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La plebe, parte III

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– Avete torto, Maddalena: riprese egli a dire; voi disprezzate e rigettate una sorte, a cui molte e molte, che cosa dico? tutte le fanciulle vostre pari sarebbero beatissime di potere aspirare. Ma di certo voi non vi rendete conto esatto di quello che potreste essere, di quel che diventereste senza fallo. Vorrei che solamente travedeste gli splendori della vita di Zoe soprannominata la Leggera. Essa vive in mezzo all'oro ed ai diamanti, ha i più bei cavalli e le più belle carrozze della città, e veste come una principessa. Ebbene la Zoe, quanto a beltà e piacentezza di modi e di sembianze, non è pure da mettersi in paragone con voi. E la vien su dal nulla, proprio dai ciottoli delle strade e dal fango delle piazze. Io che vi parlo l'ho conosciuta… l'ho veduta, voglio dire, magra come un chiodo, saltar sulla corda in piazza, vestita d'una sottanella strappata e sporca, tempestata di lustrini irrugginiti, con nissun'altra bellezza che due occhioni da metter l'inferno nell'anima della gente…

Queste parole pronunziò Barnaba con voce veramente commossa e faccia turbata. Maddalena levò i suoi occhi stupiti in volto al suo interlocutore, e questi a quella sguardata parve scacciare l'emozione onde si sarebbe detto essere stato preso, e tornò per l'affatto quello di prima.

– Voglio dire, continuò, che voi avete i cento, i mille meriti di più, per riuscire al medesimo e ad ancora più brillante destino… Oh che forse ci avete un qualche amore che vi trattiene con una delicatezza di scrupolo che sarebbe soverchia davvero?

Fece una risatina così accortamente falsa che pareva vera.

– Giusto: soggiunse con tono di scherzosa famigliarità; sapete che vi fanno l'amante di quell'invisibile ed introvabile medichino di cui tutti parlano e nessuno seppe scorgere pur mai l'ombra soltanto.

Gli occhi neri di Maddalena saettarono un nuovo sguardo di fuoco sulla faccia scialba del poliziotto che rimase impassibile.

– Ed Ella crede all'esistenza di questo medichino? domandò la fanciulla.

Barnaba crollò le spalle come fa uno scienziato innanzi ad un pregiudizio del volgo.

– Oibò! Non mi fate il torto di credermi così sciocco. Il popolo ha sempre bisogno di personificare in un essere ideale l'autore, o per dir meglio, i varii autori di tutto ciò che avviene di un po' strano onde la sua immaginativa resta colpita; il più delle volte anche gli stessi strani avvenimenti che dànno origine alla creazione di quel personaggio fittizio, sono inventati. Appo noi da un po' di tempo sono accaduti alcuni più audaci delitti che hanno sparso lo spavento nel gregge pusillanime dei possidenti; ed ecco di subito la fantasia sgomentata di quella brava gente immaginare una fortissima e numerosissima associazione di malfattori ed a capo di essa un malandrino più matricolato degli altri, orribile, feroce, un diavolo in carne ed ossa, che, non si sa poi per qual ragione, venne battezzato col nomignolo di medichino. Eh! non mi lascio abbacinare da queste puerilità io! Provate un po' a domandare al popolo, che viso, che aspetto, che modi ha questo famoso re di briganti e di assassini: uno vi dirà che gli è un gigante tanto fatto, con occhi da basilisco, con sembianze così truci da far basire di paura solamente a guardarlo, che gli è un mostro che beve sangue umano, non gode che dell'agonia di vittime umane immolate, non apre la bocca che per bestemmiare e comandare i più atroci delitti; altri invece ve lo dipingerà di apparenze tutto graziose e gentili, un giovinetto sbarbato che pare una donna, a cui si darebbe l'ostia consecrata senza confessione. Io ne concludo da ciò che è tanto vero il primo quanto il secondo ritratto di questo misterioso individuo, la cui esistenza cercano di far credere i birbanti medesimi per far essi di proprio capo le loro gesta e sviare con quell'arte da sè i sospetti della polizia… Ma lasciamo stare quest'ipotetico individuo. S'egli non è il vostro amante, Maddalena, ciò non vuol dire che voi non ne abbiate un altro, al quale mi è avviso che voi vogliate bene – fortunato mariuolo, va! – più di quanto una ragazza di vostra fatta dovrebbe; e mi nasce il sospetto che sia appunto per riguardo di codesto vostro damo che voi non vogliate far buon viso alla felicità di quel certo avvenire che vi ho mostrato. Se così fosse, sarebbe questo uno scrupolo che vi onora, ma che dimostra una certa inesperienza e – lasciatemi dire – grullaggine. Forse che accettando la fortuna di cui vi si parla, voi sareste impedita di aver poi per vostro intimo amico colui che vi piacerebbe? Eh! di siffatti amanti ve ne potreste tenere quanti vi garba – ci basterebbe un po' di prudenza… To': anche qui posso citarvi l'esempio della Zoe, di cui vi parlavo un momento fa. Essa ha molti protettori – e quasi tutti alto locati, e fra questi il principino che ho nominato poc'anzi – i quali pagano e pagano lautamente; e poi ha un amante che non paga, ma cui anzi, dicesi, esser ella a pagare… Egli è un medico appunto; ma quello è un medico davvero; uno de' più belli ed eleganti damerini della città: il dottor Quercia.

Barnaba pronunziò queste ultime parole con affatto il medesimo tono col quale aveva parlato finora, senza pesare menomamente su di esse, come si dicono le cose del tutto indifferenti, a cui non v'è ragione alcuna di dare pure un'ombra d'importanza; ma il suo sguardo che non aveva abbandonato mai la faccia fresca e rubiconda della giovane era in sull'avviso più che mai da potere cogliere su di esso il più lieve e il più fuggitivo segno d'impressione qualunque.

All'udire quegli ultimi detti e sopratutto quel nome, tutta la persona di Maddalena ebbe una subita agitazione leggiera, ma che non poteva sfuggire allo sguardo attento del poliziotto; gli occhi di lei ebbero un baleno vivissimo cui tosto velarono le palpebre sollecitamente abbassate; e la sua volontà non fu tanto padrona del sangue improvvisamente riscosso che valesse ad impedirgli di salire ad arrossarle le guancie.

– Ah! esclamò ella sotto l'efficacia di quel primo impulso; Quercia è l'amante di codesta tal Zoe?..

Barnaba non ebbe più bisogno di altri argomenti per essere chiarito della identità ch'egli aveva sospettata fra il misterioso medichino ed il galante dottor Quercia; ne sentì una viva gioia, ma la sua faccia era troppo esperta ed avvezza a dissimulare perchè ne lasciasse scorgere un segno qualunque; vide che la sua ispirazione l'aveva servito bene, e determinò tentare di trarne tutti quei maggiori frutti che potesse.

– Quell'originale d'una Zoe ne va pazza: soggiunse. Gli è che quel mariuolo d'un seduttore è inarrivabile nell'arte di abbindolare una donna. Si conta anche d'una signora d'alto rango, una vera nobile, una contessa di Staffarda che si darebbe al diavolo – se pure non si è già data – per gli amplessi di quello scellerato d'un dottore.

– Contessa di Staffarda? dimandò Maddalena, come se volesse stamparsi anche questo nome nella memoria.

– Sì, rispondeva con tutta bonarietà il malizioso Barnaba, contessa Langosco di Staffarda… Oh! una delle prime famiglie del regno… Ed una bella donna poi!.. Capperi! che bella donna! Non c'è che dire; Quercia sa scegliere per benino le sue conquiste. La Zoe e la contessa sono due fior di bellezza.

Un subito smanioso desiderio invase l'animo di Maddalena: quello di vedere le due donne che erano sue rivali.

– Dove abita ella, questa contessa? domandò ella ad un tratto.

Barnaba glie lo disse.

– E quell'altra? La Zoe!

Il poliziotto le disse anche di questa.

Maddalena sentì il bisogno di dare una ragione di queste sue strane domande.

– Ella mi ha detto tante cose di questa Zoe… Mi piacerebbe un poco vedere co' miei occhi come la vive e la si governa; mi piacerebbe sentire dalla sua bocca medesima il bene e il male della sua esistenza.

– Vedrete in ogni modo che io non vi ho detto che la semplice verità…

A questo punto nello stanzone vicino, divenuto oramai silenzioso del tutto per esserne partiti quasi tutti gli avventori, s'udì suonar mezzanotte dall'orologio a contrappesi. Maddalena si ricordò di botto che Gian-Luigi l'attendeva per quell'ora, e senza volere altro soggiungere nè ascoltar più, s'alzò frettolosa.

– È mezzanotte, diss'ella; non posso fermarmi più oltre. Bisogna ch'io me ne vada.

– Ancora un minuto solo…

– No; sono aspettata.

– Ah ah!.. Non parlo più: allora, passando di là, fate il piacere di dire a Pelone che venga qui.

Nella stanzaccia dell'osteria non c'erano più che due avventori: uno era Andrea, il quale, appoggiate le braccia sul desco e sopravi il capo, s'era addormentato sotto l'influsso dell'ebbrezza; l'altro era Macobaro, che solo in un angolo, concentrato in se stesso, ruminava nella sua mente l'immensità della sciagura che gli era precipitata addosso ed accarezzava il pensiero e l'ancora incerto proposito della sua vendetta. Egli ritardava più che poteva il momento di tornare a casa. Giunto colà che cosa vi avrebbe fatto? L'idea di ritrovarsi in faccia alla sua figliuola colpevole gli era adesso penosa oltre ogni dire. Avrebbe voluto non rivederla più mai: frattanto rimaneva assorto ne' suoi cupi pensamenti, e lasciava passare le ore.

Pelone chiamato nel camerino da Barnaba, per mezzo di Maddalena (la quale poi erasi affrettata ad uscire di colà per recarsi dall'altro segreto passaggio al luogo dove il suo amante stava attendendola); Pelone andò con passo più lento ancora del solito verso il gabinetto in cui era il poliziotto. Non gli restava altro che mandarlo via; e non aveva ancor bene risoluto fra sè il modo migliore con cui far codesto; sapeva che metterlo fuori dell'osteria era un mandarlo alla morte, e provava in se stesso alcuna cosa che quasi poteva dirsi rincrescimento, non già che ad ispirargliela fosse la debolezza della pietà, ma sibbene l'egoismo della paura di rimanerci compromesso egli medesimo. La sua salute, la sua sicurezza dipendevano da quelle relazioni opportune ch'egli sapeva mantenere colla polizia da una parte, colla cocca dall'altra; e Barnaba era il frego d'unione fra lui e la prima di queste due potenze. Una volta rotto l'equilibrio, egli poteva essere esposto ai maggiori pericoli. L'uccisione di Barnaba rompeva questo sapiente equilibrio da una parte, e s'egli avesse cercato di sottrarre il poliziotto a codesta sorte, l'equilibrio precipitava dall'altra. Il bravo Pelone non s'era mai trovato in un simile imbroglio: ed ecco perchè il suo passo era più lento del solito, la sua faccia più lunga che mai mentre camminava verso il camerino dall'uscio a vetri.

 

Barnaba da parte sua pensava che l'oste lo avrebbe probabilmente messo a fronte di qualche scellerato con cui non gli occorreva solamente accortezza per sapersi governare, ma gli sarebbe stato necessario coraggio fors'anco per difendere la sua vita: e, preparato com'era ad ogni cosa, riandava seco stesso ciò che aveva preventivamente studiato dover dire in tal circostanza e guardava se fossero sotto la sua mano e agevolmente impugnabili i calci di due pistole a doppia canna che aveva nelle due tasche dei calzoni.

– E così, compare Pelone, domandò egli al bettoliere che entrava; questi amici sono venuti?

– No signore, rispose l'oste; e' non son venuti, e non verranno più, perchè gli è mezzanotte, e bisogna ch'io chiuda l'osteria, se non voglio buscarmi la mia buona multa.

Barnaba s'alzò lentamente.

– Vuol dire che mi mandi via?

– No… tutt'altro… Ma Ella conosce i regolamenti e gli ordini del signor Vicario, e spero che non vorrà che mi tocchi una contravvenzione.

Qui il poliziotto commise un grande errore: quello di volersi dare il gusto di spaventare quel furfante d'un bettoliere.

– Vado, caro Pelone, gli disse con ironica gentilezza, che suonò al vecchio birbante come una tremenda minaccia; ma ci rivedremo domani… E mi vedrai venire in buona compagnia ad apprenderti quanto tu abbia avuto torto a tacermi i più importanti dei tuoi segreti.

Pelone rimase allibito.

– I miei segreti? diss'egli. O di che razza segreti la s'intende parlare?.. Che cosa è che io ho taciuto? Santa Vergine con tutti i santi: io non ho taciuto nulla, o possa essere impiccato…

– Benone! continuò Barnaba con quella spaventosa ironia: il tuo generoso augurio sarà facilmente esaudito… Addio.

Adesso gli era l'oste che lo avrebbe voluto trattenere; e fu il poliziotto che partì senza più dargli retta.

Pelone rimase il più perplesso uomo del mondo. Quando Barnaba era venuto fuori con quelle parole, egli stava per tentare di copertamente avvisarlo del pericolo che lo minacciava; ora invece quasi rallegravasi di non averlo fatto.

– Questo demonio, pensava fra di sè, ha forse scoperto qualche cosa… Ma se Graffigna lo coglie, ei si porterà nell'altro mondo tutto ciò che ha scoperto.

Mandò un patetico sospiro.

– Purchè quel figliuolo d'un cane di Graffigna non isbagli il colpo!.. Ecco ciò che io sono ora costretto a desiderare.

Fece uscire Macobaro ed Andrea, svegliandolo, dall'osteria, e chiuse alle loro spalle ermeticamente l'uscio della bettolaccia.

Graffigna, uscito dall'osteria, dopo aver fatto cenno a Marcaccio di seguirlo, s'era fermato a pochi passi lontano dall'ingresso della bettola, sotto il fioco raggio d'un lampione municipale a cui troppo scarsamente l'illuminatore aveva misurato l'alimento dell'olio. Non cadeva più la neve, ma quella caduta lungo tutto il giorno, che copriva alta due palmi la strada, diffondeva un biancolastro chiarore per la notte, altrimenti scura e nebbiosa. Non un rumore più si udiva, non un passo muovere, non una voce suonare; non un'ombra più si vedeva accostarsi in quell'umidiccio e freddo ambiente di nebbia, or più or meno densa, che pareva sotto una misteriosa spinta rotolare chetamente sul suolo e lungo le pareti delle case le sue volute. Marcaccio non tardò a raggiungere il suo degno superiore nella gerarchia delle scelleraggini.

– Bene: gli disse Graffigna senza preamboli. C'è un uomo colà dentro, che bisogna ad ogni costo freddare. Ho pensato di servirmi del tuo aiuto.

Marcaccio, per quanto birbante egli fosse, mostrò tuttavia poco entusiasmo a questa proposizione fattagli a bruciapelo.

– Diavolo! diss'egli; di chi si tratta?

– Codesto tu non hai manco da saperlo. Quando i miei occhi da gatto lo vedranno venire, ti dirò: gli è quello; e ciò ti deve bastare.

– Ha egli molto denaro allato?

– Forse nè anche un soldo.

– E allora perchè?..

– Perchè gli è l'interesse della cocca che lo vuole.

– Ah! fece Marcaccio curvando il capo, come non trovando più nulla da ridire a questa buona ragione.

– Sarò io che darò il colpo; riprese Graffigna: non mi fido che del mio succhiellino io…

Marcaccio parve niente affatto offeso della poca fiducia che il suo compagno manifestava in lui per codesta impresa; anzi trasse un respiro che si sarebbe detto di soddisfazione, od almanco di sollievo.

– Tu, continuava quell'altro, mi farai da bracco ad arrestare la preda, e non interverrai attivamente col tuo coltellaccio, se non quando ne nasca assolutamente il bisogno: cosa che non credo sia per avvenire. Ecco intanto quello che devi fare. Mettiti costà contro quel portone, nascondendo più che puoi la tua persona contro lo stipite. Quando l'uomo di cui si tratta non sarà più lontano da te che di due passi, io manderò il nostro fischio, ed in allora salterai fuori ad impedirgli il passo.

– Cospetto! disse Marcaccio: egli così mi vedrà per bene in volto, e se mai la scampa mi potrà riconoscere di poi.

– Va là che non c'è pericolo la scampi… E poi per maggior precauzione tirati sul naso il tuo cappellaccio e mettiti sulla bocca il fazzoletto tanto che non ti restino scoperti che gli occhi per vederci…

– Ad ogni buon conto farò così.

– Appena tu l'abbia arrestato, io gli piomberò addosso per di dietro dal posto in cui vado a mettermi in agguato, e tu lo vedrai cadere senza manco gridare un Gesù-Maria… Non c'è cosa più semplice e più facile. Hai tu capito?

– Ho capito benissimo.

– Allora ai nostri posti: ed attenti che fra dieci minuti l'individuo sarà qui.

Marcaccio andò ad appiattarsi dove gli aveva detto Graffigna, e questi da canto suo si postò un po' più indietro, dall'altra parte della strada, stando così aderente al muro dietro il poco riparo che faceva lo sporgere dello stipite d'una porticina, e così immobile, che in quelle tenebre il vederlo o il sospettare soltanto in quel luogo la presenza d'un uomo era impossibile.

Barnaba intanto, uscito dall'osteria, se ne veniva lentamente, e con aspetto preoccupato verso quella parte. Egli era lieto dei risultamenti ottenuti in quella sera, e veniva pensando come trarne miglior profitto. Adesso non era più con un'intima istintiva persuasione soltanto, ma con una morale certezza giustificata ch'egli avrebbe potuto presentarsi al signor Tofi a sostenergli l'identità del medichino coll'elegante dottor Quercia. La scoperta dell'esistenza già sospettata d'un segreto nascondiglio dove riparassero gli assassini e si nascondessero i corpi del delitto, era cosa importantissima; così egli tosto avrebbe provato ai superiori il torto e l'ingiustizia della sua disgrazia. Ma non conveniva indugiarsi per nulla e quanto più presto si sarebbe agito, tanto meglio aveva da essere. Si disse che il Commissario non l'avrebbe rampognato, ancorchè fosse venuto a disturbarlo a quell'ora per affare di tanto rilievo. Era opportuno senza perder tempo, con quella maggior forza di arcieri e di guardie che si poteva raccozzare in tutta fretta, invadere la bettola, rompere il tavolato là dov'egli era persuaso esistere il passaggio, e penetrare ad ogni rischio nel covo degli assassini. Più presto si facesse, e più si sarebbero presi i birbanti all'impensata, e minori sarebbero stati i rischi, e maggiore la messe delle prove. Si, non bisognava esitare, e correr subito dal Commissario.

Presa questa risoluzione, egli aveva levato il capo e s'era posto ad affrettare il passo, quando udì dietro di sè suonare un fischio acuto, modulato in maniera speciale, e tosto dopo vide slanciarglisi innanzi, come se uscisse dalla muraglia della casa, un uomo grande e grosso colla faccia coperta da una pezzuola, il quale secondo l'abitudine di tutti questi galantuomini, gli disse:

– Ferma, birbante!

Barnaba cacciò la mano nella tasca dei calzoni per estrarne una delle sue pistole; ma chiuso e abbottonato nei panni, com'era, pel freddo, prima che avesse tempo di compier l'atto, si sentì una lama fredda ed acuta penetrare nel fianco a due riprese in fretta in fretta; volle mettere un grido, ma si sentì soffocare da un fiotto di sangue che gli venne alla gola, gli si annebbiarono gli occhi e cadde lungo e disteso sulla neve che ammantava la strada.

– Il suo conto è bello ed assestato: disse con orribile scherno la voce in falsetto di Graffigna; e lo scellerato si curvò sul giacente per certificarsi di meglio della morte di lui; ma in quella Marcaccio, che non ancora così agguerrito in queste orribili imprese, guardava intorno con occhio spaventato, vide venire a quella volta in mezzo alla nebbia le ombre di due uomini che camminavano ad una piccola distanza l'uno dall'altro. La poca tranquillità della sua coscienza gli fece pensar subito ai difensori della legge ed ai punitori dei misfatti, gli parve di veder luccicare le armi e la divisa dei custodi della sicurezza pubblica.

– Una pattuglia! esclamò egli colla voce soffocata dal più alto spavento: salva, salva!..

E senza aspettar altro se la diede a gambe che pareva il vento lo portasse.

La paura è contagiosa, massime in quei certi momenti in cui c'è davvero buona ragione d'averla. Graffigna levò il capo, vide ancor esso le ombre che si avvicinavano e non guardandoci tanto pel sottile, ora che il colpo era fatto, pensò miglior consiglio il porsi in salvo egli pure, e via di corsa dietro Marcaccio che già era sparito.

I due uomini che sopraggiungevano erano Macobaro ed Andrea.

Maddalena, penetrata in Cafarnao, aveva trovato Gian-Luigi ancora tutto assorto nel suo lavoro.

– Finalmente, esclamò ella con voce concitata, incapace di frenare la passione che la padroneggiava; finalmente conosco il nome di due delle mie rivali: la Zoe e la contessa di Staffarda.

Gian-Luigi levò verso Maddalena il viso tra corrucciato e stupito, e corrugò la sua bella fronte del più puro modello greco.

– Come hai tu appreso codesto? domandò egli vibratamente con accento di autorità imperiosa.

La giovane esitò.

– Parla: riprese impetuoso ed impaziente il medichino.

Maddalena, che con Luigi non sapeva fingere e che lo temeva troppo per non obbedirlo, rispose che ciò le era stato detto da quel cotal Barnaba, di cui fra loro si era discorso la mattina di quel giorno medesimo.

Il medichino impallidì leggermente.

– Ma quel demonio sa dunque tutto! esclamò egli non cercando punto di dissimulare l'ingrata sorpresa e lo sgomento ch'egli provava.

– Rassicurati: disse sollecitamente Maddalena, egli non ha parlato altrimenti di te, ma del dottor Quercia: ed all'esistenza del medichino ha protestato che ei non ci credeva il meno del mondo.

Gian-Luigi scosse la testa niente rassicurato.

– Folle che tu sei! E' ti ha detto così per ingannarti. Come e perchè vuoi tu che a te parlasse del dottor Quercia e delle sue amanti, s'egli non sapesse o non sospettasse almanco che quel dottor Quercia son io?

Maddalena sovraccolta dall'evidenza di codesto argomento, chinò il capo, spaventata essa pure della conseguenza di tal fatto.

– Per Dio! esclamò il medichino, stringendo il pugno, levando il capo con fiera mossa e saettando uno sguardo alla vôlta, quasi volesse sfidare il cielo. La fortuna, che finora mi ha secondato, sta ella per abbandonarmi adesso nel migliore? Sul punto di raccogliere le fila della trama così pazientemente e con tanta pertinacia tessuta, debbo io vedermi ad un tratto per l'oscuro colpo d'uno sgherro troncare i nervi ed impedire l'opera? Almeno questo ingiusto insensato del destino mi lasci scendere in campo e principiare la lotta; ch'io cada là in mezzo, se non è mia sorte il vincere, ma ch'io cada colla gloria d'un'ecatombe di vittime, colla superbia d'un cumulo intorno di rovine da me fatte, vedendo tremante e pallido per ispavento quel mondo sciagurato e codardo che mi vincerà colla forza de' suoi ordini ingiusti; Erostrato, ch'io perisca almeno nella gloriosa aureola delle fiamme da me suscitate!.. Ma cadere in mano della sbirraglia, ma morire ignobilmente per ignobile supplizio sopra un patibolo!.. Oh Catilina, tu almanco nella tua sciagura hai avuto un fine condegno. E in questo momento forse è già tratto il dado della mia sorte… Ah! la mia fortuna e la mia vita sono sulla punta del pugnale di Graffigna.

 

Egli finiva appena di pronunziare queste parole che l'esile persona di Graffigna medesimo s'insinuava colla sua andatura felina in quel locale.

– Niente paura: disse l'assassino trafelato dall'aver corso; il pugnale di Graffigna non falla mai. Quell'uomo non può contar più i segreti da lui scoperti che ai vermi del sepolcro.

E ciò dicendo mostrava alla luce rossigna della lampada la lama sanguinosa del suo pugnale.

Ma lasciamo omai – e n'è gran tempo – questo tristo ambiente di feroci passioni e di delitti; andiamo in più elevata sfera, dove altre ed anco accese passioni vedremo agitarsi, ma contenute almanco dall'onestà dell'animo e dalle forme civili dell'educazione: rechiamoci al ballo della baronessa X, dove sappiamo dover convenire parecchi fra gl'importanti personaggi del nostro racconto.