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Una Ragione per Uccidere

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Aus der Reihe: Un Mistero di Avery Black #1
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CAPITOLO VENTOTTO

Avery prese la Route 20 fino a Waltham County. Fu un viaggio lento.

Ogni chilometro circa dovette fermarsi a un semaforo.

Jessica Givens non rispondeva a telefono. Dopo la quarta chiamata, si rese conto che doveva essere il suo numero del lavoro. Lasciò un messaggio e chiamò l’operatore.

“Salve,” disse, “ho bisogno del numero di Jessica Givens di Waltham.”

“Abbiamo dieci Givens a Waltham,” disse l’operatore. “Sa dove vive?”

“No.”

Una segreteria telefonica le rispose nell’ufficio del rettore.

Avery guidò sulla South Street direttamente dentro la Brandeis. Le ci volle un po’ per capire dove parcheggiare.

La Brandeis era uno dei primi dieci istituti finanziari del paese. Il campus centrale era composto da una serie di strade tortuose su una grande collina, ed era incredibilmente difficile da navigare e attraversare a piedi. Un gran numero di edifici di mattoni dall’aspetto antico costellava la proprietà, che era occasionalmente punteggiata da un castello di pietra o una struttura moderna in vetro dall’architettura eccentrica. Dopo aver parcheggiato, attraversò alcuni sentieri tranquilli e domandò a chiunque superasse dove poteva trovare l’archivio. Alla fine fu indirizzata a un piccolo edificio che era quasi completamente vuoto. Una singola persona lavorava al bancone all’interno.

“Siamo chiusi,” disse.

Avery mostrò il distintivo.

“Mi chiamo Avery Black. Sto cercando Jessica Givens. So che è una consulente scolastica che lavora da qualche parte qui al campus.”

Un sorriso molto caloroso e amichevole la salutò.

“Ehiiii,” esclamò lui. “Tu sei Avery Black. Dai la caccia ai serial killer, giusto? Figo.”

“Non c’è niente di figo nei serial killer.”

“No, no,” fece marcia indietro. “Certo che no. Non intendevo il serial killer. Volevo dire tu. Sei su tutti i notiziari. So chi sei. La stampa ti sta crocifiggendo.”

“Sono sorpresa che parlino ancora di me.”

“Sì” sorrise. “Sei gnocca.”

Quelle parole sembrarono sfuggirgli, e quando si rese conto di averle detto ad alta voce, impallidì e arrossì e cercò di rimangiarsele.

“Mi dispiace. Non è stato affatto professionale. Io…”

“Va tutto bene.” Lei flirtò con il suo sorriso migliore. “Sul serio.”

“Davvero?”

“Sicuro.” Annuì e si chinò verso di lui. “Davvero. Puoi aiutami?”

“Certo, certo. Sei fortunata che sia ancora qui. A quest’ora avrei già dovuto finire. Vediamo,” pensò e controllò al computer. “Che cosa ti serve?”

“Il numero di telefono e l’indirizzo di casa di Jessica Givens.”

Lui la guardò da sopra lo schermo. Una ciocca di capelli neri e mossi gli copriva un occhio. Era giovane, probabilmente sulla ventina.

“Sai, non dovrei dare informazioni personali.”

Avery si avvicinò ancora di più.

“Come ti chiami?” sussurrò.

“Buck.”

“Buck,” disse lei a fior di labbra, e poi abbassò la voce e guardò da entrambi i lati, come se qualcuno li stesse osservando in segreto.

“Sto per trovare l’assassino, Buck. Jessica Givens ha delle informazioni che potrebbero aiutarmi.”

All’improvviso lui sembrò preoccupato.

“Ha attaccato qualcuno qui? Pensavo che fosse successo solo ad Harvard e al MIT.”

“Diciamo solo che nessuno è al sicuro, Buck. Ogni ragazza del college è un obiettivo. Ma Jessica Givens,” ribadì e indicò verso la porta, “sa qualcosa. Qualcosa di importante. Un’informazione che potrebbe risolvere tutto il caso. Non posso fidarmi di nessun altro. Sono da sola, qui. Mi puoi aiutare? Solo tra me e te. Nessun altro deve saperlo.”

“Merda,” sussurrò il ragazzo. “Certo,” disse. “Certo, se è così importante, va bene,” si fece animo, determinato, e le diede ciò che le serviva.

“Grazie,” disse lei. “Spero che tu ti renda conto che potresti avermi aiutato a catturare l’assassino.”

“Davvero?”

“Davvero,” bisbigliò Avery con la sua voce più seducente.

Portò un dito alle labbra.

“Ricorda, è il nostro segreto.”

“Assolutamente,” confermò Buck. “Solo tra di noi.”

Avery indietreggiò silenziosamente e scivolò fuori dalla porta. Nell’istante in cui il sole le colpì il volto, fece il numero che le era stato dato.

“Pronto?” rispose qualcuno.

“Parlo con Jessica Givens?”

“Sì. Chi è?”

“Salve Jessica, mi chiamo Avery Black. Sono una degli investigatori sul caso di Molly Green. So che ha già parlato con Talbot Diggins?”

“Come ha avuto questo numero?”

“È lei la consulente con cui il detective Diggins ha parlato a proposito di Molly Green?”

“Sì, sono io. Ma questa è una linea privata. Al momento sono con la mia famiglia.”

“Molly Green è morta, signora Givens. Stiamo cercando di trovare il suo assassino. Le ruberò solo un secondo. Ha detto che la vittima era stressata a proposito dei suoi colloqui di lavoro, giusto?”

“È giusto.”

“Come ha risolto il problema?”

“Ha ricevuto un’offerta di lavoro da uno studio contabile, un mese fa.”

Uno studio contabile, pensò Avery.

Cindy Jenkins era stata assunta da uno studio contabile.

“Si ricorda il nome?”

“Certo,” rispose Jessica. “è uno degli studi più grandi di Boston. Sono stata sorpresa che l’avessero assunta. La sua performance accademica non era pari a quella di altri studenti che hanno fatto richiesta alla stessa azienda. Era la Devante. La Devante Accounting in Boston financial.”

CAPITOLO VENTINOVE

Appena dopo il tramonto sul Bentley University Campus a Waltham, l’assassino lasciò l’auto in un parcheggio a nord di College Drive e si diresse a piedi verso sud, sul marciapiede.

Una sensazione di disagio gli agitava lo stomaco.

Era a caccia della sua quarta vittima, e tuttavia quella era un’attività completamente inaspettata.

Mesi prima di cominciare a pianificare la sua prima uccisione umana, era stato rassicurato dalla voce dello Spirito Universale, che lo aveva guidato in ogni singola fase dell’operazione, che tre era il numero di ragazze necessarie: tre uccisioni per aprire le porte del cielo.

Il cambiamento radicale era avvenuto durante l’abbandono di Molly Green.

Mentre il killer stava guidando verso il luogo prestabilito per il suo posizionamento a Belmont, un luogo che era stato certo avrebbe compiaciuto lo Spirito Universale, una voce furiosa gli aveva gridato nella mente: Ancora. Doveva essere un errore, ne era certo. Lo Spirito Universale aveva bisogno solo di tre ragazze. Ancora, aveva ripetuto la voce, ancora e ancora. Preoccupato, sudato e insicuro di sé, il killer aveva capito di dover modificare il luogo dell’abbandono di Molly Green, in risposta a quel cambiamento. In preda al panico, e lui non si lasciava mai prendere dal panico, aveva perlustrato Belmont ed era stato tanto fortunato da trovare un parchetto per bambini con un murale che avrebbe quantomeno rimandato al futuro e compiaciuto il suo dio.

Lui, invece, non era stato compiaciuto.

Una nuova ragazza significava non solo una, ma molte di più, una fornitura apparentemente senza fine.

Lui aveva altri interessi, altri desideri. Gli animali, per esempio. La sua passione per raccogliere animali dalla strada. Gli piacevano i gatti, e una volta un pipistrello ferito era persino finito dentro casa sua, una creatura che aveva amato e di cui si era occupato prima che gli fosse donata l’immortalità.

La botanica era un altro suo hobby. Nei mesi precedenti non si era concesso alcun momento per aumentare le sue miscele e per provarle su soggetti animali vivi. Tutto era stato per lo Spirito Universale, un dio che era diventato una presenza crescente nella sua vita.

Ancora più ragazze… pensò.

Ancora…

La sua ricompensa per la trinità avrebbe dovuto essere l’immortalità in forma umana, e un posto in cielo insieme agli altri esseri celesti. Ma in quel momento non si sentiva immortale, in effetti si sentiva febbricitante ed estremamente emotivo. Quel nuovo gioco, quel nuovo piano, andava contro i suoi più profondi desideri, e lui iniziò a pensare idee crudeli sullo Spirito Universale.

In alto nel cielo, il volto del suo dio si accigliò e un eco tonante sembrò scuotere la terra stessa: Ancora!

Sì, lo so, gridò mentalmente l’assassino verso il cielo. Ancora! Non vedi che sono qui? Che la sto guardando? So dove è. Il piano è pronto. La collocazione è stata decisa. Tutto è sotto controllo! assicurò allo Spirito Universale. Solo lui non si sentiva sotto controllo.

A differenza delle altre uccisioni, dove era stato imperioso, dove aveva sentito la protezione dello Spirito Universale, al punto che se avesse ucciso qualcuno in pubblico, alla luce del sole, nessuno lo avrebbe notato, in quel momento gli sembrava che ogni sguardo fosse su di lui.

Fuori dal parcheggio c’era un grande prato.

Era stato eretto lo schermo di un cinema.

Era la Saturday Night Movie Night a Bentley, e il film classico in visione era il capolavoro in bianco e nero Casablanca.

Centinaia di individui, coppie e gruppi di studenti erano stese sul prato per guardare il film. Alcuni erano sopra delle coperte, altri su delle sedie. I più sfacciati tra di loro avevano portato vino e birra all’evento.

Lui aveva con sé una coperta e gli occhiali da sole.

Il suo obiettivo? Una ragazza dell’ultimo anno di nome Wanda Voles. La missione di ricognizione della sera precedente lo aveva informato della sua destinazione di quella notte. Apparentemente ai ferri corti con il suo ragazzo, aveva deciso di andare al cinema e stare un po’ sola. I suoi amici l’avevano supplicata di non passare un prezioso sabato sera a un evento tanto noioso, ma Wanda era stata irremovibile. “Casablanca è tipo, il mio film preferito,” aveva detto ai presenti.

 

Lui aveva scelto quella notte per diverse ragioni. Una delle principali era che in fondo sperava che non si sarebbe fatta vedere. Il pensiero era stato blasfemo e tuttavia innegabile. “Non voglio farlo! Non voglio farlo!” aveva urlato. Lo Spirito Universale si era rifiutato di ascoltarlo. Il dolore gli aveva squassato il corpo in quell’istante.

Quella sera si stava muovendo ai margini della grande folla. Di tanto in tanto, alzava lo sguardo per vedere Humphrey Bogart e Ingrid Bergman che si abbracciavano o litigavano.

Wanda sedeva all’estremità ovest del prato, da sola ma circondata da altri studenti.

Lui scelse un punto circa venti metri dietro di lei. Il dormitorio di Wanda, lo sapeva, era a dieci minuti a piedi verso est, attraverso il parcheggio e dopo diverse stradine tortuose e strette dove avrebbero potuto essere da soli.

Sulla sua coperta, il killer finse di guardare il film.

Non farlo, strillò la sua mente. Non farlo!

Devo farlo, ringhiò in risposta.

Il dolore allo stomaco, come se una mano si fosse improvvisamente chiusa in un pugno, lo costrinsero a piegarsi in avanti. Lo Spirito Universale gli riempì la mente. Ancora! urlò il dio. Ancora! Ancora! ANCORA!

Lo so, supplicò lui. Mi dispiace.

Non riuscì a trovare alcuna gioia nel film. Ogni scena climatica gli ricordava la disperata urgenza della sua situazione, e la gente ovunque, e il suo senso di colpa. Era sbagliato, tutto sbagliato, e non poteva dirlo ad alta voce; non poteva neppure pensarlo.

Quando apparvero i titoli di coda, Wanda Voles raccolse la sua coperta e gli oggetti personali e si diresse verso casa. Molti degli studenti rimasero sul prato. Baci e risate riempivano l’erba. Lungo i margini erano in corso numerosi esodi in miniatura. Qualche persona camminò accanto a Wanda.

Si alzò solo qualche secondo dopo il passaggio della ragazza e la seguì fuori. Solo un altro studente come tanti, si disse. Menzogne, gridò la sua mente. Smettila! lottò lui. Ancora! ruggì lo Spirito Universale. L’ordine lo scosse e risuonò nel suo essere. Alle persone accanto a lui sembrò un brivido epilettico.

Calmati, pensò.

Seguì Wanda attraverso il parcheggio. Lei passò accanto alla macchina dell’assassino. Qualche gruppo di studenti andava nella sua stessa direzione, solo erano più distanti.

Da sola. pensò. È da sola. Ora!

Non c’erano gioia, facilità e investimento personale. Il potere dello Spirito Universale lo aveva lasciato. E tuttavia doveva andare avanti. Come sempre, lo Spirito guardava e aspettava.

Wanda era tre metri davanti a lui. Iniziò a canticchiare una canzone.

Il suo stratagemma era pronto. L’avrebbe salutata, avrebbe finto di essere andato a vedere il film con sua figlia e poi si sarebbe lamentato della ruota dell’auto. Lei si sarebbe abbassata per aiutarlo a controllare la pressione e allora sarebbe stato posizionato l’ago. Nessun trambusto. Niente testimoni. Solo una ragazza che svaniva in un parcheggio.

Un metro e mezzo dietro di lei.

Preparò l’ago.

Poco più di un metro e lei stava per arrivare a un’altra fila di auto.

Davanti a Wanda, uno studente sbucò di colpo da dietro una macchina.

“Buh!” urlò con le braccia alzate.

Wanda indietreggiò di scatto per la paura.

Lui si voltò immediatamente e si incamminò nella direzione perpendicolare. Alle sue spalle, sentiva il ragazzo che rideva. “Ti ho beccata!” Wanda gridò a sua volta: “Mi hai spaventata a morte!” “Mi dispiace, mi dispiace,” si scusò lui, “Ma è stato troppo bello! Ti ho vista arrivare e ho dovuto farlo. Che cosa hai in programma? È troppo presto per…”

La loro conversazione si affievolì in lontananza.

Il sollievo lo riempì, un disperato sollievo per essere stato salvato dal suo crimine. Non era giusto, si disse. Lo sapevo che non era giusto. Devo riflettere. Devo riorganizzarmi. Non preoccuparti. Non preoccuparti, placò il suo dio. Andrà tutto bene. Te lo prometto.

Sopra di lui, lo Spirito Universale ringhiò la sua disapprovazione.

CAPITOLO TRENTA

Una qualità sognante e surreale aveva preso il controllo di Avery Black.

Non aveva alcun ricordo delle sue ultime parole a Jessica Givens, né di quando aveva chiuso la telefonata, o di dove avesse messo il cellulare.

Rimase ferma nell’oscurità del campus della Brandeis. Davanti a lei c’era un immenso campo verde, una fila di alberi e le stelle. Alle sue spalle c’erano edifici di mattoni rossi illuminati da luci basse.

Calma, si disse.

Ci sei già passata prima.

Il ricordo del suo quasi-attacco a John Lang dell’Art for Life era ancora fresco nella sua mente, insieme al richiamo del capitano e il weekend lungo che le era stato dato per riflettere sulle sue azioni.

Ti hanno tolto il caso, ricordi?

Non più, rispose.

Cindy Jenkins era stata assunta dalla Devante. Molly Green era stata assunta dalla Devante. E Tabitha Mitchell?

Mentre si dirigeva verso la sua auto, Avery chiamò Finley. Il telefono squillò diverse volte prima che la segreteria telefonica le rispondesse. Mi sta evitando, pensò. Fece altre cinque telefonate. Il risultato fu sempre lo stesso. Ogni volta, Avery lasciò lo stesso messaggio, solo con maggiore urgenza:

“Finley. Abbiamo un collegamento. La Jenkins e la Green sono state assunte entrambe dallo stesso studio di Boston. Devi rispondermi. Tabitha Mitchell aveva in programma di iniziare un qualsiasi lavoro nel ultimo anno? Richiamami non appena ricevi questo messaggio.”

Avery sedette nella sua BMW e accese il computer nel cruscotto.

La Devante era una compagnia privata con sede a Boston.

Online riuscì a trovare solo informazioni generiche: il fondatore della compagnia, il presidente del consiglio di amministrazione, il direttore generale e la struttura statale.

Una rapida ricerca rivelò il vasto numero di lavori all’interno dello studio contabile vero e proprio: il personale contabile, i contabili di livello junior e senior, i manager finanziari, i revisori fiscali, i ragionieri… La lista sembrava infinita.

Chi assume le ragazze del college? si chiese. Doveva esserci un direttore delle risorse umane che teneva d’occhio i college e trovava i candidati adeguati. Quella persona probabilmente raccoglieva i curricula e distribuiva quelli promettenti alle persone responsabili di qualsiasi posizione fosse aperta nella compagnia.

Come posso scoprire chi tiene d’occhio i college e ha visto i curricula delle due ragazze?

La risposta era ovvia e complicata, data la sua recente condizione depotenziata all’interno della divisione Omicidi. Devi arrivare al presidente o al direttore generale, fu la sua conclusione. Solo loro possono concederti l’accesso alle persone giuste. Scoppiò a ridere. Ok, e questo come lo faccio? Un mandato, pensò.

Ti servirà un mandato.

I mandati erano difficili da ottenere. Era necessario un ragionevole dubbio. In quel caso, Avery era sicura che il collegamento tra le ragazze e la compagnia che contava di assumerle fosse sufficiente per un mandato. Tuttavia, un giudice avrebbe anche voluto sapere che negli uffici della Devante potevano essere trovati oggetti legati al crimine. Quello poteva essere un problema, pensò, a meno che l’affidavit non includesse anche le informazioni all’interno dei computer. Se l’assassino avesse avuto qualsiasi cosa legata al caso sul computer, lei avrebbe potuto usarla per corroborare il mandato.

Stanotte dormici sopra, si disse. Non fare un errore. Aspetta che Finley ti chiami. Tutto deve essere al posto giusto prima che tu vada dal capitano.

La sua mente gridò: Te lo puoi scordare!

Mise l’auto in moto e uscì.

CAPITOLO TRENTUNO

Sulle dieci di sera Avery entrò tranquilla nel dipartimento A1 della polizia. Il centralinista del primo piano era impegnato con un agente e una prostituta. In tutto l'ufficio, agenti in borghese si occupavano di studenti del college ubriachi e raccoglievano dichiarazioni. Sul fondo si scatenò una rissa e servirono tre poliziotti per calmare un gigantesco uomo bianco.

Il lavoro di polizia non era come gli altri.

La maggior parte degli agenti non entrava in servizio alle otto o alle nove per tornare a casa alle cinque di ogni giorno. Allo stesso modo i weekend non erano quasi mai liberi, a meno che un impiegato non avesse l’anzianità di servizio o i turni dell’intero dipartimento non fossero a rotazione. Nell'A1 tutti lavoravano a turni, turni di cinque giorni che potevano andare dal mercoledì alla domenica, e se qualcuno era impegnato con un caso, era possibile che lavorasse tutta la notte, ogni notte, e anche il mattino seguente.

Avery riconobbe qualche volto familiare. Tuttavia nessuno sembrò prestarle particolare attenzione. I turni serali del weekend davano una sensazione particolare, come stare in un cimitero dopo essere stati svegli per ventiquattro ore di fila: tutti erano come persi in una foschia e seguivano un ritmo tutto loro.

Al secondo piano, Connelly stava litigando con Thompson.

Thompson sembrava due uomini arrotolati in uno solo, un gigante con la passione per la palestra, e con la sua pelle pallida, le labbra carnose e i capelli biondi chiaro, metteva gli altri agenti, e i criminali, estremamente a disagio.

“Perché sono ancora qui?” si lamentò Thompson.

“Mi stai prendendo per il culo?” esplose Connelly. “Ti ho dato un lavoro e tu non l'hai fatto. Non mi importa se rimani qui fino alle quattro del mattino.”

“Le concessionarie d'auto?!” ruggì Thompson, dispiegandosi per tutta la sua altezza. “Quante cazzo di concessionarie sono aperte il sabato sera? Il mio turno è finito ore fa. Ecco una lista per Watertown e Belmont.”

“Ho chiesto anche Waltham. E volevo i numeri e i contatti diretti di ogni compagnia. Non vedo niente qui per Belmont,” si lamentò scorrendo la lista.

Avery si sedette sulla scrivania di qualcuno e aspettò che finissero.

Connelly alzò lo sguardo.

“Che cazzo ci fai tu qui? Il capitano non ti aveva detto di prenderti il giorno libero?”

“Possiamo parlare?” chiese lei.

“No,” rispose lui. “Non ho niente da dirti. Sparisci. Non tornare fino a lunedì.”

Avery indicò Thompson.

“Gli stai facendo perdere tempo.”

“Te l'avevo detto!” affermò Thompson. “Questa è una perdita di tempo del cazzo.”

“Chiudi quella bocca di merda!” esplose Connelly e le puntò un dito al volto. “Black, giuro su Dio che se non sparisci dalla mia vista entro cinque secondi, ti farò personalmente allontanare dalla Omicidi e tornare a fare la ronda per il resto della tua vita.”

Avery abbassò la testa.

“Non vado da nessuna parte,” disse con tono calmo e pacifico. “E tu mi devi ascoltare. Ho un indizio. Uno grosso,” sottolineò e lo guardò diritto negli occhi. “Dobbiamo parlarne. E dobbiamo giocare nella stessa squadra. Vuoi prendere un assassino? O vuoi rimanere incazzato con me perché credi di conoscermi, perché sono stata assegnata alla tua squadra, o perché avevo una vita migliore della tua?”

Si sollevò dalla scrivania.

“Mi dispiace se ho fatto qualcosa che ti ha offeso,” continuò, “ma sono qui. Adesso. Proprio come te. Ad affrontare in questa merda. Non ho smesso di cercare l’assassino, e finalmente ho trovato una traccia. Non può aspettare fino a lunedì. Se mi cacci, chiamerò il capitano e poi il capo, e chiunque altro voglia ascoltarmi.”

Thompson indicò Avery con sentita preoccupazione.

“Ascoltala,” lo pregò.

“Chiudi il becco, Thompson! Siediti.”

Piegò un dito verso Avery e indicò la sala delle conferenze.

“Tre minuti,” disse. “Hai tre minuti.”

Non appena furono da soli, Avery mise le carte in tavola. “So di aver fatto qualche errore.”

“Qualche?!”

“Errori stupidi,” aggiunse lei, “ma è stato solo per assolvere al mio dovere. Oggi ne ho fatto qualche altro. Sono tornata a vedere Howard Randall.”

 

Connelly gemette e agitò una mano.

“Mi ha dato un indizio,” continuò Avery. “O meglio,” aggiunse, “qualcosa di simile a un indizio. Non sono riuscita a capirlo fino a quando non sono andata alla Brandeis.”

Connelly si colpì la testa.

“Sei andata al college di Molly Green? Ti era stato detto di rimanere lontana da questo caso.”

“Vuoi stare zitto?” gridò lei. “Solo per una volta? Per favore?”

Sorpreso, lui incrociò le braccia e rimase a guardarla.

“Ho parlato con qualcuno dell’Ufficio Orientamento. Mi ha detto che Molly avrebbe dovuto andare a lavorare alla Devante Accounting. Beh, indovina? Anche Cindy Jenkins aveva trovato alla Devante. Di Tabitha ancora non so niente. Finley avrebbe dovuto parlare con la madre. Non l’ho ancora risentito. Tabitha era una matricola, ma se anche lei era stata assunta da loro, è una coincidenza troppo grande da ignorare, non credi?”

“Il tuo ultimo collegamento si è rivelato una cazzata.”

“Ma era un collegamento, e l’unico tra le due ragazze fino ad ora. Se possiamo collegare la terza ragazza alla Devante, saremo più vicini di quanto lo siamo mai stati.”

“Finley è fuori servizio,” borbottò lui.

“E quindi?”

Connelly si allontanò e rifletté sulla situazione. In un abito grigio e blu che sembrava troppo piccolo per la sua corporatura muscolosa, roteò le spalle e si strofinò la barbetta biondastra sul volto, apparentemente irritato ma anche intrigato.

“Aspetta qui,” disse.

“Che cosa…”

“Ho detto di aspettare!” scattò e uscì.

Oltre il vetro, lo vide dare istruzioni e a un agitato Thompson prima di andare alla sua scrivania e fare una chiamata.

Avery rimase a sedere nella sala conferenze per quasi venti minuti. Con niente da fare, finalmente liberata dal peso della conoscenza, si sentiva più rilassata e stranamente rassicurata. Un intenso desiderio di chiamare sua foglia la spinse a tendere una mano verso il cellulare.

Che cosa le diresti? si chiese.

Dille che sei stata un’idiota e che lo sei ancora. Dille la verità: che la ami e che metterai le cose a posto, non importa come.

La porta della sala si aprì.

“Tabitha Mitchell era una matricola,” disse Connelly. “Si sarebbe laureata in anticipo, con il massimo dei voti. E le era stato offerto un lavoro alla Devante Accounting.”

Avery si raddrizzò.

“Merda.”

La connessione c’era. Howard Randall aveva avuto ragione. Le sue parole riecheggiarono: Le deve aver trovate, guardate, le ha conosciute da qualche parte. Quando aveva scorso la lista con Randall, —una all’ultimo anno e una al primo—lui aveva detto no.

Lo sapeva, capì lei.

Il disgusto che Avery aveva provato per essere dovuta andare da Randall a chiedere aiuto iniziò a scemare. Il collegamento era stato trovato e se fosse riuscita a mettere insieme tutti i pezzi, c’era una speranza: per lei, per il suo futuro, di lasciarsi il passato alle spalle.

“Tre di loro,” disse Connelly, “tutte avevano un lavoro alla Devante.”

“Come l’hai scoperto?”

“Finley stava chiamando la casa dei Mitchell. Io ho chiamato il cellulare della madre. Stava dormendo. Ho iniziato a piangere nell’attimo in cui le ho detto che si trattava di sua figlia. Ma aveva l’informazione che ci serviva. La cosa più strana è che credo i giornali lo abbiano detto ieri o il giorno prima ancora.”

È per questo che lo sapeva, realizzò Avery. Randall leggeva i giornali.

Entrambi si fissarono in silenzio.

“Che cosa facciamo ora?” chiese lei.

“Dimmelo tu.”

Le distolse lo sguardo e si morse il labbro.

“Ci serve un nome. Chi è il responsabile delle assunzioni che si è incontrato con tutte le ragazze?”

“Chiunque sia,” disse Connelly, “deve sapere che almeno due delle ragazze che ha assunto sono morte. È su tutti i giornali.”

“Se due delle ragazze che tu hai assunto fossero ritrovate morte in meno di una settimana, chiameresti qualcuno?”

“Non se fossi colpevole.”

Connelly mise immediatamente in vivavoce il telefono della sala conferenze e chiamò il capitano. Agitato e assonnato, un distante O’Malley ascoltò Avery e Connelly in vivavoce e si prese il suo tempo prima di rispondere.

“Aspettate fino al mattino,” disse “Non c’è niente che potete fare ora. Chiamerò il capo e il sindaco come prima cosa, domenica mattina. Merda,” mormorò. “La Devante. È una grossa azienda.”

“Iniziamo con il direttore generale e poi scendiamo di livello,” disse Avery. “Qualcuno deve avere una lista di nomi e titoli. Immagino che il nostro assassino lavori nelle risorse umane.”

“Stanotte cercate di dormire,” disse il capitano. “Tutti e due. Domani potrebbe essere una giornata importante. Ci vediamo in ufficio alle otto. Avery, se non riesci a dormire, inizia con i mandati: uno per la compagnia e uno per un individuo ignoto al suo interno. Puoi anche chiamare la Devante e vedere se c’è personale di servizio nel fine settimana. Dubito che qualcuno risponda a quest’ora, ma è aprile. Non si sa mai.”

La linea si interruppe.

Con un atteggiamento che trasmetteva tutto il suo disagio, Connelly si rifiutò di guardarla.

“Speriamo che funzioni,” disse e se ne andò.

Avery completò più scartoffie possibili per i due mandati. Chiamò almeno dieci dei numeri indicati per l’ufficio di Boston della Devante. Nessuno rispose.

Vai a casa, si disse.

Il sonno era quanto di più distante dalla sua mente.