L'Eco Delle Anime

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CAPITOLO 5


LA PORTATRICE DEI SIGILLI

Il ghiaccio nel bicchiere di Nael si stava sciogliendo, un po’ come la pazienza nell’ascoltare Male che parlava a ruota libera. Non le dispiaceva stare in compagnia del chitarrista dei D-Soul, solo che voleva andarsene a casa e chiamare Kay. Era seriamente preoccupata per la sua amica. Non si era fidata molto a lasciarla con Morgan e voleva a tutti i costi ricevere sue notizie al più presto.

Come se le avessero letto nel pensiero, il telefono squillò. Un messaggio di Kay: settore 2 unità 64 nucleo 175.

Un indirizzo.

Di sicuro faceva riferimento al nucleo abitativo di Morgan. Che diavolo le aveva fatto? Era in pericolo, se lo sentiva. Non sapeva che altra spiegazione darsi per quel messaggio. Mise in tasca il telefono in fretta e furia e si alzò di scatto, quasi facendo cadere all’indietro la sedia. Si era completamente dimenticata di Male, voleva soltanto andare in cerca della sua migliore amica e assicurarsi che non le fosse stato tolto nemmeno un capello.

‹‹Tutto bene? È successo qualcosa?››. Male la vide sbiancare all’improvviso.

‹‹Scusami, i-io… c’è stata un’emergenza. Devo scappare a casa, mi dispiace. Grazie per la compagnia, comunque››. Nael si girò per andare verso l’uscita del locale.

Male scattò in piedi come un serpente velenoso che attacca la sua preda e l’afferrò per un braccio. Si avvicinò alle labbra della ragazza e sussurrò ‹‹Non te ne vorrai andare senza nemmeno avermi dato un bacio. Credo proprio di essermelo meritato, sai››.

Lei lo guardò senza capire cosa stesse succedendo. Lo sentì mormorare parole incomprensibili, senza senso. Sembravano pronunciate al contrario.

Poi, dovette sbattere le palpebre più volte. Accanto a lei non c’era più Male, ma un altro ragazzo. Qualcuno che non si sarebbe mai aspettata di vedere e che le provocò una strana reazione. Le guance le andarono in fiamme e il cuore cominciò a martellare sempre più forte nel petto.

‹‹Lo sapevo che ti sarei piaciuto di più così, ora sono sicuro che mi bacerai più volentieri››. Fece una pausa, le accarezzò il volto e lei, rapita dal suo sguardo, lasciò sprofondare la guancia sulla sua mano calda. ‹‹Però è un peccato che non ci siano specchi a disposizione. Vorrei proprio vedere chi è il fortunato che ha rapito il tuo cuore››.

Una parte nascosta dentro il cervello di Nael si stava chiedendo se davvero fosse innamorata di quel ragazzo.

Come poteva esserlo se non si erano mai conosciuti?

Ci si poteva innamorare di un estraneo?

Se doveva dar retta alle farfalle nello stomaco, alle vertigini e all’impulso di lasciarsi cullare fra le sue braccia… Allora sì! Ci si poteva benissimo innamorare di uno sconosciuto.

Male poggiò le labbra carnose sopra quelle morbide e sottili della ragazza dai capelli rossi. All’inizio fu un bacio leggero, poi si fece sempre più intenso, più profondo, fino a sentire le loro anime fondersi in una danza sensuale.

E pericolosa.

Come in un flash, Nael vide il vero aspetto di Male. Un essere dagli occhi arancioni come le fiamme dell’inferno, due ali a punta nere screziate di viola, lunghi artigli e il corpo metà umano metà animalesco, di una razza senz’altro diabolica.

Fu catapultata nella realtà come se le avessero gettato un secchio pieno di ghiaccio sopra la testa. Si staccò di colpo e allontanò Male con un gesto brusco.

Il demone non si aspettava di essere respinto così e barcollò all’indietro. Nessuno si era accorto di quello che era appena successo tra i due, gli altri avventori del locale continuavano a sorseggiare i loro cocktail e a ridere di chissà quali battute come se niente fosse. Nael, invece, era ancora più confusa e tutta quella tranquillità intorno le dava un senso di claustrofobia.

‹‹Che succede?››, provò a chiedere Male con tono canzonatorio.

‹‹S-stai lontano da me! Non mi toccare mai più››, gli urlò contro lei.

Indietreggiò senza perderlo di vista, e non appena raggiunse l’uscita si mise a correre verso l’indirizzo che Kay le aveva mandato.


Per sua fortuna, il Settore 2 era proprio lì vicino. Nel giro di quindici minuti trovò il nucleo 29 all’unità 175. I grandi numeri neri posti su ogni edificio si notavano facilmente, in contrasto con i lisci muri bianco candido.

Provò a suonare il campanello.

Nessuno rispose.

Guardò l’orologio, mancava mezz’ora scarsa al coprifuoco e il suo nucleo abitativo al Settore 3 distava venti minuti buoni da dove si trovava ora. Non sarebbe mai arrivata in tempo e questo era un grosso problema, ma non avrebbe mai lasciato sola la sua migliore amica nel momento del bisogno.

Sapeva che dopo il coprifuoco non si poteva uscire di casa per nessun motivo. A volte succedeva che i Nia-Za scendessero per controllare che tutto fosse in ordine all’interno della cittadella. Di tanto in tanto qualcuno veniva scoperto fuori casa, nella maggior parte dei casi si trattava di ubriachi. Si vociferava in giro che venissero torturati fino allo sfinimento e che le urla facessero venire la pelle d’oca a chi avesse avuto la sfortuna di avere il nucleo abitativo proprio accanto al luogo dell’esecuzione.

Prese un respiro profondo per scacciare il panico procurato da quei pensieri disgustosi e tremendi. Decise di fare un ultimo tentativo.

Questa volta, però, bussò. La porta si aprì con un leggero click. Era stata chiusa male.

Nael entrò e bisbigliò ‹‹È permesso?››.

Ancora nessuna risposta.

La debole luce nella stanza non permetteva di distinguere bene ciò che c’era dentro. Nael intravide una sagoma al centro della stanza, una specie di sacco vuoto ripiegato su sé stesso. Strizzò gli occhi per vedere meglio.

Il cuore cominciò a battere all’impazzata, il respiro si fece più corto, le mani iniziarono a sudare.

Non era un sacco vuoto, era qualcosa di più inquietante. Qualcosa che non avrebbe mai e poi mai voluto vedere. I piedi si mossero in avanti, spinti da una misteriosa forza invisibile. Si avvicinò alla cosa al centro della stanza. Non appena fu abbastanza vicina da non avere dubbi su cosa fosse, si portò una mano alla bocca e soffocò un grido di terrore.

Barcollò all’indietro per lo spavento. La cosa, in realtà, era un cadavere di donna. Una specie di mummia avvizzita. I capelli radi e grigio cenere facevano intravvedere un cuoio capelluto ricoperto da macchie marrone - verdognole. La pelle raggrinzita sembrava il risultato di un’ustione di primo grado. Il viso era stato immortalato per sempre in un’orrenda smorfia di dolore, con gli occhi che sembravano voler schizzare fuori dalle orbite da un momento all’altro. La carne della bocca, come staccata a morsi, lasciava scoperto un buon pezzo di mandibola e una parte dell’arcata dentale. Il puzzo di marcio e putrefazione si stava pian piano diffondendo nell’aria.

Nael, troppo presa dallo stato del corpo di quella povera donna, si accorse solo in quel momento dei vestiti che indossava: un paio di jeans a sigaretta slavati e una t-shirt giallo fluo con sopra scritto Nessuno è perfetto! Io sono nessuno.

Quella stupida maglietta l’aveva regalata lei a Kay. L’aveva trovata in un mercatino dei tempi pre-apocalisse e aveva deciso che sarebbe stata perfetta per una pazza scatenata come Kayley.

‹‹In che casino ti sei cacciata?›› disse con un filo di voce, cadendo in ginocchio di fronte al cadavere. ‹‹Perché mi sono fidata a lasciarti andare con quell’essere infernale?››.

‹‹Essere infernale, eh? Devo dire che hai azzeccato il termine adatto… Stella privata del Cielo››. Una voce cupa risuonò nella stanza.

‹‹Chi sei? Che vuoi da me?››. Il sangue di Nael scorreva a più non posso nelle vene.

‹‹Tu sei la portatrice dei sigilli!››. Una risata agghiacciante le provocò un brivido lungo la schiena. ‹‹Cosa vogliamo da te? Semplice, vogliamo vederti morta… come la tua amica››.

Gli assassini di Kay volevano uccidere anche lei.

Per quale motivo? E cosa voleva dire definendola in quel modo? Lei non era la portatrice di un bel niente. Doveva per forza essere un bruttissimo incubo. Nessun essere umano poteva ridurre una persona in quelle condizioni, solo un demone poteva farlo.

Chi osava essere tanto sfrontato da infrangere il secondo articolo del patto fatto col Maligno mettendo in pericolo la sua stessa vita?

Il mondo cominciò a vorticarle attorno, l’aria sembrò smettere di girare nei polmoni e tutto si fermò. Nella testa le riecheggiò lontana la risata di Kay.

Spuntò un ricordo. Il loro primo incontro a scuola, quando Nael le aveva sorriso e le aveva offerto un fazzoletto per asciugarsi le lacrime. Poi seguirono altri ricordi a una velocità innaturale. Momenti felici, gioiosi, in cui niente e nessuno sembrava poterle dividere.

Tranne la morte.

A quel pensiero tutta la disperazione del mondo sembrò riversarsi dentro il suo corpo e le immagini si bloccarono su un attimo preciso: il giorno dopo il Path’s Day. La voce di Kay risuonò chiara, come se stesse pronunciando quelle parole in quello stesso istante.

“Poi ammettilo, senza di me ti annoieresti a morte”.

Si ricordò di non aver avuto tempo per replicare. Le lacrime le salirono agli occhi e scoppiò a piangere, colta dall’improvvisa certezza che ora non avrebbe più potuto risponderle.

 

‹‹Starò tremendamente male senza di te››, la voce di Nael era rotta dai singhiozzi. ‹‹Riposa in pace, Kayley Reese Sloan››.

Si prese il viso tra le mani, e in quello stesso istante un fortissimo dolore inatteso all’avambraccio destro la fece urlare. Il grido era carico di potere e sembrò vibrare in quella sorta di dimensione in cui era stata catturata. Un’abbagliante luce rossa stava incidendo qualcosa sul braccio della ragazza. Le mordeva la carne, la strappava e si nutriva del suo stesso sangue iniettandole dentro una nuova linfa vitale. Nael si sentiva bruciare, proprio come nell’incubo che aveva fatto.

Ebbe il timore che fosse tutta opera del Maligno, ma una certezza che partiva dal cuore la rassicurava che non era opera sua. Si trattava di una forza celestiale, pura e trasparente, mossa solo dall’amore di un essere che si faceva chiamare l’Onnipotente.

Quando tutto finì, la stanza ripiombò nella debole luce della lampada da tavolo accanto al televisore. Il corpo di Kay non c’era più. Al suo posto, era rimasto un mucchietto di cenere. Nael allungò una mano tremante verso i resti carbonizzati dell’amica. Li accarezzò con dita tremanti e una lacrima le scivolò dal viso.

La pelle del braccio destro pizzicava e le faceva male. Si guardò e vide uno strano simbolo rotondo, con dei disegni all’interno e delle scritte all’esterno. Era lo stesso del sogno.

A differenza del simbolo che aveva visto tatuato sulla schiena di Ny la sera del concerto, quello era più rassicurante. Il rosso scarlatto dei simboli trasmetteva forza e coraggio. Cercò di leggere cosa c’era scritto e restò sorpresa quando capì che quelli erano quattro nomi, e non una frase.


Il panico prese il sopravvento. Non poteva andarsene in giro con una cosa del genere tatuata, anzi, incisa sulla pelle.

Cosa avrebbe detto la gente?

Cosa avrebbero detto i suoi?

Doveva trovare il modo di nasconderla. Scattò in piedi e si guardò attorno. Sul divano trovò una felpa nera con stampato sul retro il logo dei D-Soul. Ormai era chiaro che c’entravano in quella storia ed era più che sicura fosse stato Morgan a uccidere la sua migliore amica.

Giurò a sé stessa che, se ci fosse stata l’occasione, avrebbe vendicato Kay.

Indossò la felpa in fretta e furia, anche se le disgustava l’idea di avere addosso qualcosa appartenente a quel gruppo di demoni assassini e assetati di sangue.

Guardò l’orologio, il coprifuoco ormai era già scattato da un po’ e non voleva finire torturata né dai Nia-Za, né dall’assassino di Kay. Era decisa a scappare nel primo rifugio possibile e corse verso la porta senza guardarsi indietro.

La porta si chiuse di colpo con un tonfo secco impedendole la fuga.

‹‹Dove credi di andare, bellezza?››.

Geb le bloccò le braccia con le mani e la trascinò verso il centro della stanza. Nael urlò e chiese aiuto. Cercò di divincolarsi. La stretta era troppo forte, non ce l’avrebbe mai fatta.

‹‹Urla pure quanto vuoi, non ti sentirà nessuno››, disse Male, che apparve dal nulla di fronte a lei con un pezzo di scotch in mano, pronto a tapparle la bocca.

Una forza misteriosa si impossessò del corpo di Nael. Partiva proprio dal punto esatto in cui era comparso il simbolo e le diede la forza per spingerla a combattere e non arrendersi. D’istinto la ragazza fece leva poggiando la schiena addosso a Geb e diede un calcio con entrambi i piedi sullo stomaco di Male facendolo volare fuori dal nucleo, riducendo in mille pezzi la porta di legno bianco.

Geb cadde di schiena portandosi dietro il corpo di Nael. Quando toccò il pavimento perse la presa e lei rotolò su un fianco, si alzò e scappò fuori dal varco che era riuscita a crearsi. Non ebbe il tempo necessario per stupirsi di tutta quella forza improvvisa. La sua mente, ora, era programmata su un solo comando: salvarsi la pelle.

Dopo il coprifuoco le luci della cittadella erano soffuse e tutto sembrava essersi tinto di grigio. A Nael vennero i brividi, c’era qualcosa di strano che non riusciva a capire. Qualcosa di diverso aveva preso il posto delle famigliari vie ordinate di Kali Phi.

Correva a più non posso, girando casualmente di qua e di là, nel reticolato stradale. Ad un certo punto, un grido spettrale la fece inciampare. Si rialzò e si guardò alle spalle. La sua fine era giunta, non sarebbe potuta scappare da nessuna parte. Tre Nia-Za fluttuavano a pochi metri da lei, i mantelli neri fumanti e il corpo invisibile. L’odore di zolfo le penetrò nelle narici. Rimase a bocca aperta a guardare quelle specie di spettri dell’inferno.

Era la prima volta che li vedeva e, forse, sarebbe stata anche l’ultima.

CAPITOLO 6


VIE DI FUGA

Il corpo di Nael sembrava pesare tonnellate. I piedi le erano rimasti incollati al terreno, non osava muovere un muscolo. Era terrorizzata e si stava già immaginando quali atrocità le sarebbero state inflitte.

I Nia-Za fluttuavano a mezz’aria. Il capo davanti, gli altri due un passo più indietro. Nael guardò dentro il cappuccio vuoto del leader e, nonostante il demone non avesse occhi, ebbe la stranissima impressione che la stesse osservando a sua volta. L’oscurità sembrava penetrarle dentro il corpo attraverso quello sguardo invisibile.

Il Nia-Za alzò un braccio verso di lei ed emise un grido da farle venire la pelle d’oca. I due demoni che stavano dietro le si fiondarono addosso.

La fine era ormai vicina.

Il corpo di Nael si mosse, spinto dall’istinto di sopravvivenza, e scattò indietro alla ricerca di un riparo. Sapeva che sarebbe stato tutto inutile, ma la volontà di salvarsi ebbe la meglio. Percorse qualche metro. Si accorse, però, che il suo tentativo di fuga sarebbe fallito ancora prima di iniziare.

Sentì delle voci gridare qualcosa. Qualcun altro la stava cercando e non potevano che essere i D-Soul.

Sapevano tutti che erano demoni, ma Nael non credeva fossero così spietati e sovversivi. Non era una novità che a Kali Phi, nascosti in mezzo agli umani, vivessero demoni pentiti. Ma il genere di demoni a cui sembravano appartenere loro non rispettavano certamente gli articoli per la pacifica convivenza presenti nel Patto. Se fosse stata in grado di uscire viva da quella nottata, Nael avrebbe cercato informazioni sullo strano tatuaggio che aveva visto sulla schiena di Ny e sulla loro vera natura.

Con la coda dell’occhio vide una vietta sulla sinistra, stretta e buia. Non ne aveva mai viste di simili dentro la cittadella. Era come se di notte tutto cambiasse forma, se la parte peggiore di Kali Phi venisse a galla. Ecco cosa c’era di diverso.

Perché non ne aveva mai parlato nessuno?

Si era appena accorta che ciò che la circondava al mattino e il terrore che si manifestava di notte erano due facce della stessa medaglia.

‹‹Dobbiamo trovarla››, gridò uno dei D-Soul.

Si appiattì contro il muro, non le importava sapere chi avesse parlato. Sentì altre voci e trattenne il fiato.

‹‹Ny, anche i Nia-Za sono sulle sue tracce, non credo abbia possibilità di farla franca››.

‹‹Non importa, Sam››, ringhiò Ny, ‹‹voglio essere sicuro che sia morta. Se i Nia-Za l’avessero catturata le sue grida si sarebbero sentite già da un po’, non credi?››.

‹‹Non è detto, e se l’avessero portata dal Maligno?››.

‹‹Potrebbe anche essere, ma ne dubito. Geb, che dicono le tue sensazioni?››.

Geb si portò l’indice e il medio accanto alla tempia sinistra. Rimase qualche secondo in silenzio. ‹‹È viva ed è qui, i Nia-Za la stanno ancora cercando››.

Ny guardò Sam incrociando le braccia e alzando un sopraciglio. Odiava quando contestavano i suoi ordini. ‹‹Allora? Che mi dici adesso?››.

‹‹Propongo di dividerci e setacciare ogni angolo della cittadella››, rispose Sam inchiodandolo con lo sguardo.

Ci fu una pausa carica di tensione fra i due.

‹‹Bene, separiamoci››, ordinò Ny.

Nael chiuse gli occhi e appoggiò la testa al muro. Respirò a fondo due, tre volte e pensò alla prossima mossa. Qualsiasi cosa avesse voluto fare, sarebbe stato un suicidio.

Avendo lasciato i Nia-Za indietro decise di scappare in fondo alla via. Prese un ultimo respiro e si mise a correre senza mai voltarsi. Giunta a metà, le grida dei demoni guardiani del Maligno la fecero sussultare.

L’adrenalina che le scorreva nelle vene la spinse a correre più forte. Era quasi arrivata alla fine della strada, quando una sagoma le bloccò l’unica via di fuga.

Rimase ferma.

La sua mente valutò in fretta due possibilità: morire sotto le atroci torture dei Nia-Za o per mano di uno dei D-Soul?

Decisamente meglio la seconda.

Aspettò che la sagoma avanzasse verso di lei. Quando furono abbastanza vicini, riconobbe chi l’aveva trovata: Mik.

Il demone procedeva con sguardo feroce. I suoi occhi sembravano scintillare al buio e un sorriso sprezzante spuntò sul suo volto. A quanto pare si reputava soddisfatto di averla catturata lui prima di tutti.

La paura e la consapevolezza che la sua ora era giunta paralizzarono Nael. Rimase immobile, come una statua di pietra, a osservare il suo boia. Glielo leggeva negli occhi che avrebbe voluto staccarle la testa a mani nude, e lo avrebbe fatto sicuramente di lì a poco. Stava solo mettendo la preda sotto pressione.

Le grida dei Nia-Za fecero saltare i piani del demone. Mik si guardò attorno con occhi di fuoco, poi tutto accadde ad una velocità sovraumana.

Nael gettò uno sguardo alle sue spalle e vide i demoni guardiani scaraventarsi contro di lei.

Sentì Mik gridare ‹‹No!››. Quando si voltò per guardarlo in faccia, lo vide scattare in avanti e spiccare il volo.

Nael si accovacciò a terra, pronta all’impatto con Mik e i Nia-Za. Pregava un qualche Dio di morire velocemente e senza soffrire molto.

All’improvviso, si sentì trascinare via dalla strada. Non era più in grado di ragionare, di dare una spiegazione logica a ciò che stava succedendo. Aveva perso i sensi per la paura e si lasciò trasportare ovunque la stessero portando. In quello stato di semincoscienza riuscì solo a percepire l’odore di umidità e muffa e a sentire l’acqua fredda scorrere sotto i suoi piedi.

La stavano portando all’inferno?

O nelle Terre di Nessuno, in superficie?

Cosa aveva fatto per meritarsi tutta questa attenzione?

Era nei guai fino al collo.

Quando tutto si fermò, si lasciò cadere a terra e un turbinio di pallini neri e grigi le avvolse la mente, facendola cadere in un sonno profondo popolato da demoni e mostri.

Più tardi, quando finalmente riuscì a riprendere conoscenza, aprì gli occhi e si guardò attorno. Era in una specie di tunnel, assomigliava a una caverna in realtà. Ma forse si sbagliava. Le caverne erano situate sottoterra, cosa poteva esserci ancora più in basso della cittadella?

L’inferno ormai si era trasferito ai piani alti.

‹‹Ben svegliata, fuggitiva››.

Qualcuno la fece alzare di scatto e la testa prese a pulsare per il dolore facendole perdere l’equilibrio.

Un ragazzo dai capelli scuri e dalla pelle ambrata corse accanto a lei e la sorresse per un braccio.

‹‹Ehi, non sforzarti. Come ti senti?››.

Nael lo guardò terrorizzata e ritrasse il braccio di scatto. ‹‹Chi sei? Dove sono? Vuoi uccidermi anche tu?››.

Il ragazzo si alzò in piedi e dalla tasca della felpa qualcosa si mosse. Nael indietreggiò per lo spavento e finì spalle al muro.

‹‹Non preoccuparti, è solo il mio amico Pirata››, e tirò fuori dalla tasca un topolino con il manto grigio tendente all’azzurro. Lo avvicinò al viso, naso contro naso, e gli diede un bacetto sul muso. Poi ritornò a fissare Nael.

‹‹D’altronde, posso capirti. Dopo quello che hai passato ieri notte… non è facile. Ah, io sono Crocus, Crocus Bates, e questa è la mia casa, anche se forse tu non hai mai sentito parlare della presenza di sistemi fognari sotto Kali Phi››.

 

Nael si passò le mani tra i corti capelli a caschetto. ‹‹Che diavolo sta succedendo?››, mormorò fra sé e sé. Guardò il ragazzo spaventata. ‹‹Quanto sono stata priva di sensi?››.

‹‹Più o meno diciotto ore››.

‹‹Diciotto ore?! Diavolo! Non ricordo nulla di quello che è successo ieri sera. Ho delle immagini vaghe, ma sembra più un incubo che la realtà vera e propria. Sto impazzendo››. E si prese la testa fra le mani pensando a quanto in pensiero dovevano essere i suoi genitori non vedendola rientrare dalla sera prima.

‹‹No, non sei pazza. Ci penso io a rinfrescarti la memoria, non preoccuparti››. Crocus e il suo topo si sedettero accanto a lei. ‹‹Allora, i Nia-Za si sono scaraventati addosso a te, pronti a infliggerti chissà quali atroci torture. Spero non volessero strapparti gli organi a mani nude o, peggio, usare gli ultrasuoni. Quelli sì che sono tosti, ti fanno impazzire, dicono che sia come…››.

Nael si coprì le orecchie con le mani. ‹‹Puoi smetterla? Non ho voglia di sapere come morirò se riusciranno a trovarmi››.

‹‹Già, scusa, hai ragione. Ricapitolando: tu, Nia-Za e il tuo angelo custode. Quel tipo è stato fantastico, ha eliminato i tre demoni senza battere ciglio››.

Angelo custode? Stava scherzando? Con lei c’erano solo demoni. Stava forse dicendo che qualcuno le aveva salvato la vita? Il Nia-Za no di certo, forse Mik ma…

No, doveva per forza esserci un errore. Il demone si stava pregustando la sua morte, e se non fossero arrivati i Nia-Za…

‹‹Non può avermi salvato nessuno! Mik non è un angelo custode. Lui e la sua banda di demoni mi stavano dando la caccia››. Guardò il ragazzo con gli occhi pieni di lacrime. ‹‹Hanno ucciso la mia migliore amica, capisci? L’anno ridotta a un pezzo di carne putrefatta e marcia››.

Crocus ebbe un attimo di esitazione, stava per passarle un braccio attorno alle spalle per consolarla, ma si limitò a una pacca sul braccio.

‹‹Ascolta, non voglio difendere nessuno, ma per quello che ho visto io… ti stava salvando, ne sono certo››.

‹‹Sei dalla loro parte, vero? Sei un demone pure tu››, gridò Nael alzandosi in piedi, pronta a fuggire se fosse stato necessario. Nessuna persona sana di mente poteva vedere del bene nelle azioni compiute da un essere infernale.

‹‹Lo so, vivo isolato, fuori dal mondo civilizzato. Però non sono un demone. Posso giurartelo››.

Nael incrociò le braccia e lo guardò dall’alto in basso, con aria di sfida. Non poteva più permettersi di dare fiducia a nessuno, c’era qualcosa di importante in ballo e lei era d’intralcio per un qualche oscuro motivo che avrebbe scoperto prima o poi.

Anche da sola.

‹‹Dimostramelo!››.


Mik camminava avanti e indietro per la cucina di Ny. Erano tutti seduti a tavola, nel bel mezzo di una riunione. Non erano riusciti a catturare la Stella. All’inizio doveva essere un gioco da ragazzi. In realtà le cose si erano complicate.

Male si alzò in piedi e si diresse verso il frigorifero, lo aprì e tirò fuori una bottiglia di birra. Levò il tappo e ne bevve una gran sorsata.

‹‹Mik, vuoi dirci una volta per tutte cosa ti sta succedendo? O hai intenzione di tenere la bocca chiusa? Sai cosa succederà se non ci darai una spiegazione valida››, disse tornando al suo posto e sprofondando sullo schienale della sedia.

Mik non sapeva come spiegare l’accaduto. Aveva salvato la vita a Nael, spinto solo da un impulso proveniente da un luogo sconosciuto all’interno del suo corpo. Avrebbe potuto lasciarla in mano ai Nia-Za e tutto si sarebbe concluso nel giro di poco. Con la Stella fuori combattimento, il Maligno sarebbe riuscito a mettere in atto i suoi oscuri piani senza intralci.

Perché l’aveva salvata? Continuava a ripetersi questa domanda sperando che, prima o poi, la risposta venisse da sé. Aveva valutato tutte le possibili spiegazioni, ma quella strana cosa che lo aveva spinto a uccidere i Nia-Za restava ancora un mistero.

Aveva provato a resistere.

Tutto inutile!

‹‹Mik, esigo una risposta, subito! Perché non hai lasciato che i Nia-Za uccidessero la Stella?››. Era stato Ny a parlare. Il tempo di dare spiegazioni era giunto.

Mik si fermò davanti alla sedia vuota dove avrebbe dovuto sedersi. Prese fra le mani lo schienale e ci si aggrappò come per darsi forza.

Ny voleva una risposta?

Anche lui voleva una risposta.

Ecco la verità.

‹‹Volete una spiegazione valida? Avrei tanto voluto ucciderla io stesso, solo che c’era un ragazzo umano in giro, uno della feccia sotterranea. Aveva visto i Nia-Za e non potevo certo farmi vedere dalla loro parte. O avreste preferito ritrovarvi le guardie della cittadella fuori dal nucleo? Pronte a far saltare la nostra copertura?››.

‹‹Mik ha ragione, Ny. Ha agito per coprirci, solo non capisco una cosa››, disse Geb grattandosi la barba corta ‹‹Perché non l’hai uccisa tu? Se l’umano si è accorto dei Nia-Za non credo volesse farsi beccare e torturare, sarà sicuramente scappato mentre tu li uccidevi››.

Mik stava perdendo la pazienza. Perché non lo lasciavano in pace e basta? Strinse le mani intorno alla sedia e la scaraventò addosso al muro mandandola in frantumi.

‹‹Cosa credi, Geb? Che non ci abbia pensato? Quando mi sono girato non c’era più, è scomparsa››. Si passò le mani tra i corti ricci. Non sapeva più che fare. Non sapeva più che pensare.

Morgan si sporse in avanti e appoggiò le braccia sul tavolo. ‹‹E se l’umano non fosse scappato?››.

Mik lo guardò pensieroso, valutando quell’opzione. Perché non ci aveva pensato prima?

‹‹Se fosse stato proprio lui a salvarla? A nasconderla da qualche parte o a riportarla nel suo nucleo?››.

Negli occhi di Ny comparve un bagliore rosso e un nuovo desiderio di vendetta.

‹‹Ottima osservazione Morgan, non ci resta che cercare l’umano. Se la Stella non è tornata scioccamente nel suo nucleo, sarà sicuramente con il ragazzo nei sotterranei. Andiamo a cercarla››.

‹‹E se qualcuno ci vedesse? Come possiamo spiegare il fatto che la stiamo cercando? La feccia sotterranea possiamo anche eliminarla, ma i suoi genitori? Rischiamo di destare sospetti e il Maligno non vuole attirare l’attenzione››, disse Sam, che nel frattempo si era alzato da tavola e si era messo a guardare fuori dalla finestra i passanti, ignari dei loro oscuri piani.

Il volto di Ny s’incupì. Gli occhi scintillarono e una risata terrificante risuonò nella piccola cucina dove si trovavano. ‹‹Beh, in quel caso… nessuna pietà››.

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