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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 3

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Resta ad investigare, se l'aristocrazia consista nel corpo del Clero, oppure in quello de' Vescovi; ch'è lo stesso che cercare se i Vescovi sono superiori del Clero, per istituzione Divina, o semplici amministratori di un'autorità che risegga propriamente nel collegio Sacerdotale. Nella Scrittura vi ha un passo decisivo, nel quale si dice a' Vescovi, che gli ha posti sopra le Chiese lo Spirito Santo.

Qui però nasce una difficoltà dalla confusione dei nomi. Il titolo di Vescovo e di Prete si dava alla stessa persona; quello a dinotarne l'uffizio, questo a ragionare dell'anzianità. Dunque come faremo risaltare la superiorità de' Vescovi, prendendo questa denominazione nel senso comune?

Nell'Apocalisse i Capi della Chiesa vengono distinti col nome di Angeli, cioè d'inviati, e si attribuisce loro il diritto di governare con formole ch'escludono ogni altro. Nell'epistole di S. Ignazio, Discepolo degli Apostoli, nulla s'inculca più frequentemente ed ai Laici ed ai Cherici, quanto la perfetta subordinazione al proprio Vescovo. Ci è noto che i Presbiteriani rigettano l'uno e l'altro libro, per non poterli conciliare col proprio sistema: ma in questo stesso mostrano apertamente il lor torto; giacchè per sostenere un assurdo, si gettano in un assurdo più grande. A principio non vi furono che gli Apostoli ed i Preti, cioè i Vescovi: se non che crescendo di giorno in giorno le spirituali conquiste della Chiesa, furono chiamati i semplici Sacerdoti ed i Diaconi in sussidio de' Vescovi, ma come sudditi, non come eguali.

Il piano instituito da Cristo, e posto in esecuzione dagli Apostoli mai non soffrì nella sua essenza alterazione veruna. Imperciocchè i Profeti, che illustrarono la Chiesa nascente co' loro doni sovrannaturali, se venivano consultati nelle occorrenze, non esercitarono mai alcun atto di giurisdizione, come asserisce l'Autore, il quale è caduto nell'inganno degli altri, che vedendo ne' libri del nuovo Testamento qualche Profeta far le funzioni Episcopali, perchè oltre di esser Profeta era Vescovo, hanno attribuito al primo carattere ciò che non conviene se non al secondo.

Il Vescovo ed il Clero non di rado erano fra loro in contesa: ma non si dee dire perciò, che il nome di fazione e di scisma fu dato al patriottismo de' Preti ad oggetto di far prevalere la causa Episcopale. Questo giudizio dee risultare dalla natura de' fatti particolari. Se i Preti pretendevano di agguagliarsi al Vescovo e di considerarlo come un loro deputato, erano veramente Scismatici. Se il Vescovo spogliava il Clero de' suoi diritti legittimi, il torto era di lui, non de' Preti.

Molto meno l'Autore dee farsi lecito di tacciar di ambizione e di artifizio il Santo Martire Cipriano difensore de' diritti incontrastabili dell'Episcopato e della disciplina della Chiesa, per sottrarre un Prete bacchettone, ed un Diacono discolo alla condanna pronunziata da un Concilio di Preti, ed approvata dal consenso di tutti i secoli. Gli rincresce di non poter entrare nella discussione de' fatti spettanti al famoso scisma di Novato e di Novaziano, per far trionfare l'innocenza e la virtù sopra l'ostinazione di volere offuscare la gloria de' Santi più eminenti della Chiesa contro le leggi della Critica. L'avversario per altro non ha fatto che semplicemente citare.

La subordinazione de' Vescovi ai Metropolitani è di istituzione umana, ma non porta seco alcuna distinzione quanto alla sostanza della dignità, del carattere e de' diritti annessivi da Cristo. Il primato poi del Romano Pontefice si fonda chiaramente ne' testi verbali della Scrittura. Tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam.

Divina parimente è l'istituzione de' Concilj, circa la quale la Scrittura non solo somministra testimonianze incontrastabili, ma anche fatti decisivi; atteso che il congresso tenuto dagli Apostoli e da' Seniori, o sia dai Vescovi in Gerusalemme sulla disputa de' riti Mosaici fu vero Concilio e modello di tutti gli altri; checchè ne dica il Mosemio coll'ingegnosa, ma insufficiente congettura dell'esempio delle città Greche appoggiata a Tertulliano. I Giudei celebravano de' Concilj; ed il Cristianesimo uscì dalla Palestina. Può però ben essere, che fosse tolto da' Greci l'uso di celebrarli due volte l'anno, nella primavera e nell'autunno.

Finalmente egli è vero, che ogni società ha diritto naturalmente di escludere dalla sua comunione chi ne viola le leggi, ma è ugualmente vero che il diritto della Chiesa è d'origine divina, contenuto in quelle parole: si Ecclesiam non audiverit, sit tibi tanquam ethnicus et publicanus, ed in quell'altre: quodcumque ligaveritis erit et ligatum in coelis.

S. Cipriano fu rigido sostenitore della disciplina; considerò la penitenza e la scomunica come i ripari esterni della Religione, non come l'essenziale della Religione. L'Autore lo calunnia, abusando delle di lui epistole, alle quali rimandiamo per brevità il nostro lettore per disingannarsi.

Sesta Conclusione che dee provare l'Autore. La debolezza del Politeismo favorì i progressi del Cristianesimo

Ristretto. Il Politeismo non era sostenuto da' Sacerdoti, i quali avessero un particolar interesse nel culto degl'idoli, e non avevano fra loro legame alcuno di governo.

Risposta. Avendo l'Autore parlato delle cagioni contenute nel Cristianesimo, ora ne reca in mezzo altre tre consistenti nella disposizione del Gentilesimo; e qui non possiamo rimproverargli, che ponga in dimenticanza ciò che doveva provare; diremo bensì, che queste tre cagioni non hanno forza di provare, se non che il Cristianesimo in esse incontrò tre validissimi ostacoli.

I Sacerdoti dell'Autore sono quali a lui piace di fingerli: ma i Sacerdoti della storia traevano dal culto degl'idoli grandi emolumenti, grandi onori, gran potenza. Essi avevano un collegio, ch'esercitava una giudicatura. Cicerone perorò per la sua casa dinanzi ai Pontefici, e ne parla col più gran rispetto. Gli Autori, gli Aruspici intervenivano in tutti i negozi pubblici sì di pace come di guerra con autorità quasi assoluta; e riferendosi tutte le azioni private all'idolatria, i Ministri della medesima avevano un'influenza generale nelle private famiglie, tanto che gl'Imperatori non credettero di regnare, se non quando al poter del Monarca aggiunsero i diritti del Sommo Pontefice.

Come può rendersi credibile, che i Sacerdoti guardassero con indifferenza le sconfitte del Politeismo, sul quale si fondava tutta la loro fortuna, e la perdonassero a' Cristiani, i quali rendevano palesi alla plebe le loro imposture? Il fatto è, che furono eglino i principali autori della persecuzione, e ch'eglino la tennero perpetuamente accesa, anche quando i Principi si mostravano avversi allo spargimento del sangue: eglino irritavano la superstizione del popolo, eglino infiammavano l'ira de' Ministri; eglino facevano scrivere da' filosofi atrocissime satire. L'Autore che fa la storia delle persecuzioni, poteva ignorar questo fatto?

Settima Conclusione che dee provare l'Autore. Lo Scetticismo del Mondo Pagano favorì i progressi del Cristianesimo

Ristretto. Allorchè apparve il Cristianesimo nel mondo, lo Scetticismo di Cicerone e di Luciano si era dilatato in tutti gli ordini delle persone: in tale stato il popolo era disposto a ricevere un altro sistema di mitologia più conforme al gusto del secolo; ed il Cristianesimo si mostrò ornato di tutto ciò, che poteva attrarre la curiosità, lo stupore e la riverenza del popolo.

Risposta. L'Autore fa astrazioni; e la storia ne insegna, che per tre secoli il popolo perseguitò con tanto furore i Cristiani, che li chiedeva a morte nella solennità delle feste con sediziosi clamori: ne insegna, che i Principi furono costretti a dichiarare colle leggi loro, che i clamori della plebe non sarebbero più ricevuti come prova legittima; ne insegna, che la sfrenatezza ed il gran numero degli accusatori non poterono reprimersi se non rivolgendo contro di essi le pene intimate ai Cristiani, supposto che non ne avessero provata la reità: e tutto ciò si legge nel capo seguente del sig. Gibbon.

Lo Scetticismo, che è uno sforzo di spirito ed uno stato di violenta sospensione, non prende radice nel popolo minuto, di cui la credulità è il difetto ordinario.

Del resto il nostro Autore ha dichiarato in che consiste lo Scetticismo da lui trovato nel mondo Pagano. Si parlava della vita avvenire, come una favola, e si era scosso il giogo della mitologia, che spacciava tante maraviglie. Frattanto ecco, ci si dice, una disposizion favorevole a credere ed a ricevere le maraviglie dell'Evangelio, cioè una mitologia più conforme al gusto del secolo: ecco il Cristianesimo ornato di tutto ciò che potava attrarre la curiosità, lo stupore, e la riverenza dagli Scettici.

Ottava Conclusione che dee provare l'Autore. La pace e l'unione dell'Impero Romano favorì i progressi del Cristianesimo

Ristretto. Gli Ebrei della Palestina riceveron sì freddamente i miracoli di Cristo, che stimarono superfluo di pubblicare o almeno di conservare alcun Evangelio Ebraico. Le storie autentiche della vita di lui furono composte ad una distanza considerabile da Gerusalemme, a dopo che il numero de' Cristiani convertiti si era estremamente moltiplicato. Tradotte in Latino divennero perfettamente intelligibili a tutti i sudditi di Roma. L'essere tutte le nazioni sotto un solo Monarca, e le grandi strade costruite per le legioni aprivano ai Missionari dell'Evangelio un facile passaggio per tutto; e non incontrarono essi alcuno degli ostacoli che sogliono impedire l'introduzione di una Religione straniera in lontani paesi.

Risposta. È leggiadrissima l'immagine de' Missionari Evangelici, che marciano comodamente a bandiere spiegate ed a tamburro battente per le grandi strade costruite per le legioni Romane. Noi grossolani stupiamo su i progressi del Cristianesimo: vi ha chi c'illumina: essi sono dovuti alle grandi strade delle legioni. Ben è vero, che gli Apostoli viaggiando a due a due, e non portando seco neque sacculum, neque peram, non avevano bisogno delle grandi strade; ed è perciò che S. Paolo dipinge pateticamente i disastri ed i pericoli de' suoi viaggi. Ma che importa? Colpa loro, che non ne profittassero; le strade consolari aprivano per tutto adito facile all'Evangelio. Ci resta un sol dubbio: le leggi ed i Ministri Imperiali, che perseguitavano i Missionari Evangelici, non potevano con eguale facilità penetrar da per tutto per le grandi strade costruite per le legioni.

 

L'università del linguaggio, se fosse stata vera, avrebbe potuto nuocere alla dilatazione dell'Evangelio, quanto gli avrebbe potuto giovare.

Similmente l'unione delle Province sotto un solo Monarca, se da una parte contribuiva ai progressi della Religione, dall'altra rendeva più facile e spedita l'esecuzione degli ordini imperiali contro la medesima. Abbiamo tuttora presente la viva pittura fatta altrove dal pennello dell'Autore per esprimere l'orribile situazione di chi aveva incontrato la disgrazia del Principe: tutto l'Impero per quello sventurato era una carcere.

Conchiude l'Autore, che il Cristianesimo in mezzo a tanti comodi non incontrò alcuno degli ostacoli che sogliono impedire l'introduzione di una Religione straniera. Passiamo sotto silenzio i pregiudizi di ciascun popolo, la gelosia de' Sacerdoti, l'invidia de' Filosofi, la corruzione universale, e domandiamo se le leggi proibitive degl'Imperadori non formavano un ostacolo degno di considerazione.

Giacchè le digressioni ci perseguitano sino alla fine, invitiamo l'Autore ad aprire il Talmud, nel qual libro i Giudei, che si suppongono indifferenti ai luminosi prodigi di Cristo, ne depositarono la memoria in due articoli, l'uno de' quali è ben lungo. Il Talmud fu in vero composto assai tardi; ma gli Autori avrebbero prestato così gran vantaggio ai Cristiani, se avessero potuto sopprimere la tradizione della nazione?

I Giudei, che vennero alla fede, oltre l'Evangelio di S. Matteo, che tutte le ragioni provano essere stato scritto in Ebraico, ne avevano un altro intitolato secondo gli Ebrei, e che nei primi secoli della Chiesa fu avuto universalmente in venerazione.

Per quanto lontana da Gerusalemme e dal tempo di Gesù Cristo si finga la data de' quattro Evangelj, sono certe due cose: primo, che queste opere furono scritte dagli stessi testimoni de' fatti: secondo, che furono trovate conformi a quanto a viva voce avevano pubblicato gli Apostoli; poichè in caso diverso o non sarebbero state ricevute, o si sarebbe mutata la stabilita credenza: questa ragione prova, che saremmo sicuri della veracità degli Evangelj, quando pure volessimo accordare contro la certezza istorica, che furono composti in tempi assai bassi da persone, che li divolgarono per opere de' Discepoli di Cristo.

Veduta istorica de' progressi del Cristianesimo

Essendosi immaginato l'Autore di aver provato, che il Cristianesimo fu debitore del suo stabilimento e dei suoi progressi a cagioni puramente naturali, ne fa ora un quadro, com'egli dice, istorico, ma realmente favoloso, e col disegno di confermare il suo intento. Imperciocchè falsificando la testimonianza del Grisostomo, ed abusando di un passo di Origene e d'un altro di Eusebio fa un calcolo ideale del numero dei Cristiani di un sol luogo, e poi come pur suole, ne deduce illazioni generali. Scende appresso a criticare gli antichi Scrittori sì Gentili che Cristiani, i quali con voce concorde, benchè con mira diversa, si mostrano stupiti della dilatazione dell'Evangelio; e si affanna particolarmente sopra il passo di Plinio con isforzi cotanto vani, che altro non ottiene, se non il palesare lo spirito deciso di parzialità, che pur vorrebbe celare.

A noi non è dato di trattenerci in queste minute ricerche; tanto più che la fatica sarebbe superflua; mentre basta alla causa, che si richiami l'Autore agli Atti di S. Luca, dove sono sommariamente descritte le conquiste fatte dalla Chiesa nel breve periodo della predicazione di alcuni degli Apostoli. Egli non ha favellato mai di un libro che solo contiene i monumenti autentici della fondazione e dell'infanzia della Religione. Il lettore però potrà giudicar dall'infanzia della Chiesa, quale ella dovesse essere adulta.

Impugnazione e difesa de' miracoli di Gesù Cristo

Abbiamo avvertito, che l'Autore stendeva le sue vedute sino ai miracoli di Cristo, che formano la prova più decisiva della divinità della sua religione, perchè dotati d'una certezza agli altri superiore. Egli ce gli ha presentati sotto gli occhi, ora sotto uno, ora sotto un altro aspetto, ma sempre di volo. Or che ha disposto l'animo del lettore, si toglie la maschera, e si ferma. Ci fermeremo noi pure; ma nè da lui, nè da noi chi leggerà, dovrà aspettarsi cose nuove; poichè egli è ripetitore per elezione, e noi lo siamo per dovere.

Primo argomento. La nuova setta era quasi tutta composta di contadini ed artisti, di fanciulli e di donne, di mendichi e di schiavi, i quali sfuggendo il pericoloso incontro de' filosofi dogmatizzavano in occulto presso la moltitudine rozza ed ignorante capace sempre di essere sorpresa. A misura che l'umile fede di Cristo diffondevasi pel mondo, fu abbracciata da varie persone che meritavano qualche riguardo pei doni della natura e della fortuna, ma queste eccezioni o son troppo poche, o troppo recenti ad oggetto di togliere interamente di mezzo le imputazioni d'ignoranza e di oscurità, che si rimprovera a' primi Fedeli. Appoggiandosi i miracoli di Cristo a sì fatta testimonianza, qual fede possono meritare?

Risposta. Prima di noi si è fatto vedere co' monumenti alla mano la falsità della supposizione, i quali monumenti tolti dagli Atti degli Apostoli ne istruiscono, che le persone nobili, le persone facoltose, le persone di talento si trovano non in iscarso numero nel primo nascere della Religione, tra gli Scribi, tra' Farisei, tra' Sacerdoti contemporanei di Cristo e degli Apostoli, che si convertirono in folla: multa turba Sacerdotum.

Prima di noi si è fatto riflettere, che la certezza de' miracoli operati dal fondatore del Cristianesimo non si appoggia alla fede soltanto de' primi seguaci dell'Evangelio, ma ancora, e principalmente, alla pubblicità de' fatti, all'esame giuridico istituitone dal corpo della nazione, alla deposizione de' testimoni confermata col sacrificio volontario della vita, alla grande rivoluzione prodotta nel mondo, che non si può concepire, se non si suppongano gli accennati miracoli dotati di un'evidenza superiore a qualunque eccezione.

Argomento secondo. Gli uomini di spirito, come Seneca, i due Plinj, Tacito, Plutarco, ed altri perderono di vista, e rigettaron la perfezione del sistema Cristiano, riguardando i seguaci di esso come ostinati e perversi Entusiasti, che esigevano una tacita sommissione alle lor misteriose dottrine senza produrre un solo argomento.

Risposta. Primo, se vale la non credenza di alcune persone di spirito, dee similmente valere la credenza di alcune persone di spirito: e noi a quelli dell'Autore potremmo opporne un numero anche maggiore.

Secondo, cotesti uomini di spirito trascurarono d'informarsi delle cose de' Cristiani, e prevenuti ch'eglino fossero fanatici, non gli degnarono dei loro pensieri. Ora chi non si applica, chi non esamina, non fonda presunzione contro fatti esaminati, da chi vi prendeva interesse.

Terzo, Celso si vantò di aver letti e meditati gli Evangeli; ed in questi libri si rinvengono le circostanze de' fatti, i nomi de' testimonj, i luoghi ne' quali furono operati, le occasioni nelle quali avvennero, le persone che ne furono onorate, le critiche de' nemici, ch'è quanto a dire tutto quello che si ricerca per farne un esame sufficiente. Giacchè questi scritti erano noti ai Gentili; giacchè questi miracoli si pubblicavano a voce, e quasi sempre colle vive opposizioni de' Giudei, come si è potuto dire, che i Cristiani esigevano una tacita sommissione?

Argomento terzo. Gli Apologisti Cristiani che presero la difesa di loro medesimi, della lor religione e de' loro angustiati fratelli, quando vogliono mostrare la divina origine del Cristianesimo insistono sulle profezie atte a convincere un Giudeo, non un Gentile. Se avessero avuto buoni argomenti a far valere i miracoli di Cristo, gli avrebbero impiegati.

Risposta. Primo, gli Evangeli erano pubblici; molti de' testimonj tuttora vivevano: si sottoponevano a' giudizi legali, e sostenevano la lor confessione in mezzo ai tormenti; ed i Giudei, nel paese de' quali erano accaduti i prodigi, accrescevano ad ora ad ora il numero de' credenti. Oltre a ciò si operavano quotidianamente nuovi miracoli; e questi comprovavano quelli di Cristo. Con tante prove vive e parlanti qual bisogno vi era di Apologie?

Secondo, si possono produrre mille passi di Autori Pagani per dimostrare, che i Gentili comunemente non mettevano in dubbio i miracoli attribuiti a Cristo: ne scansavano la forza col supporre negli Eroi del Politeismo lo stesso potere. Dimandiamo di nuovo, qual bisogno vi era, che gli Apologisti prendessero a provare ciò che non si contrastava? Quando i Pagani cominciarono ad attaccarli colle loro difficoltà, cominciarono pure gli Apologisti a difenderli. Origene fu un di costoro, ma non il primo, trovandosene altri prima di lui citati dal Mosemio.

Terzo. Se non vi soddisfano gli antichi Apologisti, consultate i moderni. L'esame de' fatti è limitato, come i fatti medesimi: quanto si può dir contro, e quanto si può rispondere in favore, si trova raccolto ne' libri loro: questi stessi argomenti, che trattiamo noi, vi sono ampiamente spiegati.

Argomento quarto. Seneca e Plinio non parlano delle tenebre non naturali, in cui per tre ore fu involta la terra nella passione di Cristo.

Risposta. Tertulliano afferma, che il prodigio fu da' Gentili notato ne' pubblici registri: il suo passo è sostenuto, per tacer di tanti altri, dal famoso Huezio; nè ha fondamento alcuno la diversa lettura, che ne vorrebbe fare l'Autore. Flegonte, Scrittor Pagano, è pur vendicato dall'Huezio, il quale giustamente conchiude, che contro la positiva testimonianza di costoro niuna forza ha il silenzio degli altri.

Che Plinio avesse destinato un capitolo apposta per gli ecclissi di natura straordinaria e d'insolita durata, e che questo della passione non vi si trovi, non è cosa da far meraviglia. Al lib. II. c. 30. Hist. Nat. si leggono le seguenti parole: Fiunt prodigiosi et languiores defectus; quali occiso Cesare et Antoniano bello, totius fere anni pallore perpetuo. Ecco una proposizione generica illustrata con un esempio, invece di un capitolo fatto a bello studio per menarvi tutti gli ecclissi straordinari.

RIASSUNTO

Qui termina il Cap. XV. del Sig. Gibbon: egli ci ha obbligati a fare un viaggio ben lungo e curto: ma la moltiplicità e la sconnessione degli oggetti che abbiamo esaminati, e molto più di quelli, che siamo stati costretti a passare sotto silenzio, costituiscono il pregio singolare di questo libro. Una mano meno imperita e più paziente gli avrebbe uniti e distribuiti con ordine: il metodo da lui tenuto non è buono che a rintuzzare il senso comune. Al che aggiungendosi la superficialità delle cognizioni, che apparisce, all'indeterminata e confusa generalità dell'idee, la perpetua mala fede, colla quale corrompe i movimenti della storia e l'avidità di malignare sopra ogni cosa, ne risulterà un doppio carattere, che non è certo quello del pensatore e quello dell'uomo onesto. Egli ha fatto il quadro istorico de' progressi del Cristianesimo; il colorito orrido, ed i contorni forzati palesano abbastanza la passione del pittore. Noi che vogliamo fare il quadro istorico della sua logica, non dobbiamo se non riunire in un sol punto di veduta, e mostrar come delineate in carta le parti principali del suo edifizio.

Prima Conclusione. Lo stabilimento ed i progressi del Cristianesimo furono effetti naturali dello zelo intollerante de' Cristiani. L'Autore di tutto ha trattato fuorchè di questo; e quanto ha detto, non vale che a stabilire la conclusione opposta.

Seconda Conclusione. Fu dovuto al domma dell'immortalità, all'opinione dell'imminente fine del mondo e del millenio. L'Autore di tutto ha trattato fuorchè di questo, e quanto ha detto, non vale che a provare il contrario.

Terza Conclusione. Fu dovuto al poter de' miracoli che i primi Cristiani falsamente si attribuirono. L'Autore non ne ha trattato, e la conclusione in se stessa è contraddittoria.

 

Quarta Conclusione. Fu dovuto alla morale Cristiana. L'Autore non ne ha trattato ed ha provato il contrario, provando, ch'essa compariva ai Gentili contraria alla natura ed all'interesse dello Stato.

Quinta Conclusione. Fu dovuto alla forma dal governo Ecclesiastico. L'Autore non ne ha trattato, nè apparisce quale rapporto abbia il governo interno colle conversioni degl'Infedeli.

Sesta Conclusione. Fu dovuto all'indifferenza de' Sacerdoti Pagani. La supposizione è contraddetta dalla storia.

Settima Conclusione. Fu dovuto allo Scetticismo del popolo Pagano. La supposizione è contraria al fatto, e lo Scetticismo, di che parla l'Autore, non conduce se non all'incredulità.

Ottava Conclusione. Fu dovuto alle grandi strade delle legioni, all'uniformità della lingua, ed all'unione delle Province sotto un solo Monarca; nel rimanente il Cristianesimo non incontrò alcuno degli ostacoli, che sogliono impedire l'introduzione di una Religione straniera in lontani paesi. Qui l'Autore ha superato se stesso; e noi non vogliamo togliere ad alcuno il piacere d'ammirarlo.