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Il Volto della Morte

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CAPITOLO CINQUE

La sede del medico legale era un edificio tozzo accanto alla centrale di polizia, come praticamente qualsiasi altra cosa in questo paesino. C’era soltanto una strada che l’attraversava; negozi, una piccola scuola elementare e qualsiasi altra cosa di cui una città aveva bisogno per sopravvivere, distribuiti a destra e a sinistra.

Zoe si sentì a disagio. Troppo simile a casa sua.

Il medico legale le stava aspettando al piano di sotto, la vittima già stesa sul tavolo per loro, come una macabra presentazione. L’uomo, un tipo attempato a cui mancavano pochi anni per il pensionamento e che aveva alle sue spalle una discreta quantità di pettegolezzi, iniziò una lunga e contorta spiegazione delle sue conclusioni, che Zoe filtrò.

Riusciva a vedere le cose che lui stava dicendo proprio lì, distese davanti ai suoi occhi. La ferita da taglio sul collo le rivelò il preciso spessore del filo metallico che stavano cercando. Pur essendo bassa, la donna pesava poco più di settantasette chili, sebbene avesse perso quasi tre litri di sangue.

L’angolo di incisione e la forza applicata le dissero due cose. Primo, che l’assassino aveva un’altezza compresa tra un metro e settantotto e un metro e ottantatre centimetri. Secondo, che non faceva affidamento sulla forza per commettere i suoi crimini. Il peso della vittima non era rimasto a lungo aggrappato al cappio. Una volta collassata, lui l’aveva lasciata cadere. Questo aspetto, e la scelta del filo metallico come arma, indicavano una limitata forza fisica.

Una forza non elevata, unita ad un’altezza considerevole, significava probabilmente che l’uomo non era né muscoloso né pesante. Se lo fosse stato, il suo stesso peso corporeo avrebbe fatto da contrappeso. Ciò voleva dire che l’uomo, probabilmente, aveva una corporatura esile, abbastanza in linea con l’idea generale di uomo comune, di statura media.

C’era soltanto una cosa che sicuramente non era comune, e quella cosa era il suo atto omicida.

Per il resto, non c’era molto su cui lavorare. Il suo colore di capelli, il suo nome, da dove venisse, perché lo stesse facendo: nulla di tutto questo era scritto nell’involucro vuoto e abbandonato di ciò che una volta era una donna, steso davanti a loro.

“Allora, ciò che possiamo dedurre,” diceva lentamente il coroner, con una voce lagnosa e tediosa. “È che l’assassino è probabilmente un uomo d’altezza media, forse compresa tra un metro e settantacinque e poco più di un metro e ottantatre.”

Zoe si trattenne a malapena dallo scuotere la testa. Era una stima troppo ampia.

“La famiglia si è messa in contatto?” chiese Shelley.

“Nessuno, da quando l’ex marito è venuto a identificarla”. Il medico legale scrollò le spalle.

Shelley strinse un piccolo ciondolo che portava al collo, muovendolo avanti e indietro lungo una sottile catenina d’oro. “Che cosa triste,” sospirò. “Povera Linda. Meritava di meglio.”

“Come ti sono sembrati quando li hai interrogati?” domandò Zoe. Qualsiasi pista era importante, sebbene fosse ormai fermamente convinta che la scelta di questa Linda come vittima non fosse nulla di più dell’atto casuale di uno sconosciuto.

Shelley alzò le spalle con impotenza. “Stupiti dalla notizia. Non addolorati. Non credo fossero molto uniti.”

Zoe reagì domandandosi a chi sarebbe importato di lei o chi sarebbe venuto a vedere il suo cadavere se fosse morta, e sostituì quel pensiero con la frustrazione. Non era difficile da capire. Si trattava di un altro punto morto … letteralmente. Linda non aveva più alcun segreto da rivelare.

Restare qui a dolersi per lei era molto bello, ma non le avvicinava alle risposte che cercavano.

Zoe chiuse gli occhi per un istante e si allontanò verso l’altro lato della stanza, in direzione della porta dalla quale erano entrate. Dovevano muoversi, ma Shelley stava ancora discutendo con il medico legale, a voce bassa e con un tono di rispetto, su chi fosse stata in vita quella donna.

Non aveva importanza. Come faceva Shelley a non capirlo? La causa della morte di Linda era molto semplice: si trovava in una stazione di servizio isolata, da sola, quando l’assassino era arrivato. Non c’era nessun altro aspetto importante a proposito della sua vita.

Shelley sembrò cogliere la volontà di Zoe di andar via e si mosse verso di lei, allontanandosi cortesemente dal medico legale. “Cosa dovremmo fare adesso?” domandò.

Zoe desiderava rispondere a quella domanda, ma non poteva farlo. C’era soltanto una cosa da fare a quel punto, e non era l’azione diretta che voleva. “Elaboreremo un profilo dell’assassino,” rispose. “Dirameremo un comunicato negli stati confinanti per avvertire le forze dell’ordine locali di stare in guardia. Dopodiché, esamineremo i documenti relativi agli omicidi precedenti.”

Shelley annuì, concordando senza problemi, mentre Zoe si diresse verso la porta. Non che dovessero andare troppo lontano.

Zoe salì le scale e uscì all’esterno attraverso la porta dell’ufficio, guardandosi intorno e fissando nuovamente la linea dell’orizzonte, facilmente visibile oltre la piccola serie di case e strutture che costituivano la città. Sospirò, incrociando le braccia al petto e voltando la testa in direzione del distretto e della loro destinazione. Meno tempo passava a guardare quel posto, meglio era.

“Non ti piace questa cittadina, vero?” chiese Shelley, che era accanto a lei.

Zoe si sentì per un attimo sorpresa ma, ripensandoci, Shelley aveva già dato prova di essere sia perspicace che empatica. In realtà, probabilmente era piuttosto facile da capire, visto l’atteggiamento di Zoe. Non riusciva a scrollarsi di dosso il pessimo umore che la avvolgeva ogniqualvolta finiva in un posto del genere. “Non amo i paesini in generale,” rispose.

“Quindi sei semplicemente una ragazza di città, o cosa?” chiese Shelley.

Zoe represse un sospiro. Queste erano le conseguenze di avere dei partner: volevano sempre cercare di conoscere l’altra persona, portare alla luce tutti i pezzettini del puzzle per ricostruire il suo passato, e poi metterli insieme fino a creare un disegno che tornasse loro comodo. “Mi ricordano il posto in cui sono cresciuta.”

“Ahhh.” Shelley annuì, come se riuscisse a capire, a comprendere. Non capiva, Zoe ne era sicura.

Ci fu una pausa nella loro conversazione, mentre oltrepassavano la porta della centrale per tornare all’interno di una piccola sala riunioni che la polizia locale aveva messo a loro disposizione per usarla come base operativa. Vedendo che erano da sole lì dentro, Zoe mise una nuova pila di documenti sul tavolo, iniziando a sparpagliare il rapporto del medico legale, le fotografie e qualche altro rapporto stilato dagli agenti che avevano raggiunto per primi la scena del crimine.

“Quindi non hai avuto una bella infanzia?” chiese Shelley.

Ah. Forse riusciva a capire, più di quanto Zoe avesse immaginato.

Probabilmente non doveva neanche stupirsene. Perché mai Shelley non avrebbe dovuto essere in grado di leggere le emozioni e i pensieri nello stesso modo in cui Zoe riusciva a leggere gli angoli, le dimensioni e gli schemi?

“Non è stata la migliore,” rispose Zoe, spostandosi i capelli dagli occhi e concentrandosi sui documenti. “E neanche la peggiore. Sono sopravvissuta.”

C’era un’eco nella sua mente, un urlo che la raggiunse attraversando il tempo e lo spazio. Figlia del diavolo. Scherzo della natura. Guarda cosa ci hai costretto a fare, ora! Zoe la zittì, ignorando il ricordo di una giornata rinchiusa nella sua stanza come punizione per i suoi peccati e il prolungato e difficile isolamento di quando era bambina.

Shelley si spostò velocemente di fronte a lei, sparpagliando alcune delle foto che già avevano e prendendo i documenti dagli altri casi.

“Non dobbiamo parlarne per forza,” disse con delicatezza. “Mi dispiace. Non ci conosciamo ancora.”

Quell’”ancora” era minaccioso: lasciava intendere un momento, sebbene in un futuro lontano, in cui Zoe avrebbe dovuto fidarsi abbastanza di lei. Quando sarebbe stata in grado di tirare fuori tutti i segreti che nascondeva da quando era soltanto una bambina. Quello che Shelley non immaginava, non riusciva a intuire tramite la sua cortese indagine, era che Zoe non avrebbe mai detto a nessuno ciò che le fosse accaduto durante la sua infanzia. Mai.

Tranne forse a quella terapista che la dott.ssa Applewhite stava cercando di farle incontrare.

Zoe respinse tutto per rivolgere alla sua partner un sorriso a denti stretti e annuire, quindi prese uno dei documenti dalle sue mani. “Dovremmo riesaminare i casi precedenti. Io leggerò questo, tu puoi leggere quell’altro.”

Shelley si sedette sul lato opposto del tavolo, guardando le immagini contenute nel primo documento mentre venivano distribuite sul tavolo, e rosicchiando una delle sue unghie. Zoe distolse lo sguardo e si concentrò sulle pagine davanti a sé.

“La prima vittima, uccisa in un parcheggio vuoto all’esterno di una tavola calda che aveva chiuso mezz’ora prima,” lesse Zoe ad alta voce, sintetizzando i contenuti del rapporto. “Ci lavorava come cameriera, madre di due figli, nessuna istruzione universitaria. A quanto pare era rimasta sempre nella stessa città. Nessun segno di una qualsiasi prova forense rilevante sulla scena del crimine; la metodica è stata la stessa, morte tramite cappio e successiva, meticolosa cancellazione di orme e tracce.”

“Nulla che ci aiuti a scovarlo, tanto per cambiare,” sospirò Shelley.

“Stava chiudendo il posto dopo le pulizie, prima di tornare a casa dopo un turno lungo. L’allarme è stato dato piuttosto velocemente quando non è tornata a casa come al solito.” Zoe passò rapidamente alla pagina successiva, analizzandone i contenuti di rilevanza. “È stato suo marito a ritrovarla: era andato a cercarla perché non rispondeva al telefono. C’è una forte probabilità che abbia contaminato le prove, stringendo il cadavere di sua moglie dopo il ritrovamento.”

 

Zoe sollevò lo sguardo, soddisfatta del fatto che questo caso fosse privo di indizi come l’altro. Shelley era ancora concentrata e giocava nuovamente con quel pendente appeso alla sua collanina. Lo nascose tra il pollice e l’indice, abbastanza piccolo da scomparire completamente dietro le dita.

“Quella è una croce?” domandò Zoe, non appena la sua nuova partner alzò finalmente gli occhi. Si trattava di qualcosa di cui parlare, pensò. Era piuttosto naturale per un agente parlare con la sua partner a proposito dei gioielli che indossava abitualmente, no?

Shelley guardò in basso verso il petto, come se non si fosse resa conto di ciò che stessero facendo le sue mani. “Oh, questa? No. È un dono di mia nonna.” Spostò le dita, in modo da permettere a Zoe di vedere il pendente d’oro a forma di freccia, completo di un piccolo diamante incastonato nella testa a punta. “Meno male che mio nonno aveva buon gusto. Lo indossava lei.”

“Oh,”fece Zoe, sentendosi travolgere da un’ondata di sollievo. Non si era resa conto di quanta tensione avesse trattenuto da quando aveva notato per la prima volta Shelley estrarre la collanina e giocarci. “Una freccia per il vero amore?”

“Esatto.” Shelley sorrise. Quindi aggrottò leggermente la fronte, avendo ovviamente colto il cambiamento di umore di Zoe. “Temevi fossi un’estremista religiosa o cose del genere?”

Zoesi schiarì un po’ la voce. Quasi non si era resa conto che fosse quella la ragione della sua domanda. Ma certo che era quella. Era trascorso molto tempo da quando era una timida ragazzina con una madre fanatica e timorata di Dio, ma nutriva ancora molta prudenza nei confronti delle persone che consideravano la Chiesa come la cosa più importante della loro vita.

“Ero soltanto curiosa,” rispose Zoe, ma la sua voce era tesa, e lei ne era consapevole.

Shelley inarcò le sopracciglia, piegandosi per prendere un altro documento dal tavolo. “Sai, dovremo trascorrere un sacco di tempo a lavorare insieme, nel caso rimanessimo partner,”disse. “Magari sarà più semplice se non ci nascondiamo le cose. Non devi rivelarmi perché ne fossi così preoccupata, ma apprezzerei la franchezza.”

Zoe deglutì, volgendo lo sguardo in basso ai documenti che aveva già finito di leggere. Fece appello al suo orgoglio, chiudendo gli occhi per un istante per zittire la voce che le diceva no, non combacia, uno è più spesso di circa cinque millimetri, e incontrò lo sguardo di Shelley. “Non ho dei bei trascorsi con quelle cose,”disse.

“Intendi con la religione o con la sincerità?” chiese Shelley con un sorrisetto ironico, aprendo il documento che aveva davanti. Dopo un istante, durante il quale Zoe si scervellò per capire cosa rispondere, Shelley aggiunse: “Era una battuta.”

Zoe le rivolse un debole sorriso.

Quindi ritornò verso il file del nuovo caso e iniziò ad esaminare le foto scattate sulla scena del crimine, sapendo che questa era l’unica cosa che le avrebbe fatto passare la sensazione di calore che andava dalle guance al collo. E che avrebbe smorzato l’imbarazzo calato nella stanza.

“La seconda vittima è un’altra versione della stessa storia,” disse Shelley, scuotendo il capo. “Una donna trovata assassinata sul ciglio di una strada che delimitava il perimetro di una cittadina. Il tipo di strada che potresti costeggiare per rientrare a casa dopo aver lavorato fino a tardi, cosa che la vittima aveva fatto. Era un’insegnante … c’erano un sacco di compiti corretti sparsi intorno a lei, caduti dopo che la sua gola era stata tagliata dal cappio metallico.”

Shelley si interruppe per analizzare le fotografie, trovando quella con i compiti. La guardò per un secondo, mordendosi un labbro e scuotendo la testa. La passò a Zoe, che cercò di provare lo stesso livello di pena, scoprendo però di non riuscirci. Il dettaglio dei compiti non la rendeva più toccante di qualsiasi altra morte, dal suo punto di vista. In effetti, era stata testimone di omicidi più brutali, che sembravano essere più meritevoli di pietà.

“È stata trovata da un ciclista la mattina dopo, di buon’ora. Aveva notato i fogli che si muovevano al vento, seguendoli lungo il marciapiede fino al corpo, che era riverso per metà nell’erba alta,” disse Shelley, riepilogando le note nel suo documento.“È come se si fosse mossa in quella direzione, magari per aiutare qualcuno. Era stata attirata in quella direzione, in qualche modo. Maledizione… era una brava donna.”

Numerosi scenari aleggiarono nella mente di Zoe: un finto cane smarrito, una richiesta di indicazioni stradali o dell’orario, una bici con la catena allentata.

“Nessuna impronta di scarpe sul terreno, niente fibre o capelli, nessuna traccia di DNA sotto le unghie. Questa scena del crimine è pulita, esattamente come l’altra,”disse Shelley, posando il rapporto davanti a sé con un altro sospiro.

Qualsiasi cosa l’avesse lasciata indifesa – magari anche soltanto l’elemento della sorpresa, il fatto di scendere dal marciapiede mentre lottava contro il cappio che le avvolgeva la gola – era tutto ciò su cui potessero lavorare.

Zoe lasciò vagare i suoi occhi sul foglio senza una meta, cercando di unire i puntini in modo da trovare un collegamento fra i tre casi.

Due donne erano felicemente sposate, una aveva divorziato. Due erano madri, una non aveva figli. Lavori diversi per ognuna di loro. Zone diverse. Una con una laurea, due senza. Nessuno schema particolare riguardo i loro nomi, né collegamenti tra le imprese per le quali lavoravano.

“Non ci vedo nessun collegamento,” disse Shelley, interrompendo il silenzio tra di loro.

Zoe sospirò e chiuse il documento. Doveva ammetterlo. “Neanche io.”

“Allora siamo tornate al punto di partenza. Vittime casuali.” Shelley emise un respiro. “Il che significa che anche il prossimo obiettivo sarà casuale.”

“E molte meno probabilità di fermarlo,” aggiunse Zoe. “A meno che non facciamo tutto il possibile per elaborare insieme un profilo che ci permetta di scovare quest’uomo e catturarlo prima che abbia una possibilità.”

“Allora mettiamoci al lavoro,” rispose Shelley, con una determinazione stampata sul viso che effettivamente diede a Zoe un briciolo di speranza.

Sistemarono un foglio di carta bianco su un treppiedi in un angolo della stanza e iniziarono ad esaminare quello che sapevano.

“Possiamo vedere il suo percorso,” iniziò Zoe; qualcosa che aveva già detto ad alta voce, abbastanza facile perchè da capire per chiunque. “Si sposta per qualche motivo. Quale potrebbe essere?”

“Magari viaggia per lavoro,” suggerì Shelley. “Un camionista, un agente di commercio o un rappresentante, qualcosa del genere. O probabilmente sta viaggiando soltanto perché lo desidera. Potrebbe anche essere un senzatetto.”

“Abbiamo troppe opzioni per prendere una decisione chiara.”Zoe scrisse in viaggio sulla lavagna, quindi cercò di valutare ogni implicazione. “Dormirà lungo la strada. Motel, alberghi, o magari nella sua auto.”

“Se fosse in auto, non avremmo molta speranza di rintracciarlo,” sottolineò Shelley, contraendo i contorni delle sue labbra. “Forse sta anche dando generalità false, negli alberghi.”

“È decisamente poco su cui lavorare. Ma deve pur spostarsi in qualche modo. Tramite mezzi, a giudicare dalle distanze tra i luoghi degli omicidi e il tempo trascorso.”

Shelley armeggiò con il suo cellulare, aprendo mappe e controllando le posizioni. “Non credo viaggi in treno. Forse si sposta in autobus o in macchina.”

“Questo restringe un po’ il campo,” disse Zoe, aggiungendo queste possibilità all’elenco. “Potrebbe essere un autostoppista, sebbene sia una pratica meno comune oggigiorno. Cosa sappiamo delle sue caratteristiche fisiche?”

“Solitamente, il cappio è usato da coloro che non sono fisicamente muscolosi. Quindi potremmo supporre che la sua corporatura sia più nella media.”

Zoe fu felice di constatare che Shelley avesse notato questo aspetto; un elemento in meno per lei con il quale far sorgere sospetti. “Media, ma forse non troppo bassa o minuta. Credo che siamo già sicure del fatto che questa sia opera di un uomo. Se l’assassino fosse stato troppo poco forte o alto, le vittime avrebbero potuto essere in grado di sopraffarlo e liberarsi.”

“E se fosse stato troppo basso, non sarebbe stato in grado di arrivare al collo,”aggiunse Shelley.“Le vittime, con ogni probabilità, sono state tutte uccise in posizione eretta, il che vuol dire che lui doveva essere in grado di arrivare facilmente ai loro colli.”

Zoe dovette ammettere di essere impressionata, anche se lo fece soltanto nella propria testa. Scrisse altezza media o superiore alla media, da un metro e settanta a uno e ottantacinque, in base al rapporto del medico legale,e costituzione normale o magra.

“Ora consideriamo gli aspetti psicologici,” proseguì Zoe. “C’è qualcosa che lo spinge a uccidere, anche se si tratta di un aspetto che non considereremmo razionale. Se non esiste alcun legame tra le vittime, dobbiamo considerare quell’impulso come proveniente dall’interno.”

“A me sembrano delitti occasionali. Colpisce solo le donne, forse perché sono più deboli. Sono sole, indifese, in zone non coperte da telecamere a circuito chiuso funzionanti e con una limitata probabilità di essere interrotto.”

“Vedo due possibilità. La prima è che sia spinto a uccidere, e quindi cerca vittime che corrispondano al profilo perfetto per lui per evitare di essere catturato. Per qualche motivo, lo sta facendo ora, all’improvviso; quindi, potremmo cercare un evento scatenante,” disse Zoe, dandosi dei colpetti sul mento con l’estremità della penna. “L’altra possibilità è che sia innescato in maniera specifica da quelle vittime. In quel caso, non sa neanche che le ucciderà fino a quando non arriva il momento.”

“In altre parole, o cerca donne da uccidere intenzionalmente, o uccide puramente in base alle opportunità e in base a qualcosa nelle stesse donne che lo fa scatenare,” disse Shelley, con uno sguardo pensieroso.

“Riflettici.” Zoe scosse la testa, camminando avanti e indietro davanti al cavalletto. “È troppo perfetto per essere così casuale. Una a notte, implica una compulsione. Se fosse spinto a uccidere in base a momenti scatenanti, trascorrerebbe del tempo tra le aggressioni. Resterebbe a casa per qualche sera o, semplicemente, potrebbe non imbattersi in nessuno in grado di innescare il suo istinto omicida. No, questi delitti sono intenzionali e calcolati. Esiste un qualche motivo per il quale doveva uccidere ognuna di loro, una sorta di messaggio o di rituale.”

Fece nuovamente un passo avanti e scrisse un omicidio al giorno: rituale sulla lavagna.

“Cosa ne pensi dei luoghi?”chiese Shelley. “Magari lì c’è qualcosa.”

C’era già una mappa sulla parete, segnata con tre puntine rosse nei luoghi in cui i tre cadaveri erano stati rinvenuti. Zoe la guardò per un attimo, quindi usò il margine di un foglio per collegare i punti. Ne venne fuori una linea retta tra il primo e il terzo punto. Il secondo aveva deviato di poco, ma era comunque sul percorso generale.

“Quali sono quelle città?” Shelley indicò l’estremità del foglio di carta, al di là dell’ultima puntina, verso i centri abitati situati lungo il percorso.

Zoe snocciolò una lista, leggendone i nomi dalla mappa, con una piccola deviazione su entrambi i lati nel caso in cui il loro uomo si fosse allontanato come aveva fatto in precedenza. “Dovremmo metterci in contatto con le autorità di tutte queste città. Assicurarci che siano a conoscenza di cosa potrebbe accadere. Aumentare la sicurezza,e fare in modo che le forze dell’ordine stiano con gli occhi aperti, potrebbe aiutarci a catturarlo.”

Riguardarono entrambe il profilo che avevano elaborato insieme, in silenzio, ognuna immersa nei propri pensieri. Zoe cercò di vedere lo schema. C’erano solo tre elementi che avevano senso per lei: il fatto che tutte fossero donne, la linea temporale o qualcosa che aveva a che fare con i luoghi. Ma cos’era?

Ripensò alle caramelle colorate sparse per terra alla stazione di servizio.Sparpagliate non lontano dal corpo di Linda, nel parcheggio, lungo il percorso che doveva aver preso verso il retro dell’edificio e al ritorno. Era così strano. Era assolutamente probabile che qualche bambino le avesse fatte cadere prima, quel giorno, dopo essersi fermato con i suoi genitori, ma… qualcosa a questo proposito continuava a tormentarle la mente.

 

Forse si trattava semplicemente dell’incoerenza della cosa. Allegre e vivaci caramelle sulla scena di un brutale omicidio notturno. Sprazzi di colore su un terreno altrimenti macchiato di rosso. Forse non significava proprio nulla.

“Non abbiamo molto,”sospirò infine. “Ma è un inizio. A questo aggiungiamo il fatto che probabilmente si tratta di un giovane uomo, quantomeno sotto la mezza età, in base alle statistiche sull’età alla quale i serial killer iniziano la loro opera, e abbiamo ristretto il campo abbastanza da presentare qualcosa. Chiederò ai medici legali di darci qualche altro elemento concreto in base alle loro conclusioni e potremo almeno fornire una descrizione in base alla quale tenere gli occhi aperti.”

Che non sarebbe stato assolutamente di conforto, pensò, se il killer avesse rivendicato un’altra vittima stanotte. E loro erano ben lontane dal poterci fare qualcosa.