potreste voi reintegrare i così detti diritti del sangue senza che io diventassi per lo meno la vostra compagna?



Francesco

E non sarebbe questo, oramai, il vostro dovere?



Caterina

Sì, forse sarebbe questo il mio dovere, se l'aberrazione d'un istante avesse proclamata al cospetto del mondo e al cospetto di mio figlio la paternità che ora vantate. Pur troppo, in tal caso, io sarei perduta, io dovrei piegarmi a voi, dovrei essere la vostra donna, dovrei subire la vostra supremazia e dovrei dividere con voi – con voi che non mi amate, che non amo e che non amerò mai – tutto ciò che può darmi di dolce o di doloroso la mia creatura.

(Si esalta a poco a poco nel convincimento della sua forza e del suo coraggio.)

 Ma, per fortuna, i figli nati all'ombra dell'infedeltà coniugale non appartengono che alla madre. Il fallo fu mio, non vostro, come miei sono stati i pericoli, miei gl'intimi dibattiti, mie le trepidazioni, mie le sofferenze fisiche e morali che soffiarono la vita in quel piccolo essere, e questi sono i fatti che costituiscono l'unico diritto vero, sicuro, forte, intangibile! Io potrei negarvi che quel figlio è vostro, e voi non potreste provarmi il contrario! Ciò basti a mostrarvi che debole cosa sia veramente la paternità. Ma io non ve lo nego, e non ho il bisogno di negarvelo!

(Levando le braccia in alto)

 La provvidenza mi soccorre, ed io accetto il suo soccorso!



Francesco

Voi m'invitate a un'aspra lotta, Caterina.



Caterina

Non vi temo!



Francesco

(minaccioso)

 Ad una lotta disastrosa per voi!



Caterina

Non vi temo!



Francesco

Non mi temete, perchè la mente di quella creatura è ancora inaccessibile, e la sua incoscienza passiva vi garantisce l'immunità del vostro egoismo.

(Si alza.)

 Ma quando il gingillo vivente, che ora custodite per voi, sarà un uomo, e quando quest'uomo girerà ansiosamente gli occhi intorno e non troverà suo padre in colui che gli ha dato il nome e vive lontano da lui, lontano dal suo cuore, lontano dalla sua casa,

io

 sarò lì, vigile e pronto, a gridargli: «Tuo padre sono io! Non te ne accorgi? non mi senti? non senti ch'io t'aspettavo? non senti che sono stato sino ad oggi un rinnegato? non sai, non sai che sino ad oggi tua madre mi ha fatto vivere nel supplizio per far vivere te nella illusione della sua virtù? Sono io tuo padre – gli griderò – e se non vuoi perdonare a me l'errore d'averti messo al mondo perchè l'amai, non devi perdonare a lei d'averti data la vita soltanto perchè fu una volgare peccatrice!»



Caterina

(scoppiando d'ira e di disprezzo, si alza – quasi trionfale)

 Ah, finalmente, ti riveli per quello che sei!..

(Affrontandolo, investendolo)

 E io rivedo, rivedo il bruto in tutta la sua abietta energia! Fui tua, fui tua, sì, e fui, davvero, una volgare peccatrice, perchè cedetti alla tua brutalità, che esercitò su me, per una volta, il fascino funesto che possono esercitare, in un'ora sciagurata, tutte le cose mostruose. A te mi associai nella brutale turpitudine e, per commettere un così basso peccato, fui anche capace di tradire come tradivi tu! Tu tradivi l'amico, io tradivo il marito; ma io, se non altro, ho confessato il tradimento e lo espio, mentre tu all'amico ti sei sempre più attaccato, e non ti stanchi di tradirlo per usurpare il suo posto, per rubargli ogni segreto, per sorprendere e sfruttare le sue angosce, per impormi la tua cupidigia. E vuoi che queste tue minacce non rafforzino il coraggio della mia ribellione? Vuoi ch'io non difenda disperatamente mio figlio dalla prepotenza e, sia pure, dal diritto d'un mostro come te?

(Battendo le mani sulla scrivania)

 Fruga, fruga ancora nei segreti, nei tormenti, negli scritti, tra i brandelli d'anima del tuo amico, giacchè ne hai la fiducia; ma sbrigati, e va via! Sì, va via! va via!.. E mettiti bene in mente

(afferrandogli il petto dell'abito con ambo le mani)

 che il giorno in cui tu tenterai di togliermi il figlio che m'è costato il maggiore dei sacrifici, quello di rinunziare alla felicità immensa d'essere amata da colui che è in cima a tutti i miei pensieri, io ti saprò essere degna nemica; e, anche a costo di soccombere insieme con te, io ti schiaccerò: te lo giuro!



Francesco

(solenne e freddo)

 Siamo intesi.



La voce di Teresa

(di dentro, chiamando con un impeto d'allarme)

 Caterina! Caterina!



Caterina

(trasalisce, intuisce, e resta un istante come fulminata.)



Francesco

Addio.



Caterina

(con una chiusa ferocia)

 No! Aspettami!

(Ed esce precipitosamente per la prima porta a destra.)



Francesco

(senza aver compreso, l'ha seguìta con lo sguardo ed ora, loscamente, si avvicina alla scrivania. Cava di tasca la chiave, apre il cassetto e fruga. Ne trae molti manoscritti. Siede. Li guarda, li esamina. Consulta la carta che ha mostrata a Caterina. Piglia alcuni zibaldoni e biecamente mormora:)

 Questi al fuoco!

(Li mette da parte. Cerca ancora fra i manoscritti. Vede alcune paginette. Mormora:)

 Ah! I famosi sonetti!..

(Sogghigna. Per un'aspra curiosità comincia a leggere:)





Vagisci, o bimbo, e il tuo vagito pare

non so quale prodigio d'eloquenza.

Non pensi, è ver, ma a tutto fai pensare

in questa tua dolcissima incoscenza.





Non pensi, è ver, ma quante cose care

al babbo dici…




(S'interrompe. Con dolorante rancore, scrolla il capo. Continua a leggere:)





al babbo dici, inconsciamente, senza

che l'aria stessa le possa rubare

alla felice tua breve innocenza.



(Più triste, più angosciato, col pianto nella voce, con qualche lagrima nel fondo degli occhi:)





O bimbo mio, guardandoti nel viso,

di qualche cosa grande ed infinita

ben sento che mi parla il tuo sorriso.





O bimbo mio, guardando la tua culla,

dove mi par continui la mia vita…



(Scrolla ancora il capo stranamente. Indi legge l'ultimo verso del sonetto, pensandolo molto, con amara incredulità:)





io credo in Dio e più non temo il Nulla!



(Sghignazza un po')

 Ah! ah! ah!.. E anche questo al fuoco…

(Esegue. Con un fiammifero accende i manoscritti messi da parte e li getta nel camino. Borbotta:)

 Il mio ufficio d'amico è adempiuto.

(Riunisce in fretta, nervosamente, le altre carte e le avvolge in un giornale. Come se qualche cosa richiamasse la sua più acuta attenzione, figge lo sguardo sulla porta a destra.)

 Ma che accade lì dentro?!..



(Un silenzio.)

SCENA VI

FRANCESCO, CATERINA, la signora TERESA

Caterina

(comparisce, spettrale. Ha sul volto l'impronta del terrore e del dolore più profondo. Si slancia verso lui come per parlargli subito, ma la voce le manca.)



Francesco

(vivamente scosso)

 Caterina? Che volete voi dirmi?



Caterina

Non capite?.. Non capite?



Francesco

Una sciagura, forse?! Una sciagura al bimbo?..



Caterina

(terribilmente)

 La morte!



Francesco

(con raccapriccio)

 Che!?



Caterina

(abbandonandosi sopra una sedia)

 E ora non avete più nulla da pretendere!

(Guarda nel vuoto, come una pazza.)



Francesco

La morte? La morte?.. Ma io devo saper tutto! Una catastrofe così improvvisa, così repentina, non è possibile! Io devo saper tutto!



Caterina

(ha il viso impietrito in una espressione spasmodica)

 E che posso dirvi, io?.. Il fatto è che noi mettemmo al mondo una creaturina anemica, diafana, malata… Il fatto è che quel povero piccolo, così fragile, così fragile, pareva che coi suoi occhietti scialbi mi rimproverasse la sua nascita o mi chiedesse la ragione della sua fragilità! Che altro posso dirvi?.. La sua malattia è durata dalla nascita alla morte… Egli… era il figlio vostro: ecco tutto.

 



Francesco

(abbassa il capo, e il suo volto si rabbuia di vergogna.)



Caterina

(continuando)

 Ma non pensate che io inveisca ancora contro di voi. No, no, Francesco! La lotta fra voi e me è finita. Innanzi a quel cadaverino… io non sono più la donna che vi giudica. No: io sono la madre umiliata, la madre che s'era illusa di poter combattere perfino la morte con l'orgoglio dell'affetto materno… Quando io era qui, un momento fa, ad accusarvi e a difendermi, tutta intenta all'avvenire

(a poco a poco il suo terrore si dissolve in commozione)

, egli viveva la sua ultima ora, e sono giunta appena in tempo per vederlo agonizzare… Oh, perchè illudermi?! perchè illudermi così?!..

(Gli occhi le si ingombrano di lagrime.)

 Perchè figurarmelo adulto, capace di comprendermi, capace di perdonarmi?.. Perchè?.. Egli era distrutto già da un pezzo!

(Sempre più commossa, parlando a sè stessa:)

 Fin dall'alba di stamane, sul guanciale, la sua piccola testa bruna sembrava un'ombra… Egli non c'era più… non c'era più, e difatti… è da questa notte che non mi ha più chiamata «mamma»… e le sue braccine non si sono più aggrappate al mio collo come facevano sempre… Non ho più