BUNKER-U (frammento di un romanzo esploso)

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BUNKER-U (frammento di un romanzo esploso)
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EPUBLI

Prinzessinnenstraße 20

10969 Berlin

www.epubli.de

Tutti i diritti riservati.

Diritti d’autore: Marco Marengo

Copertina: Abby Garcia

Grazie a tutti i Bunkeristi. Schegge impazzite di ognuno di loro sono presenti in questo frammento rovente di romanzo esploso.

-Per quanto viaggeremo non riusciremo mai a saltar giù da questa immensa astronave, quindi è meglio restare qui al bunker-u. Ci muoveremo scaltri e vivremo in tutte le sue estensioni-.

-Così sarà-, risponde il secondo bunkerista –Viaggeremo in questo immenso cosmo protetti dal potere del b-u, a bordo di questa astronave che vive, pulsa e soffre-

Al Bunker-u, spaventati da ciò che accade fuori, adoriamo idoli componibili da noi ideati. Al giungere di ogni paura smontiamo e rimontiamo l’idolo in modo che sia efficace e protettivo.

Al Bunker-u veneriamo idoli che voi nemmeno prendete in considerazione per il riciclaggio.

…già lo sanno, comunque grazie a tutti i Bunkeristi e al marconista legionario per il suo intervento verbalmente inciso.

ORIGINI DEL B-U

Una forte esplosione ha disintegrato il romanzo, uno dei frammenti è giunto fino a noi.

Il bunker-u è il frammento di un romanzo esploso.

Siamo alla ricerca degli altri frammenti.

Siamo avvolti dalle certezze del bunker-u.

Solo al Bunker-u la vita è possibile, solo al Bunker-u l'aria è respirabile...

Ogni cosa è un'estensione del b-u

w.w.b-u

PRIMA DELL’ESPLOSIONE

Il romanzo è ancora integro, puro e leggibile. Il B-U già esiste e vi racconta cose che non esistono.

Il B-U non esiste e vi racconta cose che esistono.

Il B-U si alterna tra l’esistere e il non-esistere. Un po’ come capita a tutti noi quando lavorando, o facendo chissà che altro, perdiamo coscienza.

Il romanzo non sa dell’esplosione e giace al B-U. Forse qualcuno lo leggerà, forse no.

Nell’aria c’è uno strano silenzio che non si assaporava da tempo, un’assenza saporita di suoni… è come se ci si nutrisse di tutto ciò. È come se sapessimo che il romanzo esploderà, ma non ce ne preoccupiamo. Al B-U la vita continua con una certa tranquillità. In superficie le cose vanno diversamente.

Solo al B-U la vita è possibile

Solo al B-U l’aria è respirabile

Fuori il caos, ordine al B-U

…almeno queste le nostre convinzioni. Forse in superficie pensano che qui al B-U la vita sia impossibile!

Punti di vista.

Chissà se la gente che vive lassù, su quella spianata ondeggiante colma di sole leggerà mai il romanzo B-U. Da quelle parti non è come qui, loro devono usare occhiali speciali per evitare che i riflessi del sole sul foglio bianco li accechino mentre scrivono.

Alcuni bunkeristi non capiscono come quelli del mondo sopra possano resistere, consci del fatto che dovranno restare per tutta la vita in quel mondo invivibile. Molti di loro mai sapranno del B-U continuando ad accontentarsi dell’aria irrespirabile.

Alcuni, da sopra, pensano che sia la nostra aria ad essere irrespirabile e viziata. Tornano a farci visita con costanza e arroganza i soliti ospiti non sempre graditi: I PUNTI Di VISTA, pugnali dal doppio manico o dalla doppia lama. Così come capita che un bunkerista ferito si trasformi in preda.

Il romanzo attende l’esplosione. Noi come lui.

I bunkeristi non si fanno domande del tipo –Dove stiamo andando?-. Loro (noi) siamo qui e ci restiamo, privi di inutili perdite d’energia nel progettare viaggi o svaghi per colmare il tempo.

Varie compagnie di viaggi ambiscono al pacchetto per una serie di visite al B-U con guide locali.

Il difetto di tali guide è che sono spesso distratte, con il vizio di dimenticarsi quali sono i tunnel con i trabocchetti. Ogni turista, ovunque vada, corre qualche rischio. Se la percentuale di rischio è contenuta entro certi valori tutto continuerà come se niente fosse.

A volte al B-U dialoghiamo con mostri che voi non osereste nemmeno immaginare. Il segreto sta nel preparargli il loro piatto preferito… voi!

La natura di un bunkerista viene considerata più solida di quella umana se posta di fronte alle avversità. Questa frase è incisa su uno dei tunnel che conducono alle estensioni del B-U. Forse è stata scritta da un esaltato, oppure da un bunkerista che ha sperimentato gli estremi della sua natura: bontà pura e il suo opposto… crudeltà istintiva, rapida, efficace e fruttifera.

I bunkeristi a volte si domandano –Cosa ci ha portato qui? Cosa ci facciamo al B-U?- Sarà vero che fuori l’aria è irrespirabile?- Forse sono solo in attesa che il romanzo esploda generando frammentarie novità. Per quanto sarà violenta e atroce i bunkeristi si augurano di uscirne puliti. L’esplosione sarà portatrice di purificazione. Tutto ciò a noi sembra assurdo.

Tipi strambi i bunkeristi. Una volta uno ha affermato

-mangiando una ciliegia mi nutro di una delle devianti e forse non volute rappresentazioni del dio che ha creato il dio in cui molti di voi credono-.

Mi domando se ci sono anche persone non contorte tra i bunkeristi.

Forse a causa di questa maledetta paura dell’esplosione hanno perso il senno.

La paura fa brutti scherzi, così come l’eccessiva tranquillità.

A volte i libri buoni sono quelli che ad una prima occhiata risultano illeggibili.

Gli appunti di un bunkerista a volte sono meticolosi come gli appostamenti e la raccolta dati di un cecchino, altre volte casuali e caotici come un’esplosione, anche se LEI, l’esplosione, ha un suo metodo. Fuggirle non è facile. Una parte di noi ne è attratta. Una non-scelta.

Alcuni fuggono dal B-U per salvarsi dall’esplosione. Molti di questi tornano presto al B-U. Una volta un bunkerista, al rientro dalla breve fuga, ha affermato con convinzione

–Lassù non c’era nessuno. Calma piatta e silenzio-. Il bunkerista non sa che a volte da lassù fuggono giù al b-u per cibarsi di antiche conoscenze ormai perdute; consigli semplici come quelli sussurrati o urlati da un bunkerista lermese.

Ripensando all’esplosione: la cosa assurda è che abbiamo più paura del grande botto quando ce ne stiamo immobili a pensarci. Nell’esplosione la paura svanirà, così come i pensieri tesi a lei legati. Sarà solo futuro dettato dalla memoria dell’esplosione. Il boato lascerà una traccia, un fischio nelle menti… è quel sibilo che a volte, senza capire il come e il perché, si insinua nelle vostre orecchie.

Perché siamo al b-u? Solo per sfuggire al fetore degli allevamenti intensivi di polli e maiali? Per quanto assurda ad alcuni questa ipotesi sembra valida.

Se non ricordo male una volta uno dei gitanti al b-u mi ha parlato di… ma che faccio? Mi metto a spettegolare? Sarà meglio che torni alle faccende bunkeriche.

Durante una gita nel mondo fuori, o forse percorrendo uno dei tunnel bunkerici, ho visto una lucertola veloce e attenta, saltellante tra la luce e l’ombra. Incuriosita si ferma ad osservare una possibile preda: sfioratala, annusatala (le lucertole annusano?) ha stabilito che per lei non è commestibile e ha tirato dritto. Fortunata la formica, o a stomaco pieno la lucertola?

La formica continua per la sua strada.

Un ragno e la sua paziente attesa.

Sembra il finale di una favola banale o forse, ancor peggio, senza senso. Ci vorrebbe un critico attento e fantasioso per trarne guadagno.

Uno dei bunkeristi ha da sempre la fissa dei ragni, in effetti sono affascinanti; questo bunkerista (si può abbreviare buista) ne ha fatto un mestiere. Forse vi annoierò, ma credo che valga la pena (prima di entrare nel mondo caotico e a volte privo di logica del b-u) di dare un occhio a queste parole. Probabilmente il Buista si è ispirato ai ragni che vivono nei tunnel del b-u, strani esseri che tessono sottili tele cave, al loro interno minuscoli tunnel ramificati contenenti estensioni bunkeriche.

IL MESTIERE DEL RAGNO

Di certo non posso aspettarmi che passi qualche bella fica da qui, legge vuole che vada a cercarmela.

Il ragno, almeno per quanto riguarda le prede, si atteggia in maniera opposta.

Attende… e dell’attesa ne fa un mestiere.

Mi sorge una domanda –Il ragno aspetta “la ragna” o se la va a cercare?-. Al momento non ho nulla sotto mano per verificare.

Uscirò, andrò a rinnovare la carta d’identità (senza sparirei gradualmente) e mi documenterò…

…a quanto pare anche il ragno abbandona la tela per la ricerca…

Nel frattempo ragni enormi attendono nelle loro case le voci sul futuro provenienti dallo schermo. Ragni che nessuno ha più voglia di schiacciare, ragni che si schiacciano da soli. Ragni che faranno la stessa fine della loro preda: paralizzati di fronte alla paura del futuro.

Aspettare può essere straziante o appagante, può esaltare un talento o dare sale al nulla. Molti aspettano il giusto pubblico per propinargli qualcosa che luccichi agli occhi di chi guarda… questo testo potrebbe esserne un esempio! Non sapevo cosa scrivere da recluso in campagna… una tela di ragno/ad osservare il paesaggio/oltre/ha filtrato idee sull’attesa.

Idee sul lavoro.

Il ragno prima di attendere produce.

Ci saranno ragni che moriranno di fame? Il caso può essere dalla loro parte come no. Bisognerebbe monitorare la casualità del volo degli insetti, l’ampiezza a la posizione della tela… ma sarebbe noioso, meglio occuparsi di faccende più futili e letterarie.

 

Chi scrive a volte può sentirsi “ragno” per via delle lunghe attese e delle poche probabilità di successo. Malgrado ciò continua a scrivere pensando alla vita apparentemente semplice del ragno. Il ragno rischia più dello scrittore, ma non può far altro! Non può certo pretendere di farsi spuntare le ali per inseguire le mosche anziché aspettarle sulla tela. Il ragno si limita a fare il ragno, mentre lo scrittore straparla, o meglio “strascrive” uscendo spesso imprudentemente dalla tela… e non sempre per cercare la “ragna”.

Indubbiamente se la mosca fosse più intelligente volerebbe alto schivando i passaggi stretti che potrebbero ospitare una ragnatela, finendo magari nel becco di un uccello!

Altra domanda che mi sorge pensando a una ragazza –Anche le “ragne” si costruiscono la tela?- . Probabilmente una certa tipologia di ragazza già sognerebbe di darmi addosso per questa mia affermazione e dovrei scappare per la paura di essere divorato. Le “ragne” sono spesso più grosse e più crudeli.

Il ragno a volte non ha voglia di uscire dal suo buco per catturare la preda.

Le prede in alcuni casi dialogano con il ragno e raggiungono un accordo.

Gli scrittori spesso dialogano con gli editori senza alcun risultato, o meglio, il finale è sempre lo stesso: una delle due parti mangia l’altra.

L’IDENTITÀ DEL RAGNO

Come a noi occidentali spesso accade nel guardare il volto di un orientale –Ma sono tutti uguali!- di solito esclamiamo. Così per i ragni le prede non differiscono una dall’altra… è solo cibo privo d’identità.

I ragni si stanno evolvendo e presto saranno in grado, unendosi, di cibarsi di un essere umano.

Nulla potrà convincerli del contrario.

Il loro è un mestiere. La loro identità è dettata semplicemente da pochi e semplici impulsi che li spingono a vivere, a procacciarsi cibo e riparo.

La tela è la casa… e come già sapete L’ATTESA è il mestiere.

Semplicità.

Troppa presunta intelligenza alla lunga crea grossi problemi.

L’uomo ne sa qualcosa.

La quiete può avere un effetto soffocante, ma non per il ragno. Nelle lunghe pause ripassa le vitali mosse dell’attacco, della battaglia. Il ragno non ha il pressante problema del “fare”, a volte necessità, spesso devianza.

Il ragno adora il caso, anche se probabilmente sa che il caso non esiste.

Le vittime del ragno, dalla loro paralizzata esistenza, vorrebbero vendicarsi, ma non possono.

Il ragno è sadico.

Secondo voi il ragno ha una via di fuga pronta?

Il veleno del ragno provoca nelle vittime paralisi ed allucinazioni: visioni d’incubo o celestiali, a seconda della devianza della vittima.

Una volta ho sognato di finire in una tela di ragno…

Il ragno è in bilico tra il bene e il male, più di qualsiasi cuore umano. Se avesse una vita più lunga si dedicherebbe all’evoluzione proprio come ha fatto l’uomo. Per il momento si dedica all’attesa, anche se nel suo profondo sa che la ragnatela è una trappola anche per lui.

Il lato positivo è che a casa propria può fare ciò che vuole! Se il ragno lasciasse la ragnatela che ne sarà di lui? Secondo voi il ragno se lo domanda?

TROPPO CIBO

Cosa farebbe il ragno se il caso gli fornisse troppi insetti? Come ben sapete potrebbe metterli da parte gustandoseli nel tempo, ma se fossero davvero troppi?

Il ragno non crede nell’aggregazione, crede nell’importanza dell’isolamento. La troppa vicinanza delle tele porta alla scarsità di cibo.

Il ragno non va in vacanza. Il ragno non fa diete. Il caso è la sua dieta! È come se uno di voi entrasse bendato in un supermercato pretendendo di allungare la mano e prendere quel tale prodotto. A suon di tentativi il caso vi darà una mano, ma scordatevi di fare una scorpacciata!

Il ragno è sé stesso, sempre.

Il ragno non è come l’uomo che a volte lotta per niente.

Il ragno ha applicato alla ragnatela un cartello pubblicitario. Funzionerà! Tutti sanno (anche le mosche) che la pubblicità è ingannevole, ma ci cascano ugualmente.

Ricordo che da bambino giocavo a distruggere le tele dei ragni per vedere in quanto tempo se la ricostruivano. I bambini spesso distruggono senza rendersi conto di ciò che fanno.

I bambini sono crudeli.

La guerra porta a compiere crudeltà prive di pensiero, proprio come un ragno che paralizza la sua preda ignorandone le sofferenze. Lo fa perché gli conviene.

Di soppesare il tempo in questo pomeriggio d’estate mi viene in mente un altro gioco d’infanzia: prendevamo (io, mio fratello e altri) un ragno da una tela e lo lanciavamo nella “casa” di un altro ragno. Botte da orbi! Per non parlare della fine che facevano mosche, formiche, lombrichi. Le bambine del gruppo cercavano di impedirci quei brutti gesti, ma noi più sentivamo lamentele più ci accanivamo. Più che bambini degli anni ’70 era come se fossimo all’età della pietra con vivo in noi l’istinto della caccia e della prevaricazione sul più debole.

Probabilmente nella prossima vita sarò una mosca e farò una fine orribile nella tela di un ragno che, nella vita precedente, era una delle formiche che ho ucciso.

Il ragno sa che il sistema lo salverà. Il sistema è folle, imprevedibile, ma è di vitale importanza per tutti.

Il ragno lo sa.

Il sistema è guidato dal caso, ma non solo.

Una volta, tempo fa, il sistema è finito dritto nella tela di un ragno… momenti di dubbio per quelle piccole fauci

-divorarlo o liberarlo?- Se lo divorasse il ragno sarebbe totalmente libero? Se lo liberasse il sistema gli sarà riconoscente? Certamente no.

Lo spirito del ragno sa molte cose.

Il ragno combatte da solo, ma ogni ragno è lì per la stessa guerra.

Il ragno vive sempre con il vuoto sotto di sé.

È strano pensare come si possa vivere da ragno, così come il ragno non si troverebbe a suo agio con quattro miseri arti. Il viaggio è ancora lungo nell’evoluzione del ragno… alcuni di noi in passato erano ragni scattanti e arroganti, per questo IL MESTIERE DEL RAGNO è rimasto in noi: cacciatori spietati formati dal puro e semplice istinto di uccidere. Privi di paura così come di coraggio. Istinto puro che porta a cibarsi: il guerriero perfetto.

DUE MONDI DIVERSI

Il ragno abita il nostro stesso pianeta, ma è come se noi e lui provenissimo da due mondi diversi. C’è da dire, come prima cosa, che il ragno è un gran perditempo, secondo il nostro metro ovviamente.

Il ragno è furbo, se di furbizia si può parlare… anche perché nessuno è mai stato nella testa del ragno.

Molti nella sua tela.

Proiezione della sua testa, dove nessuno è mai stato.

Avete mai notato come i ragni zampettano nervosi e persi quando sono al di fuori della tela? In quei momenti il ragno non vede l’ora di tornare a casa, almeno è questa l’impressione che ci dà; forse è semplicemente goffo nello spostarsi, oppure gli scappa da pisciare.

Nessuno è mai stato nella testa del ragno.

Scrivere e basta ti trasporta in un mondo privo di necessità, quindi non umano e pericoloso. Credo che anche il ragno la pensi così. Il ragno non fa ciò che vuole, ma ciò che deve. Noi abbiamo in certi casi la fortuna di poter scegliere, ma dobbiamo fare molta attenzione imparando dalla metodicità del ragno e dal suo spirito di adattamento.

Il ragno non sa che dire, ma sa sempre cosa fare. È sensibile alla musica… lo credete davvero?

A volte mi domando, come molti di voi credo, cosa potrei fare per migliorare la mia situazione… il ragno non ha queste pretese, per lui sono assurdità.

Capita che balli (quando nessuno lo vede) al passaggio di qualcuno che porta musica in giro.

A volte il ragno non sa dove dirigere la sua collera, così si sfoga sulle sue vittime… simile all’uomo in questo. La differenza è che lui non si nutre di carogne appese a ganci lucenti, ma di carne fresca ben conservata dai suoi veleni paralizzanti.

A volte la vittima riesce a fuggire. L’uomo questo non lo permette.

Zampettando qua e là per la tela prende in considerazione nuovi veleni sperimentali che prolunghino la durata del cibo. A volte si è visto costretto a gettar via ottime mosche solo perché la data sull’etichetta gli consigliava di fare ciò.

È capitato che nei lunghi e torridi pomeriggi estivi abbia osservato ragni incuranti del caldo immobili su fili quasi trasparenti. In uno di quei giorni, certamente vittima di una visione, ho parlato a lungo con uno di quei ragni; si era fatto la tela tra due travi a “elle” del pergolato.

Dalla sdraio potevo osservarlo comodamente.

-Che ne dici di darmi un po’ del tuo veleno?- gli ho chiesto un giorno. I 35 gradi e il sole cocente mi facevano straparlare.

-Sei sicuro?-

Mi ha risposto o me lo sono immaginato?

Senza aggiungere altro mi è saltato addosso e ha piantato i suoi denti nel braccio. Il veleno è entrato in circolo, ma non è stato spiacevole, è come se lo sentissi mentre viaggiava nel mio sangue. Individuabile dentro di me, centimetro per centimetro, attimo per attimo.

Prima che mi allontani il ragno mi porge una piccola boccetta –Fanne buon uso!- si raccomanda.

Un istante dopo un altro ragno piomba nella sua tela. Un errore? Un attacco?

-Ragno mangia ragno?- mi domando nell’osservare.

Il ragno mi confessa che in passato è già accaduto… non a lui, no di certo. Continua narrandomi che a volte capitano cose assai più singolari –se ne sentiamo il bisogno possiamo auto-iniettarci il veleno-.

Nell’osservarmi il braccio –una bella fortuna! Sai che non è spiacevole il veleno che mi hai dato?-

L’altro ragno che è piombato sulla tela se ne sta tranquillo. Sembra ascoltarci. Ogni tanto muove le zampette.

Il ragno, il capo della tela tanto per intenderci, con tono autoritario –Io ti ho dato il mio veleno, ora dovrai darmene un po’ del tuo-.

Resto di ghiaccio e mi avvicino alla tela –ma che dici? Io non ho veleno-. Deciso e aggressivo mi impone il suo punto di vista –allora dammi un po’ della tua cattiveria, la userò sulle mie vittime-. Mi allontano di qualche passo dandogli le spalle in modo che non possa vedermi il volto, la mia espressione tradirebbe i miei intenti.

Vorrei ucciderlo con un semplice gesto, ma qualcosa mi trattiene dal farlo, è come se mi sentissi in debito con lui.

Torno sui miei passi.

Il ragno si sta divorando avidamente l’intruso.

-Non preoccuparti-, mi sussurra tra un boccone e l’altro –è venuto qui per questo-.

Attendo in silenzio la fine del banchetto. Sono tentato di proporgli un buon amaro per la digestione, ma sarebbe solo una maniera teatrale di sdrammatizzare.

-Allora hai pensato? Che parte mi cedi del tuo male, della tua cattiveria?-.

Percorrendo a ritroso queste pagine rivedo le righe in cui narro le crudeltà nei confronti di alcuni insetti. Riferisco tutto ciò con passione e vigore al ragno, sottolineando il fatto che mai me la sono presa con i suoi simili.

Mentendo ovviamente.

-Grazie, sei stato esauriente! Però sappi che non potrai essere una delle mie vittime per una semplice ragione-.

-Perché ci conosciamo!- esclamo con sicurezza.

-Ma no, è molto più semplice… è che sei troppo grosso, o io troppo piccolo, se vuoi ribaltare il punto di vista-.

Sono quasi certo che questi dialoghi nascono tra me e me, vittima del veleno del ragno; ragionandoci però mi rendo conto che mi è accaduto qualcosa di strano anche prima dell’azione del veleno. Forse un altro ragno mi ha punto e non me ne sono reso conto? Forse è stato proprio quel ragno che ora è nello stomaco del suo interlocutore?

Domande su domande… l’unica cosa positiva è che siamo pari, ammesso che non senta il bisogno di altro veleno…

A quanto pare sono schiavo di un ragno! A me sembra assurdo.

 

Con un gesto lo scalzo dalla tela. Colpisce con un soffice “toc” il porfido.

Lo schiaccio.

È finita.

Inizio a percepire la mancanza di qualcosa… mi manca il veleno del ragno.

A quanto pare il ragno è nato per vincere. Tutti i ragni tessono tele, pare che siano privi di identità, ma colmi di un sapere comune.

Il ragno, il mio ragno, è ormai poltiglia. Un po’ sul porfido, il resto sotto la mia suola destra.

Come posso fare per procurarmi il veleno?

L’imbrunire mi calma i nervi.

Mi godo il giungere delle tenebre sdraiato sotto il porticato.

Le mie tenebre?

Dopo qualche ora, quando il buio è immerso in se stesso da tempo, vengo svegliato dall’arrogante e fastidioso sbatter d’ali di un calabrone che si nutre dei resti del ragno.

Ho paura. Con un balzo rientro in casa.

Una notte di pace.

-Perché ho ucciso il ragno?- mi domando prima del sonno.

Al mattino esco. Nessuna traccia dei suoi resti. Forse un sogno? Una nuova ragnatela tra i travi a “elle”.

Mi sdraio e osservo.

Giunge una voce –Hai bisogno di qualcosa?-. Non vedo ragni nella ragnatela, forse è qualcuno fuori…

-Ciò che paralizza le mie vittime può esser per te sollievo-.

Questa volta lo sento, ne sono certo! È il ragno che mi parla. È astuto e sa fare bene il suo mestiere. Allungo la mano per farmi mordere. Il ragno si allontana.

Perché si comporta così? Come posso convincerlo?

Non trovo il modo per comunicare con il ragno. È banale sottolinearlo, ma accade tutti i giorni anche tra esseri umani.

Dopo molte insistenze il ragno si fa vicino e mi porge qualcosa: un foglio con poche righe. Con tono lieve le leggo –Ieri non mi hai ucciso. Non puoi ammazzare un ragno. Il ragno sa già di essere morto-.

Queste parole mi stupiscono, gli chiedo spiegazioni invitandolo ad uscire dalla tela.

-No!- esclama il ragno –dovresti saperlo… bisogna fermarsi un passo prima, oltre la tela c’è la follia-.

-Ecco perché siete così goffi quando zampettate al di fuori della vostra casa-.

-Siamo in preda all’oblio-, mi conferma il ragno, aggiungendo –ci aiutiamo con il fatto che abbiamo fatto voto di nichilismo-.

Tutto intorno si azzera, è come se il mondo, se il ragno… è come se il tutto partisse da adesso. Mi ritrovo a parlare con un ragno e la cosa non mi sembra strana.

Parliamo di veleni e delle loro conseguenze. La cosa ci sembra normale.

Il ragno mi punge per farmi sperimentare gli effetti del suo veleno. Io come già sapete non ho pungiglioni, così gli racconto dei miei mali.

Veleni e rimedi.

I nostri mali e cose nuove da fare.

Il ragno piomba in questo mondo così come capita a noi, sguardi persi e spersi per capire dove ci troviamo.

È naturale. Così come noi dovremmo imparare dalla struttura di una ragnatela: lo schema d’inizio è importante! Il territorio ci permetterà piacevoli varianti. Il ragno mi racconta che la tela è un preciso messaggio per gli altri ragni: la disposizione dei fili rappresenta la scala gerarchica e l’albero genealogico. La sua lettura è impossibile, o assai improbabile se volete, se non si conoscono gli schemi. Ogni ragno ha i suoi, ma tutti sanno che la follia e la consapevolezza dell’orrore sono alla base del tutto. Oltre a ciò il ragno non ha colonna sonora nella sua vita.

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