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La Tempesta

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Smetti di chieder grazia! È un traditore.

A Ferdinando.

Vieni! Il collo ai piedi t'incatenerò, l'acqua del mar sarà la tua bevanda, conchiglie d'acqua dolce avrai per cibo e disseccate radiche ed i gusci delle ghiande. Su, vieni!

FERDINANDO

No! Che prima di subir tale trattamento voglio aspettare un nemico più possente.

Sfodera la spada e resta immobile per incanto.

MIRANDA

O caro padre nol tentar con prova troppo imprudente: è nobile e non è timido!

PROSPERO

Cosa? Il mio piede diventa mio maestro?

A Ferdinando.

Rinfodera la spada, traditore che tenti di colpire ma che non osi, tanto la certezza di tua colpa ti aggrava. Smetti dunque di stare in guardia! Con la mia bacchetta io posso disarmarti e far cadere la tua spada.

MIRANDA

Vi supplico, o mio padre!

PROSPERO

Via di qua, non appenderti alle mie vesti.

MIRANDA

Pietà, signore, io sarò il suo ostaggio!

PROSPERO

Basta! Ancora una parola e mi cruccerò teco, per non dire che ti odierò. Per simile impostore guarda quale avvocato! Zitta! Credi forse che non ci sieno altre figure come questa, perchè non ne vedesti all'infuori di Calibàno e della sua? Folle bimba, al paragone d'altri uomini, Calibàno egli è; son tutti angeli al suo confronto.

MIRANDA

Umili molto son dunque i sentimenti miei: non cerco di vederne migliori.

PROSPERO

Or dunque, andiamo. Obbedisci! I tuoi nervi son di nuovo in infanzia e non hanno più vigore.

FERDINANDO

Ed infatti è così! Tutti i pensieri come in un sogno son paralizzati. La morte di mio padre, la stanchezza ch'io sento, e quella perdita di tutti gli amici miei, per fino le minacce di quest'uomo a cui sono sottomesso, saranno lievi cose a me se dalla mia prigione potrò solo una volta al giorno, contemplar questa fanciulla. La libertà tenga ogni più riposto angolo della terra: in tal prigione avrò spazio bastante.

PROSPERO

da sè.

Bene!

A Ferdinando.

Andiamo!

Da sè.

Buon Ariele, ben oprasti!

A Ferdinando.

Andiamo!

Ad Ariele.

Ascolta quel che devi fare.

MIRANDA.

Abbiate coraggio: assai migliore è il padre mio di quel che il suo parlar non lo dimostri. Quello che ha fatto è fuor del suo costume.

PROSPERO

ad Ariele.

Tu libero sarai siccome il vento delle montagne, ma il comando mio in ogni punto devi esattamente adempiere!

ARIELE

Alla lettera!

PROSPERO

A Miranda.

Su, via seguimi e non parlarmi in suo favore.

ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

Un'altra parte dell'isola.

Entrano ALONZO, SEBASTIANO, ANTONIO, GONZALO,

FRANCESCO, ADRIANO, ARIELE.

GONZALO

Ve ne prego, o signor, siate contento: per voi come per noi c'è ben ragione d'essere lieti: poi che di gran lunga la salvezza ogni perdita sorpassa. È comune il dolor nostro: ogni giorno la moglie di un marino, l'armatore di un mercantile ed il mercante stesso hanno un egual dolore. In quanto al nostro miracolo—che tale è l'esser salvi,– fra milïoni d'uomini ben pochi posson parlare come noi. Ponete dunque sulla bilancia, o mio buon sire, la tristezza e il piacere.

ALONZO

In grazia: basta!

SEBASTIANO

Riceve le consolazioni come una minestra fredda.

ANTONIO

Il consolatore non lo lascerà per così poco.

SEBASTIANO

Guardatelo: sta caricando l'orologio della sua intelligenza.

Fra poco, suonerà.

GONZALO

Sire….

SEBASTIANO

E una: parla.

GONZALO

Quando ogni afflizion che si presenta in tal maniera, al suo ospite apporta….

SEBASTIANO

Un dollaro.

GONZALO

Un dolore: è giusto. Avete parlato meglio di quel che non credevate.

SEBASTIANO

E voi lo avete interpretato meglio di quello che non mi fossi proposto.

GONZALO

Ed è perciò, signore mio….

SEBASTIANO

Uff! Come è prodigo della sua lingua!

ALONZO

Ti prego, risparmiami.

GONZALO

Ho finito. Ma pertanto….

SEBASTIANO

Continuerà a parlare.

ANTONIO

Scommettiamo: chi gracchierà prima, lui o Adriano?

SEBASTIANO

Sarà il vecchio gallo.

ANTONIO

Sarà il galletto.

SEBASTIANO.

Accettato. E la posta?

ANTONIO

Una risata.

SEBASTIANO

Tengo.

ADRIANO

Se bene quest'isola sembri deserta….

SEBASTIANO

Ah! ah! ah! ah! – Eccovi pagato.

ADRIANO

…. inabitabile e quasi inaccessibile….

SEBASTIANO

Pure….

ADRIANO

…. pure….

ANTONIO

Non poteva tralasciarlo.

ADRIANO

…. pure sembra che debba essere di clima leggero, sottile e di delicata temperanza.

ANTONIO

Temperanza era infatti una delicata donzella.

SEBASTIANO

Già: e sottile anche, come l'ha saggiamente annunciato.

ADRIANO

L'aria alita sopra di noi molto dolcemente.

SEBASTIANO

Come se avesse polmoni e—per di più—marci.

ANTONIO

O come se fosse profumata da una palude.

GONZALO

Qui c'è ogni cosa giovevole alla vita.

ANTONIO

Giusto: salvo però la maniera di vivere.

SEBASTIANO

Di questa ce n'è poco o punto.

GONZALO

Come l'erba apparisce folta e rigogliosa! E come è verde!

ANTONIO

Il suolo però è gialliccio.

SEBASTIANO

Con una punta di verde.

ANTONIO

Non si è sbagliato di molto.

SEBASTIANO

No: non fa che sbagliare intieramente la verità.

GONZALO

Ma la rarità di tutto ciò, che è quasi oltre ogni credere….

SEBASTIANO

Come tante altre notorie rarità….

GONZALO

…. è che le nostre vesti, bagnate dal mare come furono, hanno non ostante conservato la loro freschezza e il loro splendore e sono più tosto rinnovate che macchiate dall'acqua salata.

ANTONIO

Ma se una delle sue tasche potesse parlare, non direbbe forse che mentisce?

SEBASTIANO

Già: o per lo meno s'intascherebbe molto falsamente la sua affermazione.

GONZALO

Mi sembra che le nostre vesti siano così fresche come il giorno che le indossammo per la prima volta, in Africa, al matrimonio della figlia del Re, la gentile Claribella, col Re di Tunisi.

SEBASTIANO

Fu un bel matrimonio, che ci ha profittato molto nel ritorno!

ADRIANO

Tunisi non era mai stata onorata, prima di adesso, con un modello di perfezione simile alla sua Regina.

GONZALO

No: dal tempo della vedova Didone.

ANTONIO

Vedova? La peste a lei! Come c'entra questa vedova? La vedova Didone!

SEBASTIANO

E così? Se egli avesse anche detto il "Vedovo Enea", Signore Iddio, come ve la prendete, per questo!

ADRIANO

Vedova Didone, avete detto? Ora mi ci fate pensare: ella era di Cartagine, non di Tunisi.

GONZALO

Questa Tunisi, o signore, era un tempo Cartagine.

ADRIANO

Cartagine!

GONZALO

Ve lo assicuro: Cartagine.

ANTONIO

La sua parola val più di un'arpa miracolosa.

SEBASTIANO

Egli ha innalzato le muraglie e le case tutte insieme.

ANTONIO

Che cosa impossibile sta ora per rendere facile?

SEBASTIANO

Suppongo che si porterà via quest'isola in tasca e che la darà a suo figlio come una mela.

ANTONIO

E che ne butterà i semi in mare per far nascere altre isole!

ALONZO

Che c'è?

ANTONIO

Arriva in buon punto.

GONZALO

Sire, dicevamo che le nostre vesti sono fresche come quando eravamo a Tunisi, per il matrimonio di vostra figlia, ora regina.

ANTONIO

E la più rara che sia mai veduta là.

SEBASTIANO

Eccettuata, vi prego, la vedova Didone.

ANTONIO

O la vedova Didone! Già: vedova Didone!

GONZALO

Non è forse, sire, il mio giustacuore fresco come il primo giorno che lo indossai? Intendo, sotto un certo punto di vista….

ANTONIO

Ecco un "punto di vista" pescato opportunamente.

GONZALO

…. quando lo indossai al matrimonio di vostra figlia?

ALONZO

M'impinzate le orecchie con parole oltre la fame dei miei sensi. Il cielo volesse ch'io mia figlia non avessi maritato costà: chè nel ritorno ho perduto mio figlio e se non erro, ora che dall'Italia ella è sì lunge, io non potrò più rivederla. O erede di Milano e di Napoli, di quale strano pesce sarai stato pastura?

 
FRANCESCO

Sire, forse egli è vivo. Io l'ho veduto domare l'onde e cavalcarne il dorso. Egli sottometteva l'acque e d'ambo i lati respingea quei loro attacchi nemici e le più aspre ondate contro di lui sospinte a sè stringea. L'ardita fronte oltre i flutti irosi sollevando con buone braccia in vigorosi colpi remigava così verso la costa che, dal flutto minata, reclinava sopra lui, quasi ad aiutarlo. Salvo giunse a terra.

ALONZO

No, no, perito è certo.

SEBASTIANO

Sire, potete ringraziar voi stesso per questa grande perdita. L'Europa favorir non voleste con la figlia vostra, che preferiste abbandonare a un africano e quivi ella è bandita dai vostri occhi che giustamente ormai lacrime versan di rimpianto.

ALONZO

Basta, ti prego.

SEBASTIANO

Supplicato foste e tutti c'inginocchiammo innanzi a voi con ogni genere di preghiere e quella stessa bell'anima divisa fra disgusto e obedienza, esitò a lungo incerta da qual lato propendere. Perduto per sempre abbiamo vostro figlio, io temo, e Napoli e Milano avran per questa avventura più vedove che noi, uomini non rechiamo a consolarle. La colpa è vostra.

ALONZO

Ed è la mia più cara perdita!

GONZALO

O Sebastiano, o mio signore, il vero che narrate manca forse di gentilezza e di opportunità. Irritate la piaga quando invece voi dovreste arrecar l'impiastro.

SEBASTIANO

È giusto.

ANTONIO

E chirurgico molto.

GONZALO

O mio buon sire è tempo nero per noi tutti, quando siete rannuvolato.

SEBASTIANO

Tempo nero.

ANTONIO

Nerissimo.

GONZALO

E dovessi io coltivare quest'isola, o signore….

ANTONIO

Pianterebbe l'ortica.

SEBASTIANO

O pur la malva.

GONZALO

S'io mi fossi il Re, cosa farei?

SEBASTIANO

Vi provereste a non ubriacarvi per mancanza di vino.

GONZALO

Nel mio Stato ordinerei le cose alla rovescia: non un nome di magistrato ammetterei; commerci d'ogni genere esclusi; ignote tutte le lettere; ricchezza, povertà, usi di servitù nessuno; niente contratti, eredità, siepi, poderi chiusi, terreni coltivati e vigne; proibito l'uso di metalli, d'olio, di frumento, di vino; alcun lavoro: gli uomini tutti in ozio ed anche tutte le donne, ma innocenti e pure; alcuna supremazia regale….

SEBASTIANO

Ma vorrebbe essere il Re!

ANTONIO

La fine della sua repubblica si dimentica del principio!

GONZALO

Senza sudori e senza sforzi tutte le cose produrrebbe la Natura; vorrei fossero ignoti il tradimento, la bassezza e l'uso di spada, di coltello, di fucile, di picca e d'ogni altra arma; la benigna Natura produrrebbe in abbondanza quanto basti a nutrire il popol mio!

SEBASTIANO

E nessun matrimonio fra i suoi sudditi.

ANTONIO

Nessuno: tutti in ozio, puttane e farabutti.

GONZALO

E vorrei governar, sire, con tanta perfezione, che l'età dell'oro sarebbe sorpassata.

SEBASTIANO

Salva sia Sua Maestà!

ANTONIO

Evviva il Re Gonzalo!

GONZALO

E—mi ascoltate, o sire….

ALONZO

Basta, ti prego; le tue parole non mi dicono niente.

GONZALO

Credo facilmente a Vostra Altezza e se le ho dette è stato per divertire questi gentiluomini i quali hanno una milza così sensibile, che si mettono a ridere per la minima sciocchezza.

ANTONIO

Questa volta abbiamo riso di voi.

GONZALO

Il quale io, in questo genere di allegra pazzia sono un niente in confronto a voi. Così potete continuare e ridere ancora di nulla.

ANTONIO

Che colpo ci avrebbe dato!

SEBASTIANO

Se non fosse caduto come uno straccio.

GONZALO

Voi siete gentiluomini di fegato, capaci di tirar giù la luna dalla sua sfera, se stesse cinque giorni senza cambiare.

Entra ARIELE invisibile.

Si ode una musica solenne.

SEBASTIANO

Lo faremmo infatti e ci andremmo a caccia servendocene come lanterna.

ANTONIO

Su via, mio buon signore, non vi arrabbiate.

GONZALO

O no, ve lo garantisco io, non comprometterei la mia serietà per così poco. Volete ridere di me mentre dormo? Mi sento molto stanco.

ANTONIO

Andate a dormire e cercate di sentirci.

Tutti si addormentano, eccettuati ALONZO, SEBASTIANO e ANTONIO.

ALONZO

Come sì presto addormentati? Ahi fosse possibile che gli occhi miei con loro si chiudessero sopra i miei pensieri! Sento che a ciò sono proclivi.

SEBASTIANO

Sire, non ricusate questa offerta, il sonno ben di rado il dolor visita e quando lo faccia, è di conforto.

ANTONIO

Ambo, o signore, vi guarderemo mentre riposate e veglieremo alla salvezza vostra.

ALONZO

Io vi ringrazio. Oh sonno portentoso!

ALONZO si addormenta.

Exit ARIELE.

SEBASTIANO

Quale strano sopor tutti li tiene!

ANTONIO

Forse è il clima.

SEBASTIANO

Perchè, se gli occhi vostri non si aggravan così? Non sento affatto bisogno di dormire.

ANTONIO

Ed io nè meno. Son vigili i miei spiriti. Assopiti essi sono nel sonno, tutti insieme quasi per un accordo e son piombati a terra come fulminati! Quale buona fortuna, o Sebastiano. Quale buona fortuna! Ma non più, mi sembra però di legger sul tuo volto, quello che vorresti: l'occasion ti parla e la mia ardente fantasia già scorge una corona alla tua fronte….

SEBASTIANO

Cosa?

Sei tu sveglio?

ANTONIO

Non odi il mio parlare?

SEBASTIANO

L'odo: ma questo tuo parlare è certo d'uomo assopito e tu nel sogno parli. Cosa dicevi? Assai strano riposo, dormir con gli occhi aperti! Tu ti muovi, e stai in piedi e discorri e pure dormi profondamente.

ANTONIO

Nobil Sebastiano, tu, la fortuna tua lasci dormire o morire più tosto! E chiudi gli occhi pur essendo ben sveglio.

SEBASTIANO

È certo, russi distintamente e v'è nel tuo russare pur qualche senso.

ANTONIO

Più che mio costume io son serio e voi pur lo diverrete, se mi darete ascolto, triplicato, in questo caso.

SEBASTIANO

Io sono un'acqua ferma.

ANTONIO

E a scorrer io v'insegnerò.

SEBASTIANO.

Sì, fatelo: un'indolenza ereditaria, forse m'indurrà a rifluire.

ANTONIO

O se sapeste quanto questo proposito voi stesso pur irridendo accarezzate e quanto più lo spogliate e più lo fate bello! Gli uomini del riflusso, veramente sono vicini, molto spesso, al fondo per il loro timore e per la loro indolenza.

SEBASTIANO

Ti prego, spiega meglio. La durezza del tuo sguardo e del tuo volto proclama un non so qual pensiero che vuol manifestarsi, ed il cui parto grandi sforzi ti costa.

ANTONIO

Ecco, signore: questo messer di debole memoria —che lascerà fra gli uomini un ricordo anche più lieve quando sia sepolto— quasi convinto ha il Re (perchè costui è l'uomo del convincere e soltanto a questo scopo è nato) che suo figlio sia sempre vivo. Che non sia affogato è impossibile, come non sarebbe possibile che nuoti ei che qui dorme.

SEBASTIANO

Non ho alcuna speranza ch'egli sia salvo.

ANTONIO

Quanta speranza in quella "alcuna speranza"! Alcuna speme è un'altra strada che adduce a una speranza così alta qual l'occhio dell'ambizione appena può raggiungerla e dubita pur anco di poterla scoprire! Convenite con me che Ferdinando è morto?

SEBASTIANO

È morto.

ANTONIO

Dunque qual'è l'erede più vicino al trono?

SEBASTIANO

Claribella.

ANTONIO

La regina di Tunisi, colei che abita a dieci leghe oltre il poter nostro; colei che da Napoli non può ricever nuove (se non le faccia da corriere il sole chè l'Uomo nella luna andrebbe troppo lento) prima che il mento del fanciullo appena nato sia peloso e pronto ad esser raso; quella per cui tutti fummo preda del mare e solo alcuni rigettati alla spiaggia. Ma son questi predestinati a compiere un tal fatto di cui il passato è il prologo e il futuro sta nelle vostre mani e nelle mie.

SEBASTIANO

Che vaniloquio! Cosa dite? È vero che la figlia di mio fratello regna su Tunisi ed è vero ch'ella sia la sola erede al trono e che fra i due paesi corra un qualche spazio.

ANTONIO

Un tale spazio, che ciascun cubito ci sembra debba gridare: "Come Claribella può dettar leggi a Napoli? Rimanga a Tunisi e si svegli Sebastiano". Dite: se quel sopor che ora li tiene fosse la morte, non sarebber peggio di quel che sono. E può qualcun regnare su Napoli, così come costui che dorme. Ci sarebbero signori che potrebber parlar con altrettanta inutile abbondanza al par di questo Gonzalo. Io stesso potrei far discorsi così vani. Ah perchè voi non avete un'anima alla mia pari! Qual sonno sarebbe questo al salir vostro! Udite?

SEBASTIANO

Credo di sì!

ANTONIO

Con qual senso accogliete questa vostra fortuna?

SEBASTIANO

Mi rammento che soppiantaste Prospero, il fratello vostro.

ANTONIO

È vero. E guardate come bene mi stanno addosso queste vesti: molto meglio di prima. Mi erano compagni di mio fratello i servi, ora mi sono sottomessi.

SEBASTIANO

Però la coscienza…

ANTONIO

Ahi, signore, dov'è? S'ella pur fosse un gelone potrebbe trattenermi dentro le mie pantofole: ma io non sento quella Dea dentro il mio seno. Ci fossero fra me e Milano venti coscienze potrebbero gelare e liquefarsi prima che una qualche molestia mi recassero. Il fratello vostro qui giace e non varrebbe meglio di questa terra su cui dorme s'egli fosse quello che sembra: morto. Io posso con tre pollici sol di questo ferro obbediente stenderlo per sempre sul suo letto e nel tempo stesso, voi rivolgete lo sguardo a questo vecchio straccio di ser Prudente, che in tal modo non sarebbe più là per giudicare quel che facemmo. In quanto agli altri tutti, accetteranno, come un gatto beve una tazza di latte, quel che noi vorremo suggerire e obbedienti orologi quell'ora suoneranno che diremo esser utile all'impresa del momento.

SEBASTIANO

Sarà mio precedente il tuo passato, caro amico, e come acquistasti Milano io farò mia Napoli. Fuori la tua spada; un colpo e ti libererai da quel tributo che paghi, ed io, Re, ti amerò.

ANTONIO

Snudiamo le spade insieme e quando la mia mano si alzerà, faccia la vostra altrettanto per Gonzalo.

Rientra ARIELE invisibile.

Si ode una musica.

SEBASTIANO

Ma ascolta una parola.

Lo trae da un lato, parlandogli.

ARIELE

Ha preveduto il mio signor per mezzo dell'arte sua questo periglio in cui l'amico suo si trova e qui mi manda che tu viva e non muoia il suo disegno.

Parlando negli orecchi di Gonzalo.

 
Mentre giaci addormentato
        la congiura dall'occhio sbarrato
            non perde un momento.
            Se la vita ti sta a cuore
        scuoti dunque cotesto torpore.
            Attento! Attento!
 
ANTONIO

Siamo rapidi entrambi.

GONZALO

svegliandosi.

 

Angeli buoni salvate il Re.

A Sebastiano e Antonio.

Che cosa c'è?

A Alonzo.

Su! Sveglio.

A Sebastiano e Antonio.

Perchè le spade sguainate? E cosa vogliono dire quei sinistri sguardi?

ALONZO

svegliandosi.

Che c'è di nuovo?

SEBASTIANO

Mentre vegliavamo sopra il vostro riposo, in un istante medesimo un rumore udimmo come ruggir di tori o di leoni. È questo che vi ha svegliati? Assai terribilmente mi ha colpito l'orecchio.

ALONZO

Io non ho udito nulla.

ANTONIO

Era uno strepito che avrebbe spaventato l'orecchio anche di un mostro e il suol fatto tremare. È stato certo il ruggire d'un'orda di leoni.

ALONZO

Tu l'udisti, o Gonzalo?

GONZALO

Sul mio onore udito ho come un mormorio bizzarro che mi ha svegliato: ed io vi ho scosso allora e vi ho svegliato e mentre aprivo gli occhi visto ho le spade loro ignude. Certo vi fu rumore, e questo è vero. Meglio faremo a stare in guardia o pur lasciamo questa contrada. E sfoderiam le spade.

ALONZO

Lasciamo pure questo luogo e il figlio mio misero cerchiamo.

GONZALO

Il ciel lo tenga lungi da tali belve, ch'egli è certo in quest'isola!

ALONZO

Andiamo.

Exit con gli altri.

ARIELE

Il mio signore Prospero, ben saprà quel che ho compito e tu, Re, cerca il figliuol tuo smarrito.

Exit.