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“Se è questo quello che vuoi.”

“Certo. L'uomo dei compromessi. Fa un accordo fino a quando ti procura quello che vuoi. Bene, ho una piccola sorpresa per te, Signor Supervisore. Non siglo accordi. Non me ne frega proprio nulla se ce la farai in politica oppure no. Domani ho intenzione di entrare nell'ufficio del nostro avvocato e di cominciare a far volare i documenti.”

“Stella—”

“Forse potrei fare anche una piccola chiacchierata con la stampa su tutto il concentrato di gentilezza umana che scorre nelle tue vene, maritino caro.”

“Ti avviso, Stella—”

“E questa sarebbe una grande tragedia, non è vero, Wes, se tu venissi realmente eletto...”

“SMETTILA, STELLA!”

“...dai votanti per avere la carica invece di essere nominato tutto bello e pulito dai tuoi compari.”

“STELLA!”

Le sue mani si mossero verso la sua gola mentre urlava il suo nome. Voleva che lei smettesse, ma non lo faceva. Le sue labbra continuavano a muoversi a muoversi, e le parole si perdevano nella silenziosa foschia che avvolgeva il cottage. Le colorazioni normali scomparvero mentre la stanza assunse una tonalità rosso sangue. Lui la scosse e chiuse le sue mani strette attorno al suo collo.

Sorpresa per l'attacco inaspettato, la sigaretta le cadde dalle mani, facendo cadere un po' di cenere sul pavimento. Stella alzò le mani contro il petto del marito e cercò di spingerlo via. Per un momento ci riuscì, ma lui continuò a venire, scacciandole le braccia che si dimenavano e stringendola con tutta la forza a sua disposizione.

Le sue dita si addormentarono quando si strinsero attorno alla gola di lei. Non sentì il soffice calore della sua pelle che cedeva sotto la sua pressione, il pulsare delle arterie nel suo collo o l'istintiva tensione dei tendini. Tutto quello che sentiva erano i propri muscoli che schiacciavano, schiacciavano, schiacciavano.

A poco a poco, la lotta cominciò ad attenuarsi. Il colorito della faccia di Stella sembrava strano, anche attraverso la coltre rossa che gli annebbiava la vista. I suoi occhi sporgenti sembravano pronti a saltare fuori dalle orbite, spalancati e fissi su di lui. Fissi, fissi, fissi....

La lasciò andare. Lei cadde a terra, ma lentamente. Come al rallentatore, lenta come in un sogno. Non si udì quasi nessun rumore quando colpì il pavimento. Si accasciò, floscia come una bambola di pezza messa da parte per giochi più belli. Con l'eccezione della sua faccia, la sua faccia viola e gonfia. La sua lingua era a penzoloni in una posa grottesca, gli occhi gelidi di terrore. Un piccolo rivolo di sangue usciva dal suo naso, fino alle sue labbra violacee e sul tappeto marrone sbiadito. Un dito della sua mano sinistra si contrasse spasmodicamente due o tre volte, poi rimase immobile.

* * *

Il mondo bianco-blu era sotto di lui, in attesa del tocco della sua mente. Garnna diede un'occhiata all'atmosfera e fu sopraffatto dall’abbondanza di vita. C’erano creature nell’aria, creature sulla terra, creature nell’acqua. Il primo test, naturalmente, era la ricerca che non ci fosse qualche Offasii in giro, ma gli ci volle solo un veloce esame per appurare che non ce n’era nessuno. Gli Offasii non erano ancora stati trovati in alcuno dei pianeti già esplorati dagli Zartici, ma la ricerca doveva continuare. La razza Zartica non poteva sentirsi del tutto sicura fino a quando non avesse scoperto cosa era successo ai loro vecchi padroni.

Lo scopo principale dell’Esplorazione ora era stato raggiunto. Restava lo scopo secondario: capire che tipo di vita abitasse questo pianeta, se fosse intelligente, e se potesse plausibilmente costituire una minaccia per Zarti.

Garnna generò un'altra rete, una più piccola questa volta. Incluse con la sua mente l'intero pianeta, alla ricerca di segnali di intelligenza. La sua ricerca ebbe immediatamente successo. Luci brillavano luminose sul lato immerso nella notte, indicando la presenza di città di grandi dimensioni. Un'abbondanza di onde radio, modulate artificialmente, stavano rimbalzando in tutta l'atmosfera. Le seguì fino alla loro sorgente e trovò grandi edifici e grandi torri. E trovò le creature che erano responsabili delle onde radio, degli edifici e delle luci. Camminavano in posizione eretta su due gambe, i loro corpi erano soffici e senza l'armatura di uno Zartico. Erano piccole, forse erano alte la metà degli Zartici, e la loro pelliccia sembrava concentrata soprattutto sulle loro teste. Osservò le loro abitudini alimentari e si rese conto con disgusto che erano onnivori. Per una specie erbivora come gli Zartici, queste creature sembravano avere una natura crudele e malvagia, ponendo potenziali minacce a specie più gentili. Ma almeno erano migliori dei feroci carnivori. Garnna aveva visto un paio di società carnivore, dove uccidere e distruggere erano avvenimenti di ogni giorno, e il solo pensiero gli faceva venire i brividi. Si trovò a desiderare che tutti gli esseri viventi nell’universo fossero erbivori, poi si controllò. Non gli era permesso che i suoi pregiudizi personali interferissero con lo svolgimento dei suoi compiti. Il suo dovere, ora, era quello di osservare queste creature nel poco tempo che gli era rimasto e stilare una relazione che sarebbe stata conservata per studi futuri.

Vide una nota di speranza in queste creature, cioè il fatto che sembravano avere l'istinto del Branco più che quello di agire da soli come individui. Si riunivano in grandi città e sembrava che facessero la maggior parte delle cose in gruppo. Avevano il potenziale per restare da soli, ma non lo utilizzavano troppo.

Raccolse di nuovo la sua mente e si preparò a fare delle osservazioni più dettagliate. Fece uno zoom sulla superficie del mondo per osservare. Le creature erano chiaramente diurne altrimenti non avrebbero avuto bisogno di luci per le loro città, così all'inizio scelse di osservare un luogo nell'emisfero dove era giorno. Non aveva nessun motivo di preoccuparsi di essere visto dai nativi; il metodo di esplorazione spaziale zartico ne aveva tenuto conto.

In sostanza, questo metodo richiedeva una separazione completa tra corpo e mente. Venivano prese delle droghe per aiutare questa dissociazione, mentre l’Esploratore riposava confortevolmente in una macchina. Quando avveniva la separazione, la macchina si occupava degli aspetti meccanici delle funzioni corporee —battito cardiaco, respirazione, alimentazione e così via. La mente, nel frattempo, era libera di vagabondare a suo piacimento ovunque volesse.

Erano stati trovati pochi limiti per una mente liberata. La velocità alla quale poteva “viaggiare”—se, veramente si poteva dire che andava da qualche parte—era così veloce da essere quasi non misurabile; in teoria, poteva anche essere infinita. Una mente liberata poteva concentrarsi su una singola particella subatomica, o espandersi fino a coprire vaste zone dello spazio. Poteva rilevare radiazioni elettromagnetiche di qualsiasi tipo. E, cosa fondamentale dal punto di vista degli Zartici molto cauti, non poteva essere rilevata da nessun senso fisico. Era un fantasma che non poteva essere visto, udito, odorato, assaporato o toccato. Tutto questo lo rendeva il veicolo ideale con cui esplorare l’universo al di là dell’atmosfera di Zarti.

Garnna si fermò in un luogo dove la terra era regolarmente lavorata a fini agricoli. I metodi di coltivazione differivano poco in tutte le società che aveva investigato fino ad allora, probabilmente perché la forma seguiva la funzione e la funzione era chiaramente la stessa. Queste creature stavano arando con un attrezzo grezzo trainato da un erbivoro remissivo con due corna. Questo stadio dell'agricoltura piuttosto primitivo non sembrava adattarsi a una civiltà che poteva produrre anche così tante onde radio. Per risolvere questo paradosso apparente, Garnna raggiunse con la sua mente uno dei nativi, fino a toccarla.

Questo era un altro vantaggio della mente liberata. Sembrava possedere la capacità di “ascoltare” i pensieri delle altre menti. Era telepatia, ma in modo ristretto, nel senso che funzionava solo da una parte. Garnna era in grado di ascoltare i pensieri degli altri, ma lui stesso non era rilevabile.

Tuttavia il fenomeno non era utile quanto poteva sembrare a prima vista. Gli individui intelligenti pensano in parte con le parole della propria lingua, in parte con concetti astratti e in parte con immagini visuali. I pensieri passano molto velocemente e poi se ne vanno per sempre. Specie diverse hanno modelli di pensiero diversi basati fondamentalmente su differenze dei loro input sensoriali. E all’interno di una razza ogni individuo aveva il proprio codice simbolico privato.

La lettura della mente, poi, tendeva a essere un lavoro doloroso e molto frustrante. Garnna doveva passare attraverso numerose impressioni senza significato che lo bombardavano a un ritmo incredibile per arrivare al semplice nocciolo di un'idea. Per fortuna, riusciva a leggere qualche emozione generalizzata e a imparare qualcuno dei concetti base che esistevano nella mente che contattava. Ma era un esperto in questa procedura e non temeva il lavoro duro se era per il bene del Branco, così si mise all'opera.

Dopo una serie di tentativi e ancor più di congetture, Garnna fu in grado di formare un piccolo quadro di questo mondo. C’era solo una razza intelligente lì, ma si era frammentata in molte culture individuali. Parecchi modelli costanti emergevano , tuttavia, in quasi tutte le culture. I gruppi iff qui sembravano in genere essere composti da pochi adulti, in genere imparentati o accoppiati, più i loro discendenti. Lo scopo del gruppo iff era più orientato verso la crescita dei giovani che verso la sicurezza dell'individuo. Sembravano esserci pochi individui che sopravvivevano completamente senza gruppi iff. Il Branco qui era più un concetto astratto rispetto alla realtà quotidiana che c’era su Zarti.

 

Apprese anche che alcune delle culture sul pianeta erano più ricche di altre. La più ricca si trovava attualmente nella zona notturna del pianeta. In quella particolare cultura molte delle cose che erano fatte a mano qui erano fatte dalle macchine, e si presumeva che ci fosse parecchio cibo per tutti. Il pensiero che una parte del Branco potesse essere sovralimentata mentre un’altra parte fosse affamata sembrava assurda per uno Zartico. Ricordò a se stesso ancora una volta di reprimere le sue emozioni. Era lì solo per osservare, e faceva meglio a concentrarsi su quello.

Decise di investigare quella cultura molto ricca. Nella valutazione di queste creature come potenziale minaccia per il Branco, i suoi superiori sarebbero stati interessati solo alle loro capacità più alte. Non aveva alcuna importanza cosa facessero le culture più povere se quelle più ricche possedevano un metodo di navigazione interstellare fisico unito a una natura bellicosa.

Alla velocità del pensiero, Garnna attraversò un'enorme distesa oceanica e arrivò nell’emisfero immerso nell’oscurità. Trovò immediatamente parecchie città costiere che mandavano le loro luci verso di lui. Queste creature potevano essere diurne, ma certamente non permettevano che l'oscurità limitasse le loro vite. C’erano parti delle città che erano illuminate come se fosse giorno. C'era un luogo in una delle città dove una moltitudine di creature si era riunita e seduta per vedere quanto accadeva tra un numero limitato di creature in un campo appositamente costruito. Il modello era simile a quello che era stato osservato in molti altri mondi, in modo particolare dove onnivori e carnivori erano dominanti —competizione istituzionalizzata. Invece di dividere equamente quello che c'era per il bene del Branco, come si sarebbe fatto su Zarti, queste creature si sentivano obbligate a competere, con i vincitori che prendevano tutto e i perdenti nulla. Per quanto si sforzasse, Garnna non riusciva a capire completamente cosa significasse questa competizione per queste creature.

Si mosse. Osservò le abitazioni degli indigeni e le trovò in molti casi strutturalmente superiori a quelle su Zarti. Le macchine per i trasporti erano anch'esse avanzate, essendo sia efficienti sia in grado di viaggiare a grandi velocità. Ma notò anche che usavano combustibili chimici per alimentarle. Questo, per il momento, toglieva questi essere dalla lista delle possibili minacce. Chiaramente non avrebbero usato combustibili chimici se avessero scoperto un modo efficiente di usare l'energia nucleare, e nessuna razza poteva sperare di costruire un mezzo di navigazione interstellare usando solamente combustibili chimici. Queste creature potevano conoscere l'esistenza dell'energia nucleare —in effetti, a giudicare dalla loro abbondante tecnologia, Garnna si sarebbe sorpreso che non lo fossero —ma da questo alla navigazione interstellare il salto era troppo grande; gli Zartici non avevano bisogno i preoccuparsi che questa razza potesse costituire una minaccia nel prossimo futuro. Anche gli Zartici non avevano ancora perfezionato un viaggio interstellare —ma certamente, c'erano state circostanze attenuanti.

Passò la maggior parte del tempo raccogliendo il materiale che pensava fosse necessario per la sua relazione. Come sempre, c’era una sovrabbondanza di dati, e dovette eliminare con attenzione alcuni dettagli interessanti per fare spazio alle tendenze che lo avrebbero aiutato a costruire nella sua mente un’immagine completa di questa civiltà. Ancora una volta, il tutto aveva la precedenza sulle parti.

Terminò la sua investigazione e si rese conto che aveva ancora un po’ di tempo libero prima di dover ritornare nel suo corpo. Poteva anche usarlo. Aveva un piccolo hobby, innocuo. Anche su Zarti c’erano le coste marine e Garnna era nato vicino a una di quelle. Aveva passato la sua giovinezza vicino al mare e non si stancava mai di vedere le onde arrivare e infrangersi sulla riva. Così, ogni volta che si trovava su un mondo alieno con del tempo libero, cercava di fantasticare a ritroso nel tempo alla sua giovinezza sulla riva dell'oceano. Lo aiutava a sentire più familiare il mondo alieno e non creava danno a nessuno. Così si librò dolcemente lungo la costa di quell'oceano enorme di quello strano mondo, guardando e ascoltando l'acqua nera e quasi invisibile che si infrangeva sulle sabbie scure di questo pianeta, a un centinaio di parsec dal suo luogo di nascita.

Qualcosa attirò la sua attenzione. Sulla cima delle scogliere prospicienti a quel punto della spiaggia, una luce stava brillando. Doveva essere un esempio di un individuo solitario della società stabilitosi lontano dal più vicino grande gruppo di altri esponenti della sua razza. Garnna fluttuò verso l'alto.

La luce proveniva da un piccolo edificio, piuttosto povero rispetto agli edifici della città ma senza dubbio confortevole perché ci vivesse una singola persona. C’erano due veicoli parcheggiati all’esterno, entrambi vuoti. Poiché i veicoli non erano automatici, questo implicava che dovevano esserci almeno due alieni all’interno.

Essendo una pura mente Garnna passò attraverso le mura del cottage come se non esistessero. All'interno c'erano due creature, che parlavano tra loro. L'episodio non sembrava molto interessante. Garnna si fece una breve nota sull'arredamento della stanza e stava per andarsene quando all'improvviso una delle creature attaccò l'altra. Prese per il collo il suo compagno e cominciò a strangolarlo. Senza neppure dover estendersi, Garnna poteva sentire il furore che si emanava dalla creatura attaccante. Si bloccò. Normalmente l'istinto della sua specie lo avrebbe portato a fuggire alla massima velocità —in questo caso alla velocità del pensiero. Ma Garnna si era sottoposto a un addestramento intensivo per padroneggiare i suoi istinti. Era stato addestrato a essere all'inizio, alla fine, e sempre, un osservatore. Continuò a osservare.

* * *

La realtà a poco a poco tornò a farsi presente a Stoneham. Cominciò con un suono, un rapido ka-thud, ka-thud, ka-thud che in ritardo riconobbe essere il suo cuore. Non lo aveva mai sentito battere così forte in precedenza. Sembrava sovrastare l'universo con il suo battito. Stoneham si mise le mani alle orecchie per non cedere al rumore, ma questo non fece altro che peggiorare la situazione. Cominciò anche un ronzio —un suono di grande intensità come una sveglia con la voce da soprano che suonasse dentro il suo cervello.

Poi arrivò l'odore. Sembrava esserci un odore strano nell'aria, un odore malato, da stanza da bagno. Macchie si stavano espandendo sul retro e sul davanti del vestito di Stella.

Sapore. C'era del sangue nella sua bocca, salato e tiepido, e Stoneham si rese conto che si era morso con forza le labbra.

Tatto. La punta delle sue dita stavano formicolando, c'era un tremolio nei suoi polsi, i suoi bicipiti rilassati dopo averli sforzati oltre modo.

Vista. Il mondo tornò ai suoi colori normali e la velocità tornò come al solito. Ma non c'era nulla da vedere che si muovesse. Solo il corpo di sua moglie che giaceva senza vita nel mezzo del pavimento.

Stoneham rimase lì in piedi, senza comprendere per quanto tempo. I suoi occhi vagarono per la stanza, alla ricerca delle cose normali, evitando il corpo ai suoi piedi. Ma non per lungo tempo. C'era un certo macabro fascino nel corpo di Stella che attirava il suo sguardo, tirandolo indietro da qualunque posto della stanza fosse rivolto.

Cominciò a pensare di nuovo. Più tardi s’inginocchiò vicino alla moglie per sentire le sue pulsazioni che sapeva non esserci. La sua mano era già piuttosto fredda al tatto (o era solo la sua immaginazione?), e ogni parvenza di vita se ne era andata. Velocemente ritirò la sua mano e si alzò di nuovo.

Camminò verso il divano, si sedette e fissò a lungo la parete sul lato opposto. Sentì i titoli dei giornali urlati verso di lui: NOTO AVVOCATO LOCALE COINVOLTO NELL'OMICIDIO DELLA MOGLIE. Gli anni passati a pianificare attentamente la sua carriera politica, a fare favori a persone che, a loro volta, un giorno avrebbero potuto farne a lui, ad andare a feste e cene noiose e interminabili... vedeva affogare tutto questo nella superficie di un grande vortice. E vedeva lunghi anni vuoti stendersi davanti a lui, tra pareti grigie e dietro sbarre di acciaio.

“No!” urlò. Guardò con tono accusatorio il corpo senza vita di sua moglie. “No, ti piacerebbe, vero? Ma non permetterò che questo accada, non a me. Ho troppe cose importanti da fare prima di andarmene.”

Una calma sorprendente s’impadronì della sua mente e vide chiaramente cosa si doveva fare. Schiacciò la sigaretta ancora fumante che sua moglie aveva lasciato cadere. Poi si avviò verso la rastrelliera degli utensili e prese un coltello trinciante dalla parete, tenendone l'impugnatura con il suo fazzoletto da tasca in modo da non lasciare alcuna impronta digitale. Andò fuori dal cottage e tagliò un grande pezzo del filo stendibiancheria. Tornato dentro il cottage, legò dietro le mani di sua moglie e ne rovesciò il corpo in modo da riuscire a legare i suoi piedi al collo.

Prendendo di nuovo il coltello, procedette a fare un taglio netto lungo la gola di Stella. Il sangue colò piuttosto che spruzzare visto che non era più pompato dal cuore. Tagliò a pezzi i suoi seni e scavò in modo osceno attraverso il vestito all'altezza dei genitali. Per completare infierì senza pietà sull'addome, il volto e le braccia. Le cavò gli occhi dalle orbite e cercò di tagliarle anche il naso, ma fu troppo resistente per il suo coltello.

Poi, intinse il coltello nel suo sangue e scrisse “Morte ai Porci” su una delle pareti. Come gesto finale, recise la linea telefonica con un taglio deciso. Poi piazzò il coltello sul pavimento vicino al corpo, raccogliendo allo stesso tempo l’appunto che lei aveva scritto con la sua intenzione di divorziare. Si mise l’appunto nella tasca dei pantaloni.

Si alzò e si diede un'occhiata. Le sue mani e i suoi vestiti erano pieni di sangue, che non se ne sarebbe mai andato. Avrebbe dovuto liberarsene in qualche modo.

Si strofinò bene le mani nel lavandino fino a quando riuscì a rimuovere tutte le tracce di sangue. Guardò in giro per la stanza e notò qualcosa che gli tolse il respiro: la sua scatola di fiammiferi personalizzata che giaceva sul tavolo vicino al portacenere. Si precipitò a prenderla, pensando che sarebbe stato molto stupido lasciare in giro un indizio come quello da far trovare alla polizia. Mise la scatola di fiammiferi in tasca.

Poi si diresse verso la valigia e tirò fuori un cambio di vestiti. Si cambiò velocemente, pensando mentre lo faceva che avrebbe potuto seppellire i suoi vestiti vecchi da qualche parte a un miglio di distanza in modo che non sarebbero mai stati ritrovati. Poi avrebbe potuto ritornare e fingere di aver scoperto il corpo così com’era. Visto che il filo del telefono era stato tagliato, avrebbe dovuto guidare da qualche parte per chiamare la polizia. Il vicino meno distante con un telefono, gli venne in mente, era a circa due miglia di distanza.

Stoneham si girò a ispezionare la sua opera. Il sangue era sparso su tutto il pavimento e su qualche mobile, il corpo era smembrato in un modo particolarmente orribile, il messaggio radicale era ben in evidenza sulla parete. Era la scena di un incubo surrealista. Nessun killer sensato avrebbe mai commesso una simile carneficina. La colpa sarebbe caduta immediatamente su quella comune hippie, forse su Polaski stesso. Questo sarebbe servito a due scopi: coprire la sua colpevolezza e liberare San Marcos una volta per tutte da quei dannati hippie.

C'era una pala nel piccolo capanno degli attrezzi fuori dal cottage. Stoneham la prese e s’incamminò nel bosco per seppellire i suoi vestiti. Visto che non pioveva da mesi, il terreno era secco e compatto; non lasciò nessuna impronta lungo il suo cammino.

* * *

Non ci volle molto per la creatura più grande per uccidere quella più piccola. Ma dopo averlo fatto, il killer sembrò paralizzato dalle sue stesse azioni. Con cautela, Garnna mosse un tentacolo mentale e toccò la mente del killer. I pensieri erano un ammasso confuso. C'erano ancora tracce turbinose di rabbia, ma sembravano lentamente svanire. Stavano crescendo altri sentimenti. Colpa, dolore, paura della punizione; tutte cose che anche Garnna conosceva. Si spinse un po' più in profondità nella mente e apprese che la creatura morta faceva parte dello stesso gruppo iff del sopravvissuto; in effetti, era stata la sua compagna. L'orrore di Garnna a questo punto fu così forte che uscì di corsa dalla mente e si rifugiò in una sfera mentale. A livello intellettuale poteva accettare l’idea di uccidere, anche la propria compagna. Ma a livello emozionale lo shock dell'esperienza diretta fece vacillare la sua mente.

 

Rimase lì per alcuni minuti, aspettando che passassero lo shock e il disgusto. Alla fine, il suo addestramento si riaffermò e cominciò a osservare di nuovo quello che lo circondava. La creatura grande stava ora facendo a pezzi con un coltello la carcassa di quella piccola. Era una qualche sorta di terribile usanza? In questo caso, questi onnivori potevano essere rivalutati per quanto riguardava il loro potenziale di minaccia. Anche i carnivori che Garnna aveva osservato non si erano mai comportati in modo così osceno.

Prese tutto l'autocontrollo di cui era capace per prendere contatto nuovamente con il cervello dell'alieno. Quello che vide lo confuse e lo disturbò. Per la prima volta, aveva visto un individuo pianificare di compiere un’azione che andava contro il bene del suo Branco. C'era vergogna e senso di colpa nella mente, il che portava Garnna a credere che questo omicidio non fosse per nulla una pratica abituale. L'istinto del Branco stava ancora funzionando anche se molto represso. E ad avere la prevalenza su tutto c'era la paura del castigo. La creatura sapeva che quello che aveva fatto era sbagliato, e le sue azioni attuali erano un tentativo di sfuggire —con che mezzi Garnna non era in grado di dirlo—la punizione che altrimenti sarebbe arrivata naturalmente.

Era una situazione unica. Non era mai successo prima, per quel che ne sapeva Garnna, che un Esploratore fosse mai stato coinvolto in una situazione individuale fino a quel punto. Era sempre il quadro generale quello che importava. Ma forse qualche informazione si poteva ottenere osservando come si sarebbe sviluppata la situazione. Mentre pensava questo, “udì” una campana risuonare nella sua mente. Era il primo avviso che il suo tempo per l’Esplorazione era quasi terminato. Avrebbe avuto solamente altri sei minuti e poi sarebbe dovuto ritornare a casa. Decise di restare e vedere come si sviluppasse la situazione prima che questo accadesse.

Esplorò un po' più a fondo la mente dell'alieno e fu testimone dell'inganno al suo interno. La creatura stava cercando di evitare la sua giusta punizione incolpando del crimine qualche altro essere innocente. Se il crimine originale era stato odioso per Garnna, questa combinazione era inenarrabile. Una cosa era permettere che un momento di passione provocasse una violazione delle regole del Branco, ma era del tutto un'altra cosa ingannare consapevolmente e deliberatamente gli altri in modo da danneggiare un altro individuo. La creatura non solo stava mettendo il suo benessere al di sopra di quello del Branco, ma anche al di sopra di quello di altri individui.

Garnna non poteva restare più a lungo neutrale e indifferente. Questa creatura doveva essere un degenerato. Anche permettendo differenze nei costumi, nessuna società poteva durare a lungo se quegli standard erano la norma. Sarebbe crollata per l'odio e la mancanza di fiducia tra i componenti.

La creatura ora aveva lasciato il cottage, e stava camminando lentamente tra gli alberi. Garnna lo seguì. La creatura stava trasportando i vestiti che aveva indossato all’interno della stanza e anche uno strumento che aveva preso dal cottage. Quando la creatura ebbe percorso un miglio dall’edificio, mise a terra i vestiti e cominciò a usare lo strumento per scavare una buca. Quando la buca fu profonda abbastanza, l’alieno vi seppellì i vestiti vecchi e la coprì di nuovo, pulendo attentamente la zona intorno in modo che il terreno sembrasse non essere stato toccato.

Garnna colse qualche flash dalla mente della creatura. C'era la soddisfazione di aver fatto qualcosa con successo. C'era un senso di diminuzione della paura ora, visto che erano stati fatti dei passi per evitare la punizione. E c’era un sentimento di trionfo, per avere in qualche modo sconfitto o essere stato più furbo del Branco. Quest'ultima provocò una scossa mentale a Garnna. Che tipo di creatura era questa, che in realtà poteva festeggiare nel causare un danno al resto del suo Branco? Questo era sbagliato per qualsiasi tipo di standard. Doveva esserlo. Si doveva fare qualcosa per far sì che questo degenerato venisse scoperto nonostante il suo inganno. Ma....

Il secondo campanello suonò nella sua mente. No! pensò. Non voglio tornare indietro. Devo restare e fare qualcosa per questa situazione.

Ma non c’era scelta. Non si sapeva quanto a lungo una mente potesse restare al di fuori del proprio corpo senza conseguenze catastrofiche su uno o sull'altra. Se fosse stato via troppo a lungo il suo corpo poteva morire, ed era difficile che la sua mente potesse sopravvivergli. Non avrebbe raggiunto nessun buon risultato se la sua mente fosse stata distrutta per disattenzione.

Con riluttanza, allora la mente di Garnna iff-Almanic si staccò dalla scena della tragedia sul terzo pianeta bianco-blu della stella gialla e tornò nel suo corpo a più di cento parsec.

* * *

Mentre ritornava al cottage Stoneham provò una certa soddisfazione nell'aver superato con successo una situazione così grave. Anche se la polizia non avesse incolpato gli hippie, non c’era nessuna prova rimasta che potesse incolparlo, pensò. Nessun motivo, nessuna prova, nessun testimone.

A circa un miglio di distanza, una ragazza di nome Deborah Bauer si svegliò da un incubo, urlando.