che cangia il viso, ma non l'età.
Con questa barba la Giovinezza
piglia un aspetto d'innocuità.
Di sotto il pelo bianco
io giovine sarò,
chè nulla ho in me di stanco
e vecchio il cor non ho.
(dal finestrino, porgendo ad Arunto prima il mantello nero, poi il suo lungo bastone.)
Ecco il mantello della Vecchiezza
che cela l'uomo dal capo a piè;
ecco il bastone della stanchezza
di chi nel cuore vecchio non è.
Sotto il mantello nero
io mi nasconderò
e sempre quello che ero
e quel che son sarò.
T'ho dato, credimi,
tutto me stesso…
Te ne ringrazio!
Parla sommesso…
D'essere innocuo
per poco io cesso.
Vecchio decrepito
io sono adesso!
Di sotto il pelo bianco
io giovine sarò,
chè nulla ho in me di stanco
e vecchio il cor non ho.
Che l'apparenza inganni,
è antica verità.
Ed egli, ne' miei panni,
le ingenue ingannerà.
(si mette a sedere, tutto raggomitolato, presso il tugurio, fingendo d'essere Fleno.)
È l'alma affranta,
è vuoto il cuore,
la vita è infranta,
il mondo muore.
(Si avanzano con la solita lentezza, nel solito atteggiamento di languore.)
Coraggio, Arunto,
non disperare.
Se non sei giunto
non ti fermare.
Per chi dispera
tutto è rovina!
Cammina e spera,
spera e cammina.
(sentendo il canto delle Disilluse e vedendole venire)
Ah! eccole… (Dopo una pausa, parla alle Fanciulle, imitando la voce di Fleno) La pace sia con voi!
Grazie, buon vecchio. La pace è con noi.
Che splendida creatura!
Mi sembri inquieto. Che fai?
La figura di uno stranissimo mago m'è apparsa or ora. M'ha parlato di voi, ed è sparito.
E che t'ha detto?
M'ha data questa borsa (mostrandola), dicendo che contiene dei doni per tutte voi. E io gli ho promesso di consegnarveli: non ho saputo dir di no…
Dei doni!..
Dei doni!..
E che saranno? Che saranno?..
Chi sa! A vederli, sono degli involtini eleganti… Conterranno qualche… qualche gingillo, qualche sorpresa. Potrebbero essere dei pegni d'affetto, per esempio, come quelli che si offrono… in occasione delle promesse di nozze…
Nozze?!.. Mai! Mai! Mai!
Non vi spaventate… Ho voluto sperimentarvi. Il mago m'ha detto… che soltanto le fanciulle irremovibili nel loro proposito sarebbero degne del suo dono. Sicchè, ora che sono sicuro delle vostre intenzioni, posso adempiere il mio compito.
Date… date qua… date qua… date qua…
Alla mia divina interlocutrice non glielo do, perchè a lei spero di provvedere… personalmente. (Rivolgendosi alle Fanciulle e distribuendo gl'involti)A voi… A voi… A voi… A voi… A voi…
(quando è finita la distribuzione, è assai scontenta di non aver ricevuto niente, e resta imbronciata, quasi con le lagrime.)
(osserva e finge) Oh! Ne ho perduto uno!.. (A Clea) Sono dolentissimo, ma…
(dopo avere disfatto l'involtino, guardano con meraviglia e con gioia mal celata ciò che vi hanno trovato dentro: cioè un ritratto e una lettera.)(Esclamano:) Un ritratto! (Poi, entusiasmandosi)Il ritratto d'un giovane!..
E lì… che cos'è scritto? Leggete!
(con crescente entusiasmo) Una lettera!.. (L'aprono e leggono:)
«Io vi scrivo, damigella,
per offrirvi la mia mano.
So che siete tanto bella,
ch'io son ricco è noto; ma…
se un pochino non m'invita
il cuor vostro, tutto è vano,
che non bastano alla vita
di due sposi oro e beltà.
(Il loro volto s'irradia. Esse, commosse, leggono e rileggono la lettera, guardano il ritratto e si guardano tra loro con un misto di riluttanza e di contentezza.)
(notando il loro mutamento, tra sè) Lo dicevo io!.. Il mezzo è sicuro! (Alle fanciulle, con circospezione)E se vi dicessi che a ognuno di questi ritratti corrisponde un originale e a ognuna di queste lettere un po' di vero amore, fareste il sagrifizio di… rimpa…tria… re?
(con ostentazione) Eh… Per non essere troppo sgarbate…
(non potendone più) E a me?
(tra sè) Ora posso rivelarmi, che esse, in fede mia, non si dilegueranno. (A Clea, lasciando cadere di dosso il mantello e buttando via la barba)La mia lettera è scritta qui (indica il suo cuore)e il mio ritratto è questo, (indica il suo viso).
(sussultando di giubilo) Come?! Tu non sei il vecchio romito?..
Ooooh!..
Arunto mi chiamo!
(in un sommesso mormorio, fanno l'eco:) Amo… amo… amo… (Indi, contemplando il ritratto e la lettera che hanno tra le mani, si fermano qua e là, formando gruppi pittoreschi.)
Solo vincere e regnare
vagheggiai con voluttà:
eran le speranze care
della mia ingenuità.
Non fui mai corteggiatore
delle donne. Sai perchè?
Non mai vidi lo splendore
che rifulger vedo in te!
Solo vivere d'oblio
vagheggiai con voluttà.
Dissi al povero cor mio:
fuggi il mondo, fuggi, va.
Dell'amore io diffidai…
Ne ignoravo le virtù,
chè nessun mi parlò mai
come adesso parli tu.
Io, guardandoti gli occhioni,
vedo aprire un usciolino:
il mio amore, ginocchioni,
vuole entrarci, ma… prestino.
Entri pure questo amore:
l'usciolin s'apre per lui.
Entri e resti finchè muore…
Non son più quella che fui!
Di rinascere mi pare,
ma… non come nacqui un dì.
Io rinasco per amare
come nasce il colibrì.
Esso al nido sa portare
miele e amore: zuì zuì zuì…
Di rinascere mi pare,
ma… non come nacqui un dì.
(intanto, continuano a contemplare il ritratto e a rileggere la lettera.)
«Io vi scrivo, damigella,
per offrirvi la mia mano.
So che siete tanto bella,
ch'io son ricco è noto; ma…
se un pochino non m'invita
il cuor vostro, tutto è vano,
chè non bastano alla vita
di due sposi oro e beltà.»
(Ognuna da sè, con ostentata ingenuità)
Offrire la mano?
Che mai vorrà dire?
O Dio! Com'è strano!..
Mi par d'arrossire!
Mi sento l'anima