Vivere La Vita

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Dietro le panchine, sui due lati e per tutta la lunghezza del condominio, c'erano dei giardini molto belli. La terra, tutta zappata era di un bel colore marrone scuro, con attorno una fascia di erba bassa, di un verde molto intenso.

Tutto era chiuso con una recinzione in ferro non alta e fatta di tante forme diverse tra di loro, colorata con dei colori vivi e molto belli.

L'interno dei giardini, era pieno di fiori ben ordinati, da molto piccoli e bassi, a più grossi ed abbastanza alti. Tutti fioriti ed i colori erano tanti e molto belli. Mi sembrava che qualcuno di quelli più alti e grossi, avevano anche un buon profumo.

L’ho sentito molto bene, quando con per mano mia mamma, abbiamo cominciato a passeggiare sul marciapiede vicino ai giardini ed in quei momenti, non sapevo a cosa fare più attenzione.

Dare più importanza.

Ai giardini da una parte, oppure a quello che vedevo da l'altra parte, perché la c'era una cosa impressionante. Una costruzione con tantissime finestre, che prendeva tutta la mia attenzione.

Un condominio gemello al nostro.

Sembrava vicino, ma era abbastanza lontano da poter lasciare lo spazio in mezzo, ad un campo che a me sembrava molto grosso. Su quel campo, in quel momento, in mezzo alla polvere sollevata da loro stessi, ed accompagnati da tantissime grida, un bel gruppo di ragazzi molto più grandi di me, correvano dietro ad un pallone.

Era il campo in terra rossa, dove poi crescendo, insieme ai miei amici del condominio, avrei giocato e vinto tante finali di "coppa del nostro mondo di calcio", contro le squadre di condomini vicini, o lontani nella città.

Mentre guardavo tutte queste cose, camminando insieme a mia mamma, con la mia mano nella sua mano, siamo arrivati alla fine del giardino. Li c'era una cosa ancora più bella di tutto quello che avevo visto prima. Un pezzo di terra, con l'erba alta, verde, piacevole, morbida e molto profumata. Lo so, perché appena arrivati, abbiamo lasciato il marciapiede e siamo entrati anche noi. La cosa ancora più bella e che nell'erba alta, c'erano non pochi bambini.

Tutti, della mia misura, della mia altezza.

Appena dentro, mia mamma, mi ha mollato la mano quasi spingendomi dolcemente verso quei bambini. Erano tutti insieme, radunati in un bel gruppetto, e sembrava che si conoscessero tra di loro.

Per me era la prima volta, oppure la prima volta che ricordo.

Molto bello, perché appena arrivato, non mi hanno respinto ed all'inizio, senza dire nulla, ma con dei gesti, mi hanno permesso di avvicinarmi e di stare con loro. Appena vicino, hanno cominciato anche a parlarmi, ma purtroppo lo facevano tutti insieme e non capivo nulla. Quello che ho capito molto bene e che erano di due categorie, perché c'erano quelli che in mano avevano una macchinina, oppure altri giochi che anch'io conoscevo, e c'erano quelli che avevano una specie di bambino molto, molto piccolo e morbido.

Era per la prima volta che vedevo delle cose così.

Quelli con il bambino morbido avevano anche i capelli più lungi.

Erano le femminucce, con le loro bamboline.

La cosa molto bella e che quasi ognuno di loro, maschietti e femminucce, mi voleva dare quello che aveva in mano, e mi sono subito sentito così bene insieme a loro, da non ricordare neanche più della presenza di mia madre.

Infatti, le persone grandi erano non molto lontane.

Vicine da poterci vedere bene, ma abbastanza lontane, per non fare parte di tutto quello che succedeva tra noi piccoli.

Noi piccoli, perché quella bella erba verde e profumata, mi arrivava quasi al petto.

È stato tutto bellissimo, e quando sempre con mia mamma per mano, siamo andati via per salire in casa, ero molto contento. Non vedevo l'ora di tornare di nuovo con la mia macchinina preferita, per farla vedere e toccare ai miei, ormai amici ed amiche.

Quello che sentivo era molto, molto bello e dentro il mio petto c'era un qualcosa che mi sembrava si muovesse.

Saltellava e forse era per via di quelle cose nuove e belle che vivevo.

Questa bella sensazione, mi faceva stare ancora meglio.

Mi capitava sempre più spesso ed un giorno, è stata così forte da avere quasi paura che veniva fuori dal petto.

Era il giorno in qui i miei genitori hanno detto che andavamo a trovare i nonni.

Ero felice, curioso ed impaziente.

Subito sono andato a prepararmi ed ero pronto per partire.

Mi hanno fermato, quasi bloccato i miei genitori, molto sorridenti e con dei modi molto tranquilli, divertenti e non riuscivo a capire niente, non riuscivo a capire il perché.

Mi chiedevo perché avevano già cambiato idea, se pochi attimi prima erano decisi di andare dai nonni.

I giorni dopo, ho visto che succedevano delle cose mai viste prima.

Cose comprate, depositate sui tavoli ed altri posti in casa. Roba da vestire che di solito stava negli armadi, appoggiata sui divani e sulle poltrone. Poi, quando non c'era più spazio per appoggiare niente, da nessuna parte, mio papà ha cominciato a mettere tutto in dei grossi contenitori abbastanza rigidi. Una volta pieni li chiudeva a chiave, e grazie ad una maniglia, li spostava per non essere di intralcio. Quando i tavoli, le poltrone ed i divani sono tornati puliti e liberi come erano di solito, mi è stato detto di prepararmi.

Stavamo partendo.

Scesi di casa, c'era mio padre che portava quei due grossi contenitori e mia madre con per mano me ed il mio fratello.

Abbiamo fatto poca strada.

Il marciapiede che affiancava i giardini del condominio ed il nostro bel pezzo di terra con l'erba tutta verde. Subito dopo, abbiamo attraversato il corso e ci siamo fermati sul marciapiede, da l'altra parte. Mio padre ha posato i due contenitori, e stavamo li fermi, insieme ad altre persone. Come ad un segnale, tutte le persone hanno cominciato a fremere e dopo pochi istanti, d'avanti a noi si è fermata una macchina molto grossa.

Siamo saliti tutti.

La macchina era tutta piena di gente.

C'era chi stava seduto e c'era chi, come noi, stava in piedi in mezzo a delle persone molto, molto più grandi di me. Tutte quelle cose nuove: la grossa macchina, le persone, il rumore del motore, le vibrazioni che si sentivano, il fatto che ogni tanto quella macchina si fermasse, e c'era chi scendeva e chi saliva, il tutto mi faceva sentire più rigido. La serenità che ho sempre vissuto dentro di me, la gioia perché si andava dai nonni, all'improvviso erano come scomparse e quello che sentivo era una cosa nuova.

Una cosa che mi toglieva la tranquillità e che non mi piaceva.

Quando mio papà mi ha preso in braccio, ho scoperto che quella grossa macchina, aveva finestre dappertutto intorno. Riuscivo a vedere fuori le case, i prati, le macchine e tutte le altre cose che andavano via.

Stavo già meglio.

Il mio respiro, che prima era molto corto, veloce, è ritornato ad essere quello che conoscevo.

Così tranquillo da non ricordarmi neanche che respiravo.

Purtroppo, dopo abbastanza poco tempo, la grossa macchina si è fermata, tutta la gente è scesa ed insieme alla gente anche noi.

Come quando siamo scesi di casa, mio padre ha preso i due grossi contenitori, mia madre ha preso per mano mio fratello e me e tutti insieme abbiamo cominciato a camminare. Dopo pochi passi, ci siamo trovati su un marciapiede molto stretto e con recinzioni molto alte sui due lati. Questo marciapiede sembrava diviso a metta, da una linea che non vedevo. Da una parte c'erano persone che come noi, andavano, e da l'altra parte c'erano persone che ci venivano incontro.

Era una cosa che non si fermava mai.

Persone che andavano e persone che venivano.

Molto ordinate, ma il tutto mi faceva sentire di nuovo come prima, non tranquillo. Dopo pochi passi, ho visto che il marciapiede dove stavamo camminando era molto, molto alto. Sotto, c'erano delle macchine molto più grosse e molto più lunghe di quella di prima, e si muovevano su e giù. Facevano tanto rumore e facevano tremare quel marciapiede dove stavamo camminando, ogni volta che una di quelle macchine passava sotto.

Tutti quei movimenti e tutti quei rumori, mi hanno fatto venire di nuovo quel respiro molto corto, molto veloce ed in quei momenti, per la prima volta, sentivo un'altra cosa che non avevo mai sentito prima in quel modo.

Un qualcosa che colpiva nel mio petto di dentro con tanta forza.

Lo faceva in un modo, ancora più veloce del mio respiro.

Erano come delle botte una dietro l'altra e non finivano mai. Abbastanza forti per poterle sentire, ma non mi facevano assolutamente nessun male. Dopo pochi attimi, ho cominciato a sentire le stesse cose anche nella testa. Ad ogni colpo, mi sembrava di sentire un rumore forte che veniva di dentro.

Più diventavano tanti e forti quei colpi, più l'unica cosa che desideravo, era di trovare di nuovo la pace che ho sempre vissuto prima.

Stavamo camminando già da un po', quando il marciapiede si è trasformato in una scala. Siamo scesi e ci siamo fermati su uno dei tanti marciapiedi che avevo già visto dall'alto. Messi molto ordinati uno di fronte all'altro.

Non ho fatto in tempo a vedere nulla, perché d'avanti a noi, mentre tremava la terra sotto i piedi, e facendo un rumore da non poter più sentire niente, si e fermata una macchina immensa. Aveva delle ruote di ferro molto grosse ed anche questa sul lato che vedevo, nella parte sopra, era tutta vetri.

La scala che mi sono trovato d'avanti era così alta che mio padre ha dovuto prendermi in braccio per farmi salire. Dentro c'era uno spazio molto ampio. Con tanti divanetti che potevano tenere due persone. Erano messi uno di fronte all'altro e di fianco, tra loro una grossa finestra. Nello stesso modo, da l'altra parte, dove c'era l'altra finestra. Due lunghe fila di divanetti messi ordinati, in coppia ed in mezzo, uno spazio, dove la gente andava avanti ed indietro.

 

Dopo il grande movimento all'inizio, tutte le persone hanno trovato un posto per sedersi.

Noi, ci eravamo seduti su due di quei bei divanetti morbidi e molto comodi. Su uno dei due di fronte a me, stava vicino alla finestra mio fratello e di fianco a lui, mia mamma. Mi sentivo molto protetto sul' altro, con mio papà.

Anche se attorno riuscivo a vedere non poche persone, il modo come eravamo seduti, mi dava un po' di intimità della nostra famiglia.

Mi faceva sentire sempre più tranquillo.

Questo ha fatto che quel qualcosa che mi stava saltellando nel petto ed il respiro molto veloce, sono andate via piano, piano, finché sono scomparse.

Quando sono ritornato a sentirmi come di solito, mio papà, ha cominciato a parlarmi, dicendomi che quella grossa macchina si chiama treno. Viaggia su una strada di ferro e l'unica cosa che ricordo ancora, è il buio totale.

Un silenzio assoluto.

Quando è ricomparsa la luce, di fronte al mio viso c'era la faccia di mia mamma. Provava a darmi un qualcosa che aveva in mano, dicendomi che è arrivata l'ora di mangiare. Ho subito guardato fuori dalla grande finestra e ho scoperto con curiosità che le montagne erano scomparse.

Era tutto piatto, e guardando in lontananza, sembrava senza fine.

Vedevo soltanto il sole molto grande che stava quasi toccando la terra, ma non riuscivo capire perché era più lontano di come era a casa nostra, e perché era tutto così piatto.

Con tutti questi grandi pensieri, con tutte queste domande senza risposte, mentre stavo ancora masticando, è sceso di nuovo il buio, e sono ritornato nel posto tranquillo, silenzioso e di pace assoluta, dove ero appena stato prima.

Quando per la via di rumori e movimenti che sentivo attorno, è ritornata di nuovo la luce, ho visto i miei famigliari già in piedi.

Appena il treno si fermava, saremmo scesi ed ero molto felice di farlo.

Non sono stato male, ma non vedevo l'ora di scendere, perché non mi sentivo libero, poi, pensando che incontravo per la prima volta i nonni, non vedevo l'ora di farlo subito.

Ero curioso se il mio nonno assomigliava a quello di Heidi.

Non vedevo l'ora che si fermava il treno.

Appena questo è successo, nel mio petto, nel posto dove alla partenza mi saltellava tutto, in quel momento è stato come se una grossa mano stringeva con molta forza.

Il mio nonno non c'era.

Appena scesi, mio padre con le valige e mia madre con noi due fratelli per mano, abbiamo cominciato a camminare. Dopo un pezzo molto corto, siamo arrivati in un posto dove c'era ancora più movimento e disordine di quelle della partenza. C'erano tanti autobus messi in ordine uno di fianco all'altro. Tanta gente che camminava, oppure correva da tutte le parti, in un modo disordinato, ma il punto di arrivo per tutti erano gli autobus.

Dopo un po' di tempo, ci siamo avvicinati anche noi ad uno.

C'era tanta gente e non finivo di guardare tutte quelle persone, perché mi incuriosivano molto. Tutte quelle persone, uomini e donne, erano completamente diverse da quelle che vedevo di solito.

Gli uomini sembravano meno giganti ed erano vestiti in un modo che non avevo mai visto prima.

Tutti avevano il capo coperto con dei capelli molto belli.

Anche le donne, portavano dei vestiti totalmente diversi di quelli che avevo sempre visto e mi sembravano non belle. Avevano gonne fino quasi a terra, e sopra, vestiti con maniche lunghe. Il capo coperto con dei fazzoletti molto colorati, anche se faceva caldo.

Sembravano tutti molto anziani.

Il loro modo di parlare era completamente diverso del nostro. Si capiva benissimo cosa dicevano, ma lo facevano in un modo che non avevo mai sentito prima.

Mi scappava da ridere sentirli.

Appena seduti tutti, l'autobus e partito e dopo aver fatto un pezzo in mezzo ai palazzi ed alle macchine, ci siamo trovati quasi all'improvviso che non c'era più nulla.

Eravamo usciti dalla città.

Da una parte e dall'altra della strada, c'erano soltanto delle colline. Non erano molto alte ed avevano delle forme molto belle.

Cosi rotonde e morbide che sembravano costruite da chi sapeva fare molto bene quel lavoro. Erano di un verde molto bello, così forte e così intenso, che nei punti dove erano vicinissime alla strada, faceva quasi male agli occhi guardarle con attenzione.

Mentre l'autobus continuava ad andare, nelle colline ho cominciato a vedere, prima ogni tanto poi molte di più, delle costruzioni piccole, basse, ma molto belle che fino in quel momento non avevo mai visto così tante.

Tutte insieme.

Mi e stato detto che erano le abitazioni dei contadini, e quando quelle case sono diventate molte di più e sempre più attaccate una all'altra, l'autobus si è fermato.

Dopo che un po' di gente è scesa ed un altro po' è salita, è ripartito.

Quasi subito le case sono diventate di nuovo sempre più lontane una dall'altra finché sono scomparse del tutto e le colline che vedevo erano ancora più belle. Si vedevano dei pezzi neri che sotto il sole luccicavano ed intorno altri pezzi colorati di verde. Non più come prima in modo unico, ma con tanti tipi di verde.

Uno più bello dell'altro.

La cosa più bella in assoluto, da perdersi dentro mentre si guardava, erano dei immensi pezzi di giallo, fresco e molto luminoso. Coprivano alcune colline del tutto e scendevano fino alla strada. Piante fini e molto delicate. Un po’ più alte dell'erba dove andavamo a giocare con i miei amichetti. Sii muoveva tutto insieme avanti ed indietro, senza mai fermarsi ed ogni volta, il giallo cambiava. Sembrava che il sole era sceso sulla terra, e non era ancora deciso da quale parte andare. Se avanti, oppure indietro, se su, oppure giù e nella sua indecisione, permetteva a me di vedere una delle cose più belle mai viste fino in quel momento.

Uno spettacolo unico.

Mi sentivo in pace.

Riposato, tranquillo, sfamato e dissetato.

Una sensazione nuova per me.

Meravigliosamente bella.

Per quanto stavo bene, sarei rimasto così per sempre, ma purtroppo il giallo è finito ed al suo posto, sono comparse altre case. Come prima, quando le case sono diventate sempre di più e sempre più vicine, l'autobus si è fermato.

Questa volta siamo scesi anche noi.

Appena sceso, mi è sembrato di essere arrivato in un altro mondo.

Quando l'autobus con il suo rumore è andato via, anche se attorno era pieno di case ed eravamo sulla strada, ho sentito un silenzio così forte, come mai prima.

Si sentiva soltanto il silenzio e niente altro.

Forte ed intenso.

Mi colpiva con tanta piacevole forza nelle orecchie quel silenzio ed ero molto impegnato nel ascoltarlo, capire qualcosa in più, ma il tutto è stato interrotto da una voce maschile che diceva:

< Fattemi vedere il mio nipote più piccolo >.

Il suono della voce, anche se normale, sembrava quasi che rimbombava in quel splendido silenzio.

Era il mio nonno.

Mentre si abbassava per baciarmi ed abbracciarmi, ho visto subito che non assomigliava al nonno di Heidi.

Anche lui, era vestito come gli uomini visti prima.

Su quello che vedevo d'avanti ai miei occhi per la prima volta, quella faccia di fronte alla mia, non saprei dire quasi nulla, a parte i suoi occhi molto blu e molto profondi e luminosi. Però, dentro il mio petto, quella cosa che all'inizio del viaggio saltellava affannata, poi si era sentita stretta da quella grossa mano, poi aveva sentito la pace, quella cosa lì, in quel momento era molto tranquilla e si sentiva molto protetta.

Quasi accarezzata.

Sembrava che si stava appoggiando dopo tante fatiche su un morbido cuscino.

Finalmente, il mio cuore era tranquillo e stava riposando.

Sembrava quasi un sogno molto bello, tranquillo e nella luce, che però è stato quasi subito interrotto da una cosa molto ruvida che ho sentito sulla mia guancia. Era la mano del mio nonno, che con un movimento molto delicato, mi aveva preso vicino a lui. Con tanta tranquillità, a piccoli passi, i miei passi, abbiamo cominciato a camminare.

Lui trascinava un carretto, dove stavano in quel momento le due valige. Dietro al carretto c'erano mio papà, mia mamma e mio fratello.

Mentre andavamo avanti ho cominciato a sentire di nuovo quel silenzio molto forte, ma molto bello che era interrotto soltanto dal rumore dei nostri passi che rimbombavano come un eco. Ogni tanto quando si sentiva qualche parola, sembrava così forte che veniva quasi la voglia di chiedere subito scusa al silenzio per averlo disturbato.

Dopo non tanto tempo, abbiamo lasciato la strada su quale eravamo venuti con l'autobus ed abbiamo iniziato a camminare su un'altra che cominciava li.

Era diversa da tutte le altre strade che avevo visto fino in quel momento.

Aveva un colore marrone molto, molto chiaro, quasi giallo e cominciando a camminare sopra l’ho sentita sotto i piedi più morbida di come erano tutte le altre strade che conoscevo. Più morbida, ma abbastanza durra per non sprofondare. Vedendo la polvere alzata dall’immenso carretto con quattro ruote e trascinato da due grossi cavalli, appena passato, ho capito che era una strada fatta di terra. Guardando poi con attenzione mio fratello ed i miei genitori che camminavano uno dietro l'altro, su un lato, dove finiva la strada, ho visto sotto i loro piedi, una fila di grossi sassi molto piatti, messi così ordinati, da sembrare quasi un marciapiede.

Non ho fatto in tempo a capire di più, perché ho sentito la voce della mia mamma dicendo:

< Siamo arrivati.>

Eravamo d'avanti ad un cancello in legno.

Molto bello e molto grosso. Tutto colorato di un verde molto fresco. Bucherellato ogni tanto in un modo così bello che sembravano dei grandi fiori. Non riuscivo a vedere nulla di quello che era dietro al cancello, ma di sopra vedevo una casa come quelle già viste dall'autobus. Di un colore cosi chiaro e caldo che sembrava un pezzo del cielo di quel giorno sceso sulle sue pareti. Mentre provavo a guardare con più attenzione, da dietro ho sentito dei rumori.

Subito dopo, si è aperta una piccola parte di quel grosso cancello.

Una parte dove potevano passare al massimo due persone e da dietro, dopo aver aperto, ci è venuta incontro una donna.

Anche lei era vestita come quelle donne che avevo già visto prima. Con una gonna quasi fino a terra, con le braccia tutte coperte e sul capo, un fazzoletto che lasciava vedere soltanto la faccia.

Era la mia nonna.

Appena passati oltre il cancello, si apriva un mondo tutto nuovo e completamente diverso di quello che avevo mai visto prima.

Il cortile era molto bello, molto ordinato.

Una parte era coperta di erba molto bassa, morbida e di un verde molto forte. La parte che rimaneva era tutta terra di marrone abbastanza scuro, ma bello.

Su tutta la parte destra, dall'inizio e quasi fino in fondo al cortile, c'era la casa che avevo già visto prima dalla strada. Di fronte alla casa, sul' altro lato del cortile, un muro tutto verde che usciva dalla terra ed era alto quasi come le pareti della casa.

Vicino a quel muro verde, l'aria sembrava più fresca, faceva meno caldo e c'era un buon profumo.

Quel muro verde, era tutto pieno di grossi grappoli d'uva con i chicchi un po' verdi ed un po’ appena colorati.

Più verdi che colorati.

In fondo al cortile, messa di fronte al cancello di dove eravamo entrati, c'era un’altra casa.

Molto più piccola e meno bella di quella grande.

Dopo pochi attimi e come se fosse stato dato un segnale da mia nonna, le tre bambine che fino in quel momento stavano tranquille su una bella panchina di legno, vicina, quasi attaccata al muro verde, si sono alzate e dopo che si sono avvicinate, ognuna di loro ha detto il suo nome.

Appena sentiti, non ricordavo più il nome di nessuna.

Tutte più o meno della mia misura.

Erano le mie cugine.

Una di loro, senza dire nulla a nessuno, si è avvicinata, mi ha preso per mano e quasi trascinandomi, ha cominciato a portarmi lontano da tutti gli altri. Tornando verso il cancello e poi girando tra la casa grande ed una recinzione attraverso quale si poteva vedere la strada di dove eravamo venuti, mi ha portato dietro alla casa.

 

Appena girato l'angolo, d'avanti agli occhi avevo un’altra cosa nuova. Un piccolo cortile, fatto tutto di terra, tra la casa ed un altro muro verde. Questo, era fatto di tantissime piante, tutte una vicina all'altra in un modo molto ordinato.

Piante che vedevo per la prima volta.

Erano molto sottili ed al meno due o tre volte più alte di me. Quando si muoveva l'aria, si muovevano tutte nella stessa direzione, facendo un bel rumore tranquillo, delicato, ma molto strano. Sembrava quasi il rumore del grande fiume che ho visto vicino a casa nostra con il mio papà.

Sopra tutto quel piccolo cortile, come un soffitto c'era un altro muro tutto verde che non faceva passare la luce del sole e da qui scendevano dei grossi grappoli d'uva con i chicchi molto più grossi di quelli appena visti.

Sotto la vite, nel forte caldo della giornata, l'aria era di un fresco profumato così buono, da non sembrare vero. Per terra, c'era un movimento veloce, disordinato e continuo di: galline, galli, tacchini, papere, oche e qualche mamma di queste razze, che in quel continuo movimento cercava dei posti più tranquilli per i suoi pulcini.

Era una cosa bellissima che prima, avevo visto soltanto in televisione.

Sembrava che ognuno sapeva quale era il suo posto ed anche se non si fermavano mai, nessuno dava fastidio o disturbava nessuno.

Non ho fatto in tempo a rispondere alla domanda della mia cugina se mi piaceva, oppure no perché, tenendomi sempre stretto per mano, mi ha riportato nel cortile dove eravamo arrivati. Passando vicino a tutti gli altri molto veloce e senza fermarci, siamo andati verso la piccola casa in fondo al cortile.

Camminando, mi ha fatto vedere alla fine del muro verde sulla sinistra, un grosso cane che vedendoci, o forse soltanto vedendo me che ero nuovo lì, ha cominciato a camminare deciso ed abbaiare molto forte.

Stavo per fuggire via dalla paura, quando ho sentito la mano della mia cugina che mi teneva ancora più forte e stretto.

Mentre lo faceva, mi diceva di non avere paura perché era legato ad una catena.

Il suo comportamento sicuro ha riportato subito la tranquillità anche a me, ma dentro il mio petto, quel qualcosa che ormai conoscevo, cioè, il mio cuore, aveva già cominciato a correre molto forte.

Siamo andati sempre avanti ed alla fine della casa grande, sulla destra del cortile, mia cugina mi ha fermato e siamo entrati dentro una piccola casetta, tutta di legno che prima non avevo neanche visto.

Dentro, l'aria era così forte che mi pungeva il naso e l'odore non era buono, ma la curiosità di vedere cosa c'era dentro, più forte di qualsiasi altra cosa.

Era la casetta dei maiali.

Tutti abbastanza grossi. Si muovevano tranquilli e ci venivano anche vicini facendosi accarezzare senza nessun timore. In quei momenti, anche se la cosa cominciava a piacermi, quello che aveva più paura tra tutti, credo che ero io.

Appena usciti dai maiali, siamo entrati nella piccola casa.

Per terra era tutto legno, ma coperto con un grosso strato di erba seccata. L'odore mi è subito piaciuto molto, anche se non lo conoscevo.

Si sentiva una grande pace.

In quel giorno in qui, quasi tutto ciò che ho visto e vissuto era per la prima volta, quello che avevo d'avanti in quel momento, oltre ad essere per la prima volta che vedevo, era anche la cosa più bella mai vista da vicino fino in quel momento.

Una mucca.

Tutta di un bel marrone, quasi rosso con delle macchie bianche sul petto, sulla pancia, sulle gambe e tutta la faccia. Legata alla sua mangiatoia, mentre masticava tranquilla, ci guardava nello stesso modo. Non mi sembrava vero ed ero fermo, senza parole, quasi perso nel guardare ed esaminare la mucca più che potevo, quando la mia cugina mi ha quasi svegliato per farmi vedere un'altra cosa che, preso dalla curiosità per la mucca, non avevo visto prima.

In quel momento, ho capito che avevo sbagliato.

Era quella la cosa più bella vista in quel giorno.

Il figlio della mucca.

Un piccolo vitellino.

Era seduto in un angolino tra il muro e la mangiatoia e dall'erba secca si vedeva soltanto un faccione bianco, bello e dolce. Un musetto rosa molto umido e due occhioni neri, grossi, puliti e luminosi. Ogni tanto muoveva le orecchie buffe che sembravano più grosse della testa.

Aveva una settimana da quando era arrivato.

Dopo essere usciti dalla stalla, si chiamava così la piccola casa ed era un'altra cosa nuova imparata in quel giorno, attraverso un piccolo cancelletto alla sua sinistra, siamo andati dietro. Appena arrivati, mi sono detto che se il Paradiso esiste, deve essere come quello che vedevo in quel momento.

Un pezzo abbastanza grosso con tutta erba e tanti alberi.

L'erba non era molto alta. Di un verde mai visto prima e toccandola era cosi soffice, cosi morbida, da sembrare una di quelle camicette eleganti che indossano le donne nei giorni di festa.

Il profumo era buonissimo.

Gli alberi non erano molto grossi e le loro foglie con il movimento dell'aria, facevano quasi lo stesso bel suono del muro verde, dietro alla casa.

Ho visto che oltre le foglie c'era dell'altro sulle piante.

Quando la mia cugina mi ha detto che se volevo mangiare della frutta, dovevo prendere quella caduta da sola per terra. perché era più buona di quella ancora sugli alberi, non mi sembrava vero.

Potevo mangiare della frutta subito.

Senza dover andare al negozio e senza doverla pagare con i soldi.

Da quel momento, il pezzo di terra dove eravamo, per me e diventato per davvero Il Paradiso, perché c'erano al meno sei o sette tipi diversi di frutta. Frutta che ogni bambino avrebbe voluto e che io potevo mangiare tranquillo.

Subito.

Purtroppo quel sogno bellissimo è stato interrotto da una voce di donna che da l'altra parte della stalla chiamava per nome me e mia cugina.

Dovevamo andare a mangiare.

Stavamo già andando ed ero molto contento, perché finalmente avevo capito come si chiamava la mia cugina.

Ritornando nel primo cortile, ho visto che c'era un continuo avanti ed indietro tra la prima porta della casa verso la stalla, ed un tavolo che e comparso vicino al muro verde, di fianco alla bella panchina in legno.

Ho visto in quel momento che la vite, diventava anche soffitto per un buon pezzo del cortile, come quello dietro la casa.

Mentre mia nonna e la mamma delle mie cugine preparavano il tavolo, insieme ai miei genitori ed al mio fratello sono entrato per la prima volta nella casa dei nonni.

Fuori faceva molto caldo ed entrando, per quello che ho sentito, sono rimasto per un attimo quasi bloccato sulla porta.

Un bellissimo fresco, molto gentile e ben profumato che mi avvolgeva dappertutto.

Mi sentivo dolcemente accarezzato.

Una cosa bellissima.

Non sapevo di cosa erano quei buoni profumi che mai avevo sentito in una casa prima di quel momento. Sapevo con certezza, che i profumi, insieme al fresco, al grande silenzio ed alla pace che si sentiva dentro, erano un forte invito per restarci.

In quel momento, dopo aver guardato bene in giro, era l'unica certezza che avevo, perché di domande ne avrei avuto da fare tantissime.

Tutte insieme.

Era una casa completamente diversa della nostra e di tutte le altre che avevo mai visto fino in quel momento.

Due camere molto grosse con delle finestre forse un po' piccole che non facevano entrare tanta luce. Per terra non c'erano tappetti come a casa nostra ed appena entrati, le scarpe non si toglievano. Il pavimento era molto scuro ed abbastanza duro e mio papà mi ha spiegato che era fatto di terra battuta. Le pareti erano colorate con dei colori molto belli e chiari. I soffitti, fatti di legno. Erano così belli per la loro forma, che sono rimasto con il naso in su a guardarli per un bel po'.