Le Straordinarie Avventure Di Joshua Russell E Del Suo Amico Robot

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Vide con gli occhi del suo amico metallico i rami degli alberi e capì che erano arrivati nel bosco. A un tratto sentì dei rumori e vide esplodere, colpito da un raggio laser nella schiena, il robot alieno che teneva Raptor per i piedi. L’altro invece lo aveva mollato e aveva ingaggiato un combattimento col nuovo giocattolo di Lucas.

Gli alberi del bosco erano scossi dai colpi che i due robot si scambiavano e il laser illuminava il buio tra la fitta boscaglia. Dopo alcuni minuti di scontri furibondi uno dei due contendenti cadde, irrimediabilmente danneggiato, al suolo. L’altro era rimasto in piedi e guardava senza muoversi i ragazzi che nel frattempo avevano raggiunto il bosco e liberato Raptor dai legacci che lo immobilizzavano.

I due automi si fissavano pronti a darsi battaglia, ma, a un tratto, la voce squillante di Lucas gridò:

<<No, non lo attaccare è il mio, è il mio Buby!>>

A quelle parole Joshua nonostante fosse sconvolto, stremato e impaurito scoppiò in una fragorosa risata, persino i robot, gli alberi e i grilli del bosco, sembrava che ridessero con lui. In un attimo capì perché, nonostante volesse bene al suo amico, non riusciva ad aprirsi con lui, era davvero un bambino.

<<Che hai da ridere? Buby è il nome del mio chihuahua, poverino è scomparso lo scorso anno>> esclamò Lucas, pieno di meraviglia.

Il giovane genio era finito a terra, con le mani si teneva lo stomaco, rideva e lacrimava.

<<Basta! Basta non lo chiamare più Buby per favore o mi farai morire dalle risate.>>

<<Uffa!>> disse il giovane amico, che intanto aveva incrociato le braccia e fatto il broncio.

Joshua aveva smesso di ridere e si sentiva un po’ in colpa nei confronti dell’amico che lo aveva salvato.

<<Scusa, grazie per aver salvato il mio Raptor, hai lottato come una tigre poco fa distruggendo i tuoi primi robot nemici.>>

<<Io non ho fatto niente, ho soltanto detto a Bu… al mio robot di salvare quello legato e di distruggere gli altri due.>>

<<Questa storia deve finire. Ordina anche al tuo… di attaccare la base>> esclamò Joshua, mentre impartiva lo stesso ordine a Raptor.

I due robot, senza esitazioni, si precipitarono verso il lago e si tuffarono scomparendo nel buio. Dei lampi di luce e delle esplosioni provenienti dal fondo del lago cominciarono a illuminarne le acque scure mentre la superficie ribolliva a causa anche dei tanti omini verdi che saltavano fuori correndo verso il bosco a cercare riparo. Dopo alcuni minuti di lampi e di frastuono ritornò il silenzio e il buio. Due figure nere che luccicavano alla luce della luna emersero dal lago dirigendosi verso i giovani in trepidante attesa.

Il ragazzo sentì la voce del suo amico Raptor risuonare nella sua mente.

<<È finita, abbiamo distrutto la base e le navicelle spaziali, adesso non possono più fare del male a nessuno. Abbiamo cercato di non ucciderli, senza la loro tecnologia sono inoffensivi e senza le loro navicelle non potranno procurarsene mai più, tranne che riescano ad arrivare a piedi fino in Amazzonia. Purtroppo non sono riuscito a trovare il loro capo, lui sì che meritava una lezione.>>

Gettarono nel lago i pezzi dei due robot distrutti e s’incamminarono verso casa.

<<Che cosa dirai a tuo padre per giustificare la presenza di Buby?>> domandò Joshua.

<<Non so, inventerò una storia. Potrei dirgli che tu ne avevi costruito uno anche per me sperando che partecipassi al torneo. Tu invece dovresti restituirmi il tuo per non destare sospetti nei tuoi genitori.>>

<<Dirò a mio padre che il robot si è un po’ danneggiato nei combattimenti del torneo e che quindi ho deciso di pagartelo e tenerlo, tanto tuo padre te ne ha già comprato un altro.>>

<<Siamo dei geni!>> esclamarono quasi contemporaneamente, mentre battevano il cinque.

<<Cavolo! Le tegole rotte e il letto distrutto come li giustifico? Sbrighiamoci a tornare a casa mia prima che i miei genitori rientrino>>, esclamò preoccupato Joshua.

Giunti a casa rimisero a posto la stanza, avrebbero aspettato che, l’indomani, i suoi genitori uscissero, per ricomprare il materasso e il cuscino. Per giustificare le tegole rotte decisero che avrebbero raccontato di aver fatto salire il robot sul tetto per recuperare un gattino. Erano soddisfatti della loro capacità di raccontare balle.

Si salutarono con un abbraccio e quindi Lucas si allontanò dirigendosi verso casa sua insieme al suo nuovo amico Buby.

Joshua se ne andò a letto, stanco e molto provato per l’ennesima avventura. Stavolta avrebbe potuto dormire tranquillo, giacché il problema degli alieni era stato risolto, ma il materasso semi distrutto non gli permetteva di addormentarsi. Si mise in contatto con Raptor che intanto si era rifugiato nel capanno.

<<La prossima volta non lasciare che ti leghino e ti portino via>>, disse un po’ seccato all’amico.

<<Non posso far niente, non riesco a muovermi se non ricevo un comando>>, rispose lui.

<<Allora ti ordino che dovrai reagire contro qualsiasi atto che comporti il tuo allontanamento forzato da me.>>

<<Va bene!>> rispose il robot.

Il ragazzo restò un attimo a riflettere sull’ordine appena impartito, poi chiese all’amico:

<<Tu obbedirai a tutti i miei ordini, qualunque cosa io ti chieda?>>

<<Certo comandante, sono programmato per obbedire, non dubitare mai di me.>>

<<Ti ordino di agire secondo la tua volontà, fai ciò che vuoi senza bisogno della connessione.>>

<<Mi dispiace comandante, apprezzo il tuo tentativo, ma il mio hardware non mi consente di muovermi senza connessione.>>

<<Resta connesso allora, ma agisci secondo la tua coscienza e la tua volontà.>>

Il robot provò a muoversi, uscì dal capanno e si mise a guardare le stelle, poi si mise a correre e a saltare.

<<Posso farlo! Posso muovermi!>> la sua voce tenebrosa risuonava nella testa del ragazzo che percepiva la felicità del robot.

<<Te ne andrai adesso? Mi lascerai solo?>> domandò il giovane.

<<Dove dovrei andare? Non ho nessuno, a parte te, in questo mondo e poi un robot che se ne va a spasso da solo non passerebbe inosservato. No, resterò con te se tu lo vorrai, ma almeno adesso potrò agire senza dover aspettare un ordine. Ti sarò per sempre grato, anche se ho bisogno ancora della connessione, mi sento libero ed è una sensazione bellissima.>>

<<Tu fai un po’ come vuoi, io cercherò di dormire, sono stanco e mi sento più distrutto di questo maledetto materasso.>>

Raptor non aveva nessuna voglia di mettersi in modalità riposo, la sensazione di potersi muovere liberamente era troppo bella perché se ne restasse fermo. Cominciò a girare per il capanno osservando gli attrezzi del ragazzo, pensò che avrebbe potuto modificare il robot costruito dal suo amico e farlo diventare molto più efficiente.

A un tratto vide l’alieno dentro il terrario. Era lui, il Capo, lo aveva riconosciuto, la sua memoria fotografica non poteva sbagliarsi. Era stato lui a formare la fazione ribelle, a convincere gli altri della necessità di uccidere gli umani e a tentare di uccidere il suo amico Joshua.

Stava per colpirlo con un pugno quando si rese conto che il suo comandante non avrebbe acconsentito, restò quindi col braccio sollevato mentre l’alieno lo guardava impaurito e rassegnato.

<<Sarà il mio comandante a decidere cosa farne della tua vita>>, pensò mentre cercava di capire se fosse ancora sveglio.

<<Joshua, stai dormendo?>>

<<No, non ancora, che succede Raptor?>>

<<L’alieno, quello che hai messo nel terrario, è lui il Capo, è quello che si è ribellato alla comunità, che ha formato la fazione nemica e che ha deciso di distruggere gli umani.>>

<<E allora?>>

<<Se tu vuoi, posso schiacciarlo con un dito.>>

<<No, Raptor! È inoffensivo lì dentro, non potrà mai più fare del male a nessuno.>>

<<Lui ha tentato di ucciderti!>>

<<Noi non siamo come lui, io non uccido per vendetta o se non sono costretto e se non devo salvare la mia vita.>>

<<Come vuoi tu, per me comunque non merita di vivere.>>

L’alieno aveva capito di aver rischiato molto e che per questa volta era andata bene, rimase seduto a meditare progettando la sua fuga e la sua vendetta.

L’indomani Joshua, approfittando della consueta assenza dei genitori, si fece consegnare, da un rivenditore nelle vicinanze, un materasso e un cuscino nuovo, immaginando una notte di meritato riposo. Fece riparare il tetto da alcuni operai e rimise ordine nel capanno cercando di renderlo il più ospitale possibile per il suo amico. Diede del cibo al piccolo alieno e raccomandò a Raptor di non farsi mai vedere in giro da solo, poi insieme si recarono a trovare Lucas e il suo nuovo giocattolo.

I genitori di Joshua intanto erano rientrati per il pranzo, la madre era andata in cucina a preparare qualcosa da mangiare mentre il padre si era recato al capanno per chiamare suo figlio. Vide che aveva messo tutto in ordine, riposto tutti gli attrezzi e liberato tantissimo spazio, vide Scorpion in piedi in un angolo coperto ormai dalla polvere, aveva capito che il figlio non c’era e decise di chiamarlo al telefono.

 

Joshua gli spiegò che aveva dovuto acquistare il robot di Lucas perché aveva subìto dei piccoli danni e che, con lui e con il nuovo robot regalatogli dal genitore, lo stavano riparando quindi sarebbe rientrato soltanto durante la serata.

Il padre, che non sospettava di nulla, gli raccomandò di rientrare per cena perché gli avevano preparato una sorpresa e volevano festeggiargli il compleanno, poi cominciò a frugare negli scaffali, prese il terrario e s’incamminò verso casa.

<<Dana, amore. Ho trovato il terrario ma dentro c’è già una strana lucertola>>, disse alla moglie.

<<Che schifo!>> esclamò la donna nel vedere quell’essere verdastro.

<<Che faccio la libero o li metto insieme?>> domandò l’uomo.

<<Non lo so, non credo che nostro figlio sarebbe contento se la liberassimo. Non ti preoccupare, i rettili fra loro vanno d’accordo, vedrai che il nostro Joshua sarà felicissimo nel vedere che gli abbiamo ricomprato quei serpentelli cui era tanto affezionato.>>

<<Se lo dici tu, io di rettili non ne capisco un tubo, anzi non comprendo come faccia nostro figlio ad amarli tanto.>>

L’alieno era rimasto a guardare gli umani senza capire quali fossero le loro intenzioni, sembravano pacifici, lo guardavano senza cattiveria, pensò persino che stessero per liberarlo quando vide aprire il coperchio di quella prigione, ma quando vide che invece stavano per mettere dentro altri due sgraditissimi ospiti, si rese conto che per lui era ormai arrivata la fine.

<<Quegli idioti degli umani non sanno che i serpenti sono i peggiori nemici delle lucertole?>> pensò terrorizzato.

Aveva sognato la vendetta, il dominio sulla Terra e la distruzione degli umani e invece stava per diventare il pasto di due stupidissimi serpenti.

<<Maledetti! Maledettissimi robot!>> gridò l'alieno nella sua incomprensibile lingua, mentre uno dei serpenti lo divorava vivo.

Capitolo II

La minaccia aliena

Stavano seduti sul divano a guardare la TV, Joshua mangiava dei popcorn, Raptor ogni tanto ne rubava uno per far finta di mangiare, poi inevitabilmente finiva per tirarlo in testa all’amico. Il ragazzo aveva portato il divano e la TV nel capanno tra lo stupore dei genitori che non capivano perché passasse tanto tempo in compagnia di uno stupido pezzo di metallo telecomandato.

Per fortuna, grazie anche al padre di Lucas, la legge sull’intelligenza artificiale era stata modificata. I robot adesso avevano la facoltà di interagire con gli umani e potevano svolgere delle mansioni in modo autonomo senza che fosse necessario telecomandarli.

Il ragazzo e il suo robot potevano trascorrere interi pomeriggi insieme a giocare, a chiacchierare e a guardare le loro trasmissioni preferite senza il timore di essere visti dai vicini.

Per Joshua questa nuova legge era stata una benedizione, si era stancato di fingere di usare i telecomandi, adesso poteva stare col suo robot senza preoccuparsi di destare sospetti.

Lo portava sempre con sé, era il suo amico, la sua guardia del corpo, il suo maestro ma anche il suo cameriere. Raptor lo assecondava sempre, gli era grato per quello che il suo giovane comandante aveva fatto per lui e, anche se non lo avrebbe mai ammesso, gli voleva un gran bene.

<<Ehi! Raptor, non ti ho mai chiesto quanto è lungo il tuo ciclo vitale>>, esclamò il ragazzo.

<<La mia fonte di energia è in grado di durare millenni e se non intervengono dei fattori esterni, dovrei vivere fino all’esaurimento dell’energia. Io però sono sempre legato a te e non posso muovermi senza la connessione quindi, in pratica, cesserò di vivere quando smetterai anche tu.>>

<<Passando la connessione a qualcun altro e sostituendo ogni volta la tua batteria, puoi vivere in eterno?>> domandò Joshua.

<<Il materiale di cui è composta quella che tu chiami batteria non esiste sul vostro pianeta, non mi sarà possibile sostituirla. Vivere due o tremila anni, è più che sufficiente, te lo garantisco.>>

<<Mi piacerebbe poterla riprodurre, è davvero fantastica, porterebbe l’umanità avanti nel futuro di centinaia di anni, risolverebbe il problema dell’inquinamento e ci fornirebbe l’energia per far viaggiare le astronavi a velocità prossime a quella della luce. Di quale materiale si tratta?>> domandò il ragazzo.

<<È un metallo molto leggero che si trova solo sul pianeta delle lucertoline, loro riuscivano ad accendere questo materiale bombardandolo con atomi di un altro metallo. La combinazione degli atomi innescava una reazione in grado di produrre energia, in pratica all’infinito, senza emissione di radiazioni.>>

<<Devono averne portato molto con loro se la fazione ribelle pensava di costruire migliaia di robot e conquistare la terra.>>

<<L’astronave ne è davvero piena>>, disse Raptor annuendo.

<<Se solo potessimo andare sulla Luna a prenderlo, sarebbe una scoperta eccezionale.>>

<<Noi non possiamo e anche se volessimo raccontare tutto su ciò che è accaduto tre anni fa, non è detto che ci crederebbero.>>

<<Sono già passati tre anni, come vola il tempo. Che fine avranno fatto tutti gli alieni che sono fuggiti dalla base?>>

<<Penso che il bosco oramai ne sarà pieno, si riproducono molto velocemente, per fortuna ci sono gli uccelli e i serpenti a tenerli sotto controllo. Quando penso ai serpenti, mi viene in mente la faccia che hai fatto il giorno del tuo compleanno, quando i tuoi genitori ti hanno regalato i due serpenti che avevano messo nel terrario insieme al capo alieno.>>

<<Poverino che brutta fine, anche se aveva tentato di uccidermi, non volevo che morisse così. Pensi che si accoppieranno con le lucertole della terra?>>

<<Voi vi accoppiereste con le scimmie?>>

<<Conosco gente che ne sarebbe capace>>, disse Joshua, ridendo a crepapelle.

A un tratto le trasmissioni furono interrotte. Lo speaker annunciava un’edizione straordinaria del telegiornale.

<<Stamattina un’astronave di enormi dimensioni è atterrata sul suolo americano, vicino alla città di New York. Moltissimi soldati dell’esercito degli Stati Uniti con le unità robotiche e i mezzi corazzati hanno circondato il luogo dell’atterraggio. Aerei supersonici dotati di armi potentissime ed elicotteri da combattimento sorvolano la zona, con l'ordine di intervenire nel caso gli alieni avessero intenzioni ostili>>, disse il giornalista.

<<Hai sentito Raptor? Ancora alieni, perché vengono tutti qui? La Terra è diventata all’improvviso il centro dell’universo?>>

<<Temo che questi siano la conseguenza degli altri, purtroppo.>>

<<Che cosa intendi dire? Perché ho sempre l’impressione che tu sappia più cose di quello che vuoi farci credere?>>

<<Perché è così, per dirti tutto ciò che so ci vorrebbero degli anni e nel frattempo avrei imparato cose nuove, perciò è meglio rispondere alle tue domande e basta.>>

<<Già! Scemo io che te l’ho chiesto.>>

Il telegiornale intanto mostrava le immagini dell’astronave mentre un giornalista le commentava. Come nel più banale dei film di fantascienza si aprì un portellone e un esserino che si vedeva a stento, vestito con una tuta marrone e con un mantello nero, marciava con passi sicuri sopra una passerella che era uscita dal mezzo alieno e che si era posata dopo alcuni metri sul suolo.

Qualcuno aveva cominciato a ridere nel vedere lo strano essere simile a una lucertola, camminare dritto sulle due zampette posteriori, vestito come un personaggio dei cartoni animati. L’alieno si era fermato alla fine della passerella, aveva incrociato le zampette anteriori e gonfiato il petto con un’aria arrogante e sicura di sé.

La sua bocca si muoveva come se parlasse, ma non si udiva nulla, dopo alcuni secondi e degli strani rumori, una voce che proveniva dall’astronave risuonò con forza come se avessero acceso degli amplificatori.

<<Siamo venuti in pace, i terrestri non sono nostri nemici, lo scopo del nostro lungo viaggio è recuperare qualcosa che ci è stata rubata. Un popolo di traditori si è impossessato di un prezioso metallo che apparteneva a noi ed è fuggito sul vostro pianeta per nascondere qui il bottino. Se ci lascerete recuperare ciò che è nostro, nessun essere umano perderà la propria vita ma, se ci ostacolerete, sarà la vostra fine. Attenderemo una vostra risposta per cinque dei vostri giorni. Allo scadere del quinto giorno, la nostra flotta spaziale, composta di migliaia di astronavi come questa, annienterà ogni forma di vita sul vostro pianeta.>>

<<Che buffone!>> esclamò Raptor, sentendo quelle parole.

<<Sta bleffando, non hanno migliaia di quelle astronavi, ne hanno una sola.>>

<<Chi sono?>> domandò Joshua.

<<Gli alieni che sono qui sulla Terra e questi che sono arrivati oggi, sono in guerra da secoli, sono due razze simili ma si odiano a morte. Alla fine i vincitori hanno cercato di uccidere tutti gli sconfitti per evitare che si riorganizzassero, questi ultimi invece sono fuggiti dal loro pianeta e si sono rifugiati sulla Terra.>>

<<Che cosa c’entra il metallo?>>

<<Niente! Il loro pianeta ne è ricchissimo e anche se l’astronave è piena di quel prezioso metallo, è pur sempre una minima quantità rispetto alle immense miniere del loro pianeta. Sta mentendo per giustificare il loro arrivo sulla Terra. Forse, sapendo che il vostro pianeta ne è privo, vogliono distruggere l’astronave col suo carico per impedire ai loro nemici di usarlo per costruire altri robot come me e Buby>>, rispose Raptor.

<<Non capisco! Che cosa vogliono da noi?>>

<<Non lo so, forse pensano che i loro nemici abbiano nascosto sulla Terra la loro astronave e che stiano costruendo dei robot per tornare e attaccare il loro pianeta. Probabilmente credono che gli umani li stiano aiutando.>>

<<Come fanno a sapere dei robot?>> domandò perplesso Joshua.

<<Sono anni ormai che per farsi la guerra usano dei robot. Il progetto che riguardava la mia costruzione è nuovo e non so quanto il progetto precedente sia simile al mio, so che hanno una forma diversa da me ma non so quanto siano evoluti.>>

<<Per questo quell’astronave è così grande, anche se gli alieni sono piccoli, sarà piena di robot>> esclamò Joshua, alquanto preoccupato.

<<Basterà fargli sapere dov’è nascosta l’astronave, così potranno distruggerla e andarsene da dove sono venuti>> disse il ragazzo, contento di aver trovato una soluzione in così poco tempo.

<<Pensi che l’esercito ti farebbe avvicinare? Come pensi di andare a dirglielo?>> domandò il robot.

<<Potremmo scrivere una lettera anonima al Presidente e spiegargli la verità.>>

<<Non ti crederanno mai con una lettera anonima, dovresti andare di persona, raccontare tutto e pagarne le conseguenze, ci separerebbero, io sarei smontato e studiato, tu finiresti in prigione. Le autorità non consegneranno comunque l’astronave con il metallo agli alieni perché ne capiranno subito le potenzialità e non rinunceranno a una fonte d’energia così potente e duratura, neanche davanti alla minaccia di una guerra.>>

<<Raptor, hai ragione come sempre, ma non possiamo lasciare che attacchino la terra, non possiamo sapere come finirebbe.>>

<<Voi umani siete più forti, siete in numero maggiore e avete più armi, per gli alieni sarebbe un suicidio, anche se avessero centinaia di robot, le vostre mitragliatrici e i vostri carri armati li farebbero a pezzi, neppure l’astronave potrebbe resistere ai missili dei vostri caccia.>>

<<Sì, ma una battaglia tra robot alieni e umani causerebbe comunque numerose vittime, pensa se attaccassero una città come New York, i danni collaterali sarebbero numerosissimi, migliaia di persone innocenti perderebbero la vita.>>

<<Hai ragione, scusami, la mia mente da robot certe volte dimentica questi particolari.>>

 

<<Tu li chiami particolari, io penso che se quell’astronave precipitasse ed esplodesse su una grande città con milioni di abitanti, provocherebbe un numero impressionante di vittime innocenti. Io non posso permetterlo anche a costo di finire in galera e poi non possiamo essere sicuri che abbiano una sola astronave, ti sei già sbagliato una volta quando dicevi che gli alieni potevano costruire soltanto un robot in un mese e invece ne avevano costruiti tre in poco più di una ventina di giorni.>>

<<Spero che un giorno tu smetterai di rinfacciarmelo, ti ho già spiegato che, quando sono stato costruito io, quella era la loro capacità produttiva, se poi l’hanno migliorata, non potevo saperlo.>>

<<Infatti, adesso non puoi sapere se hanno altre astronavi, i dati in tuo possesso non sono aggiornati.>>

<<Potremmo mandare uno degli alieni che vivono nel bosco a parlare con quelli dell’astronave. Passerebbe inosservato tra i militari e potrebbe riferire in quale luogo si trova il metallo, così i loro nemici potrebbero riprenderselo e andarsene senza causare una guerra.>>

<<Tu pensi che lo farebbero?>> domandò il ragazzo.

<<Hanno tutti gli interessi per farlo, hanno già perso il loro pianeta, hanno subìto enormi perdite, di sicuro non vorranno che succeda ancora.>>

<<Hai ragione, mi sembra l’unica soluzione, speriamo che funzioni. Stanotte andremo nel bosco e cercheremo di catturarne uno.>>

Il tramonto aveva coperto di ombre la pianura e le poche abitazioni, mentre la luna splendeva nel cielo illuminando il sentiero verso il bosco. Joshua aveva chiamato anche Lucas col suo Buby perché li aiutassero a catturare una lucertolina aliena. Gli aveva raccontato del loro piano e il giovane amico, dopo aver consigliato di mandare i due robot a distruggere l’astronave, aveva capito che la soluzione del giovane genio era meno rischiosa.

Giunsero nel bosco, c’era un buio fitto, impenetrabile, la luce della luna non riusciva a oltrepassare la fitta boscaglia. I ragazzi erano entrati tra gli alberi ma non riuscivano a vedere nulla, nonostante fossero muniti di due potenti torce. I due automi invece erano dotati di visuale notturna, quindi decisero di andare avanti ed eseguire da soli la ricerca.

I due amici rimasero ai confini del bosco in attesa che i robot tornassero con un alieno. All’improvviso notarono due figure luccicanti avvicinarsi verso gli alberi, si nascosero dietro un tronco e videro chiaramente due esseri meccanici dall’aspetto minaccioso venire verso loro. Erano simili alle lucertole ma grandi quanto un umano, erano coperti da una corazza che sulle spalle e sulla schiena era piena di punte acuminate e imbracciavano una specie di fucile.

<<Raptor, fate attenzione! Due robot alieni stanno entrando nel bosco, nascondetevi e coglieteli di sorpresa>> comunicò, mentalmente, Joshua.

Intanto i due robot alieni erano entrati nel bosco e avevano cominciato a sparare con il laser tra gli alberi. Centinaia di lucertoline erano fuggite dai loro ripari e si dirigevano verso il lago per sfuggire ai colpi dei loro nemici. A quel punto Raptor e Buby decisero di intervenire e, cogliendo di sorpresa i lucertoloni metallici, riuscirono, dopo una breve lotta, a renderli inoffensivi, fra gli sguardi sgomenti dei piccoletti in fuga.

<<Maledizione! Altro che metallo. Questi vogliono soltanto massacrarli, sono venuti sulla Terra solo per finire quello che avevano cominciato sul loro pianeta. Maledetti, non hanno nessuna pietà per questi esseri indifesi>>, esclamò Joshua.

<<L’astronave è solo un cavallo di troia, hanno distolto l’attenzione delle autorità per dare la caccia ai loro nemici>>, disse Raptor.

<<Come avranno saputo che si trovavano in questo bosco?>> domandò Lucas.

Ci fu un attimo di silenzio, come se tutti stessero pensando a una risposta alla sua domanda, fu Buby a rispondere per primo.

<<Probabilmente qualcuno li ha traditi, o hanno degli infiltrati tra le loro colonie.>>

<<Il nostro piano è miseramente fallito, se mandassimo uno di loro nell’astronave, lo ucciderebbero subito>> esclamò Joshua, mentre raccoglieva i fucili dei lucertoloni.

Intanto uno dei piccoli alieni si era avvicinato a Raptor e sembrava stesse parlando con lui. Passarono alcuni minuti poi il robot spiegò agli amici quello che si erano detti.

<<Ci ha ringraziato per averli salvati e ci ha chiesto perdono per quello che è successo tre anni fa. Mi ha spiegato che loro non volevano fare del male agli umani, ma si sono lasciati convincere dal loro capo che ha sfruttato l’amarezza per la perdita dei loro compagni in Amazzonia per convincerli a vendicarsi. Ci chiedono di aiutarli, di impedire che facciano del male alle altre colonie.>>

<<Chiedigli come possiamo fare>>, intervenne Joshua.

<<Dice di portare qualcuno di loro nella foresta amazzonica, in modo che possano prendere le navicelle per raggiungere l’astronave madre e attaccare i loro nemici.>>

<<Non posso consentire che portino la loro guerra sul nostro pianeta, dobbiamo trovare un’altra soluzione, avvisali che tra di loro c’è un traditore.>>

<<Lo sanno e l’hanno già eliminato, ma non sono riusciti a impedire che comunicasse la loro posizione.>>

<<Potevano fuggire subito dal bosco. Perché hanno aspettato l’arrivo dei robot?>> domandò Joshua.

<<Credevano che gli umani avrebbero impedito lo sbarco dell’astronave nemica.>>

<<Digli che studieremo un piano e torneremo presto per comunicargli le nostre decisioni. Prendete i robot nemici, non sono molto danneggiati e potrebbero esserci utili>>, ordinò Joshua.

Raptor e Buby presero i lucertoloni e, insieme ai ragazzi, si diressero al capanno. Non sapevano come risolvere il problema, non conoscevano quanti fossero i robot sbarcati sulla terra, non sapevano cosa sarebbe successo tra cinque giorni. Tutta la faccenda stava diventando qualcosa di troppo grande per due ragazzi appena maggiorenni.

<<Potremmo riempire questi lucertoloni di esplosivo, mandarli dentro l’astronave e poi farli esplodere!>> disse Lucas, rompendo il silenzio della campagna.

<<L’astronave è circondata dall’esercito, nulla può entrare né uscire senza essere vista. I robot li avranno sbarcati prima dell’arrivo dei militari>>, rispose Joshua.

<<Potremmo mandare le lucertoline a parlare con le autorità, potrebbero spiegare come stanno le cose e chiedere aiuto a loro.>>

<<Questa potrebbe essere una buona idea, ma come potranno farsi capire senza un interprete? Non posso mica mandare Raptor. Non credo poi che le autorità affronterebbero una guerra per salvare delle lucertole.>>

<<No, hai ragione nessuno rischierebbe di morire per delle lucertoline aliene.>>

<<Non c’è via d’uscita, possiamo solo aspettare e vedere cosa succede, però non possiamo permettere che altri robot attacchino e uccidano degli esserini indifesi.>>

<<Non vorrai certo andare in Amazzonia per difenderli?>> chiese Lucas.

<<Non credo sia necessario andarci, non è detto che sappiano dell’Amazzonia e poi anche se lo sapessero, non riuscirebbero mai a trovare delle lucertoline in un territorio esteso sette milioni di km², sarebbe più complicato che cercare un ago in un pagliaio. Se sono sbarcati qui, è perché vogliono distruggere la colonia del bosco, poi forse si sposteranno in Amazzonia>>, disse Joshua.

<<Il traditore può aver comunicato la posizione della colonia solo quando la base era ancora funzionante, quindi i nuovi arrivati sono a conoscenza che in Amazzonia hanno rinunciato alla guerra, sanno della fazione ribelle e della base nel lago, conoscono il loro progetto di riarmarsi e di conquistare la terra. Credono che la fazione si sia organizzata e possieda dei robot e delle navicelle, li considerano una minaccia e probabilmente sono venuti fin qui solo per loro, non sanno che li abbiamo resi inoffensivi>>, disse Raptor.

<<Nel bosco non mi è sembrato che si preoccupassero se fossero armati o no, li stavano uccidendo senza alcuna pietà.>>

<<Gli automi sono guidati da soldati, obbediscono agli ordini, non stanno ad aspettare che tirino fuori le armi o prendano i robot, sparano a tutto ciò che si muove.>>

<<Se fosse come dici tu, il problema potrebbe essere risolto con più facilità. Lasciamo che gli alieni si rendano conto che nel lago ormai non c’è più alcuna base>>, suggerì Lucas.

<<Con il nostro intervento abbiamo peggiorato le cose, adesso saranno convinti che possiedano robot e che siano pericolosi, ma se non fossimo intervenuti, li avrebbero massacrati tutti. Che maledetto pasticcio>>, replicò Buby.

Intanto erano arrivati dentro il capanno, avevano posato i lucertoloni sul banco da lavoro e avevano cominciato a studiarli.

<<Se solo i piloti fossero ancora vivi, potremmo spiegargli tutto e lasciare che lo raccontino ai loro superiori>> pensò Joshua, mentre cercava la cabina di pilotaggio.

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