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Il diritto di vivere: Dramma in tre atti

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SCENA VI

MICHELE e MADDALENA
Maddalena

(Resta incerta, come intontita, girando un po' gli sguardi intorno. Indi, ricordando l'incarico datole da Antonio, lentissimamente apre la valigetta e ne toglie la biancheria.)

(Un lungo silenzio.)
Michele

(seduto, evitando gli sguardi di Maddalena e cercando di parlare con voce calma) Guarda che nel baule ci devono essere quelle camìce e quel soprabito di cui t'ho parlato.

Maddalena

(inginocchiandosi presso il baule, lo apre.)

Michele

Ci sono?

Maddalena

Sì. (Prende la roba e, con garbo, la mette nella valigia.)

Michele

Ce l'hai tu la chiave del baule?

Maddalena

Io non ce l'ho.

Michele

Che ci stia dentro?

Maddalena

(guardando) No. Si sarà dispersa.

Michele

Si dovrà provvedere domani mattina.

Maddalena

(ancora intenta alla bisogna) A che ora dovremo imbarcarci?

Michele

Verso le undici sarà bene trovarci a bordo.

Maddalena

Non c'è proprio speranza che egli s'imbarchi con noi?

Michele

Da capo!..

Maddalena

No, no, sto zitta.

Michele

Antonio, non è uno strampalato.

Maddalena

No, certamente.

Michele

Ha il suo programma, e sa quello che fa e quello che vuole.

Maddalena

Chi lo nega?

Michele

E se si comincia a lavorare di fantasia, capirai!..

Maddalena

(cavando moltissime carte dal baule) Queste carte, ce le portiamo noi?

Michele

Mettile nella sua valigia. Sono disegni, statistiche, progetti… Gli potranno servire. C'entra tutto?

Maddalena

Sì: la biancheria è poca. (Nella valigia sgangherata e sporca ripone, accuratamente, le carte.) Fortuna che un mese passa presto!

Michele

E fossero anche due mesi!..

Maddalena

Ciò che mi spaventa è l'enorme lontananza.

Michele

Al giorno d'oggi, non ci sono più lontananze enormi. Il mondo è diventato così piccolo! Già, lo stesso contegno di lui dovrebbe bastare a darti animo.

(Breve pausa.)
Maddalena

L'America, del resto, era il suo sogno dorato.

Michele

E il tuo, no?

Maddalena

(che ha terminato di fare la valigia) Se non fosse per questa partenza a precipizio e per il pensiero di lasciare lui in Italia, io non saprei desiderare di meglio. (Rianimandosi) Ci pensate voi, papà Michele? Romperla col passato! Quasi rinascere! Ricominciare a costruirsi una vita con altre abitudini, con altre idee, con altre leggi, con un altro linguaggio!

Michele

(si sforza di sorridere.)

Maddalena

La lingua inglese, papà Michele, ve la insegno io. Petruccio e voi sarete i miei scolaretti!

Michele

E quello che verrà fuori…?

Maddalena

Che che! Quello lì lo faccio nascere addirittura americano, e non avrà tanti impicci!

SCENA VII

MADDALENA, MICHELE, ANTONIO, la voce di PETRUCCIO
Antonio

(rientra, e resta presso l'uscio, ascoltando con profonda tristezza.)

Maddalena

(che ha le spalle volte all'uscio, non lo vede e continua a parlare con papà Michele:) Ve lo immaginate voi, papà Michele, questo americanino in fasce? (Batte le mani festosamente.)

Michele

Brava, brava, Maddalena! Allegra ti voglio!

Maddalena

E io vi accontenterò. Vedrete, vedrete che sarò anch'io arzilla come Antonio. Ma, in compenso, che cosa mi promettete, voi?

Michele

(cercando più che mai di nascondere la propria fisonomia, neanche lui si accorge di Antonio) Dimmelo tu.

Maddalena

Mi promettete che riusciremo davvero ad essere un po' felici?

Michele

Eh, figliuola mia, si farà del nostro meglio!

Antonio

(avanzandosi e ripigliando il falso tono di allegria) E non lesinare tanto, chè l'avarizia è peccato mortale!

Maddalena

(andando a lui) E tu non mi prometti niente?

Antonio

È fatta sì o no questa valigia, chiacchierona?

Maddalena

Sì, è fatta. E c'è anche il soprabito!

Antonio

Quale?

Maddalena

(pigliandolo dalla valigia) Questo.

Antonio

Oh, chi si rivede! Non era pegnorato?

Maddalena

(spolverandolo con le mani) Papà Michele lo mise in salvo.

Antonio

E càpita giusto. Stanotte farà un po' freschino, in treno. Dammi, dammi, che me lo infilo.

Maddalena

Ti riscaldi troppo, adesso. Quando uscirai…

Antonio

Eh, ma ci siamo.

Maddalena

Di già?

Antonio

(prendendo il soprabito) Presto, presto! (E se lo infila.)

Maddalena

Che fretta!

Antonio

Se credi che il treno faccia il comodo nostro…

Maddalena

Appena giunti, telegraferemo; ma dove?

Antonio

A Napoli, fermo in posta.

Michele

(in un canto, ora piange silenziosamente.)

Maddalena

E tu scriverai sùbito…

Antonio

Scriverò sùbito, s'intende. Indirizzerò le lettere a Luciano Fiorentini. Il babbo sa tutto, e ti dirà tutto.

Maddalena

(aggrappandosi al collo di lui) Abbracciami forte.

Antonio

Sì, Maddalena, (abbracciandola energicamente) tanto forte da sentire come se nulla al mondo potesse distaccarci. E io l'ho sempre pensato, Maddalena, di non separarci mai, mai, fino alla morte; l'ho sempre voluto, e lo voglio ancora… perchè ti ho amata ogni giorno di più, sai, e, ogni giorno, ogni giorno, si è più stretta a te questa mia povera esistenza.

Maddalena

Sono la tua piccina?

Antonio

Sì! la mia piccina, la mia piccina… (La bacia e la ribacia intensamente commosso. Poi, chiamando Michele:) E tu, vecchio? Vieni qua!..

Michele

(gli si accosta.)

Antonio

(abbracciando Michele e Maddalena e tenendoseli serrati al petto) Così, così, tutti e tre insieme… Insieme anche da lontano, non è vero? Coraggiosamente, fedelmente insieme! (Le guance gli si rigano di qualche lagrima. Con uno sforzo supremo, si frena.) Oh oh, dimenticavo la multa! Ci facevo una bella figura! Animo! È tardi! Via, via, a grande velocità! (Si distacca e piglia il cappello.)

La voce di Petruccio

(di dentro) Babbo, non me lo dài un altro bacino?

Antonio

(si ferma di botto) Eh… mi pare che abbia ragione, lui! Gli ho ordinato di non muoversi dal letto, e, difatti, non s'è mosso. Un altro bacino se lo merita. (Gridando) Un momento, galantuomo, un momento e sono da voi (a Michele.) Intanto, tu, vecchio, vammi a prendere una carrozza… altrimenti resto a terra. (Lo spinge fuori.)

Michele

(esce dal fondo.)

Maddalena

E io ti porto giù la valigia. (La prende.)

Antonio

Bel pretesto per rubarmi qualche altro minuto in portineria!

Maddalena

(uscendo con la valigia) Attento, papà Michele, che c'è buio.

Antonio

(all'uscio in fondo) Ohè! Una carrozza elegante ha da essere… Viaggio da principe, ormai, e me ne infischio!

La voce di Michele

(dalle scale) Ho capito, ho capito!

Antonio

(resta finalmente solo, e il pianto lo vince. Gli occhi riboccano di lagrime, I singhiozzi gli rompono il petto. Appoggiando il dorso allo stipite della porta, si copre la faccia con le mani.)

La voce di Petruccio

Babbo, non vieni?

Antonio

(dominandosi) Sì, Petruccio… Vengo, vengo. (Attraversa la camera, ed entra a destra.)

(Sipario.)

ATTO TERZO

Una bettola a Borgo Loreto. Tavole bisunte, panche e seggiole rozze e sciancate. A una delle pareti affumicate si scorge appena il profilo d'un pulcinella beone ingenuamente disegnato con in mano una guastada di vino, e si distingue meglio il biancore della sua camicia abbondante. Accanto a lui, si scorgono anche i resti d'un don Nicola con il cappello a tre punte, con un colletto che ha la forma di due vele riunite e con la giubba a coda di rondine. È sera. Qualche lanternone polveroso illumina pallidamente l'interno della bettola. Ma una luce un po' più vivida si diffonde da lumi a petrolio che sono sul banco di vendita, il quale si stende parallelo alla parete destra. Su questo banco, sono cataste di piatti e bicchieri e forchette e coltelli e, a un capo di esso, si erge una grande spira di ferro tutta fornita di punteruoli verticali, che, ficcati nelle bocche delle vuote guastade di ogni dimensione, le tengono ritte con le pance in su. Una porta spalancata, in fondo, dà sulla strada, di tanto in tanto attraversata da popolani e da venditori ambulanti di frutta, di lumache, di lupini. Presso la porta, su certe scansie digradanti a mo' di scaletta, è la mostra di formaggi, di uova, di erbe mangerecce, di polpi, di aringhe. In un angolo, dietro il banco, un fornello con qualche pignatta. La volta del soffitto, nella penombra, par che pesi sull'aria malsana.

 

SCENA I

PASQUALE bettoliere, LAROSSA, PANUNZIO, MAGLIUOLO, il MORO, RAFFAELE, FILOMENA, poi, due CEFFI senza nome

(Seduti presso una tavola piccola, Raffaele e Filomena cenano. In fondo, Larossa e Panunzio, a cavalcioni d'una panca, giuocano alla morra1. Il bettoliere è in faccende dietro il banco. Magliuolo è solo, accasciato, su una sedia. Il Moro, in piedi, lo contempla.)

Larossa e Panunzio
(simultaneamente – con un grido secco)

Sette! Cinque! Otto! Sei!

Cinque! Quattro! Nove! Nove!

Larossa

(che ha perduto, paga un gruzzolo di soldi.) Piglia. Un'altra mezza lira?

Panunzio

Ah, no. Aspetta.

Magliuolo

(con gli occhi imbambolati, la testa penzolante sul petto, brontola una funebre cantilena:) Lo lò, lollorò… Lo lò, lollorò… Lo lò, lollorò…

Il Moro

(scrolla il capo, compassionevolmente.)

Raffaele

Don Pasqualino, scusate, portateci delle noci. Ma quelle di Sorrento, eh?

Pasquale

Sissignore.

Filomena

(facendo la schizzinosa) Ma no, non c'è bisogno…

Raffaele

Con me, i complimenti ce li perdete.

Larossa e Panunzio
(giocando) (insieme)

Dieci! Quattro! Tre! Tre! Due!

Dieci! Otto! Sette! Sette! Tre!

Panunzio

(sguaiatamente ride perchè ha ancora vinto.) Ah! ah! ah!

Pasquale

(serve le noci.)

Raffaele

(a Pasquale:) E fateci questo conto.

Pasquale

Undici soldi i polpi, otto soldi la frittata e sono diciannove, quattro di formaggio e sono ventitre, quattordici di vino… e sono trentasette, quattro soldi di pane e noci e sarebbero quarantuno: fate giusto due lire.

Raffaele

(cava pomposamente di tasca il portafogli e vi cerca la moneta.)

Magliuolo

Lo lò, lollorò… Lo lò, lollorò…

Raffaele

(a Pasquale:) Mi dovreste cambiare una carta da venticinque.

Pasquale

Ma non c'è fretta… Vi pare!

Raffaele

Mi fate credito?

Pasquale

A voi?! Mi dispiace che è cosa da niente.

Raffaele

Voi siete un uomo che capite.

Larossa

(piano, a Panunzio:) Credi a me, quella è la moglie del gobbo.

Panunzio

E lui?

Larossa

È Raffaele il butterato, quel cocchiere di Porta Nolana che dà il danaro ad interesse.

Panunzio

Ah?

Il Moro

(a Magliuolo:) Volete che vi accompagni io a casa, don Saverio? Al vino non ci eravate abituato. Siete ubbriaco fradicio. Che ci state a fare, qui?

Magliuolo

A casa non ci vado. C'è la morta con le candele!

Il Moro

Ma no, no, non c'è più, da una settimana non c'è più.

Magliuolo

Lo lò, lollorò… (E resta immobile, come in un letargo.)

(Entrano due Ceffi misteriosi – e siedono presso una piccola tavola; – vi battono sopra col bastone per chiamare il bettoliere.)

Pasquale

(avvicinandosi ad essi) Comandate.

1º Ceffo

Un mazzo di carte e due quintini.

Pasquale

(esegue.)

(I due si dispongono a giocare alla scopa, interrogando il mazzo per sapere chi debba far carte.)(Uno di essi getta a terra un mozzicone di sigaro.)(Un monello scalzo e cencioso entra carponi, come uno scoiattolo, afferra il mozzicone, e scappa.)

Larossa

Coraggio, Panunzio! La pace di tutto quello che mi hai vinto?

Panunzio

Ci sto.

Il Moro

(s'avvicina ai giuocatori della morra.)

Larossa e Panunzio
(giuocando) (insieme)

Sette! Quattro!

Dieci! Nove!

(Panunzio vince.)
Larossa

Ah, maledetta la sorte! (E, con mal garbo, paga.)

Filomena

(a Raffaele:) Lo sapete che di sera non ci posso venire. Domani mattina vi contento.

Raffaele

E se mi mancate?

Filomena

Per quanto voglio bene ai figli miei, v'ho detto di venire e ci vengo!

Raffaele

(con cupidigia:) Che occhi assassini!

1º Ceffo

(piano, all'altro:) Guarda se quei quattro sono segnati nella lista dei perquisiti di ieri.

2º Ceffo

Sarebbero?

1º Ceffo

(pianissimo) Larossa Giuseppe, Panunzio Lorenzo, Stile Salvatore, soprannominato il Moro, e Magliuolo Saverio, già componenti della Cooperativa di quel tale Antonio Altieri e oggi operai dell'opificio Salviati.

Il Moro

(a Panunzio che lo invita e che lo stuzzica:) E dàgli! Non voglio giocare. Hai capito?

Panunzio

Ti sei fatto santo?

Il Moro

Eh! Può essere!..

2º Ceffo

(al 1º Ceffo, dopo aver consultato un taccuino:) Sì, tutti perquisiti ieri.

1º Ceffo

(più forte, prendendo il mazzo e mischiando) Dunque, facciamo doppia e tripla?

2º Ceffo

Doppia e tripla.

SCENA II

MARTINO e detti
Martino

(entra con la pipa in bocca. Vedendo la moglie con Raffaele s'imbarazza e quasi vorrebbe svignarsela, fingendo di non averla vista.)

Filomena

(con un poco di paura, a Raffaele:) Uh! Mio marito!..

Raffaele

E che fa? (a Martino, subito:) Qua, qua, amicone bello.

Martino

(ostentando sarcasmo) Prosit! (E si accosta.)

Il Moro

(a Panunzio e a Larossa:) Ora succede il finimondo!

Panunzio

Non succede niente. Il gobbo ci ha fatto il callo. (Accenna al capo.)

Raffaele

(a Martino:) Se venivate, un poco prima…

Filomena

… Già, se venivi un poco prima…

Martino

Tu, a casa! (Piglia Filomena per un braccio e la costringe ad alzarsi.)

Filomena

È stato lui che m'ha invitata…

Martino

(sempre tenendola) A casa!

Filomena

Eh, mi fai male!

Martino

Le hai lasciate sole quelle cinque anime dannate?

Filomena

Ho chiuso la porta con la chiave.

Martino

(spingendola fuori) A casa! A casa!

Filomena

(svincolandosi, va via.)

Raffaele

(a Martino, con supremazia:) Mi pare che questa non sia la maniera di…

Martino

(sforzandosi di mostrarsi risentito) Di che?

Il Moro

(a Martino, come per evitare una baruffa:) È cosa di poco momento. Non vale la pena di andare in collera.

Martino

Intrigatevi dei guai vostri, voi!

Raffaele

(a Martino, continuando:) Insomma, donna Filomena stava con me, e… io vi ho voluto sempre bene…

Martino

(umile) Mi avete voluto sempre bene, e questo lo so… Invitate mia moglie a cena, e io… onore e piacere. Non dico che… ma… mi spiego? Qua sta il busillis… La gente sparla, e…

Raffaele

E lasciate che sparli. Quando la coscienza è pulita! (Offrendo) Un mezzo toscano?

Martino

Se me ne date uno intero, mi fate grazia.

Panunzio

(piano a Larossa e al Moro:) Lo vedete che si acconciano.

Raffaele

(dando a Martino un sigaro intero) Servito.

Martino

Gentilezza sempre. (Prende il sigaro e si allontana.)

Magliuolo

(in dormiveglia) Lo lò, lollorò… Lo lò, lollorò…

Raffaele

(a Magliuolo, scuotendolo brutalmente:) Non cantate, che v'ho da parlare.

Magliuolo

A me?

Raffaele

A voi.

Magliuolo

(ricade nel letargo.)

2º Ceffo

(piano, al 1º:) Il gobbo non c'è nella lista dei perquisiti…

1º Ceffo

E non ci deve essere. Il gobbo è roba nostra: persona onesta.

Raffaele

(a Magliuolo:) Svegliatevi, don coso! La settimana è passata.

Magliuolo

Ah?

Raffaele

È passata, è passata, se il calendario non sbaglia. Spicciamoci almeno con gl'interessi.

Magliuolo

(brontolando) Ho fatto i funerali a mia moglie. Era vecchia, ma… cristallo puro!.. Funerali bellissimi! Non ho più niente.

Raffaele

Ma per bere ce li avete i danari?

Magliuolo

Per bere, sì.

Il Moro

(con cortesia, a Raffaele:) Saverio Magliuolo è stato sempre puntuale.

Magliuolo

Ora basta! Puntuale, mai più!

Il Moro

(a Raffaele:) Non gli date retta. Vedrete che domani…

Raffaele

(interrompendo con burbanza tranquillamente minacciosa) Be', ma si può sapere chi siete voi che ogni tanto vi incomodate per fatti che non vi riguardano?

Martino

(traendo a sè Raffaele) Va bene, non ci badate: non è gente per voi… (E gli si mette al braccio.)

Il Moro

(si gratta in testa in segno di prudenza e si scosta.)

1Il giuoco della morra è così: I due avversari stringono il pugno della mano destra, e poi, con una vibrazione del braccio, stendono quante dita vogliono e pronunziano, simultaneamente, un numero da due a dieci. Chi per caso ha indovinato la somma dei due numeri indicati dalle dita stese da ciascuno, è il vincitore.