Programma. – Le corse saranno Domenica; arriveremo a Napoli sabato notte. Gli appartamenti all'Hôtel Royal sono lesti; avremo per andare alle corse due stages a quattro cavalli, alla postigliona; ho fatto richiesta qui al capo stazione di un vagone-salon; lo champagne lo porteremo con noi per essere sicuri della marca. Ho provvisto, ordinato, fatto i conti e vergato colla mia bianca mano altrettante circolari, quanti siamo della partita. Ora voi mi fate la grazia di firmarle in modo intelligibile, non senza prima avermi proclamato benemerito del genere umano.
Siete un gran Filippo!
A voi.
Se non l'avvertite non si fa in tempo. A che ora viene la contessa?
Alle tre.
Fra un'ora. Con tutti gli altri?
Tutta la banda. E due domestici che porteranno la statuetta della Tuffolina.
Parlate pur forte, non mi disturbate.
Oh! si parlava d'inezie. (piano a Filippo) Bisogna avvertirla.
Non è facile, non ne vuol sapere. Ha già dichiarato alla contessa Gemma che la scommessa era assurda. Io contavo di lasciarli arrivare senza dir parola. A cose fatte…
Bravo! e se piglia fuoco e ci fa una sfuriata? È donna da rimandarli via tutti.
D'altronde…!
Ma che state congiurando?
Nulla. (c. s. a Filippo) Se Elena incaparbisce in presenza di quegli altri a ricusare il pagamento della scommessa, se ne fa una coda che non finisce più. Si discorre già troppo del Dottore. Andiamo… coraggio!
È un'ambasciata difficile… vedrete.
Ecco fatto.
Proponete di aggregare il Sarni alla nostra partita e poi secondatemi. (Elena si alza).
Vediamo. (va allo scrittoio) Benissimo. (conta le lettere) Una… due… tre…
Giusto, quanti siamo?
Tredici.
Oh!
Bisogna trovarne un altro subito.
Certo.
Vediamo un po': Elvira Francofonte.
No, siamo già tre donne… bastano.
Della Carraia.
Oh Dio! Sa di muschio come un parrucchiere.
Pippo Termini.
Quello non sa di nulla.
Ma dite un po'… E il dottor Sarni, non per far quattordici… ma…
Giusto. Diavolo! Come mai non ci si è pensato?
Mettiamo quello, eh?
Se volete.
Se n'avrebbe per male e con ragione.
E poi è un uomo!..
Oh! un uomo…!
Ma… ci vorrà venire?
Che ne dite, Marchesa?
Credo di sì.
Lo credo anch'io.
Dicevo per via della spesa.
Della spesa?!
Non se n'esce a meno di tre o quattrocento lire caduno.
Ebbene?
Io non so gl'interessi del Sarni, ma abita una cameretta ad un quarto piano.
Quinto, quinto; proprio sotto i tetti.
Ci siete stato?
Una volta con D'Almèna.
D'Almèna?!
Sono inseparabili. D'Almèna ci va ogni giorno.
È del Club alpino. Sono cento quarantotto scalini.
Cento…
E quarantotto. Un campanile. Non ho mai tanto soffiato in vita mia.
C'è della gente che ama la vista.
Sì bella. Dirimpetto la finestra c'è due soffitte, dove abita, credo un cenciaiuolo ambulante che sciorina all'aria dei panni fantastici.
Povertà non è vizio. Il Sarni ama figurare, va in società…
Però. (ad Elena) Posso dire?
Chi ve l'impedisce?
Ecco, trovo che se spendesse in pigione la metà di quello che getta in guanti…
Ah sì, inguantato lo è.
E di che pelle se reggono a serrarlo come fanno! Scommetto che a levarseli ci dura mezz'ora, e quando li ha levati, la mano gli fa paff per distendersi; non gli deve parer vero.
Per questo non li leva mai.
Che ci dorma dentro? Diciamo che se anche spreca in guanti…
Fa economia di cravatte.
Io glie ne conosco una sola.
Sarà un ricordo di qualche parente morto.
Diffatti è nera. E come se l'annoda!
Ma ha dei buoni sentimenti.
Ah questo sì… per Dio.
Sì… Non ha pratica di mondo.
Ma l'acquisterà.
Ammogliandosi.
Vale a dire…
Nulla. Dico che acquisterà la pratica del mondo prendendo moglie. Gli istinti signorili ce li ha. Sta pur certa che non sposerà una borghesuccia senza dote. E io l'approvo. È un uomo che ama di salire.
Difatti si tiene in esercizio. Cento quarantotto scalini…
Tu dovresti aiutarlo.
A far che?
A trovare la sposa.
E senza cercar lontano…
Anzi. Senza uscire di casa…
Che significa questa scena? L'avete combinata or ora. Capivo bene che stavate macchinando. Non mi piace. Finiamola.
È vero, l'abbiamo concertata or ora. Perchè devi sapere… (scampanellata di fuori) Oh Dio! delle visite. (a Filippo) Che siano loro già?
No, no, è troppo presto.
Non puoi far dire che non ricevi?
A quest'ora il portinaio ha già fatto passare. Quello era il campanello del portinaio che avverte quassù. Filippo, guardate dalla veranda chi è.
Il dottor Sarni.
A quest'ora?
Mandalo via, fammi il piacere, ho assolutamente bisogno di parlarti.
Come si fa?
Gran cosa! Lo congedi.
Sì, e voi altri che siete qui e rimanete?
Noi andiamo di là… non ci si fa vedere. Sul serio, abbiamo urgente bisogno di parlarvi.
Che seccatura.
Venite, Marchese?
Non ti concedo più di dieci minuti.
Il dottor Sarni. (Teodoro e Filippo scappano per la veranda mentre entra Andrea).
Buon giorno, Marchesa. (le porge un mazzo di fiori di campagna).
Che vuol dire? (senza prenderli).
Sono fiori dei campi che ho raccolto stamane in una lunga passeggiata che ho fatto. Ne torno adesso. Per questo sono venuto ad un'ora insolita. Stassera sarebbero stati appassiti. Non li prendete? (Elena li prende e li posa sul tavolino). Che avete? Mi sembrate sopra pensieri.
No.
Che buona camminata che ho fatto. Ci sono andato per riflettere a certi miei interessi, ma poi, l'aria, la campagna e mille pensieri giovanili che sorgevano dentro di me me ne hanno distratto. Ho passato una mezza giornata deliziosa, girellando nei prati come un ragazzo.
Con quell'abito?
Perchè? non va?
Anzi è magnifico.
Non va, lo capisco. Ma ho infilato il primo che mi è capitato, avevo altro per la mente.
Si sa, gli uomini superiori…
La mia toeletta ha il bene di occuparvi molto quest'oggi (getta con violenza i fiori sul tavolino).
Oh! mi dispiace. (prende i fiori e va a metterli in un vaso sul camino. Silenzio, Elena torna presso Andrea). Ho detto perchè avete l'aria di essere in visita diplomatica.
Perdonatemi! Sono uno sciocco. Ho preso in mala parte delle osservazioni giustissime. Vi ringrazio d'esservi spiegata; quelle parole mi avevano fatto tanto male. Dovevo saperlo che siete buona. E poi non vi ho forse pregato io stesso di intraprendere la mia educazione mondana?
Badate che vi mando via ora.
Mi mandate via!
Sì, ho da fare.
Un momento.
Non posso… devo uscire.
Non mi lasciate accompagnarvi?
No… no… andate.
Se sapeste…
Non insistete… addio.
Non arrivederci?
Ma sì, come volete, a rivederci.
Che vi ho fatto?
Vado. Dovete uscire? sola?
Sì.
Credevo con vostro zio e con Landucci. Li ho veduti che scappavano di là quando io entravo: ciò vuol dire che vi aspettano. (pausa – con impeto) Come mi trattate male! (via precipitato).
Filippo!
Eravate là?
C'ero io solo. Ero venuto a sentire se se ne andava.
Non te ne faccio i miei complimenti. L'età e la parentela non bastano a giustificare un'indelicatezza.
Come la pigli!
È andato?
Sì, parlate… che volete?
A voi l'ambasciata.
Mi caverà gli occhi.
Dunque? Non mi avrete obbligata ad essere scortese per niente, spero. Che cos'è?
A momenti arriva la contessa Gemma coi soliti.
Qui? A far che?
Vi portano, ma io non c'entro, vi portano in trionfo la statua della Tuffolina, un vero oggetto d'arte.
Che fai?
Ordino la carrozza, esco, e non voglio essere in casa, e non voglio che in mia assenza si riceva nulla. Ho già detto a Gemma che la scommessa non reggeva, che ne rifiutavo assolutamente il pagamento. Ho accondisceso per farvi piacere a congedare il dottor Sarni, ma non posso permettere che gli si manchi di rispetto in casa mia. Filippo lo sapeva, e mi fa meraviglia che abbia accettato di portarmi una simile ambasciata.
Che vi dicevo io?
Mia cara, una scommessa obbliga tanto chi perde come chi vince.
Ti ripeto che la scommessa non regge. È una assurdità. Il dottore non ha rinunziato al viaggio per cagion mia. L'ho dichiarato a Gemma, il giorno stesso ch'egli aveva fissato di partire. È rimasto…
Per sposarti, lo so.
Come?
Sei tu disposta a sposarlo?
Che pazzia!
Non si discorre d'altro per tutta Roma.
Questo segue una volta al mese. Mi hanno già fidanzata con dieci altri.
Del vostro mondo. Se io vi fossi sempre tra i piedi non ne avreste altro danno che la seccatura. Tutti sanno ch'io sono l'ozio personificato, e il tempo che vi dedico ha così poco valore, che nessuno sospetta mi diate nulla in ricambio.
Sicchè son condannata a non circondarmi che di…
D'imbecilli volete dire… dite.
Il mondo vuole che ognuno viva con gente del proprio stato. E ciò non per alterigia, ma perchè sieno allontanati quant'è possibile i sospetti di cupidigia intorno le combinazioni che possono nascere dalla convivenza. Il dottore ha troppo da guadagnare sposandoti, perchè non si veda in ogni suo atto una macchinazione per arrivarci. Se fosse già andato e tornato dal suo viaggio, la celebrità meritata e la fortezza mostrata, pareggierebbero forse le vostre condizioni. Ma si è mostrato debole, è naturale che lo si creda interessato. Tu non puoi avere di lui una stima troppo alta. Se lo accogli e lo fai tuo intimo e lo difendi e ti comprometti per lui, è segno che ne sei innamorata. Ora un matrimonio d'amore tollerabile, è qualche volta lodevole in un uomo, è quanto c'è di meno elegante per una signora.
Ma chi ha mai pensato…?
Tu no, ma il dottore certo.
Non è vero.
Lo si vede in ogni luogo dove tu sei.
Non ce lo porto io.
Oh no! per questo c'è D'Almèna che lo serve.
D'Almèna!
Sono inseparabili, ti ho detto. Sai che mi rispose D'Almèna quando gli domandai perchè non si faceva più vedere in casa tua?
Qualche impertinenza.
Mi ha detto: pregherò vostra nipote di volermi ricevere quando sarà diventata la signora Sarni.
No!
Testuale!
L'ha detto anche a me.
D'Almèna può dire quello che gli piace.
Credi a me, accetta il pagamento della scommessa. Ciò tronca le dicerie, e risponde vittoriosamente a D'Almèna.
Ad ogni modo decidete subito. Se persistete nel rifiuto corro ad avvertirne la contessa. A non volerla ricevere quando fosse venuta, lo scandalo sarebbe grave. Vado?
Mi dài la tua parola d'onore che D'Almèna ti ha risposto a quel modo?
Parola d'onore.
Anche a voi?
Anche a me, e in presenza d'altri. Vado?
No, rimanete. D'Almèna rovina tutte le cause che prende a difendere.
Badate, saranno qui a momenti. Sono in sette od otto. Non volete servire un Lunch?
Sì, come vi piace, combinate voi.
Mi nominate vostro Maggiordomo? Do gli ordini?
Sì.
Tu dovevi prevederle queste cose. Tu dovevi impedire la scommessa, rifiutarmi quella lettera, darmi allora quei consigli che mi dài adesso.
Chi poteva immaginare che sarebbe rimasto? Ti prende il rimorso? Va là che non gli è parso vero di salvarsi da un eroismo precipitato. Non è piacevole morir di freddo e di scorbuto.
E se fosse stato uomo da partire?
Sarebbe partito. Tu l'hai pregato di rimanere?
No, anzi!
E allora? Scendi dalle nuvole. Quello adocchia le tue rendite.
Vorrei esserne sicura. (Anselmo via).
Ecco fatto. Avrete un buffet di prim'ordine. Dove avete preso quei bei fiori dei campi?
Avete combinato?
Tutto, ve li ha portati il Dottore, eh?
Gettateli via.
Oh! Perchè? Ne prendo uno, permettete?
Ormai tanto vale eh? Fate. (scampanellata).
Eccoli qui.
Zio, fammi il piacere, valli a ricevere, io verrò subito, ma non ero preparata a fare del chiasso. Andate anche voi, Filippo.
Scusate, mi avete nominato Maggiordomo.
Bene, gli ordini li avete dati, ora.
Volete rimaner sola, per raccogliervi, eh?
Restate, se vi piace.
La Contessa del Pallio.
Eccomi. (via. Ambrogio va alla veranda e prepara la tavola con Anselmo).
Lo amate?
Datemi quei fiori.
Quegli altri?
No, quelli che avete voi.
Mi avete permesso…
Ed ora ve li chiedo. (Filippo glieli dà, essa prende anche gli altri e va a gettarli tutti dalla finestra) Così. (dalla stanza vicina si sentono chiacchere e risa) Chiudete quell'uscio.
È chiuso.
Come parlano forte! – Sarni e D'Almèna sono proprio tanto amici?
Ma sì, mi fa meraviglia che me lo chiediate. Appena seppe che il Dottore non era partito, D'Almèna gli portò il suo biglietto di visita, e cominciò a rimorchiarlo dappertutto.
Gliele avete proprio intese a dir voi, quelle parole?
Quali?
Che non avrebbe più posto il piede in casa mia finchè non fossi diventata la Signora Sarni?
Certo, e non c'ero io solo.
Andiamo di là?
Con quel viso scuro?
No, no. (ridendo) Sono di buonissimo umore; vedrete. Andiamo.
Aspettate un momentino.
Per far che?
Voglio dirvi una cosa. Se proprio non amate il Sarni…
Ma no, che sciocchezza!
E se siete disposta a diventar quella d'una volta…
Cioè?
Cioè gaia e senza pensieri… avvertitemene, io mi ecclisso… perchè avrei paura d'innamorarmi di voi. (Elena ride) Ho capito che stavo innamorandomi dal disgusto che ho provato vedendovi mutata. Ora seria e pensierosa, mi piacevate meno… ma se tornate quella di prima… ve l'ho poi detto.
Sì, sì, andiamo, andiamo. (Lo prende a braccetto e s'avviano a sinistra. Appena i due hanno spalancato l'uscio che va nell'altra camera, si sente da quella un oh! generale. S'intravedono due o tre uomini venire incontro ad Elena. Grido: – La Corte – applausi dall'altra camera).