Vivere La Vita

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Anche i mobili erano tutti diversi dei nostri.

Avevano quasi tutti lo stesso colore dei soffitti. Un marrone abbastanza scuro, ma piacevole ed avevano tagliate, scolpite, delle forme una più bella dell'altra, che insieme ai disegni fatti con dei colori molto piacevoli, facevano restare a bocca aperta, d'avanti ad ogni cosa.

Piccola o grande.

Appesi ai soffitti, c'erano dei lampadari completamente diversi dei nostri.

Molto più piccoli, ma molto più interessanti.

Fatti di vetro, ferro molto fine e tela bianca con dei bei disegni molto colorati.

Non riuscivo a capire a cosa serviva il liquido che si trovava al loro interno e che riuscivo a vedere attraverso il vetro.

Tutti quei dubbi sono rimasti un po' in aria, allo stesso modo di come mi sono trovato, quando all'improvviso mio papà mi ha alzato, per poi lanciarmi nel gradissimo letto.

Bellissimo, ma, appena atterrato, sono venute fuori altre domande.

È stato un atterraggio molto morbido, ma non sono stato rimbalzato in aria come a casa quando saltavo sopra il letto con il mio fratello. Il materasso faceva un rumore tutto strano che non conoscevo. Il profumo che sentivo era molto buono, la curiosità, molto grande e senza neanche fare la domanda, mio papà mi ha dato subito la risposta.

Era un materasso fatto con il fieno.

Mia mamma era già pronta per vestirmi in tenuta da battaglia e lo ha fatto mentre ero ancora sopra il letto.

Pantaloncini corti, maglietta e sandali.

Appena pronto, siamo usciti ed eravamo gli ultimi che si dovevano ancora sedere intorno al grande tavolo.

C'era un po' di gente e non conoscevo quasi nessuno, ma non era importante, perché la mia attenzione è stata subito attirata da tutto quello che c'era sopra il tavolo.

Tutto molto bello.

La tovaglia che lo copriva era molto bella ed il suo colore bianco, mi sembrava ancora più bianco, quando guardavo tutti i suoi disegni, colorati con tutti i colori più belli e caldi, ma quello che era sopra il tavolo, toglieva il fiato.

Cose che ogni tanto vedevo e mangiavo anche a casa nostra mentre sentivo che erano mandate dai nonni, ma sul tavolo, c'erano anche tante altre che non avevo mai visto prima.

Non c'era del cibo cucinato.

Su un grosso piatto in centro, c'erano delle salcicce di un marrone intenso e piacevole interrotto ogni tanto da alcune piccole macchioline bianche. Erano tagliate a rondelle molto fini e delicate. Tutto intorno, delle fette di pancetta in quale le strisce bianche, quelle rosa, quelle rosse che poi diventavano quasi marrone, erano così ordinate da chiedersi come mai erano venute così bene se nessuna persona ci ha mai lavorato per metterle in ordine. Alla fine, all'esterno del grosso piatto e sempre tutto intorno, c'erano delle grosse fette di formaggio. Il colore non era né bianco e neanche giallo, ma molto bello.

Forse perché aveva visto la mia faccia, la mia cugina salvatrice, mi ha subito detto che il formaggio, l'ho aveva fatto la nostra nonna, con il latte della mucca appena vista.

Di fianco al grosso piatto, c'era un altro.

Sempre rotondo, ma ancora più grosso e molto profondo. Dentro, in piccoli pezzettini, c'erano tutti i colori che potrebbero essere immaginati.

Tutti molto belli, molto vivi e molto freschi.

Era l'insalata dentro quale secondo mia nonna, ci volevano ancora dei pomodori e mentre stava ancora parlando, si è alzata ed attraverso un piccolissimo cancello, è sparita dietro al grosso muro verde della vite. Non ho fatto in tempo a stupirmi della sua mossa che è subito ritornata. In mano, aveva un po' di pomodori e dopo averli subito lavati, li ha tagliati dentro l'insalata.

In un altro grosso contenitore quasi piatto, c'erano tanti tipi di frutta bel colorata, di quella che avevo già visto per terra e sugli alberi nel Paradiso.

Sempre lì vicino, c'era un pezzo di legno grosso e piatto che mi incuriosiva molto, ma la cosa che aveva sopra toglieva il fiato.

Era un pane immenso tagliato a metà.

Molto alto, con tanta mollica.

Dentro era di un bianco che guardato fisso e per tanto tempo toglieva la vista.

Era bellissimo vedere come verso l'esterno, in pochissimo spazio, il bianco diventava giallino, poi marrone molto chiaro e poi il marrone scuro della crosta, che chiedeva soltanto di essere mangiata.

Tutte quelle belle cose sopra il tavolo, liberavano dei profumi così forti e cosi buoni, da sentirmi quasi sazio, prima ancora di cominciare a mangiare e quando mio papà mi ha svegliato dai miei profondi sogni, ho capito che mi chiamava per andare insieme a lui a fare un qualcosa.

Portare l'acqua fresca in tavola.

Stavamo camminando e mi chiedevo perché lo voleva fare, visto che vicino al nonno c'erano due bottiglie di vetro trasparente già piene. Una, aveva dentro un liquido di un colore giallo molto chiaro e molto bello che non sapevo che cos'era, ma l'altra aveva un liquido senza colore.

Per me l'acqua.

Con mio papà che aveva in mano un secchio ed il mio fratello, siamo andati dietro alla casa, lì dove c'erano le galline. Appena arrivati, mio papà ha aperto una piccola porticina nella parte alta del piccolo e bellissimo gabbiotto in legno che avevamo di fronte. Nella parte alta della casetta, da una parte al' altra, ho visto un grosso pezzo di legno rotondo su quale era raccolta in modo ordinato una catena. Alla fine della catena, un secchio di metallo.

Quando mi ha preso in braccio ed alzandomi mi ha fatto guardare dentro, la prima cosa che ho sentito e stato un bellissimo fresco umido molto profumato, che mi ha colpito forte, ma dolcemente in faccia.

Ho visto un grosso buco, non molto profondo e fatto tutto intorno di sassi molto grandi.

Alla fine del buco, l'acqua.

Faceva tanto buio dentro, ma la cosa bella era che mentre parlavo, sentivo la mia voce molto più forte e sembrava che di sotto qualcun' altro che aveva la mia voce, mi rispondeva con le mie stesse parole.

L'eco rimbombava molto forte e molto chiaro.

Poi, mio papà, girando una grossa ruota al' esterno del piccolo gabbiotto in legno, ha fatto scendere il secchio di ferro legato con la catena e dopo un po’, lo ha riportato su.

Pieno di acqua.

Mentre dal secchio di ferro la stava versando nel secchio che lui ha portato, ho visto che era molto limpida.

Con una tazza di ferro che era dentro il gabbiotto, ci ha fatto bere.

Era così fresca che con il caldo di fuori, la sentivo mentre scendeva nella mia pancia. Aveva un gusto molto buono ed era completamente diversa dell'acqua che avevamo noi a casa.

Ritornati con l'acqua fresca a tavola, ho capito che era l'unica cosa che mancava prima di cominciare a mangiare, perché ci stavano tutti aspettando.

Dopo averla messa in un grosso contenitore marrone con una forma tutta strana, qualcuno dei grandi mi ha spiegato che era fatto di terracotta per poter tenere l'acqua fresca. L'altra acqua che ho visto in bottiglia, andava bene li perché si chiamava grappa ed insieme al liquido giallo nella seconda bottiglia, che si chiamava vino, erano fatti dal mio nonno e bevuti soltanto dai grandi.

Non avevo capito quasi niente di queste ultime cose, ma non ho fatto domande.

Non mi interessava, non mi riguardava, perché da grandi.

Poi mi è stato detto che tutto quello che c'era sul tavolo in quel momento, era da assaggiare perché fatto dai miei nonni e questa sì che era una cosa che mi interessava e non comprendevo. Soprattutto mi interessava capire, come erano riusciti i miei nonni a fare così bene e con così tanti colori, quelle belle fette di pancetta vicino alle rondelle di salsiccia.

Non ho avuto il tempo di fare partire nessuna di tutte le mie domande ed ancora meno di avere delle risposte, perché mentre tutti insieme, in allegria, con poche parole e forti risate che ogni tanto rompevano il grande silenzio, ci si andava avanti con il bel lavoro di svuotamento dei contenitori sul tavolo.

Quando il bel lavoro era quasi finito, all'improvviso ho sentito una voce che dentro mi ha fatto venire il freddo. Freddo, come la neve con qui giocavo d'inverno, anche se la mia pelle era tutta molto calda, quasi sudata. Non sapevo chi era stato, ma avevo capito benissimo quello che aveva detto.

Mandava noi piccoli a dormire.

Mentre i grandi stavano ancora togliendo le cose dal tavolo, insieme alle tre cuginette, ero già sul grosso lettone provato prima. Dormire di pomeriggio era l'unica cosa che fino in quel momento della mia vita non ho mai accettato volentieri, ma appena rimasti da soli, ho visto che era tutto molto diverso di come era a casa, quando dovevo dormire.

Appena chiusa la porta, dentro e ritornato il grande silenzio.

Con la bella aria fresca che c'era, il profumo del materasso sembrava ancora più forte ed ancora più buono di prima. La coperta, anche lei tutta nuova per me, era cosi morbida sulla pelle che invogliava a restare lì, ma non volevo dormire lo stesso. Volevo usare quel tempo per vedere e capire un po' di più tutto quello che avevo intorno, però la luce bassa non mi aiutava.

Purtroppo per me e senza sapere per quale motivo, quella luce diventava sempre più bassa.

Finché e scomparsa del tutto.

La luce e tornata, quando ho sentito delle belle voci molto vicine. Erano le mie cuginette, in piedi in giro per la camera ed il mio primo pensiero e stato:

< Meno male che ci sono anche loro ad alzarsi prima, perché così non devo più dormire >.

Non ho fatto in tempo a finire quel grande pensiero, perché nella porta che si è aperta, oltre la luce potente di fuori, è entrato anche il mio fratello. Scherzando ci diceva di scendere dal letto, perché erano quasi tre ore che stavamo lì e nelle vacanze non si deve dormire mai così tanto.

 

Non credevo nulla, ma non ho aspettato di sentire per la seconda volta quello che aveva detto.

Con i miei dubbi, tutti insieme, siamo usciti.

Fuori faceva ancora molto caldo e la luce era forte.

Per tutto quello che ho sentito uscendo di casa, mi sembrava quasi di essere al mattino quando mi svegliavo ed i miei dubbi sono diventati ancora più forti.

Come sempre, al meno una grande domanda girava libera per la mia testa.

Anche in quel momento ne avevo una:

< Ho dormito, oppure no? >.

Poi, quando mio fratello mi ha fatto vedere una grossa bacinella di metallo con dentro dell'acqua e ho visto le mie cuginette lavorando già sodo nel lavarsi la faccia, i dubbi sono scomparsi del tutto e sono venute fuori le mie grandi conclusioni. Era per la prima volta nella mia vita che quella cosa lì, quella che mi ha sempre fatto soffrire, cioè dormire di pomeriggio, era diventata bella, piacevole e facendo un po' più di attenzione a me stesso, ho capito che mi faceva stare anche molto, molto bene.

In quel momento, mi è sembrato che i miei pensieri hanno finito le parole e di domande non ne avevo più.

Il posto di tutto ciò è stato preso da un'immensa soddisfazione che dentro mi faceva sentire come mai prima.

Una tale leggerezza, da non sentire più il mio peso.

Erano passate soltanto poche ore da quando ero arrivato a casa dei miei nonni, ma tutte quelle tante cose nuove viste e vissute, mi facevano stare sempre meglio in ogni momento. Stavo benissimo e mi sono reso conto per la prima volta che non riuscivo a trovare parole abbastanza buone per raccontarmelo bene.

Mentre nel mio stare bene, mi stavo quasi sollevando da terra, ho sentito la mano decisa, ormai conosciuta, della mia cugina salvatrice, che mi trascinava a raggiungere tutti gli altri bambini già partiti per andare nel Paradiso, dietro alla stalla.

Quando siamo arrivati, ho visto che c'erano anche altri bambini che non avevo mai visto prima.

Erano di varie misure, quasi tutti più grandi di me e guardando bene i loro modi di fare, di vestire, sentirli come parlavano, mi sembravano diversi tra di loro. Poi, giocando in totale libertà nel Paradiso senza vedere e sentire nessun grande vicino, parlando tra di noi, ho capito che ci eravamo incontrati, perché tutti noi, da tante città, avevamo appena fatto la stessa cosa.

Eravamo venuti in campagna, per trovare i nonni.

Per un lungo tempo, dal correre dietro ad un pallone, tutti insieme in un grande disordine, al fare le capriole, salire, scendere ed ogni tanto anche cadere dagli alberi o rincorrerci sul bel prato, abbiamo fatto un po' di tutto. Più passava il tempo, più stavamo scoprendo che eravamo tutti affannati, sudati e con i vestiti molto dipinti dai forti colori della terra, dell'erba, degli alberi e di qualche frutto schiacciato per terra. Poi, in un certo momento, è stato interrotto tutto dalla voce di una donna che da l'altra parte della stalla, ci chiamava ad andare per mangiare qualcosa di buono. Mentre la voce della donna diceva ancora qualcosa, un'altra voce, vicinissima a me, gridava: < chi arriva l'ultimo è... >

Dopo, non ho più capito nulla perché, seguivo i più grandi che correvano già.

Il problema grosso è stato, quando dal piccolo cancelletto, di fianco alla stalla, non siamo riusciti a passare tutti insieme e forse, quello era anche il segnale che il nostro Paradiso finiva li.

Eravamo tornati nel cortile.

Siamo entrati tutti in casa dall'ultima porta verso la stalla, lì dove non ero ancora entrato.

Era una stanza molto grande e piena di gente in quel momento. Molti di loro non avevo mai visto prima. Non sono riuscito a capire quasi nulla di come era fatta quella camera, ma dai profumi che sentivo, ero sicuro di essere entrati nella cucina. Nell'attimo dopo, mi sono visto d'avanti una faccia molto, molto bella.

Non lo so se era una ragazza grande, o una donna molto giovane, ma so che il profumo delle creps sul grosso piatto nelle sue mani, in quel momento d'avanti al mio naso, non mi faceva più pensare a niente altro, e prima ancora di sentire la sua voce, stavo già masticando il primo boccone.

Appena assaggiata ho sentito che era ancora più buona di quello che pensavo.

Era molto soffice e dentro aveva una marmellata scura, con un gusto che conoscevo molto bene, perché ogni tanto a casa, mentre mi gustavo quella buonissima marmellata, sentivo che era la marmellata di prugne fatta e mandata dalla nonna.

Dopo la prima, è arrivata anche la seconda, la terza ed inutile dire che nella fretta di mandarle giù per poter prendere subito un'altra prima che finivano, un po' di quella buona marmellata, invece di finire n bocca finiva sui vestiti, provocando un grande dolore, perché andava sprecata.

Mentre noi piccoli stavamo svuotando il vassoio delle creps ed il contenitore dell'acqua fresca, i grandi che riuscivo a vedere sempre meglio nella bassa luce della cucina, donne e uomini, continuavano i loro racconti.

I posti dove ci si poteva sedere o stare comodi, erano tutti pieni ed era molto bello vederli, ma la cosa ancora più bella era che oltre il silenzio disturbato soltanto dalle loro voci, nei loro racconti, si sentiva una grande pace in quale ci siamo persi anche noi piccoli, ognuno appoggiato alla sua mamma come i cuccioli, ascoltando quelle storie dei grandi.

Era una di quelle cose che mi facevano sentire tranquillo e sazio.

Beato.

La tranquillità è aumentata sempre di più, vedendo che nessuno dei grandi protestava per i nostri vestiti molto sporchi. Come se nessuno vedeva niente.

Il motivo non lo sapevo, ma sentivo che era un giorno di grande festa per tutti.

Poi, quando dalla finestra ho visto che il sole cominciava a scendere per andare a dormire, la cucina è cominciata a svuotarsi finché siamo rimasti: noi quattro, con i miei nonni, le mie cuginette e la loro mamma.

Loro abitavano li, sulla stessa via, molto vicino ai nonni ed il loro papà non c'era, perché al lavoro.

Quasi subito dopo, mentre si alzava, il mio nonno ha chiesto a noi piccoli se volevamo darli una mano nel suo lavoro.

Stava ancora parlando quando è uscito di casa, ma con tutti noi già intorno a lui.

Seguendolo in tutto quello che faceva, ci siamo trovati dietro casa nel cortile delle galline, e mentre lui buttava per terra da un grosso contenitore dei bellissimi chicchi gialli, insegnandoci che erano di grano turco, guardavamo la calca che si era formata attorno a noi.

Vedendo sorridevo, perché sembravamo noi con il piatto delle creps.

Finito lì, il nonno ci ha dato il compito di tornare tra un po’, per chiudere tutte le gabbie dopo che ogni creatura sarà entrata al suo posto per la notte, poi siamo ritornati nel cortile. Insieme a lui, per la prima volta mi sono avvicinato al cane e mentre le dava da mangiare lo toccato.

Per me è stato come volare sulla luna.

Era la prova di coraggio più grossa mai fatta fino in quel momento della mia vita.

Quasi subito dopo, guardandolo bene, mi è sembrato di vedere che non aveva la faccia di un cane cattivo, anzi. Purtroppo, non ho fatto in tempo a concludere tutti i miei pensieri e preparare i miei progetti futuri su come fare amicizia con il cane, perché ci siamo trovati nella casetta dei maiali ed anche loro, come le galline prima, facevano un gran rumore. C'era una spinta ed un movimento continuo alla ricerca del posto migliore, mentre mangiavano molto veloce e con tanto appetito. Dopo un po' di risate ed un po' di carezze, siamo usciti per poi entrare nella stalla.

Siamo entrati da una porta diversa di prima ed appena dentro, dopo aver preso un attrezzo che sembrava una nostra forchetta da tavola, ma con quale poteva mangiare un gigante, mio nonno ha cominciato a tirare giù del fieno, dalla parte alta della stalla. Faceva un bel rumore mentre cadeva giù ed il profumo era ancora più buono di quello del materasso. Poi, ha aperto una piccola porta di legno dentro la parete ed è stato bellissimo vedere comparire da l'altra parte l'immensa testa di Viola, la mucca nella stalla. Era così grande che non ci stava tutta nella porta ed il suo faccione buono, non metteva paura. Anzi, ci ha dato il coraggio di accarezzarla uno alla volta, anche se le sue corna erano molto grosse e la lingua molto ruvida.

Quando il nonno ha cominciato a mettere il fieno nella sua mangiatoia attraverso la piccola porta, sembrava che si capivano benissimo, perché lei, con dei movimenti lunghi e molto lenti, dopo essere quasi uscita dalla piccola porta quando l'abbiamo accarezzata, ha tirato indietro la testa, lasciando lo spazio al nonno per metterle il cibo.

Al lavoro finito, siamo usciti dal cortile ed eravamo sulla via di terra.

Dopo aver fatto pochissima strada, ci siamo trovati d'avanti ad un piccolo fiumiciattolo che scorreva tranquillo e senza fare nessun tipo di rumore. Mentre il mio nonno stava riempiendo i due secchi che aveva portato, un po' più su, ho visto una piccola diga. Fatta di pezzi di legno, erba e terra. Le mie cugine mi hanno subito spiegato che quello è il posto dove i bambini vanno a giocare nelle giornate molto calde.

Appena ritornati nel cortile con i due secchi pieni di acqua, siamo andati subito alla stalla. Questa volta siamo entrati dentro, lì dove c'era Viola ed il suo piccolo. Mentre lei, sempre con dei movimenti molto lenti, ha cominciato a bere, finalmente

ho visto il piccolo in piedi che si era avvicinato al muso della madre. Un vitellino così bello, non avevo mai visto neanche nei più bei cartoni animati, e mentre le stava vicino, il nonno ha detto a tutti noi che lo potevamo toccare se non avevamo paura.

Aveva gli stessi colori della madre.

Era così caldo e morbido come nessun'altra cosa mai toccata prima.

È stata la cosa più meravigliosa di quella giornata.

La ciliegina sulla torta di quella giornata che era già stata la più bella della mia vita fino in quel momento.

Uscendo dalla stalla, mi stavo già godendo in pieno i conti di quante cose bellissime avevo visto e vissuto in quel giorno, ma senza riuscire a finire nulla, perché la mia cugina salvatrice, mi ha detto che stava per arrivare il momento più bello.

Mentre il nonno entrava nella cucina, noi siamo ritornati nella stalla con la nonna.

Aveva nelle mani un piccolo sgabello, un grosso secchio di metallo smaltato bianco ed una grossa tazza, uguale al secchio.

Appena entrati, dopo aver messo lo sgabello vicino alle gambe dietro, di fianco alla Viola, con il secchio per terra tra le sue gambe, la nonna ha cominciato a mungere.

Era bellissimo.

Mungeva con tutte due le mani ed il latte usciva così forte che faceva un bel rumore mentre colpiva il metallo del secchio vuoto. Poi, piano piano, il rumore non era più di metallo, ma di un qualcosa che non conoscevo, perché mai sentito prima e mentre guardavo nel secchio, dopo che mi ero avvicinato alla nonna, ho capito che quel bel rumore profondo, sconosciuto, era il rumore della tanta schiuma molto bianca e molto morbida, che faceva il latte appena munto.

Guardavo senza fiatare la nonna come mungeva con una mano sola nella grossa tazza che teneva con l'altra mano. Quando era quasi piena me la data, dicendomi di bere insieme alle mie cugine.

Non avevo mai visto prima una cosa così.

Appena toccata la tazza, ho sentito che era molto più calda di come era l'aria fuori, ma molto meno calda di come sono gli oggetti appena tolti dalla cucina.

Un caldo molto piacevole, morbido e delicato.

Appena ho provato ad assaggiare, non ho sentito il latte, ma la schiuma molto soffice e di un leggero così fine, come non ho mai avuto prima sulle labbra. Appena in bocca, si scioglieva subito, più veloce del gelato e senza lasciare nessuna traccia.

La cosa più speciale mai assaggiata.

Poi e arrivato il latte.

Era quasi dolce di gusto, e se non avessi saputo che era latte, avrei pensato che è gelato sciolto per come lo sentivo mentre scendeva nella mia pancia. Meno liquido di quello del negozio e scendeva più lentamente. Quasi da non riuscire a capire bene, se è panna o latte. In bocca, si sentiva e lasciava una cosa buonissima, indescrivibile. Mi è sempre piaciuto condividere tutto con tutti, ma in quel momento, quella tazza più grossa di me, l'avrei bevuta da solo, senza neanche respirare.

 

Quando stavamo ritornando nella cucina, il buio si stava già mescolando con la luce.

Entrando in casa, ho capito cos'erano quei bei lampadari con il liquido dentro, perché quello della cucina era già acceso e la sua fiammella in continuo movimento, faceva una bella luce. Abbastanza forte da poter vedere bene tutto nella cucina. Molto piacevole da guardare senza sentire nessun fastidio.

Dopo aver finito il lavoro con il latte appena munto, mia nonna ha cominciato a preparare la cena.

Non ho fatto in tempo a capire bene cosa aveva fatto e cosa aveva messo nella pentola, perché un'altra sorpresa mi è venuta addosso rotolando.

È andata con la pentola nell'angolo più lontano, dove c'era un mobile in metallo e quando dalla parte di sopra ha tolto un po' di cerchi in ferro di misure diverse tra loro, di dentro è come saltato fuori il fuoco.

Nell'attimo dopo ero vicino a lei, per capire che cos'era.

Dentro, un grande fuoco ballava e si muoveva da tutte le parti, molto forte, deciso, senza mai fermarsi.

Ho capito che quel strano mobile chiamato stufa era la sua cucina.

Quando mi sono di nuovo seduto e mentre la pentola ed il suo coperchio, stavano già facendo dei rumori molto divertenti, mio nonno ha aperto una piccola porticina sotto la pentola, sul lato della stufa, dicendomi di guardare il fuoco.

Il buio fuori, aveva preso completamente il posto della luce ed in quel momento, tutto il mondo era in quella stanza.

Fuori non esisteva più nulla.

Dentro casa, il silenzio, la tranquillità, la pace assoluta.

La piccola lucina del lampadario ballava sulle pareti e sul soffitto in legno.

Il gatto sotto la stufa, stava quasi russando.

Il rumore sempre più forte e divertente della pentola.

Il fuoco che cambiava sempre il colore, dal giallo forte e luminoso all'arancione molto intenso, con dentro ogni tanto delle lingue rosse come il sangue, lingue che erano blu appena partite dal legno che bruciava.

Il rumore del fuoco ed ogni tanto i botti che sentivo dentro la stufa e quando capitava, nell'attimo dopo, si riempiva tutta con tantissime piccole scintille molto luminose che saltellavano in tutte le direzioni.

Le persone che si erano trovate ognuna il proprio posto e stando in silenzio si gustavano lo spettacolo.

Sembrava una bellissima favola che donava tantissima pace, tranquillità, serenità, sicurezza.

Tutto questo, mi faceva sentire sazio e beato.

Cosi sazio, da poter andare a dormire senza neanche mangiare del cibo.

Il cielo sereno e pieno di stelle, come non lo avevo mai visto, che mi ha fatto vedere mio padre prima di andare a dormire, è stata l'ultima meraviglia vista in quel giorno fatto di solo meraviglie.

Era stata la giornata più bella, intensa, interessante, fino in quel momento della mia vita.

Ricca di cose nuove, insegnamenti e tante amicizie.

Spensierata, movimentata e vissuta in pieno ad ogni respiro.

Con tutto ciò, la stanchezza non si era mai vista, anzi, sentivo soltanto la soddisfazione, la serenità, la gioia, la tranquillità e la pace assoluta che vivevo in quel preciso momento.

Sarei potuto ripartire subito per un nuovo giorno, senza neanche riposare.

Tutti i gironi che sono seguiti, sono stati uno meglio dell'altro.

Li passavo sempre insieme ai miei nuovi amici, nel nostro Paradiso, o nei Paradisi dei loro nonni.

Nella “nostra piscina” sul fiumiciattolo.

In mezzo ai campi, oppure sulle colline, mentre i grandi lavoravano il fieno.

Era tutto bellissimo e qualsiasi cosa si viveva, dentro me, mi faceva stare bene come mai prima.

Mi faceva sentire più libero che mai.

Beato.

Tutto è stato interrotto una mattina, quando mia mamma ha cominciato a fare cose strane, che non aveva mai fatto prima in quei giorni da sogno.

Mi ha svegliato e fatto scendere dal letto molto presto, anche se di solito dormivo quanto volevo. Fatto lavare e mangiare senza più lasciarmi tutto il tempo che volevo. Poi, mi ha vestito con dei bei vestiti da città ed era per la prima volta da quando eravamo arrivati, che mi diceva di fare attenzione a non sporcarmi.

Non ho chiesto nulla, ma cominciavo a preoccuparmi per mia mamma.

I comportamenti non erano più come quelli tranquilli e morbidi dei giorni prima e lei non era più serena e rilassata.

Speravo soltanto che se le era successo qualcosa, non era molto grave.

Con lei per mano, siamo usciti dal cortile ed abbiamo cominciato a camminare e più andavamo avanti, più vedevo che stavamo facendo al contrario, la strada che avevamo fatto insieme al nonno, appena arrivati con l'autobus.

Arrivati quasi al punto dove eravamo scesi, siamo entrati nel cortile di una casa molto grande, sull'altro lato della strada.

Sentivo già il cuore nel petto che cominciava di nuovo a correre, ma appena siamo arrivati nel bel parco verde dietro alla grande casa, il cuore è tornato a camminare, perché lì, c'erano quasi tutti i miei nuovi amici.

Ognuno, con la sua mamma.

Tutti vestiti da città, non più da battaglia.

Non mi piaceva tanto quello che stava succedendo, perché ognuno di noi, tenuto per mano dalla sua mamma, non era più libero di fare quello che voleva e le facce delle mie amiche e dei miei amici, sembravano più triste di quelle che conoscevo già abbastanza bene.

Non vedevo la mia, ma eravamo della stessa squadra.

Quasi subito è arrivata una signora che non avevo mai visto prima ed insieme a lei, siamo entrati tutti, nella grande casa e poi, dopo pochi passi, in una grossa camera piena di tavolini e sedie.

Tutte a nostra misura.

Appena entrati, ho sentito la mia seconda mano tornare libera.

Anche se dentro la grossa camera, c'era tutto il nostro gruppo di amici, mentre ognuno di noi si sedeva su una sedia, non si sentiva più quella cosa tranquilla e bella che ci faceva stare bene tutti insieme, ma una cosa diversa.

Sembrava che eravamo uniti, perché stavamo soffrendo tutti nello stesso modo e non più perché ci stavamo divertendo.

Forse aiutati dagli alberi e dal tanto verde che si vedevano nel parco attraverso le grandi finestre, ancora di più dal canto degli uccellini che si sentivano fuori e molto dal profumo della buona aria che entrava, un po' di serenità stava quasi tornando.

All'improvviso, come ad un segnale, tutte le mamme sono andate via.

Rimasti soltanto con la nuova signora, lei ha cominciato a tirare fuori dai grossi armadi, dei giochi di plastica ed altre cose che non avevo mai visto prima.

Con il suo aiuto, abbiamo imparato come si usavano e come si poteva giocare con tutte quelle cose nuove per me.

Era tutto bello, ma non così bello come era quando eravamo noi da soli.

Stavamo tutti giocando e stavamo bene, ma non eravamo allegri e gioiosi come sempre.

Si rideva molto meno e le facce dei miei amichetti sembravano più tristi.

Di sicuro, lo era anche la mia, perché dentro mi sentivo così.

Poi, siamo usciti fuori, nel grande parco ed anche se era molto bello, con tanti giochi, il nostro Paradiso era un'altra cosa.

Non lo so quanto tempo era passato, ma quando il sole era abbastanza alto, luminoso e forte, le mamme sono tornate tutte e dopo aver salutato la nuova signora, siamo andati via.

Arrivati a casa dei nonni, ho capito che era il momento giusto per il pranzo e mentre si mangiava, più di una volta ho sentito i grandi che dicevano guardando me: < è pronto! >.

Non ho dato tanta importanza, perché pensavo già al bel pomeriggio da passare con i miei amici nel Paradiso, o da qualche altra parte.

Da lì a poco, è arrivato il momento di ritornare a casa nostra.