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La plebe, parte III

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San Luca si sentì commosso più che non avrebbe creduto, quasi spaventato innanzi all'esplosione di quel dolore materno.

– Si calmi… si rassicuri: diss'egli in tutta fretta: non è gran cosa… una ferita leggera…

Teresa si torceva le mani in una contrazione di spasimo: i suoi occhi ardenti saettavano sguardi pieni d'ansia, di dolore, d'odio sull'uomo che le stava dinanzi.

– Voglio vederlo: ripeteva essa colle labbra convulse: subito… voglio vederlo finchè vive… Mi conduca da lui… se non vuole ch'io la maledica… E non sa che è tremenda la maledizione d'una madre a cui si viene a dire che suo figlio è ucciso?

– La lo vedrà, non dubiti… verrà qui fra poco egli stesso… Le ripeto che la ferita non è tale da sgomentarsi.

– Me lo giura Ella? proruppe Giacomo, il quale in presenza della moglie aveva sentito maggiore il bisogno di raccogliere tutte le sue forze e di aver calma e coraggio per tutti. Mi giura che la ferita di Francesco non è mortale?

Il conte esitò un istante: pensava che mentr'egli avrebbe dato cotal giuramento, l'infelice colpito in parte così essenziale del corpo avrebbe potuto già soccombere: e la pietà della sua risposta assicurativa riuscirebbe allora a quei poveri genitori anche più crudele della verità.

– Le ho già detto ch'essa è grave: rispose egli mestamente; un giudizio definitivo non si potè dare così di botto… tuttavia tutto induce a sperare…

La misera madre non udì altre parole. A quella forza, a quell'impeto del primo terribile commovimento, successe nel suo organismo la riazione; il cuore che le si era messo a palpitare con irrefrenata violenza, come se fosse scoppiato ad un tratto, s'arrestò; il sangue le invase il cervello e le soffocò l'intelligenza: sentì morirsi, levò le mani e le agitò come fa chi annega, invocando aiuto nella suprema convulsione dell'agonia, e sclamando: «Hanno ucciso mio figlio!» cadde come corpo morto tra le braccia del marito che sentiva ancor'egli sotto l'influsso del dolore smarrirsi la sua ragione.

San Luca fu d'un salto al cordone del campanello, e lo tirò con forza e replicatamente. La prima delle persone che accorsero fu Maria, la quale, timorosa pur troppo anch'essa di funesta novelle, stava con ansia inesprimibile aspettando il ritorno di sua madre. Entrò, vide Teresa abbandonata sopra un seggiolone dove il marito l'aveva posta: vide suo padre percotersi la fronte e stracciarsi i capelli in un parosismo di supremo dolore, e la fanciulla, l'anima sconvolta, la stretta della più fiera angoscia nel cuore, si gettò al collo della svenuta, esclamando fra le lagrime con accento di amore, di cordoglio, di angoscia inenarrabile:

– Mamma! Mamma! oh mamma mia!

E due giorni prima quella famigliuola così mite ed amorosa era tanto lieta, e pareva da lei tanto lontana ogni minaccia di sventura!

Non ostante la sua leggerezza egoistica, San Luca, quando raggiunse i suoi compagni che lo aspettavano nella carrozza, era profondamente commosso e turbato.

– Preferirei qualunque altra così, diss'egli, al fare una seconda di queste ambasciate. Gettare sur le carreau un individuo gli è nulla, ma venire innanzi ad una madre a dirgli: «stanno per portarvi vostro figlio bucato in petto da una palla,» corbleu! gli è piacevole come inghiottire degli aghi… Ho creduto averla uccisa quella povera donna.

Nessuno gli rispose: il marchesino, che era nell'angolo della carrozza dalla parte opposta a quella per cui entrava San Luca, si volse a guardare in fuori pel finestrino: il conte comandò al cocchiere li conducesse di trotto serrato all'ospedale di San Giovanni, e poi montò nel cocchio tirandosi dietro quasi con rabbia lo sportello; erano tutti preoccupati; certo colle idee che avevano sul duello, niuno di loro sentiva il menomo rimorso nella coscienza, ma pure erano presi da un cattivo umore che in realtà era un rincrescimento profondo.

Francesco intanto, fatta la fasciatura della ferita, fu lasciato riposare un poco prima di accingersi a trasportarlo nella carrozza per ricondurlo a Torino, come Quercia giudicò che si poteva fare senza pericolo nessuno. Il giovane, allungato sul letticciuolo stato preparato, era in una condizione affatto strana; quello che gli era accaduto non gli sembrava pur vero; teneva gli occhi serrati per concentrar meglio le sue idee che gli scappavano dalla mente sbalordita, e parevagli che, aprendoli, avrebbe da trovare che tutto era un sogno soltanto; e li apriva diffatti ad ogni minuto, con una specie di sussulto, ma girandoli attorno, larghi, quasi attoniti, vedeva Giovanni Selva che stava guardandolo con amorosa sollecitudine, Luigi Quercia che gli toccava i polsi, vedeva lì presso i suoi panni macchiati di sangue, sentiva nel costato la trafittura, nell'interno del petto un dolor muto, sentivasi impacciato a muoversi come se invisibili legami lo tenessero a quel lettuccio; si trovava in pieno campo della brutta realtà, faceva a Giovanni un mesto sorriso e tornava a chiuder gli occhi. La ferita in vero non lo faceva soffrir molto; più che acuto dolore locale provava un sordo, generale malessere, una specie di prostramento, come se ad un tratto gli fossero stati recisi o almanco fiaccati i nervi precipui onde la volontà trasmette il moto ai muscoli. Il cervello un po' confuso aveva in parte cotale impotenza ancor esso, onde le idee, pur essendo giuste e precise, gli tornavano però meno spiccate e robuste, quasi sfumate e svaporantisi. Era una benignità della Provvidenza che di quella guisa non lasciava compire tutta la sua funesta azione al pensiero crudele del dolore de' suoi.

Quando a Luigi parve tempo, il trafitto, rivestito come si potè meglio de' suoi panni, fu preso a braccio da due domestici che San Luca aveva lasciati agli ordini dei padrini di Francesco, e dolcemente trasportato nella carrozza. Sedutolo nel fondo, adagiandovelo il meglio che si poteva, Giovanni e Luigi si posero innanzi a lui, e raccomandato al cocchiere di non andare che di passo per far minori i sobbalzi, la mesta comitiva s'incamminò verso la fabbrica. Prossimi ad arrivarci, Quercia trasse di tasca la boccetta d'un cordiale che aveva avuto la previdenza di arrecar seco e ne fece bere a Francesco buon numero di goccie; il ferito se ne sentì rinvigorire a meraviglia.

– In casa, diss'egli, per non ispaventare di soverchio i miei, che, poveretti! avranno già troppa passione, voglio scendere e camminare colle mie gambe. Me ne sento la forza.

– Tanto meglio: rispose Luigi. Il vigor dell'anima tien su questa benedetta macchina di corpo meglio che i fiacchi non credano. Basta volere; e voi siete capace di volere.

– Sì: disse Francesco non senza nobile compiacenza; ma intanto si sporse a guardare con immensa ansietà le costruzioni della fabbrica che già apparivano nello scuriccio della sera traverso i rami coperti di neve degli alberi.

Quando la carrozza entrò sotto l'atrio della casa della quale Bastiano, tutto commosso e colle lagrime agli occhi, aveva spalancato il portone, e si fermò innanzi al peristilio della scala, Giacomo, Teresa e Maria, pallidi, ansiosi, affannato il respiro, palpitante il cuore, stavano colà a ricevere il ferito, sollecitamente desiosi di vederlo, tremanti di paura e d'angoscia. Appena ai loro sguardi inquieti, illuminata dalla luce di candele tenute dai servi, apparve nel fondo della carrozza la faccia pallida del giovane, tre voci partirono da quei petti angosciati, tre gridi scoppiarono che dicevano una parola sola, ma tale e con tale accento di passione, da contenere tutto un immenso complesso di sentimenti e d'affetti.

– Francesco! esclamarono tre bocche; e sei braccia da tremito agitate si tesero, quasi supplicanti verso di lui.

Il giovane, alla vista di que' suoi cari, al suono di quelle voci, sentì dentro sè un rimescolio ineffabile che gli cacciò quasi a forza le lagrime agli occhi; ma volle e riuscì a superare quella emozione: rivolse ai suoi congiunti un pallido sorriso di saluto che voleva dire: «non temete, non è nulla;» e per meglio rassicurarli, vivamente voglioso eziandio d'esser più presto fra le loro braccia, spiccò le spalle dal fondo della carrozza, e fece un movimento piuttosto brusco per venir giù; ma sentì allora come una morsa di ferro entro il petto, che a trattenerlo gli serrasse di colpo e cuore e polmoni; il fiato gli mancò, il sangue cessò di scorrere, divenne pallido, pallido, mandò un gemito e chiuse gli occhi, si lasciò ricadere indietro, credendo egli medesimo in quel punto dover perdere non che momentaneamente i sensi, ma la vita.

A quella vista tre nuove esclamazioni suonarono; e di esse una, non un grido, un gemito, quasi un rantolo d'agonia, più dolorosa di tutte, quella della povera madre.

Sotto il portone erano accorsi tutti i famigli, ed alcuni degli operai, primo il capofabbrica, la voce della disgrazia di Francesco essendosi sparsa subitamente negli opifizi. Tutti costoro si precipitarono verso la carrozza con vero trasporto d'interesse e d'affetto, volendo recar soccorso al giovane che pareva svenuto; ma innanzi a tutti, facendosi largo colle sue gomita poderose, era il madornale Bastiano il quale colla sua voce stentorea esclamava con tanta emozione che pareva fosse in collera:

– Oh! il mio padroncino… oh sor Francesco, giuraddio!.. Ed e' ci ha da tornare a casa in questo stato?.. Che sì che se mi casca tra le mani il birbone che ce l'ha ridotto a tal punto, lo concio io per le feste.

E il buon portinaio tendeva già le sue mani grosse e robuste ad afferrare il giovane con tutta la delicatezza ond'era capace, quando una destra piccola ma dotata in quel momento d'una speciale forza nervosa, gli si posò sulla spalla e lo trasse in là. Bastiano si volse e vide la faccia più bianca d'un cencio lavato della signora Teresa.

– Lasciatemi il passo: diss'ella con accento fermo, imperioso, pieno di risoluzione e coraggio; voglio soccorrere io mio figlio.

 

Bastiano si chinò con umile riverenza e fece luogo alla infelice madre.

Al primo annunzio della crudele sciagura aveva soggiaciuto all'eccesso del dolore la debolezza del suo cuore di donna: era svenuta, aveva creduto morire addirittura di quel colpo; come se ogni vigore, ogni susta, per così dire, si fosse rotta in lei, la si sentiva essa stessa incapace d'azione e di pensieri; le era sembrato che tutto il mondo le fosse rovinato dattorno e nulla più restasse che abbandonarsi nell'impotenza della desolazione. Più si avvicinava il momento che il figliuolo le sarebbe condotto dinanzi – ahi! forse cadavere – e più cresceva in lei questa passione d'un dolore mortale senza energia; all'udire il rumore dell'aspettata carrozza poco mancò non isvenisse di nuovo, scese le scale sorretta dal marito, che altrimenti sarebbe caduta, e sotto l'atrio stette tremante, coll'angoscia nell'anima che deve avere un moribondo nel sentirsi fuggir la vita, dicendosi essa stessa tra sè che se mai suo figlio morisse, ed ella precipiterebbe di colpo cadavere eziandio. La vista del pallido volto di Francesco, in quell'anima che pareva già aver toccato il sommo dell'umano soffrire, fu uno schianto novello e tale che nessuna parola può esprimere. Se al viso di Teresa si fossero rivolti gli sguardi e l'attenzione degli astanti, per lei sarebbero stati la compassione ed il timore di tutti.

Ma quando ella ebbe visto il figlio sorriderle, volersi quasi lanciare verso di lei, e non poterlo, e ricadere come morto, una subita, meravigliosa rivoluzione avvenne nell'animo suo; l'energia fin allora latente si svolse ad un tratto; ora le appariva il bisogno dell'opera sua, le si apriva dinanzi il dovere; come il soldato che va la prima volta al fuoco della battaglia, e gli pare debbano mancargli dallo spavento gli spiriti, in faccia al pericolo poi sente suscitarsi il coraggio, così la tenera donna in cospetto della effettuata sciagura che le si presentava adesso viva e reale, sentì tutto e sublime sorgerle in cuore quell'eccelso coraggio di madre che è un eroismo più sublime d'ogni altro che possa vantare la generosità maschile; un'istantanea calma di risolutezza le acchetò il palpito tumultuoso, una chiarezza d'idee e una fermezza di propositi successero improvvisamente alla dolorosa e impotente confusione di prima; fu di botto all'altezza della sua missione. Respinse, come dissi, Bastiano, e si volle intromettere nella carrozza.

Luigi le si oppose con mano ferma, cortese e dirò anzi affettuosa.

– Scusi, diss'egli, qui per adesso faccio da medico e mi arrogo il diritto di dirigere ed ordinare ciò che tocca fare… Lascii per un momento Francesco riaversi… E badi che non sia troppo viva in lui l'emozione.

Teresa guardò Quercia con una sorpresa quasi ostile, come se volesse disconoscere e rigettare quell'autorità ch'egli aveva l'audacia di arrogarsi; ma non fu che un istante, vide nel volto del giovane una tale franchezza, l'espressione d'un tale interessamento che cedette di subito.

– Ha ragione: diss'ella quasi umilmente traendosi indietro; poi con infinito calore di supplicazione soggiunse: deh! mi salvi mio figlio!..

Quercia non rispose che con un atto di simpatia e rassicuratore, scese di carrozza, e fu seguito da Selva; poi ambedue si volsero ad aiutar Francesco, il quale, tornato compiutamente nel possesso della sua volontà e della sua morale energia, aveva riaperti gli occhi e sorrideva di nuovo a sua madre.

Il ferito fu tirato giù pianamente dalla carrozza per opera di Luigi e di Giovanni e da loro stessi, tenendolo alle braccia, accompagnato su per le scale sino alla sua camera, dove già tutto era per cura di Maria apparecchiato a riceverlo. Quercia, che con una famigliare franchezza, quasi direi una benevola padronanza, diceva il da farsi a quella povera gente sì grandemente afflitta, che ansiosa pendeva dal suo labbro, come aspettandone la salvezza; Quercia sentenziò che per quel momento altro non conveniva che lasciar tranquillo il giacente, e la ferita non s'era punto da guardare nè da toccar più, finchè non fosse venuto il celebre e praticissimo cerusico, ch'egli disse aver mandato a chiamare; il padre e la madre che protestavano aver bisogno di vedere il figliuolo, non esser sicuri più se non lo avessero sotto gli occhi loro, egli concesse restassero nella camera dell'infermo, condizione assoluta non si parlasse menomamente, si evitassero studiosamente tutte le emozioni; Maria, la sorella, che ancor essa pregava la si lasciasse rimanere in un cantuccio della stanza di suo fratello, tanto da poterlo guardare, da potere aiutare la madre nelle cure che lo stato di lui richiedeva, Maria non ebbe il permesso che di recarsi di quando in quando in fondo al letto dove giaceva il ferito a contemplarne un istante le sembianze, e si vide costretta a rimanere nella camera vicina, dove Selva e Quercia medesimo si fermarono per aspettare la venuta del chirurgo. Bastiano, che non voleva lasciar più il padroncino, non ostante ogni sua resistenza e protesta, fu mandato inesorabilmente alla sua loggia, dove ebbe almanco lo sfogo di bestemmiare in lungo ed in largo e di mandare mille imprecazioni e minaccie all'indirizzo del feritore di Francesco, colla sua vociaccia stentorea e fremente di collera.

La povera Maria, frattanto, era colà sotto lo sguardo affascinatore e fatale di Gian-Luigi, come una debole colombella sotto le ruote minacciose del volo d'un girifalco. Dapprima, ella non aveva pensato a nulla, non aveva sentito nulla che il suo dolore e l'ansia pel fratello non fossero; nel suo cuore per un istante non vi fu luogo più a nessun altro affetto, ad impressione veruna. L'immagine di quell'uomo che ora le tornava innanzi, erale stata impressa dal giorno prima nell'anima, così che dentro sè, nella mente, ella quasi non aveva cessato vederla, ed a lui aveva pensato con frequente intensità, in mezzo ad un ineffabile turbamento; eppure adesso, per effetto della subita, nuova, così diversa e crudele commozione del dolore, essa non gli aveva a tutta prima badato più, il suo sangue non si era riscosso, quasi non l'aveva visto. Ma più tardi quella strana influenza che il risoluto, forte, ardente giovane aveva di subito acquistata sull'anima di lei, riprese a poco a poco la sua efficacia. Quercia voleva, ordinava e disponeva, e tutto gli obbediva dintorno; anche Maria al comando di quella voce così armoniosa, insinuante, autorevole, fece e non fece, andò e ristette; la si sentì rioccupare, per così dire, da quell'imperio d'una volontà altrui, il quale per uno strano fenomeno, ch'ella non sapeva e non cercava spiegarsi, era pur tanto caro e confortevole all'anima sua. Gli occhi della fanciulla incontrarono ad un punto quelli di lui, e non poterono così tosto spiccarsene; e senza sua volontà, a suo profondo dispetto anzi, fiammeggiarono d'una carissima vampa; n'ebbe sdegno ed insieme diletto, e poi rincrescimento e rimorso di codesto diletto. Poco dopo, nell'adoperarsi intorno al malato, una sua mano s'incontrò con quella di lui: le parve, e non sapeva se era illusione o verità, che la destra di lui fugacemente, ma espressivamente stringesse la sua; sentì tutto un rimescolio, ratto, penoso e pur dolce, il suo cuore palpitò, fu nel suo intimo la sensazione come di una scottatura; si allontanò alquanto, non ardì levare gli occhi; si domandò se non doveva allontanarsi per non comparir più presso il fratello finchè quell'uomo non fosse partito. Ora, nell'attesa del cerusico, ella stava con un tumulto stranissimo di affetti diversi nell'anima, dominata dalla potenza ammaliatrice di quel magnetizzatore.

Il chirurgo, che non tardò molto ad arrivare nella carrozza di San Luca, trovò che tutto era stato bene quello che Quercia aveva fatto; non credette fosse il caso di dover inciprignire la piaga per andar in cerca del proiettile; cavò dalle vene qualche oncia di sangue, scrisse una pozione sedativa, ordinò che si facessero bagnòli d'acqua ghiaccia sulla ferita, e, se sopravvenisse gagliarda la febbre con trasporto al capo, questi bagnòli si facessero alla fronte eziandio.

Il padre e la madre di Francesco accompagnarono il celebre dottore fino all'anticamera, domandandogli ansiosamente che cosa ci fosse da sperare, che da temere del loro figliuolo. La risposta non fu diversa da quella che già aveva data Quercia.

Il caso è grave, ma è tutt'altro che disperato. Bisognerà vedere in progresso di tempo: aspettiamo intanto la febbre che ha da sopraggiungere, ed ancorchè la vedano forte non se ne spaventino. Domattina di buon'ora verrò, e credo poter poi loro dire alcun che di più preciso.

Francesco si sentiva prostrato sempre più, voglioso di silenzio e di quiete, quasi sonnolento. Partito il dottore, Selva tolse commiato, e Quercia s'accinse ad andarsene ancor egli. Teresa, che aveva vista l'amorevolezza delle cure e l'intelligente risolutezza degli atti di Luigi intorno al ferito, e sembravale quindi che dall'opera, dal consiglio, dallo interessamento di lui dipendesse in parte la salute di suo figlio, Teresa gli disse con accento di vera supplicazione:

– Venga a vederci… venga a vederlo per carità!

– Oh sì, soggiunse Giacomo con accento di preghiera ancor egli. Ci faccia questo favore.

Luigi fece guizzare uno sguardo verso l'angolo dove muta, pallida, commossa stava Maria; nello sguardo di lei c'era una supplicazione ancora più viva.

– Verrò di certo: rispose con effusione il giovane, e domattina sarò qui nello stesso tempo in cui capiterà il dottore ***.

Il padre e la madre di Francesco lo accomiatarono coi più vivi ringraziamenti; poi tornarono a sedere nella stanza dell'infermo così che al poco chiarore mandato dalla lampada di sotto al coprilume, nell'ombra gettata dalle cortine del letto potessero vedere la pallidezza del viso di lui, potessero notare, senza che pur uno loro sfuggisse, i moti, i gemiti del figliuolo. Maria, nella stanza vicina, fu l'ultima da cui si spiccassero con parole confortatrici e pietose i due amici di Francesco. Ella era rimasta in piedi a metà della stanza, ed accompagnava con un indefinibile sguardo lui che s'allontanava.

Luigi fece uscir primo Giovanni, e si fermò sulla soglia a rivolgere alla ragazza un suo sguardo acceso ancor egli. Maria arrossì, chinò gli occhi, si sentì turbatissima, occupata quasi da un terrore. Egli tornando sui suoi passi s'avvicinò lentamente alla fanciulla il cui seno palpitava visibilmente.

– Maria! le disse Luigi, quando le fu vicino, con voce sommessa, ma dolcissima, ma fremente d'una irresistibile passione.

Ella sollevò gli occhi sul volto di lui quasi costrettavi a forza. L'urto che ricevette nel sangue dallo sguardo infiammato di amoroso ardore con cui Luigi la saettava, fu tale che sentì mancarsi quasi il rifiato, che mandò un'esclamazione sommessa che parea di dolore, ma stelle palpitante, fisse le sue nelle brune pupille di lui.

– Maria, soggiungeva egli avvicinandosele sempre più, facendo quasi sentire il suo caldo alito sulla pura fronte della fanciulla; Ella ha cominciato a conoscermi in mezzo alla sventura ed alle angoscie dell'animo; la mia venuta sembra aver portato seco in questo tranquillo e lieto asilo di pace il turbamento ed il dolore; oh sappia che la sua vista, invece, o Maria, ha recato in me una benedizione di paradiso.

Fece una piccola pausa, fissandola sempre colla inesprimibile tenerezza di quel suo sguardo incantatore; la misera sentiva l'anima sua, sfuggendo all'impero della volontà, fondersi intieramente nell'anima di lui; poscia il giovane la prese ratto per una delle mani tremanti, la trasse quasi con violenza a sè, le pose un bacio fugace, caldo come un carbone acceso, sulla vergine fronte, le susurrò nelle chiome le magiche parole:

– Maria, io t'amo!

All'inatteso atto, alla temeraria arditezza, Maria sentì mancarsele il cuore; non ebbe pur la forza di mandare un grido, chiuse gli occhi e si sorresse al vicino mobile per non cadere. Quando riaprì le palpebre. Quercia era sparito; ma ella sentiva nel suo cuore e nel suo cervello il suono dolcissimo di quelle fatali parole, sentiva nel sangue circolarle come fuoco sottile un ardore che le aveva comunicato l'alito di lui, sentiva sulla fronte la calda, penosa, ma pur cara voluttà di quel bacio.

Gian-Luigi intanto aveva raggiunto Giovanni Selva, condottolo nella sua carrozza sino a casa, e poi si era ridotto egli stesso alla sua abitazione.

– C'è qualche cosa di nuovo? domandò egli al mariuolo, che faceva da domestico.

Varullo prese un'aria significantemente misteriosa e rispose:

– Eh eh! se ce n'è di nuovo! Questo tale (e porse al medichino la polizza lasciata da Mario Tiburzio) è stato parecchie volte ed ha finito per dire, appena Ella giungesse, la pregassi a suo nome di recarsi colà dov'Ella sa, chè ha immenso bisogno di parlarle, e ci sarebbe stato aspettandola tutto il giorno.

 

– Eh! disse Quercia come parlando a sè stesso; a quest'ora non ce lo troverò più; ma so io dove coglierlo stassera… C'è stato altri?

– Certo!.. Una ragazza… e che tocco di ragazza!.. Bella come un sole, ma che pareva matta come la luna; ci aveva certi occhi stralunati, era così male assettata nei panni, parlava in una certa maniera rotta, vibrata e convulsa, che faceva pena in verità.

Il pensiero del medichino corse subito ad una e la più infelice delle vittime della sua seduzione.

– E disse? domandò egli con un turbamento, un'impazienza e un'ansia insieme.

– Che voleva ad ogni costo parlare con Lei, che non si sarebbe mossa più finchè Lei non fosse giunta.

– È forse ancora di là? domandò vivacemente Gian-Luigi.

– No, perchè fortunatamente è sopraggiunto un tale che seppe dirle tanto bene da deciderla ad andarsene con esso lui.

– Un tale! Chi è? domandò con interesse Quercia.

– Uno che Ella ben conosce: rispose Varullo ammiccando furbescamente; il quale anche adesso trovasi appunto di là ad aspettar Lei.

– Chi è?.. Quello sciagurato di Graffigna forse?

L'uscio del salotto s'aprì, un omiciattolo s'introdusse sgusciando in quella camera e la vocina in falsetto, che ben conosciamo, rispose dalla porta:

– Bravo! Son io precisamente, e la ragazza è quella povera sciagurata di una figliuola di Macobaro.